Contro le nuove norme sulla procedibilità a querela introdotte dalla Riforma Cartabia si è mosso un variegato fronte composto da magistrati, avvocati, politici e studiosi di settore. Per il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, la riforma è un disastro perché punta nelle intenzioni a ridurre il numero dei processi e i tempi della giustizia, ma in realtà spingerà semplicemente a evitare di fare i processi.
Anche Andrea Delmastro, sottosegretario di Stato al Ministero della giustizia, e Renzo Fogliata, presidente della Camera pelane di Venezia, hanno messo in risalto i pericoli nascosti nella norma che porta alcuni reati nel campo della procedibilità a querela.
Per il procuratore generale di Napoli Luigi Riello, invece, ci troviamo di fronte a “una sorta di depenalizzazione camuffata”. Secondo Riello, non è accettabile far passare l’idea che l’unico modo per fare i processi sia quello di non farli, farli abortire o eliminarli fisicamente.
L’ex presidente dell’ANM Eugenio Albamonte, pubblico ministero a Roma, ha espresso la sua preoccupazione in merito alle possibili conseguenze sul piano sociale delle nuove disposizioni sulla procedibilità a querela di alcuni reati.