Prove INVALSI
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Durante l'anno scolastico vengono somministrate alle classi II e V del primo ciclo di istruzione e II della scuola secondaria di secondo grado, nonché inserite nell'ambito degli esami finali della scuola secondaria di primo grado (terza media), le cosiddette prove INVALSI. I test, redatti dall'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione, soggetto alla vigilanza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), hanno lo scopo di valutare l'apprendimento in italiano e matematica degli studenti, in modo da formulare i dati generali sull'efficienza del sistema formativo italiano e indicarne le criticità. Se, da un lato, il rilevamento dei dati a livello nazionale può fornire un quadro generale in vista di indicazioni operative, dall'altro coloro che criticano queste modalità evidenziano che la valutazione fornita non tiene conto di alcune variabili non oggettivabili, né dello sviluppo cognitivo degli studenti, ma semplicemente dell'acquisizione di un apparato nozionistico che spesso non corrisponde agli obiettivi di crescita personale e di personalizzazione che la scuola si pone.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
I test INVALSI non favoriscono l'inclusione
Le indicazioni circa il trattamento di alunni disabili durante la somministrazione delle prove INVALSI sono discriminatorie. La possibilità di evitare che questi alunni partecipino alle prove con il resto della classe, che i loro compiti siano valutati a parte, favorisce l'esclusione e risponde a una logica omologante in cui le differenze vengono allontanate anziché incluse. Questo contraddice il lavoro dei docenti che, invece, durante l'anno scolastico si adoperano per una reale inclusione degli alunni con disabilità.
Inoltre, la prova di italiano rischia di discriminare gli studenti stranieri.
Test Invalsi? “Ce lo chiede l'Europa”
La rilevazione nazionale degli apprendimenti è richiesta per uniformare la qualità dell'apprendimento scolastico italiano con quello europeo al fine di garantire la formazione di capitale umano competitivo.
Gli altri paesi europei hanno abbandonato la modalità delle prove INVALSI. Nei comunicati dell'Unione Europea non c'è una richiesta di effettuare le prove INVALSI, bensì di effettuare una riforma strutturale del sistema scolastico.
I test INVALSI non servono a valutare gli insegnanti
Che le prove INVALSI servano a valutare i docenti è un timore infondato. Il progetto, condivisibile, di premiare gli insegnanti che dimostrano di svolgere con risultati migliori il loro lavoro e dunque di valutarne la professionalità non rientra tra gli obiettivi delle prove INVALSI.
Il ministro Giannini ritiene che “si debba lavorare affinché lo strumento di valutazione diventi la chiave di soluzione e di cambiamento radicale della figura dell'insegnante e della sua valorizzazione e possibilità di premiare chi lavora di più, sia a livello economico che funzionale, e di non premiare chi lavora di meno, perché le due cose hanno una complementarietà” (Scuola: Giannini, Invalsi strumento che va messo a sistema, “Ascanews”, 5 maggio 2014)
Non è corretto valutare gli insegnanti tramite le prove INVALSI. La scarsa attendibilità delle prove, che misura competenze nozionistiche e non valuta variabili del contesto educativo, non rende ragione dell'effettivo valore del lavoro del docente e del successo formativo che apporta dalle condizioni di partenza della classe. Le prove INVALSI non sono il metodo adeguato per valutare gli insegnanti e da cui far dipendere premi salariali. Questo, anzi, ridurrebbe anche i diritti collettivi dei lavoratori: “ Alla contrattazione collettiva sostituisce i premi individualizzati e i fondi assegnati in forma premiale alle scuole 'buone' e negati alle scuole 'cattive'. Si tratta di una profonda modifica dello statuto del lavoro degli insegnanti, che mina non solamente il loro diritto alla contrattazione collettiva, ma intacca i valori fondamentali comuni alla professione” (Marco Magni, Scuola, abbiamo le prove: Invalsi è contro la scienza, “MicroMega”, 18 febbraio 2015).
La standardizzazione delle prove garantisce l'oggettività della valutazione
I risultati che emergono dalle prove INVALSI sono informativi e utili proprio grazie alla standardizzazione delle prove, frutto del lavoro di esperti in docimologia , costruite in modo obiettivo e trasparente. Questa tipologia garantisce la riproducibilità della correzione ed elimina l'apporto della componente soggettiva del valutatore. Essa si basa su quadri di riferimento condivisi necessari per la comparazione oggettiva. Per controbilanciare l'autonomia che le scuole hanno acquisito e garantire parametri condivisi di valutazione, è indispensabile che le prove siano standard e che il valutatore sia il più possibile esterno alle dinamiche delle singole realtà scolastiche e obiettivo.
I dati forniti dall'INVALSI sono indispensabili e efficienti
Il servizio che offre l'INVALSI è indispensabile da diversi punti di vista.
