Nr. 415
Pubblicato il 13/12/2025

Musk: l'UE dovrebbe essere abolita

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

Elon Musk ha dichiarato che “l’Unione Europea dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai Paesi”. L’affermazione, lanciata su X (ex Twitter) a inizio dicembre 2025 dopo una multa UE da 120 milioni di euro contro la sua piattaforma, ha immediatamente polarizzato il dibattito transatlantico. Musk accusa l’UE di essere un “mostro burocratico” soffocante, definendola addirittura “tirannica burocrazia non eletta” che opprime i popoli europei. In parallelo, ha esaltato l’idea che i governi nazionali riprendano pieno controllo, sostenendo che solo Stati sovrani possono rappresentare davvero i cittadini. La provocazione ha trovato sponde sia negli Stati Uniti sia ai margini dell’Europa: esponenti dell’amministrazione Trump – dal Segretario di Stato Marco Rubio al vicepresidente J.D. Vance – hanno difeso Musk e bollato la sanzione UE come un attacco alla libertà di espressione statunitense. Persino l’ex presidente russo Dmitrij Medvedev ha applaudito con un lapidario “Exactly” (“Esattamente”) sotto il post abolizionista di Musk, evidenziando il plausibile gradimento di Mosca per qualsiasi spaccatura in Occidente.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

01 - L’UE è una burocrazia antidemocratica che esautora i governi nazionali

Bruxelles tradisce lo spirito democratico: Musk e sostenitori accusano l’UE di deficit di legittimità popolare e sovranità usurpata.

02 - La multa a X e le regole UE non censurano, ma proteggono trasparenza e utenti

L’UE punisce pratiche ingannevoli e opache, non le opinioni: l’accusa di censura è infondata. Parlare di libertà violata è pura disinformazione.

03 - L’iper-regolamentazione UE soffoca innovazione e crescita economica

Regole e vincoli comunitari soffocano la crescita: l’UE “soffoca l’Europa” con norme asfissianti, danneggiando competitività tecnologica e progresso economico.

04 - L’UE è un progetto democratico: Musk rifiuta le regole comuni per interesse personale

Le leggi europee sono decise da rappresentanti eletti e tutelano 450 milioni di cittadini. Musk, demonizza l’UE perché non vuole sottostare alle normative.

05 - La libertà di espressione è minacciata dall’UE: abolirla per difendere i diritti fondamentali

Le normative digitali europee (DSA) sarebbero un pretesto censorio: l’UE colpisce X e Big Tech perché ostili al pensiero libero e non allineato.

06 - L’attacco di Musk all’UE fa il gioco di autoritari ed estremisti, indebolendo l’Europa

Chiedere di abolire l’Unione indebolisce l’Europa e avvantaggia chi vuole dividerla. È uno schema pericoloso che minaccia la democrazia sul continente.

07 - L’UE danneggia gli interessi americani e la sovranità altrui: giusto reagire (anche con la dissoluzione)

La multa a X conferma l’ostilità europea verso le aziende statunitensi: l’UE viene dipinta come “governo straniero” invasivo, da contrastare anche con sanzioni.

08 - Abolire l’UE significherebbe impoverire e destabilizzare l’Europa

Lo smantellamento dell’Unione minerebbe decenni di integrazione economica e stabilità, lasciando i singoli paesi più esposti a crisi e pressioni esterne.

