Uno degli argomenti più forti contro la separazione delle carriere è il rischio che il pubblico ministero (PM) perda la sua indipendenza, diventando più vulnerabile alle pressioni politiche. Attualmente, in Italia, il PM è parte della magistratura, con le stesse garanzie di autonomia dei giudici, ed è soggetto solo alla legge. Con la riforma, il pubblico ministero potrebbe invece diventare più simile a un organo amministrativo, con conseguenze negative sulla sua capacità di condurre indagini in modo autonomo. Secondo “Il Fatto Quotidiano” e “Antimafia Duemila”, la riforma della separazione delle carriere ricalca progetti di riforma passati, come quelli promossi negli anni ‘80 e ‘90 da gruppi politici vicini a Silvio Berlusconi, e persino progetti elaborati dalla Loggia P2 di Licio Gelli, che prevedevano un pubblico ministero sotto il controllo dell’esecutivo. Attualmente, il pubblico ministero fa parte dell’ordine giudiziario, gode delle stesse garanzie di indipendenza dei giudici e non è soggetto a direttive politiche. La riforma, tuttavia, potrebbe separare il PM dalla magistratura giudicante, trasformandolo in un organismo più simile a un avvocato dell’accusa, con meno garanzie di indipendenza. I principali rischi segnalati dagli esperti potrebbero essere una maggiore influenza del potere esecutivo. Se il PM viene collocato in un corpo separato alla magistratura, chi garantirà la sua indipendenza? Allo stesso tempo, anche la perdita del principio di obbligatorietà dell’azione penale, senza le attuali garanzie il PM potrebbe subire pressioni politiche per decidere quali reati perseguire e quali no. Infine, anche una possibile influenza sulle indagini più scomode, i reati di corruzione, mafia e criminalità economica potrebbero diventare più difficili da perseguire se i PM dipendessero, anche indirettamente, dal potere politico. Uno dei maggiori timori legati alla riforma è che essa possa alterare l’equilibrio dei poteri dello Stato, dando al governo maggiore influenza sulle indagini giudiziarie. Se il pubblico ministero viene separato dai giudici e dotato di un Consiglio Superiore autonomo, chi garantirà che il CSM requirente non venga progressivamente controllato dalla politica? Ad esempio, in Francia, il pubblico ministero dipende dal Ministero della Giustizia e segue priorità politiche nell’azione penale. Questo ha portato, in passato, a un uso selettivo della giustizia penale a fini politici; in Spagna, il PM è nominato dal governo e il Fiscal General del Estado ha un forte potere di indirizzo sulle indagini; in Germania, il PM è un funzionario pubblico sotto il Ministero della Giustizia, con conseguenze sulla sua autonomia investigativa. La magistratura italiana è una delle poche al mondo che ha portato a processo diversi presidenti del Consiglio e membri di governo. Questo è stato possibile perché il pubblico ministero è indipendente e non può ricevere ordini da nessuna autorità politica. Uno dei principali rischi della separazione delle carriere è che il pubblico ministero, separato dai giudici, possa perdere il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Oggi, in Italia, il PM ha l’obbligo di perseguire tutti i reati di cui viene a conoscenza, senza poter fare distinzioni di opportunità politica. Se il PM diventasse più vicino al potere esecutivo, potrebbero essere perseguite solo le indagini “gradite” al governo, lasciando impuniti reati ritenuti meno strategici dal punto di vista politico. Un’altra preoccupazione riguarda la relazione tra il PM e la polizia giudiziaria. Attualmente, il pubblico ministero ha il controllo diretto delle forze di polizia nelle indagini, garantendo che esse agiscano sotto il suo coordinamento. Se il PM perdesse il suo status di magistrato indipendente, potrebbe diventare meno autonomo rispetto alla polizia, subendo pressioni esterne sulle indagini. Se il PM fosse più vicino all’esecutivo, potrebbe perdere la possibilità di indagare liberamente anche sulle forze dell’ordine, e un PM meno indipendente potrebbe non avere più la forza di opporsi a pressioni politiche o istituzionali. Secondo “Il Fatto Quotidiano” e “Antimafia Duemila”, la riforma trasformerebbe il PM in una figura più vicina all’esecutivo, compromettendo l’obbligatorietà dell’azione penale e lasciando spazio a una giustizia più selettiva, con indagini influenzate dalla politica. Secondo “Good Morning Genova”, in un sistema con PM separato dalla magistratura, le indagini sulla criminalità organizzata potrebbero diventare meno incisive, aumentando il rischio di insabbiamenti e rallentamenti investigativi.
Francesca D'Agnese, 17 marzo 2025