Il rilevamento nazionale che permette di monitorare gli apprendimenti fornisce dei dati al fine di operare delle strategie di intervento mirate. L'analisi standard e oggettiva rende possibile un confronto non solo con il sistema scolastico degli altri paesi europei, ma permette di valutare le peculiarità territoriali delle scuole italiane e di decodificare i punti di forza e di debolezza di ogni istituto rispetto alla media nazionale, al fine di incentivare iniziative per modificare i punti di debolezza e valorizzare i punti di forza di ciascuna scuola. Infine, con delle prove standard e nazionali si può valutare l'effettiva meritocrazia, che non sarebbe possibile se la valutazione fosse gestita da singoli docenti senza un ente esterno.
I dati che scaturiscono dai test INVALSI non offrono vantaggi al sistema scolastico e tale misurazione non risponde ai problemi che il settore della scuola deve affrontare. Piuttosto che di misurazioni standard nazionali, il sistema scolastico ha bisogno di riforme e investimenti. La scuola non ha abbastanza risorse per garantire il successo formativo richiesto. Dall'analisi dei dati INVALSI non si deduce nulla di nuovo rispetto a quanto esaminato dalle indagini comparative internazionali. Il divario tra scuole in base alla loro posizione geografica, tra gli indirizzi di studio, oppure l'influenza di variabili socio economiche sul rendimento scolastico sono dati che non hanno bisogno dell' INVALSI per essere ricavati. Quello che manca non è un rilevamento dei dati ma piuttosto la volontà politica di intervenire strutturalmente sul sistema.
Le prove INVALSI creano gerarchizzazione e inducono competitività tra le scuole e i docenti
È un errore pensare ai test invalsi come qualcosa di punitivo. L'unico scopo è quello di informare sul successo formativo degli istituti, valutando non le singole scuole ma l'intero sistema.
Non ci sono ricadute sulle singole scuole né tantomeno sui docenti
Le prove INVALSI potrebbero creare delle gerarchie tra le scuole in base al punteggio ottenuto dagli alunni. Questo contribuirebbe a creare delle scuole di serie A e di serie B e a finanziare economicamente gli istituti che hanno avuto migliori risultati, penalizzando le scuole più “deboli”. Questa logica incentiva la concorrenza. L'effetto è che, anziché garantire uguali opportunità agli istituti, si accentua il divario tra le scuole.
Conseguentemente, se le prove INVALSI valutano indirettamente anche i docenti, i risultati dei test contribuiranno a giudicare la professionalità dell'insegnante e a definire in base ai risultati l'efficacia dell'azione didattica e formativa, creando una gerarchia tra i docenti, in cui avranno la meglio non i più meritevoli ma coloro che corrispondono ai criteri valutati dall'INVALSI.
I criteri di valutazione e misurazione non sono adeguati
I test delle prove INVALSI sono stati redatti con strumenti tecnico-statistici che ne garantiscono la capacità misuratoria. Attraverso strumenti psicometrici si valuta l'attendibilità e l'affidabilità delle informazioni che si ricavano dalla prova, la coerenza e la verosimiglianza delle risposte ai test.
La standardizzazione dei test, inoltre,permette una misurazione più obiettiva che non viene influenzata dal rapporto diretto con l'alunno. Secondo Francesca Borgonovi, economista all’Ocse, l'importanza della stadardizzazione sta “nell’evitare questo tipo di condizionamenti e capire la competenza reale dei singoli studenti in aree molto specifiche, che spesso non vengono valutate in maniera approfondita dagli insegnanti” (Giuliana Licini, Borgonovi (Ocse) in difesa delle prove Invalsi: test standardizzati utili a docenti e scuole, “Scuola 24. - Il sole 24 ore”, 5 giugno 2015).
“Tra i massimi critici della valutazione dei test standardizzati ci sono i matematici, che la contestano proprio in nome della nozione matematica di 'misura', non soddisfatta dall’approssimazione dei test standardizzati”; così Marco Magni introduce le argomentazioni di coloro i quali diffidando del sistema di valutazione INVALSI (Scuola, abbiamo le prove: Invalsi è contro la scienza, “MicroMega”, 18 febbraio 2015). I criteri utilizzati per valutare le prove INVALSI non hanno una valenza scientifica e non sono assimilabili alle misurazione delle scienze sperimentali. Le caratteristiche da misurare, ossia le conoscenze e le capacità, non sono definibili oggettivamente in un sistema di valutazione scientifico. I processi cognitivi non sono oggettivamente misurabili, in quanto intervengono variabili soggettive non quantificabili. Secondo Magni tale sistema di valutazione non permette di individuare le differenze che intercorrono tra studenti e istituti oggetto di valutazione: “l’Invalsi non offre alcun tipo di strumento per analizzare e spiegare tali differenze, non compie cioè nessun tipo di verifica sul campo per studiare la validità degli stessi test che somministra”(ibidem)
La modalità di prova INVALSI induce a una didattica mirata al superamento del test
La somministrazione dei test INVALSI non altera la didattica e non distoglie i docenti dagli obiettivi del percorso formativo. Le competenze che vengono esaminate nel test, e che i docenti devono trasmettere, rientrano nei programmi di studio.
