Reddito di cittadinanza
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Il dibattito sul reddito di cittadinanza risente spesso di un vizio formale causato dalle diverse nomenclature utilizzate. Si discute, infatti, spesso facendo confusione, di un reddito di cittadinanza o di un reddito minimo garantito. Tra le due opzioni esistono differenze sostanziali che giustificano differenti prese di posizione: se il primo è una misura universale e incondizionata - cioè non condizionata allo svolgimento di un'attività lavorativa e estranea alle logiche salariali – il secondo è condizionato da fattori quali la soglia di povertà, la reciprocità di obblighi, lo svolgimento dell'attività lavorativa proposta. In Italia, il governo Conte M5S-Lega, il 17 gennaio 2019, ha approvato il decreto-legge “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, entrato in vigore il 29 gennaio 2019. La misura portata avanti dal M5S si configura però più come un reddito minimo garantito, visto che il beneficio previsto non è né universale né incondizionato. Il tema del reddito di cittadinanza è stato trattato da diversi punti di vista e analizzato a partire da differenti visioni politico-economiche: Neoliberisti (Milton Friedman), Marxisti (André Gorz), Libertari, Comunitaristi che condividono consensi e criticità. Le analisi sottendono la comprensione della società del lavoro e la sua trasformazione negli anni più recenti. Le discussioni vertono tanto su problematiche economiche, quanto su argomentazioni di carattere ideologico e morale.
MEDIATECA
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Le analisi sul Reddito di cittadinanza sottendono la comprensione del mondo del lavoro e la sua trasformazione negli anni più recenti. Nel dettaglio, il dibattito verte in primo luogo su problematiche economiche, ma anche su argomentazioni di carattere ideologico e morale.
Il Reddito di Cittadinanza approvato dal governo M5s-Lega è una misura rivoluzionaria per la lotta alla povertà e alla disoccupazione
Il Reddito di Cittadinanza è stato uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle sin dalle sue origini. Per questo, Luigi Di Maio, vicepremier e ministro del Lavoro del governo Conte, ha più volte elogiato pubblicamente il decreto legge approvato il 17 gennaio 2019, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 gennaio 2019 ed entrato in vigore il giorno successivo. Alla presentazione ufficiale del Reddito di Cittadinanza, svoltasi a Roma il 22 gennaio, tra i tanti interventi in lode alla misura, ci sono stati quelli del premier Giuseppe Conte e di Alessandro Di Battista. Il senatore M5S Gianluigi Paragone ha parlato entusiasta del Reddito di Cittadinanza durante una puntata di “Agorà” su Rai3, descrivendo i vantaggi della misura su tutta la catena del mondo del lavoro. Soddisfatto del decreto anche Jacopo Fo, che ha definito il Reddito di Cittadinanza una legge che si occupa delle persone in difficoltà.
Il partito di destra Fratelli d’Italia è tra le forze che maggiormente si oppongono al Reddito di Cittadinanza approvato dal Consiglio dei Ministri il 17 gennaio 2019 ed entrato in vigore il 29 dello stesso mese. Sia Giorgia Meloni, leader del partito, che il deputato Guido Crosetto hanno criticato con forza la misura tanto voluta dal M5S. Non da meno Forza Italia, compatta contro il decreto legge contenente Reddito e quota 100. Silvio Berlusconi, Renato Brunetta e Renato Schifani si sono detti preoccupati per le possibili ripercussioni negative della misura sull’economia del Paese. Matteo Dall’Osso, deputato di Forza Italia, ha invece criticato il decreto per il trattamento che riserva ai disabili. Anche Matteo Renzi, ex segretario del Partito Democratico, si è sempre schierato contro il Reddito di Cittadinanza studiato dal M5S, arrivando a definirlo un “baciamano istituzionalizzato” che creerebbe solo nuovo clientelismo.
