Ruolo svolto dalla Russia negli equilibri europei e mondiali
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Sulla scena internazionale la Federazione Russa gioca un ruolo di primo piano e condiziona sia gli equilibri europei sia i rapporti con il resto del mondo in maniera rilevante. Nel contesto geopolitico la Nuova Russia di Vladimir Putin esercita una politica di potenza assai notevole che non può essere ignorata dal mondo occidentale. La questione energetica e la rivendicazione di una linea guida di Mosca nel contesto globale sono all’ordine del giorno nell’agenda politica del Cremlino.
Ricollocare la Russia nel gruppo delle grandi potenze è stata la prerogativa principale di Putin, spesso scontratasi con l’opposizione di Washington e Bruxelles. Restano numerosi, infatti, i punti di disaccordo tra la Russia e l’Occidente. Le principali tensioni riguardano il rispetto dei diritti umani, l’intervento illegittimo in paesi sovrani, l’espansione e l’influenza di Mosca in alcune aree regionali e, di recente, lo scoppio del conflitto in Ucraina, per cui si teme una escalation a livello mondiale.
Il continuo ricorso della diplomazia russa allo strumento del veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha, inoltre, aggravato il rapporto tra il Cremlino e l’Occidente. Tuttavia, nel dibattito pubblico vi è anche chi supporta la politica di Putin, sostenendo che Mosca sia il vero esempio di risposta alla situazione politica mondiale.
La discussione sul tema della democraticità del sistema di governo della Federazione Russa è un ulteriore dibattito in corso. Da una parte c’è chi denuncia un deficit di democrazia e dall’altra chi ritiene la Russia un perfetto esempio di democrazia in crescita.
MEDIATECA
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
La politica di Putin mira a ricollocare la Russia tra le grandi potenze. Restano, però, punti di disaccordo con l’Occidente: il ricorso continuo al veto nel Consiglio di Sicurezza Onu; il rispetto dei diritti umani; l’intervento illegittimo e l’espansione in paesi sovrani; la politica energetica. Ma vi è chi supporta tale politica, considerandola un esempio di risposta al quadro politico mondiale.
La Russia non ha finora offerto nessun negoziato ed è evidente che non è intenzionata a offrirne alcuno.
La Russia ha sempre dichiarato la sua piena disponibilità a negoziare, ma il presidente ucraino Zelensky ha firmato un decreto che dice che l’Ucraina non condurrà negoziati col Presidente Putin.
La vera causa dell’invasione sta nel fatto che Putin è da sempre contrario al desiderio dell’Ucraina di entrare a far parte della NATO e, in generale, di avvicinarsi all'influenza statunitense e occidentale.
La recente invasione in Ucraina è una reazione fisiologica e inevitabile alla costante avanzata della Nato dal Dopoguerra a oggi verso Est, fino a ridosso dei confini russi.
L'obiettivo di Putin in Siria non è quello di combattere l'Isis, ma di difendere il regime di Assad per tutelare i suoi interessi. La Turchia ha accusato il Cremlino di voler eliminare l'influenza turcomanna nel nord della Siria: solo una minima parte dei raid sono stati diretti contro l'Isis. John Kerry ha riferito che il suo obiettivo rimane quello di garantire la stabilità del regime di Assad.
L'obiettivo dell'intervento russo in Siria è di combattere lo Stato Islamico, colpendo le sue fonti di finanziamento e di armamento. L'intervento russo in Siria in funzione anti-Isis, è appoggiato dalla Francia. Il presidente Hollande ritiene indispensabile l'aiuto della Russia negli attacchi al Califfato. Putin e Holland mirano a colpire in Siria soltanto obiettivi collegati allo Stato Islamico.
Nel 2022 la Russia torna ad abusare del diritto di veto per evitare che l’ONU “bocci” il referendum farlocco con cui Putin giustifica l’annessione di alcuni territori ucraini.
La Russia difende il diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, in quanto soluzione diplomatica delle crisi internazionali. Mosca ritiene che spesso le risoluzioni Onu siano interpretate arbitrariamente da alcuni paesi membri. La non ingerenza nella sovranità di altre Nazioni le ha fatto guadagnare il rispetto dei paesi in cui le risoluzioni non sono state applicate grazie al suo veto.
