La vicenda di Julian Assange rivela le contraddizioni etiche della democrazia liberale

Assange: un cortocircuito della democrazia

Secondo il giornalista Filippo Facci, Assange rappresenta il frutto controverso della democrazia, “un rompicapo che appunto solo una democrazia può permettersi: è colpevole di aver violato delle leggi sulla sicurezza nazionale, ma anche di aver messo in luce delle verità di cui i media mondiali si sono nutriti per anni. Forse una colpa indiretta di Assange è proprio questa: l'aver additato, con la sua Wikileaks, soprattutto crimini occidentali e comunque della stessa civiltà che ha partorito lui e i suoi aneliti di libertà. Parliamo degli Stati Uniti e di una civiltà che tuttavia condannò Chelsea Manning” (Filippo Facci, “Assange non è Navalny. Ma l'America non sia come la Russia”, “Il Giornale”, 24 febbraio 2024).

Il caso Assange sta svelando un volto inedito delle democrazie occidentali

Le rivelazioni di Assange hanno suscitato un senso di indignazione e scetticismo nei confronti delle istituzioni esistenti, poiché molte persone si rendono conto che i loro governi non sempre agiscono nell'interesse pubblico o in linea con i valori democratici professati. La sua attività con WikiLeaks ha messo in discussione i tradizionali equilibri politici incoraggiando una maggiore partecipazione civica e un maggiore controllo democratico sulle azioni dei governi. "La questione dei limiti della democrazia occidentale è sottolineata in modo particolarmente stridente dal ‘caso Assange’. […] Julian Assange sta spingendo una parte significativa della popolazione dei Paesi ricchi a guardare in modo diverso ai nuovi equilibri politici”.
“Quello che Assange sta rivelando oggi è forse ancora più inquietante delle ‘fughe di notizie’ trasmesse a livello globale […]: l'inganno delle grandi democrazie, la vera natura delle autorità pubbliche dei paesi che dovrebbero essere i difensori dei diritti umani e della libertà di espressione” [TdR] (Pascal Hérard, “Assange: au delà de l'extradition, les vrais enjeux”, “TV5Monde”, 21 agosto 2012).

Non è in gioco solo la libertà di Assange, ma quella di espressione

La difesa della libera informazione è essenziale per preservare la democrazia e garantire la responsabilità e la trasparenza dei governi. La sua repressione è un segnale di allarme per la democrazia stessa, che richiede allora un impegno costante da parte della società civile e delle istituzioni per proteggere e difendere la libertà di stampa e di espressione. “Ma il crimine che si vuole perseguire rivela un cortocircuito ancor più insostenibile, è infatti l’attività propria della libera informazione che rientra nel mirino della repressione, cioè il tratto distintivo di quelle democrazie. Si comprende allora l’importanza della posta in gioco e la ragione dello sforzo immane dietro la caccia all’uomo e la punizione in vista: impedire che si svelino ancora i misfatti delle democrazie imbiancate” (Enrico Zucca, “Il processo a Julian Assange”: una persecuzione che riguarda tremendamente anche noi”, “Altraeconomia”, 3 maggio 2023).

Rossella Vezzosi, 14 marzo 2024

L’etica personale non può prevalere sulle regole

I difensori del diritto all’informazione ritengono che, pur avendo violato la legge, Julian Assange abbia fatto “la cosa giusta” rivelando o, meglio, favorendo la rivelazione di abusi e atrocità governative. Questa concezione implica che l’etica personale possa e debba prevalere su un sistema di regole imperfetto quanto vogliamo, ma pur sempre l’unico in grado di evitare che ciascuno si faccia giustizia da solo. “Per quanto emotivamente ‘forte’, tuttavia, un argomento del genere non è sostenibile perché è basato su una concezione ’religiosa’ che confonde il diritto con l’etica e che rifiuta il processo giudiziario come strumento per accertare la responsabilità” (Andrea Monti, "Assange e il dovere di accettare il processo”, “La Repubblica”, 21 giugno 2021).
“Se, tuttavia ’fare la cosa giusta’ è la parola magica per sottrarsi alla legge, allora l’incantesimo dovrebbe valere anche per chi ha commesso gravi violazioni ‘in nome dell’interesse nazionale’, come nel caso di chi ha intrattenuto relazioni inconfessabili con estremisti e criminali o è stato coinvolto in attentati per arginare derive politiche ritenute pericolose dall’establishment” (Ibidem).

Caso Assange, quale diritto applicare?

Si evidenzia inoltre una questione legale, oltre che etica. Poiché tutti i Paesi occidentali riconoscono il diritto alla libertà d’informazione e alla libertà di essere informati, la questione diventa: quale legge applicare, attraverso gli strumenti del diritto internazionale, quando si verificano conflitti tra leggi territoriali? Se si sostiene che il Diritto statunitense non rappresenti il diritto globale, allora non vi è alcuna base legale che obblighi Assange o il Paese che lo detiene ad accettare l'estradizione verso gli Stati Uniti e il loro processo.
“Non si tratta quindi di un conflitto tra l’etica personale di un giornalista e il diritto, bensì ‘fra il diritto interno di un singolo stato, e l’etica di un cittadino straniero’, etica che si associa al diritto fondamentale alla libertà di espressione del pensiero. Insomma, si tratta di una questione giuridica (oltre che etica). Posto che tutti i Paesi occidentali riconoscono la libertà di informare e di essere informati, si tratta di decidere, attraverso gli strumenti del diritto internazionale (conflitto tra leggi territoriali), quale legge applicare. Se si ritiene, a buona ragione, che il diritto statunitense non è il diritto globale, non c’è nessun motivo giuridico che imponga ad Assange e al Paese dove è detenuto in carcere di accettare l’estradizione verso gli USA e il processo americano” (Roberto Caso, “Assange e vaccini, ecco le contraddizioni etiche dell’Occidente”, “Agenda Digitale”, 23 giugno 2022).

Rossella Vezzosi, 14 marzo 2024