Trump punta su accordi diplomatici per il disarmo e la pace

Trump punta su accordi diplomatici per il disarmo e la pace con i rivali

Trump ha espresso l'intenzione di utilizzare la diplomazia come alternativa alla guerra, cercando di risolvere i conflitti attraverso negoziati e costruzione di alleanze, pur mantenendo una posizione di forza per garantire la sicurezza nazionale e internazionale. Nel suo mandato precedente, Trump ha dimostrato di essere disposto a negoziare accordi di pace e di disarmo con i principali rivali globali, come la Corea del Nord. Le sue azioni diplomatiche, che includevano il dialogo diretto con Kim Jong-un, sono state viste come un tentativo di ridurre il rischio di conflitti armati. Il suo approccio di "pressione massima" combinato con la diplomazia ha portato ad una riduzione delle ostilità durante il suo periodo alla Casa Bianca, e Trump ha promesso di applicare lo stesso metodo con altri paesi come la Cina e la Russia.

Ucraina: la exit strategy di Trump

L’idea di Donald Trump di porre fine al conflitto tra Russia e Ucraina prevede una soluzione al tavolo dei negoziati. Gli estremi dell’accordo dovrebbero essere: un congelamento della guerra in atto, “fissando l’occupazione da parte di Mosca di circa il 20% dell’Ucraina e costringendo Kiev a sospendere temporaneamente la sua richiesta di adesione alla Nato”. Un’idea proposta all’interno dell’ufficio di transizione di Trump prevedrebbe che Kiev prometta di non unirsi alla Nato per almeno 20 anni. In cambio, gli Stati Uniti continuerebbero a fornire all’Ucraina armi per scoraggiare un futuro attacco russo. La linea del fronte sostanzialmente si bloccherebbe e entrambe le parti concorderebbero su una zona demilitarizzata di 800 miglia. Chi pattuglierebbe quel territorio resta poco chiaro, ma un consigliere ha detto che laforza di mantenimento della pace non coinvolgerebbe truppe americane, né proverrebbe da un organismo internazionale finanziato dagliStati Uniti, come le Nazioni Unite” (WSJ, ecco il piano di Trump per “congelare” la guerra in Ucraina. Armi a Kiev in cambio di concessioni a Mosca e niente ingresso nella Nato, “Il Fatto Quotidiano”, 7 novembre 2024).

Secondo Keith Kellogg, consigliere speciale di Donald Trump, per affrontare il conflitto tra Russia e Ucraina, la strategia si basa su una combinazione tra il mantenimento di un sostegno militare all’Ucraina e un forte impegno diplomatico, al fine di raggiungere un cessate il fuoco e avviare negoziati per una soluzione pacifica. Kellogg propone che l'Ucraina sospenda temporaneamente la sua adesione alla NATO, una mossa che potrebbe rappresentare un compromesso cruciale per ottenere un accordo con Mosca. Ha sottolineato che “la politica formale degli Stati Uniti deve essere quella di cercare un cessate il fuoco e una soluzione negoziata”, affermando inoltre: "le scorte di armi americane sono state esaurite per aiutare l’Ucraina, e il nostro paese non può permettersi di essere coinvolto in un altro conflitto" (Antonio Palma, Qual è il piano di pace del consigliere speciale di Trump per fermare la guerra tra Russia e Ucraina, “Fanpage”, 29 novembre 2024).

"Gli Stati Uniti continuerebbero ad armare l'Ucraina e a rafforzare le sue difese per garantire che la Russia non faccia ulteriori progressi e non attacchi di nuovo dopo un cessate il fuoco o un accordo di pace", è quanto si legge nel documento di ricerca del think tank trumpiano America First Policy Institute; "I futuri aiuti militari americani, tuttavia, richiederanno che l'Ucraina partecipi ai colloqui di pace con la Russia". Per gli USA di Trump, quindi, è importante utilizzare gli aiuti militari all'Ucraina come leva per avviare colloqui di pace, indicando un chiaro orientamento verso la diplomazia come strumento per risolvere il conflitto: "Se l'Ucraina non vuole negoziare, bene, ma allora accetti il fatto che può avere enormi perdite nelle sue città e accetti il fatto che avrà i suoi figli uccisi, accetti il fatto che non avrà 130.000 morti, ma 230.000-250.000", ha affermato Kellogg in occasione della convention repubblicana di luglio (L'uomo scelto da Trump per risolvere la guerra in Ucraina, “agi.it”, 27 novembre 2024).

