Il veganismo è spesso considerato una scelta ecologica, ma non tutti i prodotti vegetali sono realmente sostenibili. La produzione su larga scala di alimenti plant-based presenta criticità ambientali, tra cui monocolture intensive, deforestazione, consumo idrico e trasporti globali. Uno dei problemi più rilevanti riguarda la coltivazione della soia, tra le principali fonti proteiche per i vegani. Secondo la FAO (2025), il 77% della soia mondiale è destinato al bestiame, ma la crescente domanda per il consumo umano ha portato a un aumento della deforestazione in Brasile, Argentina e Paraguay. Negli ultimi cinque anni, la deforestazione dell’Amazzonia è aumentata del 21%, soprattutto per la produzione di soia e olio di palma, largamente utilizzati negli alimenti vegani. Anche la produzione di avocado, molto apprezzati nelle diete plant-based, ha un forte impatto ambientale. In Messico e Cile, la coltivazione intensiva sta contribuendo alla desertificazione e alla scarsità d’acqua. Secondo “Nature Sustainability” (2024), servono 2.000 litri d’acqua per produrre 1 kg di avocado, un consumo paragonabile a quello della carne bovina. Inoltre, la crescente domanda ha favorito il coinvolgimento della criminalità organizzata nella gestione delle piantagioni. Il latte vegetale non è esente da problemi. Il latte di mandorla, tra le alternative più diffuse, richiede 6.000 litri d’acqua per litro prodotto, aggravando la crisi idrica in California, che fornisce l’80% della produzione globale di mandorle (Water Footprint Network, 2024). Un’altra criticità riguarda i processi industriali e le emissioni di CO₂. La produzione di carne vegetale altamente lavorata, come il Beyond Burger, utilizza tecnologie avanzate che consumano molta energia. Secondo il “Journal of Cleaner Production” (2025), alcuni hamburger vegani producono emissioni di CO₂ comparabili a quelle della carne tradizionale, considerando il trasporto e la lavorazione delle materie prime. L’impatto ambientale del trasporto globale è un altro fattore critico. Molti alimenti chiave per la dieta vegana, come quinoa, anacardi e banane, provengono da Sud America, Africa e Asia, aumentando le emissioni di CO₂. Secondo il Plant-Based Hub (2025), il trasporto di alcuni prodotti vegani genera emissioni fino a 15 volte superiori rispetto a quelle dei prodotti animali locali. Ad esempio, 1 kg di quinoa importata dal Perù produce 5,5 kg di CO₂, contro i 4,2 kg della carne di pollo locale. Dal punto di vista della biodiversità, le monocolture necessarie per soddisfare la domanda plant-based hanno conseguenze negative. La coltivazione intensiva di soia e mais è spesso associata a un uso massiccio di pesticidi e fertilizzanti chimici, che contaminano il suolo e le falde acquifere, riducendo la diversità genetica delle colture e aumentando la vulnerabilità agli eventi climatici estremi. Lo spreco alimentare è un altro problema sottovalutato. A causa degli standard estetici della grande distribuzione, circa il 30% della frutta e verdura prodotta per i mercati occidentali non viene mai consumata (Organizzazione Mondiale del Commercio, 2025). Questo vanifica parte dei benefici ambientali legati alla dieta vegana. Dal punto di vista socioeconomico, un passaggio totale al veganismo potrebbe avere conseguenze devastanti per molte economie rurali. Secondo la FAO (2025), oltre 1,3 miliardi di persone dipendono dall’allevamento per il loro sostentamento. La riduzione del consumo di carne potrebbe distruggere interi settori economici, penalizzando le comunità agricole nei paesi in via di sviluppo. Sebbene il veganismo riduca alcuni problemi ambientali legati all’allevamento, non è privo di impatti negativi. La crescente domanda di prodotti plant-based sta contribuendo a deforestazione, consumo eccessivo di acqua e aumento dell’inquinamento da trasporto e lavorazione industriale. Una soluzione più equilibrata potrebbe essere ridurre il consumo di carne senza eliminarlo del tutto, promuovendo al contempo agricoltura rigenerativa e allevamento sostenibile. Adottare una dieta basata su prodotti locali e stagionali potrebbe offrire benefici ambientali e sociali più concreti rispetto a una transizione totale al veganismo.
Nina Celli, 15 marzo 2025