Il veganismo solleva questioni economiche e sociali cruciali, soprattutto per le conseguenze di una transizione su larga scala verso un’alimentazione completamente vegetale. Se da un lato il settore plant-based sta crescendo rapidamente, dall’altro emergono dubbi sulle ripercussioni per milioni di lavoratori nel settore agroalimentare, sull’accessibilità economica dei prodotti vegani e sulle implicazioni culturali di questa dieta. Uno degli aspetti più rilevanti è l’impatto sulla filiera agroalimentare. Secondo la FAO (2025), l’allevamento impiega 1,3 miliardi di persone nel mondo, di cui 600 milioni in piccole aziende agricole nei paesi in via di sviluppo. Per molte comunità, l’allevamento non è solo una fonte di reddito, ma anche di sicurezza alimentare. La carne, il latte e le uova forniscono nutrienti essenziali difficili da sostituire con un’alimentazione completamente vegetale. Un passaggio radicale al veganismo potrebbe causare gravi danni economici. Settori chiave come l’industria della carne e dei latticini, pilastri delle economie di Argentina, Brasile, Stati Uniti e Australia, vedrebbero la perdita di milioni di posti di lavoro. In Europa, la filiera della carne genera 200 miliardi di euro all’anno e impiega 4 milioni di persone tra agricoltori, macellai e ristoratori. In Italia, il comparto zootecnico vale 30 miliardi di euro, rappresentando il 20% dell’agricoltura nazionale (Coldiretti, 2025). La diminuzione della domanda di prodotti animali potrebbe penalizzare migliaia di aziende agricole, favorendo le multinazionali del plant-based. Un altro problema è l’accessibilità economica degli alimenti vegani. Se è vero che legumi e cereali sono più economici della carne, molti sostituti vegetali – come hamburger plant-based, latte di mandorla e formaggi vegani – hanno costi più elevati. Secondo il Consumer Reports (2025), un hamburger vegano costa il 37% in più rispetto a uno tradizionale, mentre il latte vegetale è più caro del 50% rispetto al latte vaccino. Nei paesi in via di sviluppo, dove 820 milioni di persone soffrono di malnutrizione cronica (World Bank, 2024), il veganismo potrebbe non essere una scelta praticabile senza interventi strutturali per rendere gli alimenti vegetali accessibili. Le implicazioni culturali del veganismo rappresentano un’altra sfida. In molte parti del mondo, carne e latticini sono parte integrante delle tradizioni alimentari. In Italia, Francia e Spagna, il formaggio e i salumi sono considerati simboli della cultura gastronomica, mentre in Asia il pesce è essenziale per molte diete millenarie. Nelle culture indigene, la caccia e l’allevamento hanno anche un valore spirituale e comunitario. Imporre un modello alimentare vegano potrebbe essere percepito come colonialismo culturale, ignorando il diritto delle popolazioni a mantenere il proprio stile di vita. Anche in Occidente, il veganismo ha generato divisioni sociali e politiche, con proteste tra attivisti e allevatori. In Francia, nel 2024, agricoltori hanno manifestato contro le nuove politiche a favore delle alternative vegetali, denunciando il rischio di un collasso economico per le piccole aziende. Dal punto di vista della sicurezza alimentare globale, una drastica riduzione della produzione di carne e latticini potrebbe alterare il mercato agricolo, facendo aumentare il costo di alcune materie prime. Se la domanda di prodotti vegetali aumentasse improvvisamente, i prezzi potrebbero salire al punto da rendere impossibile l’accesso a questi alimenti per alcune popolazioni vulnerabili. Un’altra criticità riguarda il controllo del mercato da parte delle multinazionali. Le grandi aziende del food-tech stanno dominando il settore delle proteine alternative, con investimenti miliardari in carne coltivata e proteine vegetali brevettate. Il rischio è che il futuro dell’alimentazione vegana venga monopolizzato da pochi colossi industriali, con potenziali speculazioni sui prezzi e una dipendenza economica sempre maggiore. La transizione verso una dieta più sostenibile è un obiettivo importante, ma un mondo interamente vegano potrebbe causare perdite di posti di lavoro, crisi economiche nei settori agricoli e alimentari, problemi di accessibilità e impatti culturali rilevanti. Inoltre, la crescente influenza delle multinazionali del plant-based solleva dubbi sulla reale equità di questo modello alimentare. Piuttosto che promuovere un cambiamento radicale, una soluzione più sostenibile potrebbe essere ridurre gradualmente il consumo di carne, promuovendo pratiche di agricoltura rigenerativa e allevamento sostenibile, garantendo un equilibrio tra produzione vegetale e animale. Questo approccio potrebbe offrire vantaggi ambientali e sociali, senza gli impatti negativi di una transizione totale al veganismo.
Nina Celli, 15 marzo 2025