L’intolleranza culturale della cancel culture si sta trasformando in oppressione

Mirando a esporre e affrontare l'ipocrisia nei discorsi pubblici, la cancel culture denuncia le azioni e le parole che sono contrarie agli ideali di uguaglianza e rispetto dichiarati, sensibilizzando gli individui a una maggiore coerenza tra ciò che si dice e ciò che si professa.
Il movimento può essere visto allora come un modo per far emergere la responsabilità individuale per le parole e le azioni, poiché quando le persone usano linguaggio offensivo o promuovono idee discriminatorie, la cancel culture mette in luce queste azioni e cerca di rendere consapevoli le persone delle conseguenze dei loro comportamenti. “Attraverso la messa in luce delle questioni sistemiche, la cultura della cancellazione può spingere verso un progresso sociale e sfidare norme oppressive” (Cancel culture in breve: cos’è, i pro e i contro, “moebiuslugano.ch”, consultato il 26 aprile 2024).
“Gli appelli alla ‘cancellazione’ sono essi stessi una forma di libertà di parola e promuovono la responsabilità personale” (Cancel Culture, cos'è e cosa significa la "cultura della cancellazione, “ilmessaggero.it”, 18 ottobre 2022).
Gli appelli alla "cancellazione" possono essere interpretati come parte integrante della libertà di parola, ma in una prospettiva diversa. Piuttosto che limitare la libertà di espressione, essi riflettono un'evoluzione nel modo in cui la società affronta le conseguenze delle parole e delle azioni online.
In un contesto più ampio, la libertà di parola non è assoluta; è bilanciata da responsabilità e conseguenze sociali. Gli appelli alla "cancellazione" possono essere visti allora come una manifestazione di questa responsabilità sociale. Incoraggiano un'assunzione di responsabilità personale per ciò che si dice e si fa online, riconoscendo che le parole possono avere un impatto significativo sulle persone e sulle comunità.

Rossella Vezzosi, 26 aprile 2024

 

La cancel culture è spesso una risposta ad atteggiamenti discriminatori, razzisti o dannosi, e riflette il desiderio di porre fine a tali atteggiamenti nell'arena pubblica. Ma “Anni ed anni di ‘politicamente corretto’ hanno falsato i rapporti tra persone, hanno deformato gli elementi essenziali della realtà, hanno reso permalose le persone fino ad autorizzarle a sentirsi offese per qualsiasi parola fosse loro sgradita o per qualsiasi concetto che non fosse in linea con l’ipocrita linguaggio che lo esprime” (Fleres Salvo, Ipocrisia del linguaggio politicamente corretto, “Qds.it”, 1֯ dicembre 2021).

Attraverso una falsa idea di tolleranza dell'altro, si cerca di proibire tutto ciò che può ferire, che può generare vittime, che può essere anche di minimo disturbo a chi si considera una minoranza, così la tolleranza è diventata oggi intollerante poiché è sufficiente una parola sbagliata o all'apparenza scorretta perché subito l'intolleranza dei tolleranti colpisca chiunque. “Così si finisce nell'inferno del pensiero unico. E per chi ama la libertà, l'inferno non può essere altro che un pensiero unico che in nome di un qualche Bene assoluto, di una qualche Verità, non ammette divergenze” (Luigi Marco Bassani, Tolleranza, Liberilibri, Macerata, 2023).
E quando il pensiero unico diventa predominante e le divergenze vengono negate o osteggiate, si rischia di limitare la creatività, l'innovazione e la capacità di affrontare problemi complessi da angolazioni diverse.

Rossella Vezzosi, 26 aprile 2024