Il reddito minimo garantito va pensato come alternativa ai restanti programmi assistenziali
L’economista Andrea Fumagalli sostiene la tesi secondo cui l’erogazione dei servizi sociali e il reddito di cittadinanza non sono intercambiabili, ma, al contrario, sono complementari. L’argomento si basa sua una netta distinzione tra il salario del lavoratore, di cui i servizi sociali sono una componente, e il reddito di cittadinanza. Mentre i servizi sociali, il salario, è legato alla remunerazione del lavoro, ossia dipende dall’esistenza di una qualche prestazione lavorativa, il reddito di cittadinanza è da considerare come il potere d’acquisto di merci ed è indipendente da qualsiasi prestazione lavorativa. Pertanto, il reddito di cittadinanza non può essere interpretato come una parte del salario del lavoratore, intercambiabile con altri servizi sociali. Essendo non vincolato a prestazioni lavorative, il reddito di cittadinanza è qualcosa di complementare e aggiuntivo al salario e non una sua componente.
Nella proposta dell'economista liberista Milton Friedman, l’introduzione del reddito garantito – che si configura come imposta negativa - permetterebbe di ridurre notevolmente i costi del welfare diminuendo le erogazioni di sussidi e ammortizzatori sociali. D’altro canto, la tesi secondo cui il reddito minimo garantito e altri sistemi di welfare siano reciprocamente escludentesi, ha portato altri studiosi ed opinionisti, tra i quali, ad esempio, il cofondatore del quotidiano “Il Foglio” Lodovico Festa, a considerare dannosa la scelta di introdurre un reddito minimo garantito a scapito dei restanti programmi assistenziali che svolgono già a pieno la loro funzione, soprattutto in una società come quella italiana dove le stesse radici cattoliche inducono più all’autorganizzazione sociale che alla logica rigore individuale-intervento statale.
L'istituzione del reddito di cittadinanza disincentiva al lavoro.
Per l’economista Andrea Fumagalli , proprio perché la natura dell’uomo è orientata più all’attività che alla pigrizia, “ciò che il reddito di cittadinanza può favorire è la riduzione del concetto di lavoro come fatica, non in generale della capacità lavorativa, di 'prestatore d'opera', dell'uomo, aumentando in tal modo il grado di autonomia e la libertà di scelta degli individui. Anzi, con la diminuzione del lavoro pesante e alienato, l'uomo avrebbe più risorse e più tempo per dedicarsi alla costruzione di 'opere' e magari di organizzare in modo più liberatorio la produzione di ciò che gli é utile. Il 'diritto all'otium' non significa infatti assenza di attività, ma piuttosto la scomparsa della costrizione al lavoro e al sudore a vantaggio della liberazione della mente e della creatività umana” (Dieci tesi sul reddito di cittadinanza, “tenc.org”, 1998) . La parola d'ordine del reddito di cittadinanza rappresenta un pericoloso contropotere alla disciplina del lavoro e alla gerarchia sociale che ne viene generata: con la “liberazione non del lavoro ma dal lavoro [...] viene meno uno degli strumenti disciplinari di controllo sociale in mano agli attuali assetti di potere” (ibidem).
Il reddito di cittadinanza rappresenta un disincentivo al lavoro e una forma di clientelismo istituzionalizzato, un “oppio dei popoli” che rende i cittadini dipendenti dalla politica. La produzione di ricchezza attraverso il lavoro è il cardine della moderna democrazia liberale. Senza il lavoro, si creerebbero dei cittadini dipendenti dal reddito di cittadinanza. Se quest’ultimo venisse rimosso, milioni di persone che hanno rinunciato al lavoro e alla formazione si ritroverebbero inoccupabili.
Non ci sono i fondi necessari per garantire il reddito di cittadinanza.
Gli esponenti del Movimento 5 Stelle ritengono di poter ricavare i fondi necessari all'instaurazione di un reddito di cittadinanza operando alcuni tagli alle spese per la difesa, ai costi della politica e ai privilegi ecclesiastici, oltre che mediante l’aumento della tassazione relativa al gioco d’azzardo.
Il reddito di cittadinanza è una misura estremamente costosa, con pesanti ricadute sul bilancio pubblico che peseranno sulle future generazioni. Le coperture proposte dal Movimento 5 Stelle risulteranno probabilmente insufficienti: Stefano Fassina, deputato di Sinistra Italiana, stima a 30 miliardi di euro il costo del reddito di cittadinanza e a 4 miliardi di euro l’ammontare delle coperture finanziarie formulate dal Movimento 5 Stelle.
