La politica estera di Biden ha fatto recuperare agli USA il ruolo guida a livello internazionale

“Ci troviamo in una fase cruciale di confronto tra democrazie e autocrazie", ha affermato il presidente Joe Biden, in occasione della sua visita alle forze militari americane a Rzeszów, in Polonia, a un centinaio di chilometri dal confine con l’Ucraina, il 25 marzo 2022, sottolineando che nel prossimo futuro assisteremo a una "divaricazione tra Paesi liberi e quelli autocratici". Ha poi aggiunto: "Questo concetto di democrazia avrà bisogno del sostegno della Nato" (Biden cita Tienanmen, "è democrazia contro autocrazia", “agi.it” 22 marzo 2022).
Il cambiamento di rotta nella politica di Biden era evidente fin dalle prime azioni della sua amministrazione. Addirittura, la decisione di ritirarsi dall'Afghanistan diventa più chiara se consideriamo che quella regione non è il fulcro principale del panorama geopolitico dove, secondo Biden, si svolgeranno le sfide cruciali. I punti focali della nuova politica estera americana saranno, da un lato, le frontiere dell'ex Unione Sovietica, con l'obiettivo di contrastare le ambizioni espansionistiche di Putin, e dall'altro, il Mar Cinese Meridionale.
Quest'ultima regione riveste un'importanza fondamentale nelle scelte di geopolitica di Biden, soprattutto considerando il suo principale avversario: la Cina. Questo Paese potrebbe emergere nei prossimi anni come la maggiore potenza economica globale, rappresentando l'unico contendente degli Stati Uniti nella corsa al primato tecnologico.

Il ritiro dall’Afghanistan non è stato un errore strategico

Il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afganistan può essere criticato da un punto di vista tattico e della pianificazione, ma non un errore da un punto di vista strategico. Inoltre, anche la maggior parte dei membri della coalizione internazionale aveva preceduto gli USA nel ritiro delle truppe, salvo alcuni piccoli contingenti militari e personale diplomatico. Un errore tattico, senz’altro, che è stato pagato duramente dalla popolazione civile afgana, che si trova nuovamente sotto il regime talebano.
“Anche in questo caso, comunque, si può concludere che la valutazione complessiva fatta da Washington non sia stata gravemente dannosa per gli interessi americani, nel senso che il fulcro della strategia USA è chiaramente altrove”. […]
“Non sembra corretto caratterizzare la politica estera di Biden come vittima di una serie di errori di interpretazione e di preparazione, soprattutto se si guarda al grande sforzo per riattivare e ampliare la rete di alleanze nell’Indopacifico […]. Quanto al quadrante mediorientale, per ora le capacità diplomatiche e di deterrenza americane stanno tenendo sotto controllo gli attori più scontrosi e attivi: Iran (con Hezbollah), Arabia Saudita, Turchia. Tutto è in movimento e la situazione è altamente instabile, certo, ma Washington è di gran lunga il protagonista principale degli sforzi di contenimento dei danni regionali” (Roberto Menotti, Tre tesi sulla politica estera americana da mettere in discussione, “aspeniaonline”, 2 novembre 2023).

Il confronto con la Cina

Con l'avvento dell'amministrazione Biden, le tensioni esacerbate durante la presidenza di Trump non si sono affatto attenuate. Anzi, sono rimaste alte, se non aumentate su alcuni fronti. La pandemia da Covid-19 ha ulteriormente acuito le tensioni, con gli Stati Uniti che hanno criticato apertamente la gestione iniziale della pandemia da parte della Cina e hanno sollecitato indagini sull'origine del virus.
Biden, durante il suo mandato presidenziale, ha continuato a criticare le politiche cinesi sui diritti umani e ha mantenuto le restrizioni commerciali e tecnologiche introdotte dall'amministrazione Trump. La questione di Taiwan è diventata sempre più sensibile, con gli Stati Uniti che hanno confermato il loro impegno per la difesa di Taiwan, suscitando forti reazioni da parte della Cina. La competizione tecnologica e per l'egemonia nella regione dell'Indo-Pacifico è diventata un punto focale, con entrambi i paesi che cercano di espandere la propria influenza e presenza militare nella regione.
Sono stati fatti, comunque, anche importanti passi avanti per cercare di stabilire un dialogo e cooperare su questioni globali come il cambiamento climatico, sebbene con risultati limitati. “L’intelligenza di Biden è stata quella di incontrare Xi in uno dei momenti più complicati e più densi di pericoli nelle relazioni tra i due Paesi, oltre che alla vigilia di elezioni presidenziali che si preannunciano combattute. Dopo il viaggio del Presidente Richard Nixon in Cina (1972) e la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi (1979), i rapporti sinoamericani si erano progressivamente consolidati. Lo stesso Xi, arrivato al potere nel 2012, aveva inizialmente continuato sulla strada dei suoi predecessori. Le cose sono peggiorate a partire dal secondo decennio di questo secolo in concomitanza con l’accresciuta potenza militare cinese e con le prime serie tensioni in campo commerciale. Il punto più basso è stato raggiunto con la visita a Taiwan della Speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi, nell’agosto 2022. Allora c’è stato persino chi ha temuto che si fosse vicini ad uno scontro aperto tra i due Paesi. Successivamente il clima non è migliorato anche per le posizioni assunte da Pechino sulla guerra in Ucraina” (Giuseppe Morabito, Prospettive dello sviluppo delle relazioni tra Cina e Stati Uniti dopo l’incontro Biden – Xi, “apertacontrada.it”, 8 gennaio 2024).