Anche se la didattica venisse orientata al superamento dei test INVALSI, questo non sarebbe un male. Le competenze e le conoscenze richieste per la prova INVALSI non si distanziano dal percorso formativo scolastico, e dunque una didattica mirata a queste non snaturerebbe la natura del percorso didattico.
Le modalità delle prove INVALSI hanno effetti negativi sulla didattica. Gli insegnanti, in vista dei test che saranno somministrati agli alunni, e delle aspettative che genitori e istituzioni riversano sulla valutazione ricevuta, tenderanno a modificare i propri progetti didattici. Infatti, verranno messi da parte insegnamenti mirati ad abilità non contemplate nei test per modellare la programmazione con il fine di offrire alle classi le competenze e le nozioni valutate dall'INVALSI. Questo trasforma sostanzialmente la didattica in un esercizio di addestramento mirato a generare delle risposte mnemoniche e nozionistiche, modificando lo statuto stesso delle discipline. Si pensi che, per esempio, nei compiti di italiano il tema ha lasciato il posto all’analisi del testo.
La somministrazione dei test INVALSI sminuisce il ruolo docente
L'“invalsizzazione” della scuola ha delle conseguenze che sviliscono la professionalità docente. Il lavoro della somministrazione delle prove vede gli insegnanti impegnati in un’attività da burocrate, in un lavoro meccanico e subordinato. Inoltre, la standardizzazione del modello formativo impone un modello universale che costringe l'insegnante a seguire pratiche di insegnamento prestabilite limitandone la libertà. Se l'ente INVALSI avrà un ruolo predominante nella valutazione, il lavoro docimologico, e non solo, dei docenti, si trasformerà in un ruolo di passacarte e misuratori. Questo, oltre che sminuire la professione docente, immiserisce la scuola pubblica.
La tipologia della prova INVALSI risponde a un'idea di scuola-azienda
L'ingresso di un ente burocratico di stato nelle questioni relative alla valutazione, e alla formazione, rispecchia l'ideologia dominante che tende ad aziendalizzare l'istruzione, parlandone in termini di “capitale umano”.
Un modello standard imposto dall'alto ha come obiettivo il successo formativo degli alunni che, in questa ottica, vengono descritti come i “consumatori” dell'istruzione-merce e definiti in base a un’ idea astratta e preconfezionata. Il sistema educativo viene assimilato, e subordinato, al sistema economico aziendale, incitando alla competitività. Secondo Marco Magli, infatti, “Il reale significato – ampiamente realizzato in Gran Bretagna e Usa – dell’istituire artificialmente un’omologia tra la scuola e l’azienda sta nell’idea che entrambe debbono essere in concorrenza su un mercato, e migliorare se stesse attraverso la competizione. E’ ampiamente noto che tale concorrenza tra scuole determina solamente l’ampliamento delle diseguaglianze tra scuole socialmente favorite e scuole socialmente svantaggiate, aumentando i livelli di segregazione sociale già esistenti” (Marco Magni, Scuola, abbiamo le prove: Invalsi è contro la scienza, “MicroMega”, 18 febbraio 2015)
La tipologia dei test INVALSI, basata sui quiz, non valuta le capacità di ragionamento
Non è esatto parlare delle prove INVALSI equiparandole a test o quiz. La modalità delle domande è più vasta e comprende, oltre a domande chiuse a scelta multipla, domande a risposta aperta che richiedono l'articolazione e l'argomentazione delle risposte. Quelle proposte sono prove di verifica elaborate da esperti della formazione che richiedono mesi di lavoro per soppesare esattamente le domande da effettuare per una più completa valutazione. Vengono misurate capacità argomentative, inferenziali e analitiche. Non si verifica, dunque, il bagaglio di nozioni acquisite ma l'utilizzo che l'alunno è in grado di farne di fronte a problematiche complesse. In conclusione il test INVALSI mira a valutare non le nozioni – o non solo queste – ma le modalità di svolgimento di ragionamenti e lo sviluppo di attività cognitive elevate.
La tipologia dei test INVALSI rispecchia un progetto educativo che si discosta da quello quotidianamente operato dai docenti, o da quello che sarebbe almeno auspicabile. Il progetto formativo operato sugli alunni ha l'obiettivo di sviluppare il pensiero divergente, capacità di elaborare ragionamenti complessi e spirito critico. Secondo esperti del mondo della scuola, sindacati e docenti la modalità delle prove INVALSI, somministrate sotto forma di quiz, non valutano queste capacità. Un quiz a risposta chiusa multipla, come quelli INVALSI, può essere utile a misurare l'apprendimento mnemonico e nozionistico, ma non tiene conto di abilità complesse quali capacità di espressione, di produzione di un testo o, più generalmente, dello sviluppo cognitivo e della crescita personale. Inoltre si fa notare che dietro la “quizzologia” INVALSI si cela un uso ideologico del test: prediligere una valutazione basata sul nozionismo che non incoraggia al pensiero critico e divergente è indice di una tendenza al pensiero unico.