Petrolizzazione dell'Italia
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Il costo dell’energia, la disponibilità e la sicurezza degli approvvigionamenti rappresentano elementi chiave per favorire la ripresa economica. La Strategia Energetica Nazionale: per un’energia più competitiva e sostenibile (“sviluppoeconomico.gov.it”, consultato il 10 agosto 2015), delineata dal governo Monti nel marzo 2013 e oggetto di recenti provvedimenti normativi da parte del governo Renzi, prevede tra le sette priorità per il 2020: “efficienza energetica”; “mercato competitivo del gas”; “sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili”; “sviluppo delle infrastrutture e del mercato elettrico”, ossia una crescita degli investimenti per potenziare la rete elettrica; “ristrutturazione della raffinazione e della rete di distribuzione dei carburanti”, per aumentare l’efficienza del settore “a monte”, in fase produttiva, e “a valle”, nella distribuzione al dettaglio; “modernizzazione del sistema della governance” attraverso un migliore coordinamento tra Stato, Regioni ed enti locali, oltre a una semplificazione e accelerazione delle procedure amministrative nella “produzione sostenibile di idrocarburi nazionali” (Strategia Energetica…, cit., pp. 3-4).
La produzione di idrocarburi rappresenta un delicato terreno di dibattito in termini di sostenibilità ambientale, profili di rischio e attualità delle strategie. Ciò coesiste con la questione della competenza istituzionale della materia.
MEDIATECA
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Il costo dell’energia, la disponibilità e la sicurezza degli approvvigionamenti, rappresentano elementi chiave per favorire la ripresa economica. La produzione di idrocarburi rappresenta un delicato terreno di dibattito in termini di sostenibilità ambientale, profili di rischio e attualità delle strategie, coesistente con la questione della competenza istituzionale in materia.
Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, denuncia l’obsolescenza della strategia energetica italiana, che dovrebbe puntare sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica. Posizione, questa, ribadita anche da Legambiente, Greenpeace, WWF Italia e una lunga lista di scienziati.
Matteo Renzi, in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, ha ribadito la crucialità dello sfruttamento degli idrocarburi nazionali: “È impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e Basilicata […] potrei raddoppiare la percentuale di petrolio e del gas in Italia a dare lavoro a 40mila persone”.
Le piattaforme presenti lungo la costa adriatica non sembrano avere minimamente inciso sulle attività turistiche, mentre i livelli di sicurezza raggiunti e le tecnologie impiegate permettono una tutela pressoché assoluta del paesaggio.
Oltre ai profili di rischio, restano dubbi circa la compatibilità delle attività di estrazione con le attività turistiche e con la tutela del paesaggio. Il litorale coinvolto nella Strategia Energetica Nazionale (SEN) è infatti vocato al turismo, che potrebbero costituire un futuro volano per le economie locali. La petrolizzazione porterebbe a distruggere quel patrimonio paesaggistico.
Sergio Morandi, amministratore delegato della Medoilgas Italia, ha affermato: “Ci occupiamo di ricerca e produzione di idrocarburi: gas e petrolio. Il nostro è un settore con elevati livelli di rischio, non di carattere ambientale ma finanziario. Ricercare giacimenti è un’attività molto costosa che nella maggioranza dei casi non porta ai risultati sperati”.
L’ex commissario per la tutela delle acque di New York, Al Appleton, ha dichiarato che il fracking porta a una contaminazione delle acque freatiche e, quando tornano in superficie, portano con sé materiali radioattivi che giacevano in profondità.
La correlazione tra le attività di estrazione di idrocarburi mediante fracking e i terremoti è stata smentita da più parti. Il fisico Enzo Boschi e il Laboratorio di Monitoraggio Cavone hanno sottolineato l’assenza di un legame di causalità tra il sisma che ha colpito l’Emilia Romagna nel maggio 2012 e l’attività d’estrazione di idrocarburi nella zona di Mirandola.
La tecnica del fracking può comportare elevati rischi di terremoti, specie in zone sismiche. Studi realizzati da gruppi di ricerca di rilievo internazionale dimostrano una correlazione tra l’utilizzo della tecnica del fracking e l’aumento del rischio sismico. In Italia è stata istituita una commissione per verificare l’impatto del fracking sul terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna nel 2012.
