Gran parte dell’Occidente condanna la politica di Xi Jinping

Gli Stati Uniti si schierano con i manifestanti

Sia il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che il segretario di Stato Mike Pompeo hanno pubblicamente invitato la Cina al dialogo: “Noi siamo con i manifestanti di Hong Kong, gli Usa vogliono vedere la democrazia nell'ex colonia britannica”, ha detto Donald Trump. Pompeo, invece, commentando i risultati inequivocabili delle elezioni locali che hanno sancito la vittoria delle forze democratiche, ha spiegato che la Cina a questo punto dovrebbe trattare. Il segretario di Stato ha anche chiesto il rilascio dei detenuti (Hong Kong, Trump: "Noi siamo con i manifestanti", “Tgcom24”, 26 novembre 2019).

La posizione dell’Unione Europea

La posizione ufficiale dell’Unione Europea è stata sintetizzata dalla portavoce della Commissione europea Maja Kocijancic: “Alla luce delle violenze ad Hong Kong, l'Unione europea continua a sottolineare che il dialogo, la moderazione e la de-escalation sono le uniche soluzioni – ha dichiarato - A più di tre mesi dall'inizio delle proteste, il diritto a riunirsi e a protestare pacificamente devono continuare a essere rispettati in linea con la legge a Hong Kong e con gli impegni internazionali. Mentre sono stati fatti passi iniziali e positivi per coinvolgere i membri del pubblico e vari settori della società nel dialogo, sono necessari ulteriori sforzi per ripristinare la fiducia. L'Unione europea ricorda le sue strette relazioni con Hong Kong secondo il principio 'un Paese, due sistemi' e la sua forte partecipazione alla sua costante stabilità e prosperità. L'Ue attribuisce grande importanza all'elevato grado di autonomia di Hong Kong, come stabilito dalla Legge fondamentale, e ribadisce che il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e l'indipendenza della magistratura rimangono essenziali per lo sviluppo di Hong Kong” (Hong Kong: l'Ue chiede moderazione e de-escalation, “Ansa”, I ottobre 2019).

Partito Democratico: Italia sia schierata con la libertà e contro l’uso della forza

Tra i partiti parlamentari italiani, il Partito Democratico è tra quelli che hanno preso pubblicamente posizione in merito alle contestazioni di Hong Kong. Il 18 novembre, sul sito “deputatipd.it”, è stata pubblicata una nota del Gruppo Pd in Commissione Esteri di Montecitorio nella quale i deputati esprimono la propria preoccupazione per l’aggravarsi della situazione nell’ex colonia britannica e annunciano la presentazione di un’interrogazione al ministro degli Esteri. “ Chiediamo che domani la Farnesina chiarisca in Parlamento quale sia la posizione dell’Italia in merito al peggioramento della situazione a Hong Kong – si legge nel comunicato - Siamo molto preoccupati che l’irruzione della polizia al Politecnico possa portare all’arresto indiscriminato di tutti gli studenti coinvolti e all’uso della forza contro i manifestanti. Già da giorni le autorità di Hong Kong hanno superato un punto di non ritorno, oltre il quale sono a rischio non più solo la libertà di associazione, di manifestazione e di pensiero e di stampa ma l’incolumità stessa di chi protesta. Chiediamo che domani il governo venga in commissione a rispondere all’interrogazione. A Hong Kong da 5 mesi ci sono manifestazioni e proteste, che si sono trasformate in un'opposizione all'ingerenza sempre più accentuata da parte della Cina. Gli scontri sono recentemente peggiorati quando, poche ore fa, la polizia ha fatto irruzione con gas lacrimogeni e cariche nel Politecnico, all’interno del quale da diversi giorni si erano asserragliati decine di manifestanti. Consideriamo inaccettabile l’uso della violenza, chiediamo che le autorità locali non usino la forza, peggiorando la situazione. La comunità internazionale si adoperi per garantire il rispetto dei diritti umani” (Hong Kong: Pd, Italia sia schierata con la libertà e contro uso forza, “deputatipd.it”, 18 novembre 2019).

