La crescita dell’estrema destra in Romania e il ruolo di Călin Georgescu nella radicalizzazione del panorama politico hanno rappresentato un serio campanello d’allarme per le istituzioni democratiche del paese e per l’UE. La sua ascesa non è stata un fenomeno isolato, ma il riflesso di una tendenza più ampia che ha visto emergere movimenti ultranazionalisti in diversi paesi dell’Europa orientale. Tuttavia, il caso rumeno è stato particolarmente critico perché, oltre al carattere populista e anti-sistema del suo messaggio, Georgescu ha costruito la sua immagine attingendo direttamente dalla simbologia e dalla retorica della “Guardia di Ferro”, l’organizzazione fascista che negli anni ’30 e ’40 aveva instaurato un regime totalitario e antisemita in Romania. Secondo “The Guardian”, il suo linguaggio ha spesso riecheggiato quello dei movimenti interbellici, evocando la necessità di una “rigenerazione morale” della nazione e definendo le istituzioni occidentali come nemiche del popolo rumeno. Uno degli aspetti più preoccupanti della sua campagna è stato l’utilizzo mirato della disinformazione e della propaganda online per amplificare sentimenti di rabbia e frustrazione tra la popolazione. Come evidenziato da un’analisi di “Financial Times”, Georgescu ha saputo sfruttare TikTok e Telegram per diffondere teorie complottiste, sostenendo che la Romania fosse ormai sotto il controllo di “élite globaliste” che ne stavano svendendo la sovranità all’Unione Europea. Questa strategia gli ha permesso di attrarre un vasto seguito, specialmente tra i giovani e tra coloro che si sentivano emarginati dai partiti tradizionali. L’indagine di “Romea.cz” ha rivelato come i suoi video propagandistici abbiano raggiunto milioni di visualizzazioni in poche settimane, in un contesto in cui la fiducia nelle istituzioni democratiche rumene era già fortemente erosa dalla corruzione e dalla crisi economica. “El País” ha documentato come Georgescu abbia più volte espresso simpatia per Vladimir Putin e Viktor Orbán, presentandoli come modelli da seguire per la Romania. In diverse interviste, ha dichiarato che il paese avrebbe dovuto “liberarsi” dalle imposizioni dell’UE e riacquistare piena sovranità nazionale, una retorica che ha risuonato tra i sostenitori dell’estrema destra. Il suo programma politico prevedeva infatti una revisione dei trattati con l’Unione Europea, una riduzione della cooperazione militare con la NATO e un rafforzamento delle relazioni economiche con Russia e Cina. Secondo un rapporto di “Politico Europe”, se fosse stato eletto, avrebbe potuto seriamente compromettere la stabilità del blocco europeo, creando un’ulteriore frattura tra Bruxelles e i governi euroscettici dell’Europa centrale e orientale. La sua figura è stata anche associata a un preoccupante aumento di episodi di odio e intolleranza nel paese. “DW” ha riportato numerosi casi di aggressioni contro membri delle comunità rom e LGBTQ+, spesso accompagnate da slogan che riprendevano i discorsi di Georgescu sulla “purezza della nazione”. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Europeo sull’Estremismo, dal novembre 2024 al marzo 2025 i crimini d’odio in Romania sono aumentati del 37%, un dato che coincide con il periodo di massima visibilità del candidato di estrema destra. Organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, hanno lanciato allarmi sulla radicalizzazione dei suoi sostenitori, che lo consideravano l’unico vero difensore dell’identità nazionale. Un altro aspetto centrale della sua campagna è stato l’utilizzo della religione come strumento politico. Georgescu ha ottenuto il sostegno di numerosi esponenti della Chiesa ortodossa rumena, che lo hanno descritto come l’unico candidato in grado di difendere i valori tradizionali. Secondo “Balkan Insight”, ha più volte attaccato la “decadenza morale” dell’Occidente e si è opposto a qualsiasi forma di educazione sessuale nelle scuole, ritenendola una minaccia ai valori cristiani della Romania. Questa strategia ha aumentato il suo appeal tra le fasce più conservatrici della società, ma ha anche alimentato tensioni tra laici e religiosi, polarizzando ulteriormente il dibattito politico. La sua esclusione dalle elezioni, dunque, non è stata solo una misura preventiva contro le interferenze russe, ma anche un atto necessario per contenere l’ascesa di un movimento estremista che avrebbe potuto destabilizzare l’intero paese. Con l’esclusione di Georgescu dalle presidenziali, le autorità rumene hanno dimostrato di essere disposte a difendere la democrazia anche a costo di misure drastiche. Tuttavia, questo non risolve il problema del radicalismo politico in Romania. Come riportato da “Il Post”, la sua eredità politica è stata raccolta da altri leader di estrema destra, come George Simion e Anamaria Gavrilă, che stanno cercando di canalizzare il malcontento della popolazione per rafforzare il movimento sovranista.
Nina Celli, 21 marzo 2025