Le atlete donne transgender non dovrebbero partecipare alle competizioni femminili perché avvantaggiate rispetto alle donne cisgender

Il processo di inclusività del CIO

Nel 2003 il Comitato Olimpico Internazionale ha stabilito che per essere eletti nelle competizioni del genere di elezione, le atlete trans dovevano sottoporsi ad intervento chirurgico e almeno a due anni di terapia ormonale di conversione. In questo modo, però, tutti coloro che non potevano permettersi tali cure erano esclusi in automatico. Lo stesso CIO, nel 2016, ha aperto ai transgender la possibilità di gareggiare nelle categorie femminili, purché controllassero il livello di testosterone in modo costante. A determinare il genere femminile saranno quindi i livelli del testosterone, che non dovranno superare i 10 nanogrammi al litro nel corso dei 12 mesi che precedono la gara sportiva. Ma a partire dal 2019 il World Athletics ha modificato la soglia necessaria per passare dalla categoria maschile a quella femminile riducendola a 5 nanogrammi per litro.

Tara Seplavy: difficile allenarsi in cura ormonale

La ciclista trans americana Tara Seplavy ha manifestato difficoltà nelle attività sportive durante l’assunzione della terapia ormonale: “molte persone non si rendono conto di quanto sia difficile allenarsi a livello atletico quando sei in terapia ormonale. Come ha detto il mio coach, io sto facendo dell’antidoping. Sto introducendo sostanze chimiche nel mio corpo che di fatto pregiudicano le prestazioni atletiche” (Cyd Zeigler, Meet some trans athletes who work hard, train like mad and (almost) never win, “OutSports”, 3 dicembre 2019).

Valentina Petrillo: “Xenofobi e nazisti”

Sulle accuse mossegli da molte colleghe atlete, Valentina Petrillo ha additato come xenofobi e nazisti chi la stava oltraggiando e lo ha fatto tramite dei post sui social. L'atleta ha anche dichiarato che, in seguito alla decisione della World Athletic, “per ragioni di sicurezza e di incolumità personale” non avrebbe partecipato ai campionati del mondo master indoor in Polonia.
Quarantanovenne e bolognese, Valentina Petrillo è la prima e unica atleta transgender paralimpica a competere nelle categorie femminili. La sua prima gara nella categoria del proprio sesso di elezione risale al 2020, durante i Campionati paralimpici di Jesolo. Nel 2021 è entrata in Nazionale, nel 2022 invece ha vinto il World Para Athletics Grand Prix di Parigi. L’atleta riceve molti attacchi sui social, gli ultimi sono arrivati in seguito alla sua partecipazione ai campionati italiani di Ancona, dove ha vinto i 200 e i 400 metri. “Un avvocato, un mese prima delle gare, ha inviato una richiesta alla Fidal per non farmi entrare nei bagni delle donne, nonostante io abbia un documento al femminile e sia riconosciuta come donna dallo Stato. Mi hanno riservato un bagno dedicato come fossi un’appestata. Peccato che quel bagno e spogliatoio non fossero genderless o neutri: in Italia sono a vista. Invece, andrebbe tutelata la privacy di tutti” - ha detto Valentina Petrillo in un’intervista al “Corriere della Sera di Bergamo”, Valentina Petrillo, l'atleta trans fa incetta di medaglie. “Io odiata come la Egonu. Voglio le Olimpiadi”, di Rosanna Scardi, del 22 marzo 2023.
Sui vantaggi fisici con cui è additata dai critici, Valentina Petrillo ha raccontato che “un atleta uomo, ad Ancona, mi ha accusato di voler vincere facile e mi ha invitato a correre nella sua categoria. A tutte queste persone, faccio presente che io rispetto le regole, non accetto accuse basate sul nulla. Sono vittima di odio di genere, tanto grave quanto la xenofobia verso un atleta che non è considerato italiano perché di colore, come Paola Egonu”. L’atleta ha inoltre dichiarato di sottoporsi ogni settimana agli esami del sangue per monitorare il proprio livello di testosterone (ibidem).