Pelanda: il sistema cinese mostra segni di cedimento

Carlo Pelanda, professore di Geopolitica Economica all’Università degli Studi Guglielmo Marconi , intervistato da “Formiche.net”, ha analizzato la situazione di Hong Kong e parlato delle possibili strade da seguire per ridimensionare il potere cinese. “ Succede che il sistema cinese, che fino a una decina di anni fa era abbastanza stabile, inizia a mostrare segni di cedimento. Se prima nel Paese era una speranza diffusa di un miglioramento delle proprie condizioni di vita, da un paio d’anni anche l’economia della Repubblica Popolare è minore di quanto atteso. Nel frattempo, l’ascesa di Xi Jinping ha portato a una centralizzazione del potere che ha assunto connotati dittatoriali formali, difesa prima da un rafforzamento della sicurezza interna tradizionale e, in seguito, dalla sorveglianza digitale. Se a questo si aggiungono le peculiari caratteristiche di Hong Kong, si capisce bene quale bomba sia scoppiata”.

Secondo Pelanda, Xi Jinping teme l’effetto contagio: “ Senza dubbio è una delle preoccupazioni maggiori. Nei miei colloqui con esperti di Cina e con la stessa gente del posto ho notato un’ossessione continua riguardo al controllo del territorio e della popolazione. Penso che Xi ordinerà di intervenire con forza sull’isola proprio quando avrà il sentore che l’effetto contagio potrebbe essere vicino.
Ad ogni modo resta l’affetto e il sostegno per i ragazzi di Hong Kong; il mio appello da professore a studenti è di non farsi strumentalizzare e provocare, ma di difendere i loro diritti con la giusta cautela . Ci sono oggi due principali strategie da adottare per ridurre il potere cinese. La prima è formare un’alleanza tra democrazie che abbia una massa maggiore della Cina, in modo da condizionare Pechino per rinegoziare gli accessi al mercato. La seconda è quella di puntare sulla crescita di movimenti pro democrazia all’interno del Paese, facendo leva sui milioni di fedeli cristiani in Cina. Naturalmente questo secondo approccio ha dei rischi notevoli, perché destabilizzare oggi la Repubblica Popolare al suo interno creerebbe le condizioni per una crisi economica globale difficilmente controllabile. Credo, per questo, che – al di là della giusta sottolineatura dei valori occidentali di libertà di espressione e democrazia – gli Usa non forzeranno su Hong Kong, anche per evitare una reazione cinese su Taiwan che li costringerebbe ad avere un profilo di guerra, che la Casa Bianca vuole evitare tanto più a un anno dalle elezioni ” (Michele Pierri, Così Hong Kong toglie il sonno a Xi Jinping. Parla Pelanda , “Formiche”, 18 novembre 2019).

L’invito al dialogo della docente dell’Istituto Confucio di Torino

Stefania Stafutti, sinologa, ordinario di Lingua e Letteratura Cinese all’Università di Torino e direttrice di parte italiana dell’Istituto Confucio dell’ateneo, traduttrice di testi letterari, ha scritto una lettera aperta al presidente Xi Jinping invitandolo al dialogo con gli studenti di Hong Kong. La lettere è stata pubblicata dal quotidiano “Corriere della Sera”:

“Signor Presidente, inizio chiedendole scusa della mia almeno apparente presunzione. Sono del tutto consapevole che lei non possa occuparsi direttamente di quanto eventualmente le scrive un singolo cittadino, tanto più se, come in questo caso, proviene da un diverso Paese. Pur tuttavia, mi consente di scriverle il grande amore che porto al Suo Paese, al quale ho oramai dedicato quasi una vita di impegno e di studi, iniziati quando la Cina non era una potenza con la quale il mondo doveva confrontarsi, ma aveva già la forza che le deriva da una storia e da una civiltà millenarie. È quella civiltà, signor Presidente, che mi ha sempre affascinata ed è a quella civiltà che mi richiamo.
Sono un professore universitario, insegno Lingua e Letteratura Cinese, e sono anche Direttrice di parte italiana dell’Istituto Confucio dell’Università di Torino. Conosco quindi bene gli studenti, conosco la potenza dei loro sogni e la straordinaria energia che dedicano alle loro rivendicazioni, quando vogliono cambiare la realtà. Conosco in particolare coloro che studiano cinese qui in Italia e conosco i miei personali sforzi per insegnare loro a guardare alla Cina senza pregiudizi ideologici, imparando a comprendere prima di giudicare. Che non vuol dire essere sempre d’accordo e non vuole dire rinunciare ai propri valori, primo fra tutti la democrazia e il diritto di esprimere le proprie idee. Il nostro, quello cosiddetto ‘occidentale’ non è, bene inteso, il solo modello di società possibile, ma non possiamo rinunciare a questi valori fondanti. Sono parte della nostra storia, per quanto contraddittoria e certo non priva di errori e di tragedie. Sono fermamente convinta che un terreno di dialogo tra la Cina e l’Occidente ci sia, e che tale dialogo non parli soltanto la lingua degli interessi economici. Sono certa che anche lei consideri i giovani, anche i giovani di Hong Kong, uno straordinario patrimonio, un tesoro che ogni società deve proteggere, tutelare, aiutare a crescere. Innanzitutto, ascoltandoli. Non parlo certo ex cathedra, signor Presidente: so bene quanto manchevoli siano anche le nostre società di fronte ai giovani. Ma le chiedo di ascoltare i ragazzi di Hong Kong. Vada a trovarli, signor Presidente. Vada Lei, non mandi la polizia. La Cina ha una classe dirigente di prim’ordine, credo sia in grado di affrontare i ragazzi del Porto Profumato. Ascoltarli non vuole dire essere di necessità d’accordo, ma vuol dire dimostrare che la grande civiltà che il suo paese incarna non impallidisce di fronte alla sfide del presente ed è in grado di elaborare valori condivisi e condivisibili con il resto del mondo. Tutti noi attendiamo la fine di questa crisi, senza spargimenti di sangue, nel nome e nel rispetto di quel ‘Rinascimento’ che anche Lei spesso richiama nei suoi discorsi e che certamente ci accomuna (Stefania Stafutti, L’appello della docente: "Xi Jinping incontri gli studenti di Hong Kong", “Corriere della Sera”, 20 novembre 2019).

L’appello per la conciliazione di Papa Francesco

Papa Francesco ha inviato un telegramma alla leader di Hong Kong, Carrie Lam, mentre sorvolava la città, diretto da Bangkok verso il Giappone: "Invoco la divina benedizione e prego perché Dio onnipotente possa garantire a tutti voi benessere e pace" (Il Papa in volo verso Tokyo: "Prego per Hong Kong perché ritrovi la pace", “La Repubblica”, 23 novembre 2019).

Alessandro De Sanctis, Nina Celli: 23 gennaio 2020

Xi Jinping: il governo deve salvaguardare la sovranità, la sicurezza e gli interessi economici

Il presidente cinese Xi Jinping, nel corso del vertice dei Paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) a Brasila, ha parlato della situazione creatasi a Hong Kong e della volontà della Cina di ristabilirvi al più presto l’ordine: “La determinazione del governo cinese a salvaguardare la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo - ha dichiarato Xi Jinping - è irremovibile. Le continue attività criminali violente a Hong Kong - ha aggiunto il presidente cinese - hanno calpestato seriamente lo stato di diritto e l'ordine sociale, seriamente minacciato la stabilità e la prosperità della città, e seriamente messo alla prova il modello 'un Paese, due sistemi'” (Eugenio Buzzetti, Xi Jinping esige ordine a Hong Kong, “Agi”, 15 novembre 2019).

Li Keqiang: la Cina sostiene il governo di Hong Kong

Il Primo ministro cinese Li Keqiang ha parlato di Hong Kong in una conferenza stampa con la cancelliera tedesca Angela Merkel, tenuta a Pechino il 6 settembre: “La Cina sostiene il governo di Hong Kong per porre fine, all'interno delle leggi, al caos e per ristabilire l'ordine. La Cina ha la saggezza necessaria”, ha dichiarato il premier cinese Li Keqiang, nel corso della conferenza stampa con Angela Merkel (Hong Kong: Li, la Cina rispetta le leggi , “Ansa”, 6 settembre 2019).