La Russia, con l’adesione all’Organizzazione Internazionale del Commercio (WTO) ha ottenuto una crescita economica interna dovuta agli investimenti stranieri, grazie alla negoziazione delle tariffe doganali. Il WTO le ha fornito nuovi strumenti di espansione. L’adesione della Russia al WTO, inoltre, impedisce che essa formi un’unione di Stati con modelli economici alternativi a quello occidentale.
L’adesione della Russia all’Organizzazione Internazionale del Commercio (WTO) ha suscitato dubbi da parte di Mosca, come dimostra il lungo processo di adesione, conclusosi nel 2012. Il Cremlino si dichiara insoddisfatto delle linee guida imposte nell’organizzazione e della scarsa definizione dei ruoli da svolgere. La sua appartenenza alla WTO non ha dato i frutti tanto attesi dal suo leader.
Dopo l’inasprimento delle sanzioni conseguente allo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022, l’economia russa ha sofferto, al contrario di quella italiana e degli altri Paesi europei.
Le strategie messe in campo da Putin e gli accordi presi con i Paesi neutrali al tema delle sanzioni rischiano di rafforzare la Russia.
Con l’Unione Economica Euroasiatica la Russia tenta di impedire che alcuni Stati stringano rapporti con l’Occidente, tra cui l’Armenia, per anni in bilico tra Russia ed Europa e la cui partecipazione all’Unione è stata pressoché obbligata. La Russia ha rilanciato l’Unione per esercitare la propria influenza nelle repubbliche ex sovietiche e in alcune regioni dell’Asia.
L’Unione Euroasiatica nasce con l’obiettivo di creare un mercato interno in cooperazione con gli Stati che ne fanno parte. Questa consentirà di sviluppare nuovi rapporti commerciali anche con l’estero e offrirà opportunità anche alle imprese italiane, creando un mercato per le esportazioni. Tale unione mira a dare vita a un sistema economico alternativo a quello imposto da Washington.
Da più parti si denuncia il mancato del rispetto dei diritti umani in Russia. Agli occhi di alcuni giornalisti dissidenti Putin è un despota. Il politico e campione di scacchi Garri Kasparov si è appellato all’Occidente affinché fermi Putin. Le ambigue circostanze dell’omicidio del dissidente politico Boris Nemtsov nel 2015 hanno contribuito a innalzare le accuse di mancanza di democrazia.
Diversi sondaggi dimostrano che i russi appoggiano il governo di Putin. Il suo consenso è più che raddoppiato negli ultimi anni. Grazie al supporto di partiti di estrema destra, Mosca si è guadagnata consensi anche all’estero. Anche una certa sinistra radicale sostiene Putin, poiché, dopo il crollo dell’URSS, continua a vedere nella Russia un’alternativa all’imperialismo statunitense.
Putin non ha alcuna intenzione di sedersi al tavolo dei negoziati
La Russia, anche tramite la voce del proprio leader, ha sempre dichiarato la sua piena disponibilità a negoziare. È l’Ucraina, invece, che si mostra totalmente contraria a ogni forma di trattativa. A conferma di ciò, il fatto che il presidente ucraino Zelensky abbia firmato un decreto sulla base della decisione del Consiglio di sicurezza nazionale che dice che l’Ucraina non condurrà negoziati col Presidente Putin, mossa dietro cui, probabilmente, si celano le pressioni degli Stati Uniti.
La Russia non ha finora offerto nessun negoziato ed è evidente che non è intenzionata a offrirne alcuno. Mosca, infatti, va avanti tramite ultimatum, senza dare alcuna impressione di voler trattare. Zelensky è assolutamente disposto a sedersi al tavolo dei negoziati, a condizione che la Russia ritiri le proprie truppe fino ai propri confini, cosa che Putin non è intenzionato a fare.
Inoltre, non c’è alcuna coercizione da parte degli Stati Uniti nel non voler far sedere l’Ucraina al tavolo dei negoziati. Tra i due Paesi c’è solo un dialogo molto trasparente.
L'invasione dell’Ucraina da parte di Putin è totalmente ingiustificata
La recente invasione in Ucraina è una reazione fisiologica e inevitabile alla costante avanzata della Nato dal Dopoguerra a oggi verso Est, fino a ridosso dei confini russi. In questo modo la Russia difende i territori che considera tuttora di propria appartenenza. Nel caso specifico, la Russia ha il pieno diritto di riprendersi L’Ucraina, Paese che storicamente appartiene ai propri confini e che ad oggi rappresenta solo il campo di battaglia di una guerra per procura della NATO, con la “regia” degli Stati Uniti.
