L'esclusione di Călin Georgescu dalla corsa presidenziale in Romania è stata giustificata dal governo e dalle autorità giudiziarie come una necessaria misura di difesa della democrazia e dello Stato di diritto. Il Tribunale Costituzionale ha dichiarato che la candidatura dell’ex funzionario dell’ONU violava le norme sul finanziamento delle campagne elettorali e costituiva una minaccia alla stabilità politica del paese. Secondo i rapporti dei servizi segreti romeni, Georgescu avrebbe beneficiato di ingenti finanziamenti non dichiarati, provenienti da canali sospetti legati a interessi russi. Questa rivelazione ha sollevato il timore che la sua elezione potesse compromettere la sicurezza nazionale, allineando la Romania con le strategie geopolitiche di Mosca anziché con quelle dell’Unione Europea e della NATO, di cui il paese fa parte dal 2004. Le indagini, pubblicate in parte da testate internazionali come “Financial Times” e “Politico Europe”, hanno evidenziato come Georgescu avesse condotto una campagna elettorale massiccia su piattaforme digitali come TikTok e Telegram, dove aveva rapidamente costruito un seguito di milioni di utenti, diffondendo contenuti anti-UE e anti-NATO. Secondo alcuni analisti, questa popolarità improvvisa era sospetta e faceva eco alle tecniche di propaganda digitale già utilizzate dalla Russia in altre elezioni europee. L'influenza di bot russi e account coordinati nell’amplificare la sua presenza online è stata segnalata anche dal Digital Forensic Research Lab, che ha documentato un aumento anomalo dell’engagement nei suoi post tra ottobre e novembre 2024, proprio nel periodo pre-elettorale. L’allarme è stato rafforzato da alcune dichiarazioni pubbliche dello stesso Georgescu, che si era espresso più volte a favore di Vladimir Putin, sostenendo che l’Ucraina fosse “uno Stato inventato” e che l’Unione Europea fosse un “progetto fallimentare”. Le sue posizioni hanno alimentato timori tra i leader occidentali, che hanno visto nella sua candidatura un cavallo di Troia per gli interessi russi nella regione. L’Unione Europea, attraverso un comunicato ufficiale, ha sostenuto la decisione del Tribunale Costituzionale rumeno, sottolineando come l’intervento fosse necessario per proteggere la democrazia dalle ingerenze straniere. La Romania, essendo uno dei paesi più esposti alla minaccia russa, ha ritenuto prioritario bloccare qualunque possibile tentativo di destabilizzazione interna. Secondo un’analisi pubblicata da “El País”, il paese ha un ruolo chiave nella strategia NATO di contenimento della Russia e non può permettersi di avere un leader che metta in discussione la sua fedeltà all’alleanza. In questo senso, la decisione di escludere Georgescu è stata vista come un atto di autotutela nazionale, volto a garantire che il paese rimanga un partner affidabile dell’Occidente. Oltre agli aspetti di sicurezza internazionale, la decisione è stata motivata anche da questioni di integrità del processo democratico. L’indagine ha rivelato che la campagna elettorale di Georgescu avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti attraverso circuiti off-shore, in violazione delle leggi sul finanziamento della politica. Il sistema giuridico rumeno, che ha già dovuto affrontare scandali di corruzione negli ultimi anni, ha quindi ritenuto essenziale applicare un controllo rigoroso per evitare che un candidato compromesso potesse salire al potere. Un altro aspetto rilevante della sua esclusione riguarda il rischio di una deriva autoritaria e nazionalista. Georgescu non ha mai nascosto la sua ammirazione per il modello ungherese di Viktor Orbán, un leader noto per le sue posizioni anti-democratiche e per i suoi stretti rapporti con il Cremlino. Inoltre, le sue dichiarazioni su Corneliu Zelea Codreanu e Ion Antonescu, due figure storiche associate al passato fascista della Romania, hanno suscitato polemiche internazionali. Secondo un'inchiesta di “The Guardian”, la sua retorica ha contribuito ad alimentare un’ondata di sentimenti razzisti e xenofobi nel paese, specialmente contro le minoranze rom ed ebraiche. Il timore che un suo governo potesse portare a una repressione delle libertà civili ha spinto molte organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, a esprimere preoccupazione per il suo possibile successo elettorale. La sua squalifica ha quindi avuto un impatto immediato sulla politica nazionale ed europea. Sebbene alcuni abbiano criticato la decisione come un abuso di potere, molti analisti ritengono che si sia trattato di una necessità per proteggere la Romania da una crisi politica ed economica che avrebbe potuto compromettere il suo ruolo all’interno dell’UE e della NATO.
Nina Celli, 21 marzo 2025