Fiscal Compact e pareggio di bilancio in Costituzione
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Gli elementi fondamentali del Fiscal Compact sono gli obblighi, per i paesi aderenti, di conseguire l’equilibrio di bilancio e il mantenimento del debito pubblico al di sotto del 3% del PIL.
I punti principali del dibattito sul Fiscal Compact riguardano: l’entità della riduzione annua del debito pubblico che comporterebbe il rispetto del Fiscal Compact; la bontà della decisione politica di inserire in Costituzione il pareggio di bilancio; la possibilità di ottenere maggiore flessibilità sul Fiscal Compact in campo di riforme strutturali; la possibilità di sciogliere unilateralmente il trattato; la democraticità della gestione della politica fiscale per i paesi aderenti al patto; la possibilità di modificare il Fiscal Compact attraverso un referendum anti-austerity.
Alcuni soggetti politici fautori dell’austerity, il governo tedesco e la Commissione Europea, vedono nel Fiscal Compact il passo obbligato per l’integrazione europea ed una via per la risoluzione della crisi. Altri soggetti politici, come i partiti cosiddetti euroscettici, ed alcuni studiosi, soprattutto economisti keynesiani, riconoscono nel Fiscal Compact un paradosso economico. Anche alcuni economisti tedeschi preavvisano e richiamano l’attenzione su questo paradosso: la loro tesi è che l’Europa non può essere tirata fuori dalla palude del debito solo attraverso una politica di austerity, poiché per salvare l’Europa occorrerebbe una politica pianificata di investimenti pubblici per la crescita.
MEDIATECA
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Fiscal Compact? Si è tratatto di una gestione antidemocratica, che ha bypassato pressoché completamente anche le istituzioni comunitarie
Non tutte le norme del Fiscal Compact richiedono una revisione dei trattati. La conclusione di accordi extra UE non presenta di per sé elementi di illiceità. Le norme del Fiscal Compact devono essere interpretate in conformità al diritto dell’Unione e comunque esse non sono in contrasto con il diritto comunitario. Il Fiscal Compact non comporta sottrazioni o menomazioni alle competenze delle istituzioni UE poiché un atto extra UE non può modificare le norme di un ordinamento al quale è estraneo. Il Fiscal Compact contiene invece una molti riferimenti alle istituzioni dell’Unione e alle loro funzioni in base ai trattati, ma, lungi dall’apportarvi limiti o deroghe, esso tende piuttosto a utilizzare le funzioni dell’Unione e ad attribuirgliene di nuove.
L' approvazione di regolamenti sui vincoli di bilancio dei paesi dell’UE attraverso un trattato intergovernativo come il Fiscal Compact e non mediante una revisione del diritto comunitario, che implica il coinvolgimento di organismi elettivi come i parlamenti, attesta la mancanza di democrazia nel processo di costruzione europea e la volontà tecnocratica della Commissione di attuare una “politica della depoliticizzazione”, vale a dire di trasferire il controllo delle politiche pubbliche a soggetti “esperti” non eletti e, al contempo, di imporre le decisioni dall’alto, mediante del terrorismo psicologico sui popoli. Inoltre, aderendo al Fiscal Compact, l’Italia ha modificato la sua Costituzione stravolgendone completamente l'ispirazione originaria.
Il referendum sul Fiscal Compact è un’operazione di manipolazione politica antieuropea e non porta un reale cambiamento della cornice giuridica in materia
Difficilmente tutti i quesiti referendari supereranno l’ostacolo del giudizio di ammissibilità. Anche se dovessero superarlo, e se si fa eccezione per il secondo quesito, avrebbero effetti molto limitati o addirittura nulli sulla disciplina di attuazione della riforma costituzionale. Il referendum sembra quindi prestarsi perlopiù a un’operazione di manipolazione politica antieuropea che non ad un reale cambiamento della cornice giuridica in materia.
D’altro canto, alcuni studiosi individuano non nel referendum “anti-austerità” bensì in un’iniziativa legislativa popolare lo strumento in grado non solo di arginare, ma di cambiare i regolamenti imposti dalla cultura neoliberista dominante.
