Sperimentazione animale
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
La sperimentazione animale, ossia la pratica che consente di sperimentare su animali da laboratorio per osservare la loro reazione a sostanze chimiche o a malattie artificialmente indotte, è in uso in maniera sistematica almeno dall'età moderna. Si fonda sull'assunto metodologico dell'analogia tra organismi animali e umani che rende applicabili i risultati su animali anche all'uomo. La sperimentazione è utilizzata al fine di individuare terapie, per la ricerca farmacologica o per testare prodotti su animali prima di introdurli nel mercato, così come richiesto dalla legislazione europea.
L'assunto teorico che giustifica queste pratiche risiede nella presunta superiorità della specie umana sulle altre specie animali nella natura. Dunque il fine, il miglioramento delle condizioni di salute degli esseri umani, giustifica l'utilizzo di animali da laboratorio.
Prima di tutto le obiezioni a questa pratica intercettano motivazioni etiche, cioè sulla liceità di disporre di animali per fini umani, e di non riconoscere loro il diritto alla vita. Inoltre esistono obiezioni di carattere scientifico che considerano il metodo obsoleto e sottolineano l'invalidità delle ricerche, la loro non utilità per l'essere umano. L'opinione pubblica sembra essere apparentemente contraria alle pratiche di sperimentazione, ma le finalità potenzialmente vantaggiose per la specie umana rendono il confine tra favorevoli e contrari più sfumato.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Il miglioramento delle condizioni di salute degli esseri umani giustifica l'utilizzo di animali da laboratorio? C'è una reale analogia tra organismi animali e umani tale da rendere applicabili i risultati su animali anche all'uomo?
Il caso degli effetti nocivi sul feto dovuti all'assunzione della Talidomide in donne in gravidanza dimostra la necessità di una corretta procedura di sperimentazione sugli animali. Infatti, furono proprio gli studi sugli animali condotti da Frances Kelsey che permisero di testare la nocività della sostanza e impedirne la commercializzazione negli USA.
L'uomo grazie a scoperte medico-scientifiche effettuate attraverso la sperimentazione su animali ha potuto salvaguardare la sua salute. L'opposizione alla sperimentazione animale è un atteggiamento antiscientifico alimentato dall'incapacità di immaginare nella civiltà occidentale attuale situazioni di pandemie diffuse e pericolose come ci sono state nei secoli precedenti.
Il problema della sperimentazione animale non è scientifico ma etico e l'opposizone ad essa è possibile solo per mezzo di una morale che deve rivendicare l’uguale diritto alla vita dell’animale non umano che soffre e ha cognizione del mondo. Non è efficace contrastare la sperimentazione animale sul piano dell'utilità, poiché così il criterio di giudizio rimarrebbe il vantaggio per l'uomo.
Le pratiche di sperimentazione animale non vanno confuse la vivisezione, che per legge non è utilizzabile. Il termine “vivisezione” è associato a pratiche terribili che non sono assimilabili a quelle destinate agli animali da laboratorio.Usare questo termine, anziché “sperimentazione animale” è un modo fazioso con il quale gli attivisti a essa contrari giocano sull'emotività dell'opinione pubblica.
Il termine “vivisezione” è lessicalmente e praticamente accostabile alla sperimentazione animale, in quanto causa di sofferenze e manipolazioni dell'animale. Il più delle volte gli esperimenti sono condotti senza anestesia e dunque il dolore causato è notevole. Molti dizionari sottolineano la sinonimia tra i due termini.
Gli animali hanno stati di coscienza tali da provare sofferenza durante le pratiche sperimentali. In laboratorio in molti casi non si somministrano antidolorifici agli animali per evitare che questo interferisca con gli esperimenti, il dolore percepito dagli animali è innegabile. La sofferenza dell'animale non è soltanto fisica, ma deriva anche dalla situazione emotiva che l'animale subisce.
Si presta attenzione per ridurre al minimo la sofferenza degli animali. Le accortezze prestate per evitare stress agli animali oggetto di esperimenti sono, del resto, indispensabili per la buona riuscita degli stessi e per non alterarne i risultati. Le neuroscienze hanno appurato che gli animali posseggono un sistema nervoso tale da non produrre stati di coscienza.
Allo stato attuale delle tecnologie, per molti aspetti la sperimentazione animale è ancora insostituibile. Una completa sostituzione è resa impossibile dalle leggi internazionali che dirigono la messa sul mercato di farmaci che, per essere sicuri per l'uomo e evitare controindicazioni, devono essere necessariamente testati precedentemente su animali.