 
01

L’UE è una burocrazia antidemocratica che esautora i governi nazionali

FAVOREVOLE

Elon Musk e i sostenitori della sua posizione dipingono l’Unione Europea come un’entità burocratica autoreferenziale, priva di genuina legittimazione popolare. In questa visione, Bruxelles sarebbe governata da commissari “non eletti” e tecnocrati che impongono decisioni ai popoli europei senza adeguato mandato democratico. Musk sottolinea come l’UE “non [sia] una democrazia – governo del popolo – ma piuttosto una burocrazia – governo di burocrati non eletti”. Queste parole, pronunciate dal proprietario di X dopo la multa subita, riflettono un sentimento diffuso tra gli euroscettici: l’idea che le istituzioni UE (Commissione, Consiglio europeo, Parlamento europeo) siano troppo distanti dai cittadini e concentrate su logiche interne di potere. Musk ha accusato l’UE di essere addirittura una “tirannica burocrazia non eletta, oppressiva per il popolo europeo”, invocandone apertamente l’abolizione per restituire voce alle nazioni. L’argomentazione richiama tesi storiche dei movimenti sovranisti: già negli anni di Brexit e dell’ascesa dei partiti populisti, l’UE veniva bollata come “superstato tecnocratico” che scavalca i parlamenti nazionali. Oggi Musk rilancia questa visione in chiave globale, con l’appoggio di figure di spicco oltreoceano. Il vicepresidente USA J.D. Vance, ad esempio, ha paragonato i commissari UE a “commissari” di un regime autoritario e accusato i governi europei di “avere paura dei propri elettori”, perché escluderebbero i partiti sgraditi (come quelli di estrema destra) dal potere. Per Vance e altri esponenti dell’amministrazione Trump, il vero deficit democratico starebbe nelle strutture comunitarie e nell’establishment pro-UE, non certo in chi – come Musk – chiede di restituire sovranità alle singole patrie. “La sovranità torni ai singoli Paesi, così i governi possono rappresentare meglio i loro popoli”, ha twittato Musk fissando il messaggio in cima al suo profilo. Questa linea è pienamente condivisa dai partiti nazionalisti europei: la Süddeutsche Zeitung osserva che Musk “segue esattamente la linea” dell’AfD tedesca chiedendo di abolire l’UE. Anche commentatori britannici conservatori elogiano questa presa di posizione: secondo il “Telegraph”, “Musk ha ragione: l’unica speranza per l’Europa è che gli Stati Uniti sostengano i movimenti indipendentisti nel continente”, perché “la civiltà occidentale può salvarsi solo se l’UE viene abolita”. L’abolizione dell’Unione viene dunque presentata come un atto di liberazione democratica: finirebbe l’era dei vertici e delle burocrazie “iperuraniche” di Bruxelles, restituendo pieno potere ai parlamenti e governi eletti di ciascun Paese. Secondo questa tesi, non sarebbe una fine dell’Europa, ma un ritorno a un’Europa delle patrie, dove le nazioni cooperano liberamente tramite accordi intergovernativi senza il “peso” di un apparato sovranazionale. La retorica pro-Musk sostiene quindi che l’UE, nella forma attuale, tradisce il principio democratico: invece di “unire i popoli”, li sottometterebbe a regole calate dall’alto da figure non scelte dagli elettori, alimentando sfiducia e frustrazione. In quest’ottica abolire la struttura comunitaria – o radicalmente ridimensionarla – equivarrebbe a restituire la voce ai cittadini europei, ricostruendo istituzioni più vicine e responsabili verso i propri elettorati nazionali. Elon Musk ha dichiarato di “amare l’Europa, ma non il mostro burocratico che è l’UE”, lasciando intendere che ciò che va smantellato non è la collaborazione tra europei, bensì l’apparato tecnocratico che si è sviluppato a Bruxelles. In sintesi, l’UE è un progetto degenerato in oligarchia burocratica, per il quale la cura (drastica) sarebbe l’abolizione, con ritorno a piena sovranità nazionale e forse la creazione di nuove forme di cooperazione più snelle e democratiche tra Stati liberi.
La spinta a ridimensionare o abolire l’UE non nasce con Musk, ma trova oggi in lui un potente megafono globale. Esponenti politici come l’italiano Matteo Salvini o la francese Marine Le Pen in passato chiedevano di restituire competenze agli Stati o addirittura di uscire dall’euro; Nigel Farage nel Regno Unito guidò Brexit con lo slogan “Take back control” (riprendiamoci il controllo). Musk estremizza il concetto, proponendo di smantellare l’intero edificio comunitario. Negli Stati Uniti, questa tesi è sorprendentemente sposata da parte dell’amministrazione Trump: Marco Rubio ha definito la Commissione UE “governo straniero” che agisce contro il popolo americano, equiparando quindi Bruxelles a un’entità illegittima. L’analista Nile Gardiner ha chiamato Musk “guerriero della libertà di parola”, auspicando apertamente il supporto USA ai movimenti anti-Ue per scardinare l’Unione dall’interno. Anche i vertici di X hanno abbracciato la narrativa: Nikita Bier, head of product di X, accusando la Commissione di aver “sfruttato” un exploit tecnico, ha chiosato rivolto a Bruxelles: “Sembra riteniate che le regole non debbano applicarsi al vostro account. Il vostro account pubblicitario è stato chiuso”, tono che implicitamente delegittima l’autorità UE in casa altrui. L’allineamento tra figure politiche euroscettiche, Musk e membri dell’amministrazione Trump evidenzia come la tesi dell’UE antidemocratica stia travalicando i confini: non è più solo lo sfogo di partiti di opposizione europei, ma diventa quasi dottrina ufficiale per una parte del governo USA. Questa convergenza insolita – un magnate tech, movimenti sovranisti UE e falchi nazionalisti americani – conferisce forza e diffusione all’istanza abolizionista, presentata non come capriccio, ma come “crociata democratica” contro un élite distante e tecnocratica.