Lindsay Hecox, la studentessa contro il disegno di legge nell’Idaho

Lindsay Hecox è una studentessa trans di 20 anni al secondo anno della Boise State University ed è un’attivista che ha contestato il disegno di legge dell'Idaho sulla chiusura dello sport femminile alle donne trans. “Queste leggi riducono le donne trans a semplici uomini che fingono di essere donne, e questi legislatori non hanno idea del vocabolario trans e di cosa significhi effettivamente”, ha detto Hecox a “Runner's World” nel 2020. “La loro argomentazione è che le donne trans hanno la stessa capacità di uomini cisgender, il che non è accurato. Ho perso così tante capacità atletiche (nella mia transizione) e nessuno ci pensa davvero o lo capisce”.
"La persona media non capisce veramente le persone trans: dovrebbe sapere che hanno un tasso molto elevato di problemi di salute mentale solo a causa del fatto che la società non si è ancora messa al passo e non ha capito cosa significa vivere nella menzogna per sempre”, ha dichiarato la Hecox a “Runner's World”. “Spero davvero che i miei compagni corridori di Boise State, se finissi per far parte della squadra, non pensino che li batterò automaticamente”.
“È comprensibile che gli atleti (cisgender) possano essere riluttanti a competere contro di me perché la scienza in materia è così nuova e ancora in via di sviluppo ed è naturale che le persone desiderino che ci sia quanta più equità competitiva possibile", afferma June Eastwood, la prima atleta transgender a competere nella divisione I di sci di fondo per l'Università del Montana, “Ma penso che, poiché non disponiamo della ricerca in questo momento, dovremmo impostare l’inclusione come impostazione predefinita finché non avremo più ricerca e rispondere alla ricerca non appena si presenta e, in definitiva, creare linee guida migliori in modo che lo sport possa essere altrettanto competitivo ed equo”, ha dichiarato June Eastwood (Emilia Benton, The Fight for Transgender Athletes’ Right to Compete, Runner’s World, “Runner’s World”, 18 marzo 2021).

Connecticut: le risposte delle due atlete trans Terry Miller e Andraya Yearwood contro le accuse verso di loro

Il Connecticut è uno dei 17 Stati USA ad aver aperto alle atlete trans l’accesso alle categorie femminili e lo ha fatto dal 2019. In risposta alle provocazioni delle tre studentesse del Connecticut, Selina Soule, Chelsea Mitchell e Alanna Smith, la velocista trans Terry Miller ha dichiarato: “Ho affrontato la discriminazione in ogni aspetto della mia vita e non voglio più rimanere in silenzio - ha detto Miller - Sono una ragazza e sono una corritrice. Faccio atletica leggera proprio come le mie coetanee, per eccellere, fare comunità e dare un significato alla mia vita. È ingiusto e doloroso che le mie vittorie e il mio duro lavoro debbano essere attaccati”. L’altra velocista trans contro la quale si sarebbe mossa la polemica, Andraya Yearwood, ha dichiarato invece: “Non smetterò mai di essere me. Non smetterò mai di correre! Spero che la prossima generazione di giovani trans non debba combattere contro quello con cui sto combattendo io. Spero che possano essere celebrati e non più demonizzati. Io corro per la prossima generazione!”. La Connecticut Association of School-Connecticut Interscholastic Athletic Conference, un’organizzazione privata no profit che governa lo sport interscolastico in Connecticut contro la quale è stata mossa l’accusa, ha dichiarato che la loro politica segue una legge antidiscriminatoria statale secondo la quale tutti gli studenti possono identificarsi nel genere di loro scelta. “L'idea che la legge protegga solo le persone con cromosomi XX rispetto alle persone con cromosomi XY non si trova da nessuna parte nella storia legislativa del titolo IX. In qualsiasi regolamento di attuazione o in qualsiasi altro aspetto dell'interpretazione del titolo IX negli ultimi 50 anni dai tribunali”, ha dichiarato l'avvocato Chase Strangio, vicedirettore di Trans Justice con il Progetto ACLU LGBT & HIV (Stati Uniti, giovani atlete intentano una causa contro le trans negli sport femminili, “Sky TG24”, 14 febbraio 2020).

Accesso atlete trans alle categorie femminili: c’è un rischio per le donne cis?

Sulla paura di una marginalizzazione delle donne nello sport con l’accesso alle atlete trans, la giornalista sportiva Britni de la Cretaz ha dichiarato che “c’è molta disinformazione che fa pensare che le donne transgender domineranno negli sport, ma questo non sta accadendo” (Alessandra Vescio, Non solo persone transgender: i limiti bioetici del binarismo nello sport, “Valigia Blu”, 27 agosto 2022). Va notato, inoltre, che lo stesso accanimento non è nato quando a vincere è stato un atleta americano transgender, Chris Mosier, il quale ha ottenuto un grande successo nella categoria maschile di atletica leggera e non ha percepito le stesse accuse che invece vengono mosse alle atlete transgender quando vincono (The Lived Experience of a Transgender Athlete: Part 1, “Global Sport Matter”, 18 giugno 2021).