Il governo di Hong Kong condanna la violenza nelle manifestazioni

Il governo della regione autonoma di Hong Kong, guidato da Carrie Lam, ha più volte condannato il comportamento violento dei manifestanti. In particolare, il 2 ottobre un portavoce della governatrice ha commentato in maniera dura gli scontri avvenuti nei giorni precedenti, definendoli disordini pianificati e giustificando l’uso della forza da parte della polizia.

“Gli avvenimenti hanno rappresentato una seria minaccia per la sicurezza dei cittadini e messo in pericolo l'ordine sociale. I ribelli hanno meritato una severa condanna della società – ha dichiarato - Molte persone hanno partecipato a riunioni e cortei non autorizzati, che si sono trasformati in rivolte molto pericolose, appiccando incendi all'interno delle stazioni metro, lanciando molotov, vandalizzando negozi e proprietà pubbliche, bloccando le strade per causare gravi ostacoli al lavoro dei vigili del fuoco e delle ambulanze e danneggiando le sedi degli uffici governativi di Cheung Sha Wan e Tsuen Wan. I disordini avvenuti il I ottobre in vari distretti di Hong Kong sono stati pianificati e organizzati, e l'isola è sprofondata in uno stato di caos e di panico. Questo riflette il fatto che la natura della questione è già cambiata. L'uso della forza da parte della polizia è stato necessario per disperdere e fermare in modo risoluto le proteste, in modo da proteggere la sicurezza e ristabilire l'ordine sociale” (Governo Hong Kong condanna violenze, 'uso forza necessario', “Ansa”, 2 ottobre 2019).

In Italia il Movimento 5 Stelle si schiera per la non ingerenza

L'Italia non vuole intromettersi nelle vicende interne di altri Paesi: è la posizione del Movimento 5 Stelle sulle vicende di Hong Kong, chiarita dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio al Ciie di Shanghai: "Noi in questo momento non vogliamo interferire nelle questioni altrui – ha dichiarato il ministro - quindi, per quanto ci riguarda, abbiamo un approccio di non ingerenza nelle questioni di altri Paesi” (Di Maio: non interferiamo su Hong Kong, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 5 novembre 2019).

Anche Gianluca Ferrara, senatore e capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Commissione Esteri di Palazzo Madama, rispondendo alle critiche della Lega per i rapporti dei pentastellati con la Cina, ha confermato la linea della non ingerenza: “Quando eravamo al governo insieme, non erano contrari alla Belt and Road: l’atteggiamento odierno di Salvini è da leggere solo in chiave di critica pregiudiziale al governo Conte – spiega – Le nostre prese di posizione a livello internazionale si basano sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani. Se, come è accaduto con la Turchia in Siria, uno Stato ne invade un altro aggredendo in maniera unilaterale una minoranza è allora indispensabile una presa di posizione come ha fatto immediatamente il nostro ministro degli Esteri che ha convocato l’ambasciatore turco e ha promosso a livello europeo l’embargo sulla vendita di armi. Questo è un segno di autonomia decisionale, come del resto il M5S aveva palesato nel caso venezuelano, non accodandosi al riconoscimento dell'autoproclamato Guaidò, scelta che oggi si è dimostrata corretta. Non ingerenza significa rifiutare ogni forma di intervento straniero, esplicito o coperto, volto a rovesciare governi legittimi con la violenza. Quindi siamo contro ogni aggressione e occupazione militare, contro ogni colpo di stato e contro ogni movimento di protesta che usa la violenza per perseguire obiettivi politici. Ovviamente siamo anche contrari a ogni violenza di Stato e all'uso eccessivo della forza nella repressione di proteste pacifiche, come sta accadendo in Cile e Bolivia, ma non è questo il caso delle frange più agguerrite e organizzate dei manifestanti di Hong Kong che hanno fatto sistematico uso della violenza, suscitando una formale condanna da parte dell'Alto commissariato Onu per i diritti umani” (Lorenzo Lamperti, M5s:"Assurdo non relazionarsi con la Cina. Salvini non era contro la Belt&Road", “Affari Italiani”, 26 novembre 2019).