Oggi i ricercatori hanno a disposizione metodi alternativi che permettono di sostituire (Replacement) le sperimentazioni animali con altre tecniche, e laddove ciò non fosse possibile, di ridurne (Reduction) l'uso e rifinire (Refinement) le tecniche. La tecnologia ha messo a disposizione procedure precise che garantiscono l'efficacia della ricerca, quali la coltura in vitro di cellule e tessuti.
La sperimentazione animale cade in fallacie metodologiche che consistono nel credere che gli animali siano un “modello causale” sui cui sperimentare, con la certezza che gli stessi risultati siano riproducibili sull'uomo. In realtà, secondo alcuni studiosi, il corredo genetico è unico e diverso per ogni specie. Reazioni di animali e esseri umani alle stesse sostanze non sono eguagliabili.
Animali e uomini hanno una storia evolutiva comune e condividono buona parte del corredo genetico. Grazie a queste notevoli affinità genetiche, è lecito pensare che alcuni animali siano buoni modelli, anche se approssimativi, e quindi le reazioni osservate negli animali in laboratorio a seguito degli esperimenti si riprodurranno, con alta probabilità, anche nell'uomo
I progressi che sono stati fatti nel campo della medicina e della farmacologia, l'elaborazione di vaccini e di tecniche di trapianto antirigetto, sono dovuti all'uso di animali per la sperimentazione. La sperimentazione permette di continuare la ricerca al fine di individuare cure e trattamenti per le malattie non solo del genere umano ma anche degli animali stessi.
L'antivivisezionismo scientifico sostiene che non ci sono prove adeguate circa la validità dell'efficacia delle procedure della sperimentazione animale. Le verifiche che sono state condotte negli anni danno un esito negativo, e dimostrano che gli esperimenti sugli animali non sono risultati significativi per l'elaborazione delle cure.
Il caso Talidomide mostra la necessità della sperimentazione animale
Il caso degli effetti nocivi sul feto dovuti all'assunzione della Talidomide in donne in gravidanza, con la conseguenza della nascita di bambini con gravi malformazioni, dimostra la necessità di una corretta procedura di sperimentazione sugli animali.
Infatti, furono proprio gli studi sugli animali - in particolare conigli in gravidanza - condotti da Frances Kelsey, farmacologa in servizio presso il Food and Drug Administration (FDA), che permisero di testare la nocività della sostanza e dunque impedire la sua commercializzazione negli Stati Uniti.
L'opposizione alla sperimentazione animale è un atteggiamento antiscientifico
Nella sua storia l'uomo è stato costretto a ingegnarsi per contrastare virus e malattie che ne minacciavano la sopravvivenza, e grazie a scoperte medico-scientifiche, effettuate anche attraverso la sperimentazione su animali, ha potuto salvaguardare la sua salute. L'opposizione alla sperimentazione animale è un atteggiamento antiscientifico alimentato dall'incapacità di immaginare nella civiltà occidentale situazioni di pandemie diffuse e pericolose come ci sono state nei secoli precedenti. Il caso del vaccino contro Ebola, ottenuto grazie alla sperimentazione animale, dovrebbe arginare il contrasto a questo metodo e riportare l'evidenza della sua necessità.
Inserire nella Cotituzione "la tutela di tutte le specie animali" avrebbe effetti negativi sulla ricerca biomedica e sul settore farmaceutico, considerando che vanta un export del 61% del prodotto pari a 25 miliardi di euro, generando più di 2 miliardi di euro l'anno.
La sperimentazione animale non è eticamente lecita
Il problema della sperimentazione animale non è scientifico ma etico, dunque e l'opposizone ad essa è possibile solo per mezzo dell’etica che deve rivendicare l’uguale diritto alla vita dell’animale non umano che soffre, ha cognizione del mondo, ed è dunque cosciente e inorridito da quanto gli capita.
Fin quando non capiremo questa banalità filosofica, la Scienza contro cui si oppone la scienza, avrà sempre il diritto di disporre della vita degli altri che, resi “cose”, porteranno sicuramente un vantaggio a chi invece è concesso la statuto ontologico di “individuo".
Non è efficace, quindi, contrastare la sperimentazione animale sul piano dell'utilità, poiché in questo modo il criterio di giudizio rimarrebbe invariabilmente il vantaggio per l'uomo.
La sperimentazione animale non è la vivisezione
Le pratiche di sperimentazione animale non hanno nulla a che fare con la vivisezione, una metodologia che per legge non è utilizzabile. Il termine “vivisezione” nell'immaginario collettivo è associato a pratiche terribili che non sono assimilabili a quelle a cui sono soggetti gli animali da laboratorio. Usare questo termine, anziché “sperimentazione animale” è un modo fazioso con il quale gli attivisti a essa contrari giocano sull'emotività dell'opinione pubblica. Ne è prova un sondaggio sull'approvazione delle pratiche di ricerca su animali. Se nella domanda il termine usato è “vivisezione” la percentuale di contrari risulta molto alta, ma si abbassa notevolmente se si chiede l'approvazione, o meno, all’impiego degli animali nel progresso della medicina.