Divergenze e perplessità sulla guerra in Ucraina

Mentre l'Ucraina cerca di mobilitare il sostegno internazionale, alcuni Paesi europei condividono questa posizione, ma negli Stati Uniti crescono le perplessità. Gli USA temono che una Russia troppo indebolita possa diventare un problema per loro e per l'Europa, e che la guerra in Ucraina possa distogliere l'attenzione dalla competizione con la Cina, che considerano una minaccia strategica più seria. Pertanto, gli USA agiscono come un freno all'escalation della guerra.
Il futuro dipende dalla capacità degli USA di influenzare l'Ucraina senza compromettere la sua leadership, poiché sia l'Europa che gli Stati Uniti hanno investito la propria reputazione in questa guerra, dopo l'esperienza dell'Afghanistan.
Secondo quanto sostiene il prof. Alessandro Colombo, docente di Relazioni internazionali all’Università degli studi di Milano: “‘Negli USA è chiara la necessità di evitare che la guerra in Europa diventi qualcosa di simile a quello che è stata la guerra globale al terrore, ovvero una colossale diversione strategica; che obbliga gli Stati Uniti a sprecare investimenti politici, economici e militari in una battaglia che non è prioritaria’. Le posizioni di Ucraina e Russia oggi sono inconciliabili, ma dunque come se ne uscirà? ‘Tutto - conclude Colombo - si gioca su una domanda: quanto gli americani saranno in grado di fare pressione sulla leadership ucraina senza delegittimarla e senza delegittimarsi? Questo perché Europa e Stati Uniti hanno messo in questa guerra una parte importante della loro reputazione, dopo il disastro dell’Afghanistan’” (Guerra in Ucraina: vi spieghiamo il ruolo chiave degli USA, “rsi.ch”, consultato il 30 aprile 2024).

La questione israeliana

I problemi che Biden sta affrontando riguardo all'Ucraina sono principalmente di natura interna, mentre la questione israeliana è più intricata. L'amministrazione americana sta risentendo di una relazione debole con Israele che ha radici negli anni dell'amministrazione Obama, con particolare difficoltà nel gestire le dinamiche con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Quest'ultimo sembra ritenere di poter affrontare autonomamente la questione palestinese, ostacolando così gli sforzi di Washington per influenzare la situazione (Alessandro Faruggia, La guerra in Ucraina e la posizione dell’America: "Troppo divisa e isolata, è sempre meno importante sulla scena internazionale”, “quotidiano.net”, 12 aprile 2024). Gli Stati Uniti non possono fare a meno di sostenere Israele, ma questo sostegno li limita a causa dell'intransigenza di Benyamin Netanyahu.
“La linea dura del governo israeliano sta complicando la posizione di Washington. Come spiega la CNN, mercoledì 8 novembre il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato l'opposizione dell'America a un'occupazione di Gaza, in seguito all'insistenza del Primo Ministro Netanyahu sul fatto che Israele sarà responsabile della sicurezza di Gaza per un ‘periodo indefinito’. Tuttavia, la capacità degli Stati Uniti di impedire a Tel Aviv di prendere il controllo della regione è discutibile, poiché un'azione del genere rischierebbe di bloccare i negoziati per la normalizzazione delle relazioni tra Israele e Paesi come l'Arabia Saudita. Questo gioco di equilibri sta avendo ripercussioni all'interno della stessa squadra di Biden: secondo fonti della Casa Bianca citate dalla CNN, diversi dipendenti del governo statunitense sono ora a favore di un cessate il fuoco e hanno difficoltà a sostenere Israele di fronte a un'operazione militare che ha causato migliaia di vittime. Diverse centinaia di membri dell'Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, ad esempio, hanno pubblicato una lettera aperta in cui chiedono un cessate il fuoco, una posizione che finora è stata respinta dalla Casa Bianca” [NdT] (Benjamin Laurent, Le soutien de Biden à Israël irrite une partie de l'administration américaine, “geo.fr”, 9 novembre 2023).