Nina Celli, 13 dicembre 2025

 
02

La multa a X e le regole UE non censurano, ma proteggono trasparenza e utenti

CONTRARIO

Dal fronte opposto, istituzioni e analisti di orientamento liberale replicano che l’Unione Europea non sta affatto violando la libertà di espressione, bensì sta applicando legittimamente norme di trasparenza e tutela degli utenti online. La sanzione inflitta a X è emblematica: lungi dall’essere un attacco politico alle opinioni di Elon Musk o una censura dei contenuti su X, è motivata da infrazioni concrete e documentate riguardanti pratiche ingannevoli e mancato rispetto degli obblighi del Digital Services Act. “Non lasciate che nessuno vi dica che l’azione contro X riguardi la censura o ciò che gli utenti possono postare” – scrive l’esperta Daphne Keller – “questa multa è solo l’UE che fa rispettare requisiti normali e noiosi della sua legge”. In altre parole, Musk sta gridando alla libertà violata in modo strumentale: l’UE non gli ha imposto cosa può o non può dire su X, ha invece chiesto come deve gestire alcuni aspetti del servizio per non trarre in inganno gli utenti.
Le fonti evidenziano che l’oggetto della sanzione sono stati: la vendita a pagamento delle spunte blu senza verifica, l’opacità sul sistema di annunci, il blocco all’accesso ai dati per i ricercatori. Nessuno di questi aspetti riguarda la moderazione di contenuti o la soppressione di determinate opinioni. Il portavoce della Commissione Thomas Regnier ha tenuto a precisare che il DSA non è stato ideato per colpire questo o quel paese: “non prendiamo di mira nessuno, nessuna azienda, nessuna giurisdizione in base al colore o al paese d’origine” – ha dichiarato, smentendo la tesi del complotto antiamericano. Anche la vicepresidente europea Henna Virkkunen ha ribadito i fini pro-utenti del DSA: “Ingannare gli utenti con spunte blu, oscurare info sugli annunci ed escludere i ricercatori non ha posto online in UE. Il DSA protegge gli utenti”. Ciò smonta l’idea che il DSA “nasconda” un’agenda censoria: è una legge di trasparenza e accountability. Ed è su quelle basi che X è stata sanzionata. Come nota Mike Masnick di Techdirt, “queste violazioni non hanno nulla a che fare con la moderazione dei contenuti. Zero”. Il “Corriere della Sera” rimarca che la multa è avvenuta dopo due anni di indagine e riscontri concreti: per mesi X si è sottratta a obblighi chiari (ad esempio, un archivio inserzioni funzionante) e “le contestazioni erano documentate e prive di implicazioni di censura politica”.
Insomma, secondo la controparte, Musk sta falsando i termini della questione per passare da vittima. “Musk sta mentendo su ciò per cui è stata multata X”, titola Techdirt: egli urla alla censura per sottrarsi alle responsabilità. In verità la sanzione, per di più di entità moderata (appena lo 0,1% della capitalizzazione di X), è considerata da molti analisti quasi permissiva: “una multa del genere è un segnale delicato, ben lontano dal massimo 6% del fatturato previsto”, scrive Quartz. L’UE infatti – come ha sottolineato Virkkunen – “non è lì per comminare le multe più alte, ma per far rispettare la legge: se rispetti le regole, non vieni multato. È semplice”. Questa trasparenza è la chiave: la Commissione ha pubblicato dettagliatamente le infrazioni e dato a X 60-90 giorni per porvi rimedio, a riprova che l’obiettivo non è punire Musk per quello che dice, bensì ottenere miglioramenti concreti per utenti e ricercatori europei.