Con il referendum si intendono abrogare alcune disposizioni della legge n. 243 del 2012 che prescrivono modalità attuative del principio di equilibrio dei bilancio che non sono previste dalla Costituzione, né imposte dalla normativa europea o dal Fiscal Compact. Le disposizioni che sono oggetto dei quattro quesiti impongono o consentono decisioni pubbliche inutilmente vessatorie e pericolosamente restrittive per l’economia, il lavoro, lo sviluppo del paese. L’approvazione dei quesiti referendari non metterà a rischio il principio costituzionale di equilibrio dei bilanci, né comporterà la violazione degli obblighi assunti in sede europea o internazionale, ma favorirà una rivisitazione delle politiche macroeconomiche europee.
Il Fiscal Compact deve essere sciolto in maniera unilaterale
“I singoli Paesi dell’Unione devono […] fare i compiti a casa e rispettare le regole – innanzitutto quelle di bilancio, come il Fiscal Compact – che la Ue ha fissato, perché solo con il rispetto delle regole si rafforza la fiducia reciproca tra i Paesi dell’Unione e verso la stessa Ue. L’abilità dei governi consiste nel tenere basso il debito e il deficit vicino allo zero quando la l’output potenziale cresce, non nell’avere più flessibilità sulle regole esistenti. […] Le regole di bilancio devo essere viste all’interno dei singoli paesi come la promozione di un consolidamento di bilancio a favore della crescita, e non semplicemente come un doloroso esercizio contabile” (Fabrizio Massari, Draghi: “Una cornice unica europea per le riforme strutturali”, “Il Corriere della Sera”, 9 luglio 2014).
Il trattato “internazionale” europeo sulla stabilità, non necessariamente da sottoscrivere per restare in Europa, deve essere rinegoziato e, se necessario, sciolto unilateralmente in quanto antistorico: per l’Italia, nell’attuale quadro macroeconomico, è insostenibile e l’europeismo si è rivelato un’illusione, essendo l’UE di fatto anti-europea. Il Parlamento europeo deve sollevare la questione della legittimità dei regolamenti europei in materia di finanze pubbliche. Il Fiscal Compact è inapplicabile in quanto contiene norme che lo rendono incompatibile con il diritto europeo vigente e con l'inderogabile Carta Costituzionale. La lotta contro il Fiscal Compact raccoglie anche le istanze del sindacato tedesco DGB.
È necessario negoziare con Bruxelles e mettere in campo delle riforme in cambio di più flessibilità sul Fiscal Compact
Gli alti debiti pubblici rendono vulnerabile l’intero assetto europeo rispetto alla possibilità di un contagio. La riduzione dell’alto debito pubblico dei paesi periferici dell’Unione Europea è essenziale e non può essere ottenuta seguendo la tesi “semplicistica” dell’aumento della spesa pubblica per rilanciare la crescita. Al contrario, rispettare i vincoli di bilancio stabiliti dai trattati garantisce un corretto funzionamento dell’Unione Europea.
Inoltre, alcuni osservatori sottolineano che la scarsa credibilità dell’Italia e la politica anti-deflattiva della BCE, interpretata dalla Germania come un aiuto ai paesi periferici dell’Europa, sono motivi che indeboliscono la posizione del governo italiano nella trattativa.
L’Italia deve negoziare con l’Europa una maggiore flessibilità – non riguardo i parametri di bilancio, ma sulla tempistica – in cambio di riforme e investimenti strutturali. La flessibilità è già garantita dai trattati nelle fasi di ciclo economico avverso: è possibile, infatti, deviare temporaneamente dal pareggio di bilancio in circostanze eccezionali.
La flessibilità è resa possibile dalla differenza, che attualmente presenta l’economia italiana, tra la stima della crescita economica potenziale e quella reale, stima che è, nondimeno, soggetta ad ampi spazi di discrezionalità politica.
Una maggiore flessibilità sulla tempistica non dispensa i decisori politici italiani dall’adottare un comportamento responsabile nei confronti del rispetto dei parametri di bilancio.