Elisabetta Di Cicco, 5 aprile 2024

Martina Navratilova: non basta definirsi donna per competere con le donne

Sono molte le atlete cisgender che hanno levato la voce per contestare la presenza di atlete transgender nelle competizioni sportive a loro dedicate. La partecipazione di persone nate con un altro genere potrebbe infatti compromettere il loro successo, viste le diversità di fisico e i diversi vantaggi che le atlete trans potrebbero avere nelle varie discipline.
Tra le atlete che più si sono battute sulla questione c’è l’ex tennista Martina Navratilova. Insieme a gruppi femministi come Save Women's Sports, la sportiva ha dichiarato che “è sicuramente ingiusto per le donne che devono competere contro persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Non basta definirsi donna per competere con le donne. Devono esserci dei criteri, se hai un pene non puoi competere con le donne. La via scelta dalla maggior parte delle Federazioni sportive non risolve il problema. Così è una vera e propria truffa che ha consentito a centinaia di atleti che hanno cambiato genere, di vincere quello che non avrebbero mai potuto ottenere in campo maschile, specialmente negli sport in cui è richiesta potenza” (Sonia Montrella, La battaglia dei transgender per competere nello sport, “AGI”, 19 settembre 2020).

Bethany Hamilton: bisognerebbe sentire anche il parere degli atleti

Bethany Hamilton, surfista sopravvissuta all’attacco di uno squalo, in seguito al quale ha perso un braccio, è intervenuta duramente sulla questione, dopo che la World Surf League si è adeguata ai regolamenti dell’International Surfing Association, dando il via libera alla partecipazione di surfiste trans purché queste abbiano un livello di testosterone per litro inferiore ai 5 nmol/L per i 12 mesi precedenti. “Penso che molte delle ragazze attualmente in tournée non siano d'accordo con questa nuova regola e temono di essere ostracizzate se parlano. A qualcuno degli attuali surfisti della World Surf League è stato chiesto quali fossero i loro pensieri e le loro opinioni su questa nuova regola prima che fosse approvata? Dovrebbe esserci una conversazione con le 17 donne e tutti gli uomini in tournée prima di un cambiamento delle regole come questo. E poi, un livello ormonale è una rappresentazione onesta e accurata che qualcuno è davvero un maschio o una femmina?” (Francesco Sessa, Transgender nello sport: chi restringe e chi apre, ecco la situazione, “Style Magazine” 28 marzo 2023).

Linda Blade: le differenze fisiche tra uomo e donna non si limitano ai livelli ormonali

Ad andare più a fondo sulla questione, analizzando anche i dati scientifici, è stata l'ex campionessa di atletica ed educatrice sportiva canadese Linda Blade. La sportiva ha utilizzato come base scientifica del suo discorso il fatto che in sport come il nuoto gli uomini hanno un vantaggio dell'11%. Abbassare il livello di testosterone, quindi, non è sufficiente per rendere i corpi maschili di nascita uguali ai corpi femminili di nascita. Secondo Blade, infatti, bisogna quantificare il vantaggio fisico maschile rispetto a quello delle donne, questo arriva ad un range tra il 10% e il 160% a seconda dello sport praticato. Il corpo maschile ha una pesantezza che si aggira tra il 20% e il 40% in più rispetto al corpo femminile, una potenza del 3060% e una potenza esplosiva del 33% in più. Anche la velocità maschile supera quella femminile del 10-15% e l'assorbimento massimo di ossigeno in un uomo è del 20-40% maggiore rispetto a quello di una donna. Linda Blade, nel suo libro Unsporting Blade, per mettere a tacere il dibattito, prova a valutare una terza opzione nelle categorie sportive che fino ad ora prevedono solo gli standard uomo e donna. Ciò che propone la sportiva è di creare una categoria solo femminile e una maschile ma aperta anche agli “atleti uomini che si identificano come donne” (Martina Terragni, Il caso. Il veto ai transgender nelle gare femminili: troppo forti per le donne, “Avvenire.it”, 26 marzo 2023).

Sul caso Valentina Petrillo, l’atleta transgender che ha stravinto ai campionati di corsa ad Ancona nella categoria femminile, molte delle atlete che hanno gareggiato insieme a lei hanno manifestato il proprio dissenso. “La competizione deve avvenire con il rispetto della categoria: con atlete dello stesso sesso, non con chi ha mantenuto corpo da uomo”, ha dichiarato Agnese Rossi. “Parlo anche a nome della maggior parte delle ragazze che corrono con me: non ci sentiamo alla pari, proprio perché la sua struttura fisica è maschile... ci sentiamo molto discriminate”, ha sostenuto invece Cristina Sanulli (ibidem).