I critici di Musk evidenziano inoltre che proprio lui aveva inizialmente approvato l’approccio UE: nel maggio 2022 Elon Musk dichiarò di essere “perfettamente allineato” con il DSA, quando ne parlò con Breton. Ciò smentisce la tesi che il DSA sia una sorpresa “censoriosa”: Musk lo elogiava quando gli conveniva e lo demonizza ora che non gli conviene. Questa incoerenza fa dubitare della buona fede delle sue accuse attuali. Carl Bildt, ex premier svedese, ha commentato che il linguaggio su UE e censura usato dall’amministrazione USA (e riecheggiato da Musk) sembra provenire “dalle bizzarre menti del Cremlino”, collocando quell’isteria anti-Ue nel campo della propaganda, non dei fatti.
In generale, questa visione sostiene che l’UE ha il diritto e anzi il dovere di regolamentare le grandi piattaforme digitali per garantire un ambiente online più trasparente e sicuro, e ciò non ha nulla a che vedere con la limitazione della libertà di espressione. Quest’ultima rimane tutelata: il DSA richiede di rimuovere solo contenuti illegali (come incitamento all’odio e terrorismo, materiale pedopornografico) o di etichettare la disinformazione, ma non impone “censure” generalizzate su idee sgradite. La multa a X stessa non contesta quali tweet siano presenti sulla piattaforma, bensì aspetti operativi. Paula Pinho, portavoce UE, ha risposto con ironia all’accusa di censura: “Fa parte della libertà di parola – che tanto apprezziamo in UE – consentire anche le affermazioni più folli” come quelle di Musk. Dunque, Musk può dire ciò che vuole (nessuno lo ha silenziato), ma ciò non lo esenta dal rispettare le normative. Questo è il fulcro: la libertà di parola non è libertà di frodare gli utenti o violare regole sul mercato digitale. E l’UE interviene su questi secondi aspetti.
Gli oppositori rilevano come l’intera narrativa di Musk e soci sulla “censura UE” sia fuorviante e potenzialmente pericolosa. Fuorviante perché fa credere al pubblico – soprattutto americano – che l’Europa stia instaurando un regime di censura stile Cina, quando i dati smentiscono: studi citati dallo stesso ITIF (che pure criticava l’UE) mostrano che sotto il DSA la maggior parte dei contenuti rimossi erano quelli illegali e tossici, non “opinioni scomode”. Pericolosa perché sposta l’attenzione dal vero problema: le piattaforme devono assumersi responsabilità sociali, non gridare al complotto. Come scrive Masnick, “se questa multa fosse davvero un abuso per censura, sarei il primo a difendere Elon… Ma non lo è. Non c’entra niente con i contenuti”. Diversi commentatori notano che Musk sta adottando una tattica “alla Trump”: urlare alla persecuzione per sfuggire alla discussione sui propri errori. Ma i fatti restano: X ha ingannato gli utenti vendendo verifiche fasulle e ha impedito ricerche cruciali su disinformazione e manipolazione, “violazioni talmente plateali che sarebbe strano se l’UE non multasse”, come sottolineano alcuni esperti indipendenti.