L’invasione ha inoltre l’obiettivo di denazificare il Paese e di difendere i russofoni presenti nel territorio ucraino, in particolare nella regione del Donbass.
Né l'UE, né l'Occidente o la NATO hanno dichiarato guerra alla Russia, tant’è che non sono coinvolti nei combattimenti, bensì si limitano a fornire assistenza militare al Paese aggredito (l’Ucraina) in modo che possa respingere l’aggressore (la Russia). La vera causa dell’invasione sta nel fatto che Putin è da sempre contrario al desiderio dell’Ucraina di entrare a far parte della NATO e, in generale, di avvicinarsi all'influenza statunitense e occidentale.
Quella di rappresentare la Russia come vittima costretta a scendere in guerra solo per difendersi dall’Occidente è una classica tattica manipolatoria del Cremlino, volta a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal fatto di essere il vero Paese aggressore. Gli esperti di disinformazione pro-Cremlino sono particolarmente inclini a diffondere questa versione dei fatti ogni volta che l'Ucraina contrattacca o riceve sostegno militare dai suoi partner occidentali, o ancora quando la Russia perde terreno nei territori ucraini temporaneamente occupati.
La Russia di Putin interviene militarmente in Siria per combattere contro l'Isis
La Federazione Russa ha dimostrato che i propri raid in Siria sono orientati all'abbattimento dello Stato Islamico. Il ministro della Difesa Sergej Šojgu ha riferito che i nuovi armamenti impiegati contro l'Isis sono stati diretti verso postazioni strategiche del Califfato (centri di comando, depositi di munizioni, fabbriche di mine e infrastrutture petrolifere). L'obiettivo principale dell'escalation dell'intervento russo in Siria riguarda dunque la volontà di mettere in ginocchio lo Stato Islamico colpendo le sue principali fonti di finanziamento e di armamento.
Il presidente Putin ha espresso la propria soddisfazione per l'efficacia delle operazioni belliche e di intelligence ma si augura di non dover ricorrere a testate nucleari per configgere l'Isis.
L'intervento russo in Siria è appoggiato dalla Francia, la quale ha concluso una nuova alleanza con Mosca per cooperare sul fronte della guerra all'Isis.
Il presidente Hollande ritiene indispensabile l'aiuto della Russia negli attacchi al Califfato. Le posizioni di Putin coincidono con quelle di Holland e i due paesi mirano a colpire in Siria soltanto obiettivi collegati allo Stato Islamico.
L'escalation del conflitto in Siria ha portato la Russia ad intervenire militarmente nello scenario della guerra civile siriana con l'impiego di nuovi armamenti.
L'obiettivo reale di Vladimir Putin, secondo il Ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu, non è quello di combattere direttamente l'Isis, ma garantire gli interessi di Mosca difendendo il regime di Assad.
La Turchia ha accusato il Cremlino di aver intensificato gli attacchi in particolare per eliminare l'influenza turcomanna nel nord della Siria.
Le informazioni sugli interventi militari effettuati a partire da fine novembre 2015 dalla Russia rivelano che solo una minima parte dei raid sono stati diretti contro l'Isis; la maggior parte è stata infatti effettuata contro le opposizioni di Assad.
Il Segretario di Stato John Kerry ha riferito che Mosca ha condotto attacchi mirati contro l'opposizione moderata in Siria e che l'obiettivo del Cremlino rimane quello di garantire la stabilità del regime di Assad.
La Russia continua nel frattempo a sperimentare i nuovi armamenti sul territorio siriano senza contribuire concretamente all'indebolimento del Califfato e della minaccia del terrorismo islamico per l'Occidente.
Il continuo ricorso di Mosca al diritto di veto alle risoluzioni Onu ha portato a un isolamento della Russia dalla comunità internazionale
La Federazione Russa considera legittimo il continuo ricorso al diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu perché predilige una soluzione diplomatica alle crisi internazionali nelle quali le Nazioni Unite vogliono intervenire. Difendendo la propria posizione di non ingerenza e il rispetto della sovranità e della pace delle altre Nazioni, Mosca ritiene di adottare la linea giusta ogni qualvolta ricorra allo strumento del veto.
Le accuse mosse dall’Occidente nei riguardi della questione dell’abuso del veto sono considerate dal Cremlino solo retorica. Mosca ritiene infatti che in molti casi le risoluzioni dell’Onu siano interpretate a proprio piacimento dalla maggior parte dei paesi membri del Consiglio di Sicurezza.