Il termine “vivisezone” è lessicalmente e praticamente accostabile alla sperimentazione animale, in quanto causa di sofferenze e manipolazioni dell'animale. Il più delle volte gli esperimenti sono condotti senza anestesia e dunque il dolore causato è notevole. Molti dizionari sottolineano la sinonimia tra i due termini.
Gli animali soffrono e hanno consapevolezza
Sarebbe falso affermare che gli scienziati non si curino del dolore degli animali: durante le pratiche di sperimentazione, infatti, si presta massima attenzione, rispettando le regole europee, per ridurre al minimo la sofferenza degli animali. Le accortezze prestate per ridurre le sofferenze e per evitare stress agli animali oggetto di esperimenti, sono del resto indispensabili per la buona riuscita degli stessi e per non alterarne i risultati.
Inoltre, recenti sviluppi delle neuroscienze hanno appurato che gli animali non sono capaci di provare dolore – almeno non in una forma paragonabile a quella di cui fanno esperienza gli esseri umani – in quanto posseggono un sistema nervoso tale da non produrre stati di coscienza: come messo in chiaro dal filosofo Peter Carruthers “i loro corpi possono reagire a certi stimoli in modi biochimicamente sofferenti”, ma a livello mentale essi “mancano di consapevolezza cosciente del dolore” (Kerry Walters, Vegetarianism: A Guide for the Perplexed, Bloomsbury Academic, 2012, p.13, TdR).
È stato provato che gli animali hanno stati di coscienza tali da provare sofferenza durante le pratiche sperimentali. Le differenze a livello cerebrale fra esseri umani e animali non-umani, cioè l'assenza di neocorteccia, non implica un'assenza di capacità di percepire gli stati affettivi. Probabilmente il dolore, e il modo di comunicarlo, è differente negli animali rispetto all'uomo, ma nuovi studi stanno indagando le diverse elaborazioni cognitive della sofferenza, come le espressioni facciali, che possono essere giustamente interpretate come segni reali della presenza del dolore.
Durante le pratiche in laboratorio, inoltre, in molti casi non vengono somministrati antidolorifici agli animali per evitare che il farmaco interferisca con gli esperimenti, e dunque il dolore percepito dagli animali è innegabile. La sofferenza dell'animale non è, però, soltanto di matrice fisica, ma è causata anche dalla situazione emotiva di “mancanza di libertà” e di “manipolazione” che l'animale subisce.
La sperimentazione animale è indispensabile. Non esistono metodi alternativi sostitutivi
I ricercatori tendono, per quanto possibile, a sostituire, ridurre e perfezionare le pratiche, infatti il numero di topi e ratti utilizzati negli esperimenti è diminuito negli anni. Ma, nonostante questo, allo stato attuale delle tecnologie, per molti aspetti la sperimentazione animale è ancora insostituibile. Eliminare l'utilizzo di animali per le sperimentazioni sarebbe un grave danno che impedirebbe alla medicina di progredire.
Prima di tutto una completa sostituzione è resa impossibile dalle leggi internazionali che dirigono la messa sul mercato di farmaci che, per essere sicuri per l'uomo e evitare controindicazioni, devono essere necessariamente testati precedentemente su animali. In secondo luogo per alcune tipologie di ricerca, la sperimentazione su cellule o tessuti non è sufficiente, venendo meno la complessità dell'intero organismo. Risulta dunque indispensabile praticare esperimenti su animali vivi.
Nel 1959 due accademici britannici, Rex Burch e William Russell, membri della Universities federation of animal welfare (UFAW) scrissero un articolo in cui svilupparono sistemi alternativi alla sperimentazione, da allora ricordati come 3R. I principi di questa teoria incoraggiavano i ricercatori a Sostituire (Replacement) l'uso di animali con altre tecniche, e laddove ciò non fosse possibile, Ridurre (Reduction) l'uso e Rifinire (Refinement) le tecniche.
Oggi i ricercatori hanno a disposizione metodi alternativi che permettono di sostituire le sperimentazioni animali. La tecnologia ha messo a disposizione procedure talmente precise che garantiscono l'efficacia della ricerca, quali la coltura in vitro di cellule e tessuti, esami endoscopici, metodi di indagine per immagini.