Il reddito di cittadinanza rafforza il potere contrattuale dei lavoratori, al punto che si potrà arrivare all’emancipazione dal lavoro
Permettere una maggior disponibilità di reddito in un ambito di contrattazione individuale porta ad un maggior potere contrattuale perché, in tal modo, i lavoratori sono meno dipendenti dal ricatto del bisogno e quindi hanno più possibilità di incidere almeno parzialmente sulle proprie condizioni di lavoro. Il reddito di cittadinanza è una valida politica di welfare attraverso cui favorire la cittadinanza e l’inclusione sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nel mercato del lavoro.
Secondo Pietro Ichino, la protezione contro i possibili abusi dei datori di lavoro non può essere il reddito garantito ma solo un mercato del lavoro ben funzionante, con buoni servizi di assistenza intensiva e di formazione mirata agli sbocchi occupazionali esistenti, che consenta a qualsiasi lavoratore maggiore flessibilità. Non la liberazione dal lavoro, bensì l’adattamento del sistema di welfare al nuovo mondo del lavoro è la vera prerogativa e la vera sfida da affrontare. Il giornalista Paolo Barnard, in dissenso con le tesi liberali, propone un programma di Piena Occupazione a spese dello stato, a suo avviso molto più utile del reddito di cittadinanza per generare crescita economica e dare dignità ai disoccupati.
Il reddito deve essere ancorato al lavoro
“Poiché la produzione sociale esige sempre meno 'lavoro' e distribuisce sempre meno salari, diventa sempre più difficile procurarsi un reddito sufficiente e stabile mediante un lavoro pagato. Nel discorso del capitale si attribuisce questa difficoltà al fatto che 'manca lavoro'. Si occulta in tal modo la situazione reale; perché ciò che manca non è il lavoro, ma la distribuzione delle ricchezze per la cui produzione il capitale impiega un numero sempre ridotto di lavoratori. Il rimedio non è 'creare lavoro'; ma ripartire al meglio tutto il lavoro socialmente necessario e tutta la ricchezza socialmente prodotta” (André Gorz, Miserie del presente, ricchezze del possibile, Manifestolibri, 1998, p.97).
È impensabile l'ipotesi che un reddito possa essere garantito a prescindere della prestazione lavorativa, poiché il reddito di cui beneficiano i cittadini non occupati deriva dal trasferimento monetario degli occupati. Inoltre, non è possibile identificare il lavoro solo in termini di “stipendio”, bensì in quanto fonte di dignità e realizzazione personale. Garantire una somma di denaro a chi non lavora porta alla rassegnazione e al ripiegamento degli individui in loro stessi.
Una società va valutata sulla base della situazione dei più svantaggiati
Il filosofo Philippe Van Parijs rientra tra i principali fautori del reddito di cittadinanza, affermando che le società i cui membri siano massimamente liberi sono costituite da una salda struttura di diritti, che permetta a ciascun individuo di soddisfare i propri bisogni e realizzare se stesso. Il grado di giustizia di una società si basa sulla condizione degli individui più svantaggiati. Il reddito di cittadinanza incondizionato consentirebbe ai poveri di lavorare senza che ciò comporti una sottrazione dei sussidi. Oltretutto, nel caso della Francia, diversi beneficiari del sussidio di solidarietà non ne usufruiscono perché non sanno di averne diritto o perché reputano uno stigma sociale riceverlo. Un reddito di cittadinanza incondizionato risolverebbe definitivamente questi dilemmi, non solo a livello nazionale ma anche a livello europeo.
Secondo John Rawls, nella società vige la legge della reciprocità. Affinché l'individuo, che ne entra a far parte, sia idoneo a trarne dei benefici, esso ha il dovere di garantire il suo contributo alla società. Se i sussidi della società fossero elargiti anche a coloro i quali non vi partecipano attivamente in termini economici, graverebbero sulle spalle della restante comunità che lavora. Altri studiosi hanno sostenuto che il basic income (reddito di base) si configura come una vera e propria forma di sfruttamento dei lavoratori da parte di chi decide, pur potendo, di non lavorare. In sintesi, il principio di reciprocità comporta che tutti gli individui che vogliano condividere i benefici nella cooperazione sociale, hanno l'obbligo di dare un contributo produttivo. Inoltre, il reddito di cittadinanza rischia di aggravare le disuguaglianze sociali, creando storture nel mercato del lavoro e innalzamento generale della pressione fiscale.