Uno dei principali argomenti contrari alla separazione delle carriere è il rischio di una frattura culturale e professionale tra giudici e pubblici ministeri (PM). Attualmente, il sistema italiano garantisce un’unità culturale e formativa della magistratura, che consente ai giudici di comprendere a fondo il lavoro dei PM e viceversa. La separazione netta dei percorsi di carriera, con concorsi distinti, formazione separata e Consigli Superiori differenti, potrebbe portare alla creazione di due corpi giudiziari con visioni opposte della giustizia, compromettendo l’equilibrio attuale tra accusa e giudizio. L’attuale modello italiano si basa sull’idea che giudici e PM facciano parte della stessa magistratura, con lo stesso status giuridico e le stesse garanzie di indipendenza. Questa scelta non è casuale, ma è stata fortemente voluta dai Padri Costituenti dopo l’esperienza del fascismo, per evitare che il pubblico ministero fosse strumentalizzato dal potere politico. Durante il fascismo, il PM era subordinato al Ministero della Giustizia, il che ha portato a un uso politico della giustizia penale. Con la Costituzione del 1948, si è voluto creare un pubblico ministero indipendente, con le stesse tutele dei giudici, proprio per evitare il rischio di influenze politiche sulle indagini. Con la riforma verrebbero create due magistrature distinte con percorsi formativi diversi e separazione istituzionale netta. Questo potrebbe indebolire la cultura comune tra giudici e PM, riducendo la capacità di comprendere le esigenze reciproche all’interno del processo. Attualmente, il pubblico ministero ha il dovere di ricercare la verità, senza essere solo un “avvocato dell’accusa”. La sua formazione comune con i giudici garantisce che operi con una mentalità non solo punitiva, ma anche garantista. Con la separazione delle carriere il PM potrebbe diventare più vicino alla polizia giudiziaria, adottando una logica più accusatoria che investigativa, il giudice potrebbe perdere la conoscenza approfondita del lavoro del PM, rendendo più difficile una valutazione equilibrata delle prove. E nel complesso, il sistema giudiziario potrebbe assumere un approccio più antagonistico, simile a quello anglosassone, dove accusa e difesa si fronteggiano in modo più conflittuale: nel Regno Unito e negli Stati Uniti, il pubblico ministero è un prosecutor, cioè un avvocato dell’accusa che agisce con una logica più orientata alla condanna, il giudice ha meno potere nelle indagini, poiché il PM lavora direttamente con la polizia, senza un forte controllo giurisdizionale. Questo ha portato a un sistema in cui la giustizia dipende molto dalle risorse economiche delle parti, poiché la difesa deve contrastare un’accusa più aggressiva. La separazione delle carriere ridurrebbe il confronto interno tra giudici e PM, creando due sistemi separati che potrebbero sviluppare visioni opposte della giustizia: attualmente, giudici e PM lavorano nello stesso ambiente e si confrontano su questioni giuridiche complesse, con la separazione, questo dialogo potrebbe ridursi, portando a interpretazioni giuridiche meno flessibili. I giudici potrebbero diventare più burocratici e meno inclini a comprendere le esigenze delle indagini, mentre i PM potrebbero assumere una mentalità più orientata alla repressione. Sicuramente, secondo gli esperti, uno degli effetti più preoccupanti della separazione delle carriere è che essa potrebbe rendere la giustizia più punitiva, specialmente per le fasce sociali più deboli. Nei paesi con magistrature separate il processo penale è più aggressivo e meno orientato alla ricerca della verità, i PM agiscono con una logica più repressiva, aumentando la pressione sulla difesa, che deve avere risorse economiche elevate per contrastare l’accusa, e questo porta a disparità di trattamento, con i cittadini più poveri che rischiano condanne più severe perché non possono permettersi una difesa adeguata. Infatti, in un paese come gli Stati Uniti, dove il PM è separato dai giudici, le statistiche mostrano che le condanne sono più alte per le fasce meno abbienti, a causa delle difficoltà di accesso a difensori di qualità, il 90% degli imputati accetta patteggiamenti sfavorevoli, per paura di una condanna pesante in tribunale. Secondo L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) e “ReggioToday”, l’unità culturale tra giudici e PM è una garanzia per il cittadino, poiché evita una giustizia “schierata” e mantiene l’equilibrio tra funzione inquirente e giudicante. Secondo “Good Morning Genova” e “Il Fatto Quotidiano”, la separazione delle carriere potrebbe portare a una giustizia più repressiva e meno equa, penalizzando soprattutto chi non può permettersi una difesa forte.
Francesca D'Agnese, 17 marzo 2025