L’ambasciatore russo alle Nazioni Unite fino al 2017, Vitaly Churkin, aveva argomentato le posizioni del proprio paese accusando gli Stati Uniti di aver fatto anch’essi ricorso allo strumento del veto in passato.
Mosca si è guadagnata il rispetto dei paesi in cui le risoluzioni Onu non sono state applicate grazie al veto Russo. In particolare, il leader siriano Assad ha apprezzato il sostegno della diplomazia russa per la difesa della stabilità mondiale di fronte all’Occidente.
Il diritto di veto viene nuovamente utilizzato dalla Russia per difendere il referendum del settembre 2022 per l’annessione di alcuni territori dell’Ucraina, dato che alcuni Paesi dell’ONU tentano in quel frangente di abrogare la manovra.
Il ricorso della Russia allo strumento del veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è stato condannato da parte dell’Occidente. Con l’utilizzo del diritto di veto, infatti, la maggior parte delle risoluzioni dell’organizzazione è stata bloccata, provocando spesso lo stallo del Consiglio di Sicurezza.
La Russia adotta quasi per “tradizione” una strategia di impiego del veto alle Nazione Unite per garantire i propri interessi geopolitici, giustificando le proprie decisioni con il rispetto della sovranità dei popoli e di tutela della pace. In diverse occasioni negli anni Duemila il Cremlino ha bloccato il processo decisionale del Consiglio di Sicurezza facendo porre il veto al proprio rappresentante all’Onu.
La strategia di Mosca è stata condannata da gran parte del mondo occidentale che si è dichiarato deciso ad andare avanti nonostante l’apparente impedimento dell’adozione delle risoluzioni Onu. Secondo molti leader occidentali la strategia di Mosca ha determinato un isolamento della Russia dal Consiglio di Sicurezza e dalla comunità internazionale.
Nel 2022 la Russia torna ad abusare del diritto di veto per evitare che l’ONU “bocci” il referendum farlocco con cui Putin giustifica l’annessione di alcuni territori ucraini.
La partecipazione della Russia all’organizzazione mondiale del commercio contribuisce alla “creazione di un ambiente competitivo internazionale più stabile”
I benefici che la Russia ha ottenuto con l’adesione all’Organizzazione Internazionale del Commercio (WTO) sono molteplici. Innanzitutto una crescita economica interna dovuta agli investimenti stranieri ha permesso a Mosca di migliorare la propria economia. Questo non sarebbe stato possibile se la Russia non avesse negoziato la riduzione delle tariffe doganali, condizione principale per poter accedere al WTO.
Il nuovo mercato russo per le esportazioni europee inciderà positivamente anche sulle dinamiche economiche russe. Il WTO ha fornito nuovi strumenti di espansione per Mosca, così come per gli altri paesi che precedentemente vi hanno aderito e secondo alcuni opinionisti potrebbe persino portare a una riforma costituzionale per una maggiore trasparenza delle elezioni. L’adesione di Mosca al WTO ha inoltre consentito di impedire che la Russia formasse attorno a sé una forte e consistente unione di Stati alternativa ai modelli di organizzazione economica internazionale dell’Occidente.
L’adesione della Federazione Russa all’Organizzazione Internazionale del Commercio (WTO) ha suscitato diversi dubbi da parte di Mosca, sia al momento dell’adesione che a distanza di un anno dalla firma del trattato.
A dimostrare l’incertezza dell’appartenenza a questa organizzazione è stato in primo luogo il lunghissimo processo di adesione che si è concluso soltanto nel 2012. Dopo circa un anno di presenza nel WTO, il Cremlino non si dichiara soddisfatto delle linee guida che sono state imposte all’interno dell’organizzazione.
Il primo ministro Dmitrij Medvedev ha addirittura ritenuto un “atto sconsiderato” la firma dell’adesione da parte del proprio governo. Non solo l’appartenenza di Mosca a questa organizzazione non ha ancora dato i frutti tanto attesi dalla leadership russa ma, secondo il Cremlino, l’organizzazione non ha operato adeguatamente nella definizione dei compiti da svolgere al suo interno.
Il ricorso alle sanzioni economiche contro la Russia è la giusta risposta per dissuadere Mosca dall’intervento nella crisi ucraina
Il ministro degli Esteri della Federazione russa, Sergej Lavrov, ha espresso il proprio disappunto a nome del governo russo per le sanzioni a cui il proprio paese deve fare fronte a seguito della crisi in Ucraina. Secondo il diplomatico russo, l’intento delle sanzioni decise da Bruxelles non è altro che un pretesto per provocare proteste popolari e distruggere l’economia della nazione.