Nina Celli, 13 dicembre 2025

 
03

L’iper-regolamentazione UE soffoca innovazione e crescita economica

FAVOREVOLE

Un secondo filone di argomentazioni favorevoli a Musk si concentra sull’impatto economico e tecnologico negativo attribuito all’Unione Europea. Secondo questa opinione, la UE sarebbe diventata sinonimo di burocrazia asfissiante e regolamentazione eccessiva, tale da mettere la sordina alla spinta innovativa delle imprese europee e frenare la crescita economica del continente. Elon Musk ha esplicitamente accusato l’apparato comunitario di “soffocare lentamente a morte l’Europa” con le sue regole, dipingendo un quadro di stagnazione imputabile a vincoli burocratici e normative ritenute ottuse. In reazione diretta alla multa per le spunte blu, Musk ha affermato che l’UE “ostacola il progresso economico” e che liberarsene permetterebbe ai paesi europei di riprendere in mano il proprio sviluppo. Questa visione è condivisa da molti ambienti industriali e think-tank pro-mercato, soprattutto negli Stati Uniti ma anche in Europa: il Digital Services Act (DSA), ad esempio, viene additato come un esempio di “overreach” normativo che potrebbe danneggiare l’ecosistema digitale.
Gli assertori di questa tesi sostengono che il modello iper-regolatore europeo sta spingendo talenti e capitali lontano dall’Europa. L’UE, con le sue rigide normative sulla privacy (GDPR), sul mercato digitale (DMA, DSA) e sulla concorrenza, verrebbe percepita come un ambiente ostile all’innovazione. Musk stesso, annunciando di voler “X-are out Europe” (gioco di parole per dire “cancellare l’Europa” dalla sua piattaforma), ha lamentato che le regole UE “uccidono l’innovazione” e impediscono alle aziende tech di prosperare. La multinazionale X ne sarebbe un esempio concreto: nel racconto di Musk, Bruxelles avrebbe sanzionato proprio quelle scelte (come la vendita delle spunte blu a tutti) pensate per innovare il modello di business del social network, e lo avrebbe fatto appellandosi a principi – a suo dire – formalistici che penalizzano la flessibilità aziendale. In altre parole, invece di lasciare che il mercato e la tecnologia evolvano, l’UE “cristallizzerebbe” prodotti e servizi a suon di regole. Questa tesi viene avallata dall’Information Technology and Innovation Foundation (ITIF), un centro studi di Washington: nel commentare la multa a X, ITIF ha affermato che definire “ingannevole” la nuova spunta blu di Musk è “una grossa esagerazione” e ha messo in guardia che “i regolatori non dovrebbero bloccare le piattaforme al loro primo design per paura di cambiamenti”, perché “iterare sul design di prodotti e servizi è esattamente come si innova”. L’implicazione è che l’approccio comunitario (fatto di standard rigidi e norme dettagliate) rischia di congelare l’innovazione, scoraggiando le sperimentazioni per timore di incappare in violazioni burocratiche.
Dal punto di vista macroeconomico, i sostenitori di Musk puntano il dito sul rallentamento economico dell’Europa rispetto ad altre aree del mondo, suggerendo un nesso causale con la “camicia di forza” regolatoria UE. Il pensiero è che un’Europa senza UE (o con una UE drasticamente ridotta nelle competenze) sarebbe più agile, competitiva e capace di adattarsi alle sfide tecnologiche. Non è un caso che Musk abbia contrapposto l’UE all’America in termini di dinamismo: difendendo X, vari esponenti USA hanno accusato l’UE di punire “il successo delle aziende USA” – implicito è il confronto con il mercato americano, percepito come più libero e favorevole all’impresa. Musk e altri fanno spesso riferimento alla Silicon Valley come a un modello di innovazione spontanea che, a loro dire, l’Europa non è riuscita a replicare proprio a causa del suo sistema rigido. Marco Rubio, criticando la multa a X, ha definito l’azione UE “un attacco alle piattaforme tecnologiche americane”, sottintendendo che colpire innovatori come Musk per “successo” o per politiche dirompenti sia indice di un clima anti-business in Europa. Dal loro punto di vista, abolire l’UE vorrebbe dire anche liberare i mercati europei: senza Commissione e Parlamento UE che sfornano regolamenti, i singoli Stati potrebbero competere fiscalmente e normativamente per attrarre imprese, innescando un circolo virtuoso di snellimento burocratico e crescita. Lo stesso Musk ha ipotizzato un’Europa basata su accordi intergovernativi, cioè su cooperazione volontaria e flessibile, che non imbrigli l’economia in un’unica rete normativa centralizzata.
Alcuni portano esempi concreti percepiti come fallimenti dell’eurocrazia economica: le lungaggini nei processi decisionali UE (che devono mediare gli interessi di 27 paesi) sarebbero incompatibili con la rapidità del business moderno. Progetti tech importanti – dall’AI alle energie green – vedrebbero l’Europa arrancare dietro a USA e Cina, e i pro attribuiscono ciò (anche) all’ingessatura comunitaria. Questa narrazione è alimentata anche da casi simbolici: il rifiuto di Musk di sottostare integralmente al Codice di Condotta UE sulla disinformazione (da cui X si è ritirata) viene letto come la ribellione dell’imprenditore innovatore contro i “lacci e lacciuoli” eurocratici che, a suo dire, favorirebbero solo la censura e non la reale crescita tecnologica. L’ampio ventaglio delle normative UE – dall’antitrust ai vincoli ambientali – viene insomma presentato dagli abolizionisti come un cappio che stringe l’economia europea, provocando disoccupazione, bassa crescita e fuga di cervelli.
L’UE sarebbe quindi diventata un freno allo sviluppo economico e tecnologico: abolirla (o ridimensionarla fortemente) aprirebbe spazi di concorrenza normativa tra stati, diminuirebbe il peso burocratico sulle imprese e permetterebbe all’Europa di essere più reattiva e innovativa. Elon Musk sintetizza così questo concetto: “L’UE andrebbe abolita perché è troppo ingombrante e ostacola il progresso economico”. A supporto, i pro citano anche l’andamento economico stagnante di alcuni paesi UE e insinuano che senza la “zavorra” di Bruxelles – contributi, vincoli, tempi lenti – essi farebbero meglio. Questa prospettiva vede l’UE quasi come un “fardello corporativo” degli stati membri: un apparato che, nato per agevolare il mercato comune, si è espanso indebitamente regolamentando ogni dettaglio e finendo per frenare proprio quella crescita che avrebbe dovuto facilitare.

