Uno degli argomenti più forti a favore della separazione delle carriere è l’allineamento dell’ordinamento italiano ai modelli europei e internazionali, che già prevedono una distinzione netta tra giudici e pubblici ministeri (PM). Secondo i sostenitori della riforma, la commistione tra le due funzioni, ancora presente in Italia, è un’eccezione piuttosto che la regola nelle democrazie occidentali. Attualmente, l'Italia è tra i pochi paesi in cui giudici e PM fanno parte dello stesso corpo della magistratura, condividendo concorsi di accesso, percorsi formativi e progressioni di carriera. In altri sistemi, invece, il PM è collocato in un ordinamento separato, che ne garantisce l’autonomia rispetto ai giudici e, in alcuni casi, prevede un maggiore controllo dell’esecutivo. Secondo “Città Nuova” e “Il Dubbio”, il modello italiano è un’anomalia rispetto alla struttura della magistratura nei principali paesi europei. Analizzando i sistemi di Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, emerge un quadro chiaro: in Francia il pubblico ministero (Parquet) fa parte della magistraturedebout (magistratura in piedi), mentre i giudici appartengono alla magistrature assise (magistratura seduta). I PM non sono indipendenti come i giudici, ma sono gerarchicamente subordinati al Ministero della Giustizia, che può imporre priorità investigative. Tuttavia, godono di un certo grado di autonomia nell’esercizio delle loro funzioni; in Germania i PM sono funzionari pubblici e fanno parte del Ministero della Giustizia, che ha il potere di orientare l’azione penale. I giudici, invece, sono indipendenti e non rispondono all’esecutivo; in Spagna il PM (Fiscalía) è separato dalla magistratura e, pur avendo autonomia funzionale, deve seguire le direttive del Procuratore Generale, che a sua volta è nominato dal governo; e infine nel Regno Unito il Crown Prosecution Service (CPS) è completamente distinto dalla magistratura, e i PM sono funzionari pubblici che collaborano con la polizia nelle indagini. Il sistema britannico si basa su una netta distinzione tra chi accusa (PM) e chi giudica (magistrati o giurie). L'analisi di “Città Nuova” mostra che in 23 dei 27 paesi dell’Unione Europea, giudici e PM appartengono a carriere separate, con ruoli distinti e non intercambiabili. Solo Italia, Grecia e Belgio mantengono ancora un sistema unitario, sebbene con differenze significative. L'adeguamento agli standard europei non è solo una questione di armonizzazione giuridica, ma anche di efficienza. La separazione delle carriere consentirebbe di creare due percorsi formativi specializzati, evitando che giudici e PM abbiano un'impostazione culturale comune che potrebbe influenzare l’equilibrio del processo; migliorare la gestione dell’azione penale, rendendo il ruolo del PM più chiaro e trasparente, ed evitare i conflitti di ruolo derivanti dalla possibilità di passaggio da una funzione all’altra. L’idea di separare le carriere tra giudici e PM non è nuova in Italia. Già negli anni ‘90, la riforma Castelli aveva proposto un sistema con magistrature separate, ma l’ipotesi fu accantonata per l’opposizione della magistratura associata. Anche la riforma Cartabia del 2022 aveva introdotto alcune limitazioni alla possibilità di passare da PM a giudice, ma senza separare completamente i ruoli. Questa riforma allineerebbe l’Italia agli standard internazionali, senza compromettere la qualità della giustizia. Permetterebbe inoltre di semplificare la struttura giudiziaria, riducendo le incertezze interpretative e migliorando l’efficienza del sistema. Il governo Meloni considera questa riforma come un passo inevitabile, che non può più essere rimandato.
Francesca D'Agnese, 17 marzo 2025