Dal lato occidentale, anche Romano Prodi, presidente del Consiglio dal 2006 al 2008, aveva ribadito l’inefficacia delle sanzioni economiche definendole un “suicidio collettivo”. I danni per l’Europa e per l’Italia in particolare sono rilevanti.
In occasione della sua visita in Italia, il 10 giugno 2015, il presidente Putin aveva evidenziato i rischi per gli imprenditori italiani in seguito al mantenimento delle sanzioni.
Valentina Cariani, responsabile dell’Ufficio Studi del gruppo assicurativo-finanziario Sace, aveva dichiarato che a seguito delle sanzioni le esportazioni di alcune merci italiane in Russia subiranno una drastica riduzione. L’Italia rappresenta un partner commerciale di primo piano per la Russia e le misure coercitive di Bruxelles non saranno di aiuto all’economia italiana.
L’inasprimento delle sanzioni conseguente allo scoppio della guerra in Ucraina ha l’unico effetto di provocare al suo popolo il massimo dolore, di mettere il Paese fuori del sistema monetario e del commercio mondiale, in sintesi di farlo precipitare in una situazione di povertà in cui sarà la gente comune a pagare. Non solo. Le strategie messe in campo da Putin e gli accordi presi con i Paesi neutrali al tema delle sanzioni rischiano anche di rafforzare la Russia.
Nel corso del suo cancellierato, Angela Merkel aveva considerato le sanzioni applicate dall’Unione Europea alla Russia l’unica via per risolvere la crisi in Ucraina in attesa di una risoluzione pacifica del conflitto. Secondo il governo tedesco occorreva proseguire convinti nell’applicazione di sanzioni più drastiche.
Federica Mogherini, Alto rappresentante della Politica Estera dell’Unione Europea fino al 2019, ha portato avanti il dibattito sulla questione delle misure coercitive da adottare nei confronti di Mosca. I danni causati economicamente alla Russia hanno dimostrato l’efficacia delle misure sanzionatorie. Secondo Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri italiano dal 2014 al 2016, e Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri tedesco dal 2013 al 2017, occorreva da parte dell’Europa rafforzare la posizione contro Mosca ed esercitare pressioni maggiori.
La mancata risoluzione del conflitto ucraino ha infatti costretto Bruxelles ad emettere una proroga per il prolungamento delle sanzioni fino a gennaio 2016, sperando che nel frattempo la situazione si possa risolvere diplomaticamente.
Dopo l’inasprimento delle sanzioni conseguente allo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022, l’economia russa ha sofferto, al contrario di quella italiana e degli altri Paesi europei. Ed è necessario continuare su questa linea, poiché le sanzioni costituiranno un importante elemento di negoziazione quando ci si siederà al tavolo per interrompere le ostilità.
L’Unione Economica Euroasiatica è un tentativo di Mosca di esercitare la propria influenza sulle repubbliche confinanti e arginare quella dell’Occidente
La creazione dell’Unione Euroasiatica da parte di Mosca ha avuto l’obiettivo di dare vita a una forma di unione economica tra soggetti uguali. La nuova unione consentirà di presentare un sistema alternativo all’economia mondiale dettata dalle linee guida di Washington e permetterà lo sviluppo regionale dei paesi che ne fanno parte.
Secondo Tatiana Valovaya, ministro dell’Integrazione e della Macroeconomia della Commissione Economia Euroasiatica, occorrono più partenariati economici nel contesto internazionale e l’Unione Economica Euroasiatica è uno di questi.
Il completamento dell’Unione sarà un percorso lungo e complesso ma consentirà di sviluppare nuovi rapporti commerciali anche con i paesi esterni. Scopo di questa integrazione è creare un vasto mercato interno da sviluppare in cooperazione con gli Stati che ne fanno parte e quelli che vi aderiranno in seguito. L’Unione Euroasiatica offrirà numerose opportunità anche alle imprese italiane, creando un mercato di sbocco per le merci europee e per l’esportazione.
Con le sanzioni imposte da Washingtoni in seguito al conflitto in Ucraina, il rifiuto di utilizzare i dollari statunitensi negli accordi commerciali è una risposta fisiologica e imprescindibile della Russia.