Nina Celli, 13 dicembre 2025

 
04

L’UE è un progetto democratico: Musk rifiuta le regole comuni per interesse personale

CONTRARIO

La seconda linea di confutazione mette in discussione la narrativa di Musk sulla UE “non eletta e tirannica”. I detrattori di Musk affermano che l’Unione Europea è lungi dall’essere una dittatura burocratica: è invece un’unione di Stati sovrani che hanno deciso democraticamente di condividere alcune competenze e dotarsi di istituzioni rappresentative. L’accusa di “deficit democratico” viene respinta argomentando che l’UE ha un Parlamento eletto a suffragio universale (il Parlamento Europeo), un Consiglio composto dai governi democraticamente eletti dei 27 paesi, e una Commissione che deve ottenere la fiducia sia degli Stati che del Parlamento. “Le leggi come DSA e DMA sono state approvate democraticamente da rappresentanti eletti nel Parlamento Europeo e dai governi nazionali in Consiglio” ricorda la portavoce UE citata su ItalianiNews. Questo significa che dietro quelle normative ci sono milioni di voti di cittadini europei espressi in elezioni, e decisioni ratificate in sede nazionale. Sostenere quindi che l’UE “opprime i popoli” equivarrebbe a dire che i popoli oppressi si sono auto-imposti regole per farlo – un argomento paradossale.
I critici sottolineano che Musk, definendo l’UE un “mostro burocratico non eletto”, ignora volutamente queste realtà istituzionali. La Commissione è composta da un commissario per ogni paese, nominato dai governi democratici e approvato dal Parlamento UE; il suo presidente (attualmente Ursula von der Leyen) è stato in pratica scelto dai Capi di Stato eletti. Parlare di “tirannia non eletta” appare dunque come retorica iperbolica priva di fondamento. La risposta tagliente della Commissione a Musk è stata proprio in questi termini: “L’Unione Europea è una democrazia fondata sul diritto e sui valori che [Musk] sembra criticare. Le nostre regole non sono in vendita né negoziabili”, ha affermato un portavoce, aggiungendo: “la nostra sovranità decisionale non sarà dettata da un singolo individuo che, per quanto influente, non è stato eletto da alcun cittadino europeo”. Musk accusa l’UE di essere non eletta, ma di fatto è lui a non aver alcuna investitura popolare; ciononostante pretende di influenzare o invalidare regole frutto di processi democratici. La portavoce, quindi, ribalta l’argomento: chi è Musk per decidere al posto degli elettori europei? Non risponde a nessun elettorato, rappresenta solo se stesso e i suoi interessi di business.
Secondo questa tesi, Musk sta rifiutando regole legittime perché gli risultano scomode: questo non è un nobile atto di ribellione democratica, bensì un comportamento egoistico e irresponsabile. Diversi commentatori lo definiscono un atteggiamento da “oligarchico”: Musk è un imprenditore ultraricco che, infastidito da norme pubbliche che limitano il suo profitto o potere, reagisce invocando la dissoluzione di chi quelle norme le ha fatte (cioè, l’UE, espressione della volontà generale europea). In ciò, Musk mostra disprezzo per il concetto di stato di diritto: vuole essere al di sopra delle regole. Jan Penfrat di EDRi osserva: “X non solo non ha rispettato i suoi obblighi, ma ha dichiarato pubblicamente che intende minare e combattere lo stato di diritto in Europa”. Questa affermazione sottolinea che Musk, con le sue minacce di targettizzare funzionari UE e la chiusura dell’account istituzionale, sta adottando comportamenti intimidatori propri di chi non accetta la legge. EDRi parla esplicitamente di “minacce irresponsabili del governo USA e risposta immatura di Musk che mostrano che siamo sulla strada giusta a far rispettare la legge”: in altre parole, più Musk sbraita, più dà ragione all’UE.
Gli oppositori di Musk, quindi, difendono la legittimità democratica dell’UE e delle sue norme, evidenziando che l’imprenditore in questa vicenda non è un paladino dei popoli, ma semplicemente un soggetto privato che non vuole sottostare a regole comuni. Mentre l’UE deve rispondere ai cittadini (ne è prova la lunga discussione democratica che ha portato all’approvazione del DSA), Musk risponde agli azionisti e ai propri interessi industriali.
I sostenitori di questa visione riconoscono l’architettura democratica europea: pur affermando che l’UE è imperfetta e talvolta burocratica, ricordano che essa è modificabile tramite strumenti democratici (elezioni europee, riforme dei trattati approvate dai parlamenti nazionali). Abolirla di colpo, come chiede Musk, sarebbe una scelta antidemocratica. Inoltre, sottolineano che l’UE ha meccanismi per ascoltare le imprese e correggere il tiro se una norma è troppo onerosa, ma Musk ha preferito uscire dal dialogo: ad esempio X si è sfilata dal Codice di Condotta volontario sulla disinformazione. Quindi Musk si è autoescluso dai processi partecipativi preferendo lo scontro frontale.
In definitiva, l’UE è un sistema politico democratico e legittimo, mentre Musk sta cercando di delegittimarlo per evitare di sottostare alle sue leggi. Questo è visto come un atto grave di arroganza e disprezzo verso la volontà popolare europea. Se c’è un problema di burocrazia, si risolve con riforme, non distruggendo l’Unione. Se c’è un problema di sovranità, va ricordato che gli Stati hanno scelto di condividere la sovranità (per vantaggio reciproco), e possono sempre decidere – attraverso procedure previste – modifiche o recesso (come il Regno Unito ha fatto con Brexit). Non certo spetta a Musk proclamare unilateralmente la fine dell’UE.