A vedere sfumare il suo primato è Chelsea Mitchell, denominata la “ragazza più veloce del Connecticut”, che si è vista sorpassare da atlete donne transgender. “I maschi hanno enormi vantaggi fisici. I loro corpi sono semplicemente e mediamente più grandi e più forti dei corpi femminili. Per ogni singola ragazza in pista è una cosa ovvia. Ma i funzionari del Connecticut sono determinati a ignorare l'ovvio”, – ha dichiarato (ibidem).

Connecticut: giovani atlete hanno fatto causa contro le sportive trans

In Connecticut tre studentesse, Selina Soule, Chelsea Mitchell e Alanna Smith, hanno presentato una causa federale insieme alle loro famiglie contro la partecipazione delle atlete trans agli sport femminili. La causa è stata intentata contro la Connecticut Association of School-Connecticut Interscholastic Athletic Conference, un’organizzazione privata no profit che gestisce lo sport interscolastico in Connecticut, e contro le commissioni scolastiche di Bloomfield, Cromwell, Glastonbury, Canton e Danbury.

Alla base della loro accusa c’è la convinzione che le atlete transgender mantengano una superiorità fisica, visto che il loro corpo biologico è maschile, togliendo loro la possibilità di posizionarsi alte nelle classifiche sportive e di ottenere borse di studio. La critica viene rivolta alle due velociste trans Terry Miller e Andraya Yearwood, le quali sono ancora nella fase di transizione. Tutte e tre le studentesse sono state rappresentate, nel corso della loro protesta, dall’organizzazione no profit Alliance Defending Freedom. “Mentalmente e fisicamente, conosciamo il risultato prima ancora che inizi la gara, è un'ingiustizia biologica che non ha nulla a che fare con quello che qualcuno crede sull’identità di genere. Tutte le ragazze meritano la possibilità di competere su un piano di parità”, ha detto Alanna Smith. “Costringere le ragazze ad essere spettatrici nei loro sport è completamente in contrasto con il Titolo IX, una legge federale progettata per creare pari opportunità per le donne nell'istruzione e nell'atletica leggera”, ha affermato l'avvocato Christiana Holcomb. “La politica del Connecticut viola questa legge e ribalta quasi 50 anni di progressi per le donne” (Stati Uniti, giovani atlete intentano una causa contro le trans negli sport femminili, “Sky TG24”, 14 febbraio 2020).

Un’altra questione importante in questo dibattito è quella della protezione delle sportive cisgender. Se per molti anni le donne sono state escluse da alcune tipologie di sport, come quelli che si basano sulla forza e sulla resistenza, e sono state relegate ad attività più adeguate al loro genere, oggi è necessario lottare per non ritornare in quel ruolo di marginalità (Alessandra Vescio, Non solo persone transgender: i limiti bioetici del binarismo nello sport, “Valigia Blu”, 27 agosto 2022). 

Il caso Lia Thomas: alcune nuotatrici criticano la sua presenza alle gare femminili

A marzo 2022 la nuotatrice trans neozelandese, la prima atleta trans a vincere una gara, ha partecipato ai campionati universitari della NCAA in programma ad Atlanta. Si trattava della competizione più importante della sua vita e dagli spalti sono arrivate molte urla di odio e di critica da parte di tutti coloro che non volevano che lei presenziasse in quella categoria. Molte colleghe della nuotatrice hanno inviato una lettera anonima per denunciare la sua partecipazione: “Lia ha tutto il diritto di vivere la sua vita in modo autentico”, si legge nella lettera inviata dalle compagne “ma quando si parla di competizione sportiva il sesso biologico è una questione separata dall’identità di genere”.
A dedicare parole astiose a Lia Thomas è anche una sua avversaria del Campionato del NCAA, Riley Gaines, che parla della sportiva utilizzando pronomi maschili e chiamandola “uomo alto un metro e novantatré”, da tempo è diventata un’attivista per la salvaguardia dello sport femminile. A intervenire è anche Caitlyn Jenner, ex atleta olimpica e donna trans che ha sostenuto quanto fosse “semplicemente sbagliato che una alta un metro e novantatré, con mani grandi, che ha attraversato la pubertà maschile, stravinca nell’NCAA”.
Sulla problematicità di condividere lo spogliatoio con Lia Thomas, l’ex nuotatrice della NCAA, Paula Scanlan, che ha dichiarato che lei con le sue compagne erano costrette a vestirsi varie volte quando arrivava Lia, “una persona biologicamente uomo, alta un metro e novantatré e con genitali maschili in belli in vista” (Ludovica Merletti, Il dibattito sul corpo di Lia Thomas, “L’Ultimo Uomo”, 30 gennaio 2024).

Elisabetta Di Cicco, 5 aprile 2024