Rossella Vezzosi, 10 maggio 2024

“Come si posizioneranno dunque gli Stati Uniti nel nuovo ordine internazionale? Secondo Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Milano, tanto Biden che Trump ritengono che gli Stati Uniti non possano più perseguire il ruolo egemonico come durante ‘l’epoca d’oro’ della presidenza di Bill Clinton. La chiave sta nel trovare la formula giusta per ridurre il proprio impegno senza però perdere credibilità. ‘La differenza fondamentale è che Biden crede nello strumento multilaterale per mantenere la preminenza di Washington. Trump è invece convinto dell’opposto: crede che tenersi le mani libere sia il modo migliore per reagire al meglio agli sviluppi futuri’” (Duccio Fioretti, I blocchi di Trump contro il multilateralismo di Biden. Quale approccio dopo Usa2024, “formiche.net”, consultato il 24 aprile 2024).
Colombo analizza anche la posizione dell'Europa e la possibile risposta di fronte a un ridimensionamento dell'impegno degli Stati Uniti. Il professore osserva che un ritiro parziale o totale degli USA non necessariamente porterà a una maggiore assertività e unità da parte dell'Europa. Al contrario, in precedenti circostanze simili, si è verificato un aumento delle tensioni, causato dalla necessità di identificare un nuovo leader in un contesto di interessi nazionali divergenti. "La situazione in Ucraina rafforza la visione dei Paesi dell'Europa centro-settentrionale, per i quali la sicurezza del continente è in gioco ad Est. Al contrario, la crisi in Medio Oriente sostiene la prospettiva dei Paesi meridionali, che vedono nel Mediterraneo la regione cruciale. Questa mancanza di coesione complica il processo decisionale a livello europeo" (Ibidem).

La rivalità con la Cina

Dopo l'ingresso della Cina nell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) nel 2001, molti speravano che ciò avrebbe portato a riforme e liberalizzazioni da parte di Pechino, ma tali aspettative non si sono realizzate.
La crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina negli ultimi 20 anni si è manifestata attraverso una guerra commerciale, con impatti significativi sui salari e sull'occupazione manifatturiera nei paesi occidentali. Questo ha alimentato la diffidenza verso la globalizzazione e ha portato entrambe le nazioni a cercare maggior indipendenza economica e politica. “Le ragioni che spiegano l'acuirsi della rivalità tra Cina e Stati Uniti differiscono ovviamente da parte e parte del Pacifico. L'argomento comune dalla parte asiatica mette in luce la guerra commerciale avviata da Donald Trump sin dalla sua elezione. Dall'altro lato, l'analisi occidentale pone l'accento sullo choc rappresentato dall'ingresso della Cina nell'OMC [Organizzazione Mondiale del Commercio]. Secondo alcune stime, l'impatto della concorrenza dei beni cinesi ha avuto conseguenze gravi sui salari e sull'occupazione manifatturiera in Europa e negli Stati Uniti. Si stima che quasi quattro milioni di posti di lavoro siano stati persi negli Stati Uniti tra il 2001 e il 2020” [TdR] (Jeremy Ghez, Chine et États-Unis : comment en est-on arrivé là?, “theconversation.com”, 1֯ marzo 2022).

Sotto l'amministrazione Biden, ci sono stati sforzi per mantenere una posizione ferma sulla concorrenza economica e tecnologica con la Cina, mentre contemporaneamente si cerca di stabilire una relazione più stabile e prevedibile. Biden ha continuato a sollevare preoccupazioni riguardo ai diritti umani in Cina, incluso il trattamento dei musulmani uiguri nello Xinjiang e la repressione delle libertà a Hong Kong.
L'amministrazione Biden ha anche cercato di collaborare con gli alleati, come l'Unione Europea e i paesi dell'Asia-Pacifico, per affrontare le sfide poste dalla crescente influenza della Cina. Ci sono state discussioni su questioni come il cambiamento climatico, la sicurezza nella catena di approvvigionamento e la gestione della pandemia di Covid-19.
Tuttavia, le tensioni rimangono alte su una serie di questioni, inclusi i diritti commerciali e la sicurezza militare. La questione dei diritti umani e delle questioni legate alla sicurezza nazionale continua a influenzare le relazioni bilaterali. Entrambi i paesi hanno espresso preoccupazione per le azioni dell'altro in diverse aree, il che mantiene un clima di sfida e competizione.