La petrolizzazione rappresenta una scelta di politica energetica assolutamente inattuale
Nel discorso tenuto al Senato della Repubblica il 21 maggio 2013, l’ex premier Enrico Letta ha dichiarato: “La priorità assoluta in campo energetico per noi resta lo sviluppo delle fonti rinnovabili. […] Chiederemo […] un atteggiamento aperto e non penalizzante per lo sfruttamento delle fonti di energia prodotte in Europa, come lo shale gas” (Resoconto stenografico della seduta n. 024 del 21 maggio 2013, “senato.it”).
Il premier Matteo Renzi, in un’intervista rilasciata a Maria Teresa Meli del “Corriere della Sera” (Renzi: la mia agenda dei mille giorni "Italia commissariata? Non esiste”, 13 luglio 2014) ha ribadito la crucialità dello sfruttamento degli idrocarburi nazionali: “È impossibile andare a parlare di energia e ambiente in Europa se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e Basilicata. Io mi vergogno di andare a parlare delle interconnessioni tra Francia e Spagna, dell’accordo Gazprom o di South Stream, quando potrei raddoppiare la percentuale di petrolio e del gas in Italia a dare lavoro a 40mila persone e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini”.
“Drill Baby Drill, sembra il leitmotiv scelto prima da Monti – […] poco prima di passare la mano al governo Letta – e proseguito da Renzi, in modo acritico. Acritico e con la testa rivolta a un passato fossile. […] Prendendo alla lettera la Strategia, dovremmo persino far marcia indietro sulle rinnovabili! […] Ed è proprio una assurdità logica il voler 'estrarre tutto' il petrolio nei prossimi anni senza proporre allo stesso tempo uno scenario credibile e con strumenti adeguati di decarbonizzazione che porti progressivamente l’Italia a un’economia basata sulle rinnovabili e l’efficienza.”
Così ha dichiarato nel settembre 2014, Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, in L’ossessione di Renzi per le trivelle sul blog degli attivisti. L’obsolescenza della strategia energetica italiana che dovrebbe puntare sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica è ribadita anche da Legambiente, Greenpeace, WWF Italia e una lunga lista di scienziati.
La petrolizzazione non comporta un impatto paesaggistico negativo e ripercussioni sulle attività turistiche
La petrolizzazione non è incompatibile con la tutela del paesaggio e con le attività turistiche. Le installazioni già presenti lungo la costa adriatica non sembrano avere minimamente inciso sulle attività turistiche, mentre i livelli di sicurezza raggiunti e le tecnologie impiegate permettono una tutela pressoché assoluta del paesaggio. Cesare Puccioni, presidente di Federchimica e proprietario di un’impresa di agrofertilizzanti con sede a Vasto (CH), in favore dello sfruttamento dei fossili shale e alla petrolizzazione della costa abruzzese afferma in un’intervista: “Da 50 anni fa le cose sono cambiate, allora ti buttavano le braccia al collo, perché portavi lavoro e innovazione […] Adesso, nonostante la crisi e la disoccupazione, non mi sembra che ci sia la voglia di difendere l'industria. E una regione non può certo campare di solo turismo, con una stagione che dura due mesi scarsi” (Mauro Tedeschini, Ci salvano solo l’export e la ricerca E dico sì a Ombrina, “Il Centro”, 29 novembre 2013).
Oltre ai profili di rischio insiti nello sfruttamento delle risorse energetiche presenti nei fondali della dorsale adriatica, rimangono ancora notevoli dubbi circa la compatibilità delle trivelle e delle attività di estrazione con le attività turistiche e con il più ampio obiettivo di tutela del paesaggio. Il litorale costiero coinvolto nella Strategia Energetica Nazionale (SEN) è infatti storicamente vocato ad attività turistiche, che potrebbero costituire ulteriore volano per le economie locali nel prossimo futuro. La petrolizzazione porterebbe a distruggere quel già fragile patrimonio paesaggistico che rappresenta una risorsa unica. Un accorato appello per la tutela del paesaggio italiano proviene dal FAI (Fondo Ambientale Italiano) e dalla professoressa Maria Rita d’Orsogna, che ribadiscono l’incoerenza della SEN con la vocazione storica ed economica dei territori coinvolti dai processi di petrolizzazione. A loro si aggiunge anche l’editorialista del “Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia.