L’inserimento del vincolo di pareggio in bilancio produce effetti perversi in caso di recessione
Durante le dichiarazioni di voto in merito al disegno di legge costituzionale riguardante l’introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, si sono segnalate le posizioni favorevoli sia dell’UDC, sia del PD, sia del PDL.
La rapida approvazione del pareggio di bilancio in Costituzione testimonia la consapevolezza della crisi e della necessità di allinearsi ai partner europei sotto il profilo della disciplina di bilancio, con una regola di rango costituzionale per la sostenibilità del debito.
Occorrerà vigilare affinché tale principio sia rispettato e non violato come quello, già sufficientemente cogente, enunciato nell’originario art. 81: gli amministratori devono assumere un impegno etico nei confronti delle future generazioni. A misure di rigore deve affiancarsi una politica per la crescita e per l’integrazione europea, perché l’Europa sia rafforzata nelle sue capacità di reazione ad ulteriori crisi.
Inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida non solo perché per pareggiare il bilancio non è necessaria una revisione costituzionale, ma anche perché questa produce effetti perversi in caso di recessione. Una scelta del genere, infatti, impedisce il ricorso al credito per investimenti strategici per il benessere nazionale, favorisce l’approvazione di provvedimenti delegando il reperimento della copertura finanziaria agli enti locali, tende a paralizzare l’attività dell’esecutivo, mette in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza. Sotto il profilo costituzionale introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione produce un effetto di irrigidimento e riduzione sproporzionata oltre ogni ragionevolezza dei margini di manovra dei governi, imponendo politiche economiche restrittive. Inoltre, questa revisione è contraria allo spirito costituzionale, inserendo un contenuto che i costituenti consapevolmente avevano evitato di esplicitare nel testo.
Beppe Grillo: “Rispettare il Fiscal Compact significa manovre da 50-60 miliardi di euro di riduzione del debito”
Il ragionamento dei difensori della sostenibilità fattiva del Fiscal Compact si basa sulla sottolineatura che rispettare i suoi parametri non significa ipso facto garantire la riduzione del debito pubblico, bensì il “rapporto” tra il debito pubblico e il PIL, ovvero il quoziente tra il debito come numeratore e il PIL come denominatore.
Mentre gli euroscettici considerano esclusivamente il numeratore, cioè il debito, e ciò comporta una politica mirante alla riduzione del debito, che può essere resa operativa unicamente attraverso il taglio della spesa pubblica e l’aumento del gettito fiscale, gli europeisti affermano di includere nella valutazione anche il denominatore, il PIL, dunque considerano il rapporto tra debito e PIL, esprimendo l’augurio in una favorevole crescita economica. Con una crescita moderata – 2-3 % – del PIL nominale – l’ammontare dello sforzo richiesto all’Italia ogni anno per corrispondere agli impegni sottoscritti con la ratifica del Fiscal Compact – impegni derogabili in presenza di una non ottimale crescita economica – sarebbe solo di 7 miliardi.
I partiti euroscettici (M5S, Lega Nord) hanno sostenuto e divulgato la cosiddetta “versione delle Cassandre”, cioè la tesi secondo cui l’applicazione, voluta dalla tecnocrazia europea e dal governo tedesco, del Fiscal Compact costringerebbe l’Italia ad una riduzione del debito pubblico di circa 40-50 miliardi all’anno per vent’anni a partire dal 2015, riduzione che è nei fatti impossibile in quanto implica una profonda riduzione della spesa pubblica ed un forte aumento della tassazione su cittadini ed imprese, che comporterebbe danni catastrofici al sistema produttivo.
Molti studiosi hanno, inoltre, sottolineato gli effetti recessivi ed il circolo vizioso che il consolidamento fiscale comporta. La tesi è quella secondo cui un consolidamento fiscale così congegnato ha l’effetto perverso di far aumentare tendenzialmente sia il rapporto debito pubblico/PIL sia i tagli di spesa pubblica e la tassazione su cittadini e imprese. Pertanto, il Fiscal Compact è insostenibile e la sua applicazione provocherebbe un massacro sociale.