Se, nonostante le critiche sulla validità scientifica della sperimentazione, questa continua senza venire sostituita da altri metodi, le motivazioni intercettano interessi di carattere economico piuttosto che scientifico.
Inoltre, gli esperimenti su animali danno risultati diversi, talvolta opposti, sulle diverse specie e dunque è facile pilotare gli esperimenti in modo da ottenere il risultato desiderato.
La sperimentazione animale è un errore metodologico: gli animali non sono casi-modello validi
Animali e uomini hanno una storia evolutiva comune e condividono buona parte del corredo genetico. Un esempio esemplificativo è quello delle scimmie che condividono il 98% del sistema immunitario con l'uomo. Questo ha permesso di sperimentare i vaccini sulle scimmie per testarne l'efficacia, prima di usarli sull'uomo.
Grazie a queste notevoli affinità genetiche, è lecito pensare che alcuni animali in particolare siano buoni modelli, anche se approssimativi. Pertanto, le reazioni osservate negli animali in laboratorio a seguito degli esperimenti si riprodurranno, con alta probabilità, anche nell'uomo. Nella storia della ricerca esistono esempi dell'efficacia dei modelli predittivi animali. Per esempio, l’identificazione delle basi genetiche dell’ipertensione arteriosa è stata fortemente facilitata dall’utilizzo di modelli animali.
La sperimentazione animale cade in una serie di fallacie metodologiche che consistono nel credere che gli animali siano un “modello causale” sui cui sperimentare, con la certezza che gli stessi risultati siano riproducibili sull'uomo. In realtà, secondo alcuni studiosi, il corredo genetico è unico e diverso per ogni specie. Ogni specie è soggetta a isolamento produttivo, ossia l'individuo di una specie può riprodursi soltanto unendosi con un individuo della stessa specie. Il corredo genetico è ciò che determina la risposta dell'individuo all'ambiente, e dunque alle stimolazioni esterne. Quindi, come non si possono unire i gameti di specie differenti, è impensabile che organismi di specie differenti reagiscano allo stesso modo a sostanze e esperimenti, proprio in virtù del differente corredo genetico. La sperimentazione farmacologica sugli animali può dirci come una certa specie reagisce a una sostanza, ma è illogico pensare che la reazione dell'uomo sarebbe la medesima.
Esistono numerosi esempi da cui dedurre che le reazioni che si producono in laboratorio somministrando sostanze chimiche sugli animali non sono eguagliabili a quelle con cui un essere umano risponde alle stesse.
La sperimentazione animale ha portato progressi nella medicina
I progressi che sono stati fatti nel campo della medicina e della farmacologia, sono dovuti all'uso di animali per la sperimentazione. Senza di essa non sarebbero state possibili scoperte scientifiche - quali il funzionamento di organi e tessuti, il ruolo di agenti patogeni ecc… e non ci sarebbero cure per alcune malattie degenerative (Parkinson o Alzheimer), leucemie, tumori, epilessia. È grazie alla sperimentazione su animali, inoltre, che si è trovata una cura per una particolare forma di cecità infantile. La sperimentazione ha permesso l'elaborazione di vaccini (dalle scoperte di Edward Jenner nel 1798 e gli esperimenti di Louis Pasteur) e ha permesso di affinare le tecniche al fine di praticare trapianti antirigetto.
Tuttora la sperimentazione permette di continuare la ricerca al fine di individuare cure e trattamenti per le malattie non solo del genere umano ma anche degli animali stessi, anch'essi destinatari di farmaci prodotti. I farmaci presenti sul mercato devono la loro efficacia al preventivo test su animali da laboratorio.
L'antivivisezionismo scientifico afferma che non ci sono prove adeguate circa la validità dell'efficacia delle procedure della sperimentazione animale. Le verifiche sistematiche che sono state condotte negli anni danno un esito negativo, e dimostrano che gli esperimenti sugli animali non sono risultati significativi per l'elaborazione delle cure.
Esistono testimonianze e studi specialistici su molti casi in cui la sperimentazione su animali ha fuorviato le ricerche e indotto in fallimenti dovuti alla scarsa rilevanza scientifica di tali test. La cronaca ha portato a conoscenza di alcuni farmaci messi sul mercato, e giudicati sicuri ed efficaci grazie alla sperimentazione, che hanno prodotto effetti negativi, a volte letali, sugli esseri umani. Il caso più famoso è quello del Talidomine, che, superato il test su animali, fu utilizzato per contrastare le nausee in gravidanza, ma, nell'uomo, ha causato la nascita di bambini deformi.
L'argomento che vede elencati i successi dovuti alla sperimentazione animale, dunque, non è valido, piuttosto i successi di questa metodologia vanno confrontati con il rispettivo numero di fallimenti.