Non isolazionismo ma politica di deterrenza

Secondo Robert O’Brien, ex consigliere per la Sicurezza nazionale durante la prima presidenza Trump “sostiene che ‘la deterrenza verrà ristabilita’ e che i nemici dell’America comprendono di non poter più ‘farla franca’ come avvenuto con Biden al potere”. Quello che si prospetta, quindi, non è una diminuzione dell'impegno internazionale della superpotenza, non sarà il ritiro degli States ma un ritorno dell’America come soggetto in grado di ristabilire la deterrenza e gli accordi transazionali con gli alleati. Per Keith Kellogg Trump “si metterà in contatto con i principali leader per cercare e trovare una soluzione ai problemi” (Valerio Chiapparino, "Pace attraverso la forza". Ecco come sarà la politica estera di Trump, “Il Giornale”, 11 novembre 2024).

Nina Celli, 30 dicembre 2024

Quadro geopolitico troppo complesso

Ristabilire la deterrenza americana non sarà facile. È quanto afferma un collaboratore anonimo di Trump, che sottolinea come il deterioramento e l’interconnessione delle crisi internazionali richiedano una politica estera dall'approccio “omnicomprensivo”. Ovvero, che tenga conto delle relazioni che si sono instaurate tra Russia, Corea del Nord, Iran e Cina, quest’ultima soprattutto sotto il profilo economico. Sono molte, infatti, le aree di crisi, dall’Ucraina al Medio Oriente, il Mar Cinese Meridionale, che la Casa Bianca non può ignorare, visti i recenti deterioramenti dei rapporti di forza proprio a scapito dell’influenza americana (Valerio Chiapparino, "Pace attraverso la forza". Ecco come sarà la politica estera di Trump, “Il Giornale”, 11 novembre 2024).

La vittoria di Donald Trump mette in discussione la garanzia di sicurezza offerta dagli Stati Uniti all'interno della NATO. Già in passato, Trump aveva minacciato un possibile ritiro degli Stati Uniti dall’alleanza qualora gli alleati non avessero aumentato il loro contributo finanziario all’organizzazione. Le guerre commerciali promesse dal leader repubblicano potrebbero inoltre destabilizzare l’economia europea, aggravando le tensioni transatlantiche.

In Medio Oriente, il ritorno di Trump sembra destinato a esacerbare le già fragili dinamiche regionali. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha espresso apertamente il suo sostegno al candidato repubblicano, sperando di ottenere carta bianca per portare avanti la sua vasta campagna militare a Gaza, in Libano e, soprattutto, contro l’Iran. Questi scenari, tuttavia, rappresentano solo una parte delle potenziali ripercussioni del ritorno di Trump in un mondo sempre più caotico.

L’Unione Europea rischia di essere la principale perdente di queste elezioni americane, almeno per come la conosciamo oggi. La gestione della guerra in Ucraina sarà cruciale. Trump ha promesso di “risolvere il conflitto in 24 ore”, ma se decidesse di sospendere gli aiuti americani a Kiev o di costringere Volodymyr Zelensky a negoziare da una posizione di svantaggio con Mosca, il prezzo di tali scelte graverebbe pesantemente su tutta l’Europa, con conseguenze profonde per la sua stabilità e il suo futuro (Pierre Haski, L’Europa pagherà un prezzo alto per il successo di Trump, “Internazionale”, 6 novembre 2024).

Il fronte ucraino

“In Ucraina, quasi, sicuramente Donald Trump farà valere il suo rapporto di amicizia con Valdimir Putina favore di una soluzione diplomatica del conflitto. Il ché equivale a brutte notizie per Kiev. Difficilmente il tycoonaccetterà di proseguire con gli aiuti come quelli stanziati fino a questo momento. L’Ucraina, dunque, sarà costretta ad accettare condizioni che potrebbero rivelarsi inique, anche per quanto riguarda il suo ingresso nella Nato”, si legge in un articolo del “Quotidiano Nazionale” (Marta Ottaviani, Le due guerre. Fine degli aiuti a Kiev se vincerà il tycoon, “Quotidiano Nazionale”, 5 novembre 2024).