L’Unione Economica Euroasiatica si presenta come un tentativo di allargamento della Russia nell’area dei paesi ex sovietici, una sorta di “sovietizzazione” diretta da Mosca per impedire che alcuni Stati stringano rapporti con l’Occidente.
Secondo il politologo Alexander Cooley ci sono ulteriori fattori che spiegano gli intenti e gli obiettivi di questa organizzazione. Le intenzioni di Mosca in questa organizzazione sono legati anche all’Armenia, per anni in bilico tra Russia ed Europa. La decisione armena di partecipazione all’Unione Economica Euroasiatica è stata pressoché obbligata: Mosca è il maggior partner commerciale armeno, oltre che fornitore di gas e alleato militare.
La Russia ha rilanciato l’Unione Euroasiatica per esercitare la propria potenza in ambito globale e influenzare sia le repubbliche ex sovietiche che le regioni dell’Asia da cui gli americani si stanno ritirando.
In seguito al riaccendersi del conflitto in Ucraina, la “dedollarizzazione” attuata dalla Russia e da altri paesi come la Cina (che tra l'altro stringono accordi tra loro) è un chiaro tentativo di far cadere la leadership economica globale di Washington.
Il sistema politico della Russia di Vladimir Putin presenta un elevato deficit di democrazia
Secondo un’analisi di Paolo Calzini, professore di Relazioni Internazionali e Studi sulla Russia dell’Università John Hopkins, l’attuale sistema politico russo si trova in una fase ibrida. Diversi sondaggi hanno dimostrato che la Russia di Putin ha un sistema di governo ampiamente supportato dal proprio elettorato.
Il consenso popolare alla figura del leader russo è più che raddoppiato negli ultimi anni. I russi sono sempre più favorevoli a Putin: nel 2014, infatti, lo voterebbe il 68% secondo una fonte del Centro Levada. L’apprezzamento delle politiche del Cremlino è stato manifestato anche da alcuni gruppi politici all’estero.
Grazie al supporto di certi partiti di estrema destra in Europa, Mosca si è guadagnata anche all’estero il consenso nei propri confronti. Buone considerazioni su questo paese sono state anche espresse in passato dal segretario della Lega Matteo Salvini in visita a Mosca. Un’altra importante area politica da cui proviene il sostegno alla figura di Putin è quella della sinistra radicale che, dopo il crollo dell’URSS, ha continuato a vedere nella Russia una valida alternativa all’imperialismo statunitense.
Per quanto riguarda gli attacchi ricevuti dalla Russia in seguito al conflitto in Ucraina, si dovrebbe analizzare il conflitto da un punto di vista più ampio, mentre i media occidentali stanno offrendo una visione manichea della guerra, identificando il nemico e l’amico, l’aggressore e l’eroe, andando a insabbiare una serie di sfumature e contorni determinanti per l’analisi critica del conflitto in corso.
La mancanza del rispetto dei diritti umani nella Federazione russa, di cui Bruxelles deve rendere conto, è stata denunciata dal politico austriaco Hannes Swoboda, presidente dei Socialisti e Democratici dell’Europarlamento. Anche agli occhi di alcuni giornalisti dissidenti come Anna Politkovskaja, giornalista russa assassinata nel 2006 per mano di un sicario, la Russia di Vladimir Putin è vista come un paese governato da un personaggio di natura dispotica.
La Politkovskaja ha mosso numerose critiche nei confronti del governo russo accusando la mancanza di libertà e diritti umani, gli abusi compiuti dall’esercito, l’illegittimità delle elezioni presidenziali e la corruzione del sistema.
Il politico Garri Kasparov, già noto come campione di scacchi, ha manifestato le proprie critiche al regime, spingendosi in questo caso su un piano più estremo: l‘appello all’Occidente per cercare di fermare Putin.
La Russia, secondo Kasparov, non è una vera democrazia e non può essere paragonata all’Europa. Le ambigue circostanze dell’omicidio del dissidente politico Boris Nemtsov nel febbraio 2015 hanno contribuito a innalzare le accuse di mancanza di democrazia nella Russia di Vladimir Putin.
Con lo scoppio della guerra con l'Ucraina, in Russia, non solo si assiste alla chiusura di emittenti nazionali indipendenti e alla sospensione dei servizi giornalistici resi dalla stampa internazionale, ma c’è un’azione generale di filtraggio per bloccare siti di notizie e social network con una portata restrittiva e punitiva di censura senza precedenti, che potrebbe presto raggiungere un’escalation ancora più ampia e generalizzata.