La petrolizzazione non comporta elevati profili di rischio ambientale
Sergio Morandi, amministratore delegato della Medoilgas Italia, impegnata nell’estrazione dal giacimento petrolifero “Ombrina” lungo la costa abruzzese, su “Il Fatto Quotidiano” del 24 giugno 2013 (Maria Rita D’Orsogna, Petrolio in Abruzzo, progetto Ombrina: la replica di Sergio Morandi e la mia controreplica) ha affermato: “Ci occupiamo di ricerca e produzione di idrocarburi: gas e petrolio. Il nostro è un settore con elevati livelli di rischio, non di carattere ambientale ma finanziario. Ricercare giacimenti è un’attività molto costosa che nella maggioranza dei casi non porta ai risultati sperati, anche dopo avere perforato. In questi casi, come quando i giacimenti si esauriscono, si ripristina il sito alle condizioni originali. Nel 2008 abbiamo rinvenuto un giacimento importante: Ombrina, quello di cui lei parla nel suo articolo. Si tratta di un giacimento che non presenta complessità ed è quindi tecnicamente semplice da produrre, il che rende le operazioni estremamente sicure. Vale peraltro la pena sottolineare che l’INAIL ha certificato che in Italia l’industria degli idrocarburi è la più virtuosa, in termini di infortuni sul lavoro, dell’intero comparto manifatturiero”.
In un’intervista rilasciata alla trasmissione “Report”, nella puntata del 12 maggio 2014 dedicata ai rischi della petrolizzazione e del fracking, l’ex commissario per la tutela delle acque di New York, Al Appleton, ha dichiarato: “Il fracking è […] incompatibile con la raccolta d’acqua per un acquedotto. Ogni volta che si costruisce un pozzo s’iniettano 34 milioni di litri di fluidi, la metà di questa acqua piena di sostanze chimiche resta nel sottosuolo e arriva a contaminare le acque freatiche e queste, quando ritornano in superficie, in più si trascinano dietro anche una serie di materiali radioattivi che giacevano in profondità […] come l’uranio, il radio, il polonio” (Roberto Pozzan, Shale caos, “report.rai.it”). John Armbruster, sismologo della Columbia University, sottolinea il pericolo di terremoti: “A dicembre del 2010 è stato trivellato un pozzo tra la Pennsylvania e Ohio. Nei nove mesi a seguire sono stati percepiti nove terremoti. […] abbiamo registrato un terremoto di magnitudo 3, l’epicentro si trovava entro un km dal fondo del pozzo. A quel punto l’agenzia che regolava questo pozzo ha stabilito che non si potevano più iniettare liquidi nel terreno” (ibidem).
La petrolizzazione non comporta profili di rischio sismico
La correlazione tra le attività di estrazione di idrocarburi mediante fracking (la tecnica di estrazione di petrolio e gas naturale mediante pressione idraulica) e i terremoti è stata smentita da più parti. Il fisico Enzo Boschi, ex capo del Dipartimento della Protezione Civile, e il Laboratorio di Monitoraggio Cavone, nato dall’accordo di collaborazione tra il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Emilia-Romagna e la Società Padana Energia S.p.A. con il patrocinio di Assomineraria, hanno sottolineato l’assenza di un legame di causalità tra il sisma che ha colpito l’Emilia Romagna nel maggio 2012 (principalmente nel modenese) e l’attività d’estrazione di idrocarburi nella zona di Mirandola. Come si legge infatti nel Rapporto del Laboratorio Cavone del 16 luglio 2014, pubblicato sul sito del laboratorio (“labcavone.it”, p. 2) “non vi è alcuna ragione fisica per sospettare che le variazioni di pressione agli ipocentri derivanti dalle attività di produzione o iniezione del Campo di Cavone abbiano innescato la sequenza del maggio 2012”.
La petrolizzazione, attuata prevalentemente tramite la tecnica del cosiddetto fracking può comportare elevati rischi di terremoti specie in zone sismiche. Il fracking, o fratturazione idraulica, è una tecnica di estrazione di petrolio e gas naturale attraverso la quale è possibile ottenere tali combustibili da rocce scistose, ossia di facile sfaldamento e di natura prevalentemente argillosa, attraverso la pressione dell’acqua. Le perforazioni del sottosuolo, insieme alle iniezioni ad alti livelli di pressione di enormi quantità d’acqua, possono determinare uno scivolamento delle faglie circostanti generando terremoti. Una serie di studi empirici realizzati da prestigiosi gruppi di ricerca di rilievo internazionale hanno dimostrato una solida correlazione tra l’utilizzo della tecnica del fracking e l’aumento del rischio sismico. Anche in Italia è stata istituita una commissione studio per verificare l’impatto delle attività di fracking sul terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna nel maggio 2012.