Uno degli argomenti principali a favore dell’idea che l’intelligenza artificiale sostituirà i lavoratori riguarda il suo impatto sulla disoccupazione. Numerosi studi evidenziano che la crescita dell’automazione potrebbe portare alla perdita di milioni di posti di lavoro nel giro di pochi decenni, con effetti significativi su interi settori economici. Secondo un rapporto del McKinsey Global Institute (2021), fino a 800 milioni di lavoratori nel mondo potrebbero essere sostituiti da macchine entro il 2030, con gravi conseguenze per la stabilità economica e sociale. Il settore manifatturiero è tra i più esposti. L’uso di robot industriali avanzati, come quelli sviluppati da Boston Dynamics e dalla giapponese Fanuc, sta riducendo drasticamente la necessità di operai in fabbrica. In Cina, principale hub manifatturiero globale, il governo sta incentivando l’uso di robot autonomi per far fronte alla crescente carenza di manodopera, con l’obiettivo di automatizzare il 70% della produzione industriale entro il 2035. Questo cambiamento sta già portando alla sostituzione di milioni di lavoratori nelle catene di montaggio, riducendo il costo della produzione ma anche aumentando il rischio di disoccupazione strutturale. Il settore dei trasporti è anch’esso in rapida trasformazione. Secondo Goldman Sachs, l’introduzione dei veicoli autonomi potrebbe eliminare circa 3 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti solo tra camionisti e autisti di taxi. Aziende come Tesla, Waymo e Uber stanno già sperimentando servizi di guida autonoma, mentre in Cina le prime flotte di camion a guida autonoma sono entrate in servizio per il trasporto merci a lunga percorrenza. Le aziende vedono in questa tecnologia un modo per abbattere i costi operativi e ridurre il rischio di incidenti legati a errori umani, ma per milioni di autisti ciò potrebbe significare la fine di un’occupazione stabile. Anche il settore dei servizi e del retail sta subendo un impatto significativo. L’automazione nei supermercati, attraverso le casse automatiche intelligenti e i negozi senza personale, come quelli di Amazon Go, sta riducendo la necessità di cassieri e addetti alla vendita. McDonald's ha investito miliardi di dollari nello sviluppo di chioschi digitali e assistenti virtuali per ridurre i costi del personale nei suoi ristoranti. In Giappone e negli Stati Uniti, molte catene alberghiere e di ristorazione hanno iniziato a impiegare robot camerieri e sistemi automatizzati per la gestione degli ordini, rendendo sempre meno necessaria la presenza di lavoratori umani. Secondo uno studio del World Economic Forum, entro il 2027, il 25% dei posti di lavoro nel settore del commercio al dettaglio potrebbe essere eliminato dall’automazione. Se l’IA continua a sostituire la forza lavoro più rapidamente di quanto il mercato possa adattarsi, milioni di lavoratori potrebbero trovarsi disoccupati, con conseguenze economiche e sociali devastanti. Un’analisi del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha dimostrato che le regioni con una forte presenza di robot industriali registrano un aumento del tasso di disoccupazione fino al 30% rispetto alle aree meno automatizzate. Inoltre, uno studio della Bank of England prevede che fino al 50% dei lavori nei paesi sviluppati potrebbero essere a rischio di automazione nei prossimi 20 anni. Le conseguenze della disoccupazione tecnologica non si limitano alla perdita di reddito, ma hanno un impatto anche sulla coesione sociale. Senza politiche di protezione sociale adeguate, potremmo assistere a un aumento delle disuguaglianze economiche e alla crescita del numero di “lavoratori invisibili”, persone che, una volta espulse dal mercato del lavoro, faticano a reintegrarsi in nuove professioni. Un caso emblematico è quello della gig economy, che sta assorbendo parte della manodopera disoccupata, ma spesso offrendo condizioni di lavoro precarie e prive di garanzie contrattuali. Secondo uno studio di Oxford Economics, entro il 2030 il numero dei lavoratori precari potrebbe superare quello dei lavoratori con contratti stabili, creando una nuova forma di insicurezza economica. Per evitare scenari catastrofici, i governi dovranno investire in programmi di reskilling e upskilling, garantendo ai lavoratori l’accesso a nuove competenze richieste dal mercato del lavoro del futuro. Paesi come la Danimarca e la Germania hanno già introdotto piani nazionali per riqualificare i lavoratori nei settori a rischio, mentre aziende come Microsoft e Google stanno finanziando corsi di formazione in intelligenza artificiale e programmazione per garantire una transizione più equa. Tuttavia, queste iniziative non bastano se non accompagnate da politiche pubbliche in grado di proteggere i lavoratori dalle disuguaglianze create dall’automazione. In definitiva, sebbene l’IA e l’automazione rappresentino un’opportunità per aumentare l’efficienza e ridurre i costi di produzione, senza un’adeguata regolamentazione potrebbero portare a una delle crisi occupazionali più significative della storia moderna. L’adozione dell’IA deve essere accompagnata da strategie che bilancino innovazione e tutela del capitale umano, evitando che il progresso tecnologico si traduca in un aumento delle disuguaglianze e nella marginalizzazione di milioni di lavoratori.
Nina Celli, 23 febbraio 2025