Le relazioni USA-Cina

Nell’ultimo incontro a Pechino nell’aprile 2024, fra il segretario di Stato statunitense Antony Blinken con il presidente cinese Xi Jinping e alti funzionari cinesi, “Il presidente cinese ha sottolineato che Cina e Stati Uniti devono cercare un terreno comune ‘piuttosto che impegnarsi in una competizione feroce’. […] ‘Il mondo è sufficientemente grande perché Cina e Stati Uniti possano entrambi svilupparsi e prosperare’, ha detto il presidente cinese, secondo il quale i due Paesi devono quindi ‘essere partner e non rivali’” (Michela Morsa, Usa-Cina, Blinken incontra Xi Jinping a Pechino: "Gestiamo responsabilmente le differenze" , “it.euronews.com”, 27 aprile 2024). Tale prospettiva conciliante erode i campi dove gli USA potrebbero esercitare ancora un potere egemonico, come in passato.
Negli ultimi mesi, nonostante un aumento dei colloqui tra le due parti, le differenze sono cresciute. Di recente, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato un pacchetto da 95 miliardi di dollari che ha suscitato preoccupazione a Pechino. Questo include otto miliardi di dollari per contrastare l'aggressività cinese verso Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale. Inoltre, c'è una disposizione che obbliga la società madre di TikTok, ByteDance, a vendere il social network entro la fine dell'anno 2024 o rinunciare al mercato statunitense. Il disegno di legge assegna anche 61 miliardi di dollari all'Ucraina per difendersi dall'invasione russa. L'amministrazione Biden ha criticato il sostegno cinese al settore militare-industriale russo, affermando che questo ha consentito a Mosca di aggirare le sanzioni occidentali e intensificare gli attacchi all'Ucraina.

Durante il colloquio fra il segretario di Stato statunitense Antony Blinken e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, che ha preceduto il confronto fra Blinken e il Presidente cinese, Wang ha illustrato, senza essere specifico, le note lamentele cinesi su politiche e posizioni degli Stati Uniti sul Mar Cinese Meridionale, Taiwan, i diritti umani e il diritto della Cina di condurre relazioni con i Paesi che ritiene più opportuni, sottolineando come “I legittimi diritti di sviluppo della Cina sono stati irragionevolmente soppressi e i nostri interessi fondamentali stanno affrontando delle sfide. Le preoccupazioni della Cina sono coerenti. Abbiamo sempre chiesto il rispetto dei reciproci interessi fondamentali e invitiamo gli Stati Uniti a non interferire negli affari interni della Cina, a non frenare lo sviluppo del Paese e a non calpestare le linee rosse della sovranità, della sicurezza e degli interessi di sviluppo della Cina” (Ibidem). Il segretario di Stato americano Blinken ha risposto che l'amministrazione Biden attribuisce grande importanza al dialogo tra Stati Uniti e Cina anche sulle questioni controverse. Gli Usa hanno tenuto a precisare, in un comunicato del dipartimento di Stato, che "gli Stati Uniti continueranno a difendere i propri interessi e valori e quelli dei loro alleati e partner, anche in materia di diritti umani e questioni economiche" (Ibidem).

Le tensioni tra Iran e Israele e il ruolo degli USA

Mentre il primo ministro israeliano Netanyahu e i leader iraniani vedono nella guerra fra di loro una necessità politica per consolidare il proprio potere e la propria leadership regionale, gli Stati Uniti e l'Occidente sono incapaci di frenare il conflitto, rivelando una debolezza sia politica che democratica. Israele si distacca dagli alleati tradizionali e agisce autonomamente, mettendo in difficoltà la Casa Bianca e favorendo un'eventuale ascesa di Trump, che si presenta come l'uomo forte capace di prendere decisioni difficili. “L’occidente, e in particolare gli Stati Uniti, si trovano nell’impossibilità di evitare l’escalation del conflitto. I tentativi di pacificazione, specialmente quelli diretti a bloccare la risposta bellica di Israele all’attacco iraniano di pochi giorni fa, confermano però non solo la debolezza della democrazia americana ma anche quella delle democrazie occidentali” […] “Come chi gestisce la guerra a Gaza ha fatto capire al mondo, Israele fa quello che vuole, non ciò che suggeriscono Washington o Bruxelles. Un atteggiamento che mette in grave difficoltà la Casa Bianca a pochi mesi dalle elezioni presidenziali. Negli Usa si ha la sensazione che Biden appaia politicamente indebolito a causa dell’incertezza su quale politica seguire nella guerra di Gaza e dall’irrilevanza dei suggerimenti di Washington in relazione a quella tra Iran e Israele. Nell’America democratica si respira un’aria di preoccupazione e c’è chi inizia a parlare della necessità di un cambiamento radicale del fronte liberal” (Loretta Napoleoni, Con lo scontro tra Israele e Iran si rischia grosso: fallimentari le politiche Usa e Ue, “ilfattoquotidiano.it”, 21 aprile 2024).

Rossella Vezzosi, 10 maggio 2024