“Il Fatto Quotidiano”, richiamando un articolo del “Wall Street Journal”, scrive che la exit strategy di Trump farebbe felici i russi: zone autonome e smilitarizzate su entrambi i lati del confine, no all’entrata di Kiev nella Nato, Paesi Ue che devono assumere il ruolo di garanti del processo di pace, mentre la partecipazione degli Stati Uniti e della Nato sarà minima. Non spetterà agli Usa, inoltre, assumersi l’onere finanziario del mantenimento della pace, bensì ai Paesi dell’Ue, con Washington che non sarà disponibile nemmeno a partecipare a eventuali operazioni di peacekeeping (WSJ, ecco il piano di Trump per “congelare” la guerra in Ucraina. Armi a Kiev in cambio di concessioni a Mosca e niente ingresso nella Nato, “Il Fatto Quotidiano”, 7 novembre 2024).

Il fronte mediorientale

La situazione in Medio Oriente appare decisamente più complessa. Donald Trump crede di poter risolvere le ostilità attraverso una soluzione pacifica che coinvolga tutti i Paesi della regione. Tuttavia, il contesto è profondamente cambiato rispetto al suo primo mandato presidenziale. Innanzitutto, è probabile che Trump lasci a Benjamin Netanyahu piena libertà di azione nella regione. Il primo ministro israeliano sembra determinato a proseguire le operazioni militari nella Striscia di Gaza e nel sud del Libano, alimentando una situazione di tensione che potrebbe rivelarsi vantaggiosa per Trump. Questo scenario, infatti, potrebbe offrirgli l’opportunità di affrontare in modo deciso l’Iran, considerato da lui una delle principali minacce. Israele potrebbe diventare il pretesto per intraprendere azioni volte a neutralizzare la Repubblica Islamica.
Parallelamente, Trump sembra dare per scontato il sostegno del resto del mondo arabo, in particolare quello dei Paesi del Golfo. Durante il suo primo mandato, questi avevano risposto favorevolmente agli Accordi di Abramo, ma potrebbero ora opporsi a soluzioni che non tengano adeguatamente conto delle rivendicazioni del popolo palestinese. Questa sensibilità è diventata ancora più evidente dopo mesi di intensi bombardamenti che hanno ulteriormente esasperato la questione (Marta Ottaviani, Le due guerre. Fine degli aiuti a Kiev se vincerà il tycoon, “Quotidiano Nazionale”, 5 novembre 2024).

Storiche tensioni con Teheran

Durante un’intervista rilasciata il 12 dicembre 2024 a Time Magazine, in cui è stato nominato "Person of the Year", Donald Trump ha affrontato il tema delle tensioni internazionali, in particolare il rischio di un conflitto con l’Iran. Alla domanda su quanto fosse probabile una guerra con Teheran durante il suo prossimo mandato presidenziale, Trump ha risposto con parole che sottolineano l’instabilità globale: "Anything can happen. It's a very volatile situation". La dichiarazione riflette un approccio ambiguo, lasciando aperta la possibilità di ulteriori escalation.

Il rapporto di Trump con l’Iran è stato segnato da momenti di alta tensione durante il suo primo mandato. Nel 2020, aveva ordinato un attacco aereo che portò alla morte di Qassem Soleimani, il comandante delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, un episodio che peggiorò le relazioni tra i due paesi. Inoltre, nel 2018, Trump aveva ritirato gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare firmato da Barack Obama nel 2015, ripristinando sanzioni economiche che avevano lo scopo di limitare le capacità iraniane di arricchire uranio, un processo cruciale per la costruzione di armi nucleari.

Le dichiarazioni di Trump durante l’intervista mettono in evidenza la complessità del contesto geopolitico che affronterà nel suo prossimo mandato. La sua retorica ambigua e i precedenti con l’Iran, combinati con le crescenti tensioni in Ucraina, suggeriscono un panorama instabile, in cui le azioni imprevedibili potrebbero portare a nuove escalation militari. La sua osservazione, "qualsiasi cosa può succedere", riflette sia un’ammissione di incertezza sia un possibile avvertimento sugli sviluppi futuri (Trump, asked about chances of war with Iran, says ‘anything can happen', “Reuters”, 12 dicembre 2024).

Nina Celli, 30 dicembre 2024