Nina Celli, 13 dicembre 2025

 
05

La libertà di espressione è minacciata dall’UE: abolirla per difendere i diritti fondamentali

FAVOREVOLE

Un punto centrale nella campagna di Musk contro l’Unione Europea riguarda la libertà di parola e di espressione online. I sostenitori di Musk dipingono il conflitto con Bruxelles come uno scontro tra un’UE illiberale, che vorrebbe censurare il dissenso e controllare il dibattito pubblico e coloro che difendono la libera circolazione delle idee nel mondo digitale. Secondo questa narrazione, normative come il Digital Services Act e altre iniziative europee in materia di contenuti online sarebbero, al di là delle dichiarazioni ufficiali, strumenti di censura mascherata, volti a costringere le piattaforme ad adottare politiche editoriali gradite all’establishment UE.
Elon Musk ha più volte suggerito che l’UE stia andando verso un modello “orwelliano” di controllo della rete. All’indomani della multa, ha affermato che la Commissione europea stava punendo X perché la piattaforma non pratica abbastanza censura: un tweet di Musk insinuava che Bruxelles voglia “zittire” le voci fuori dal coro su X, usando come pretesto questioni tecniche come le spunte e i dati. Questa tesi trova forti echi a Washington: il segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato che la multa a X “non è solo un attacco a X, ma un attacco al popolo americano”, sostenendo che “i giorni in cui gli europei censurano gli americani online sono finiti”. Parole che configurano la vicenda come uno scontro di principi: da una parte l’UE, dipinta come governo straniero che vorrebbe limitare l’espressione di aziende e utenti statunitensi; dall’altra la tradizione americana del Primo Emendamento, che Musk incarnerebbe nella gestione più libera di X. J.D. Vance, da vicepresidente USA, è divenuto uno dei portavoce di questa linea: già prima della sanzione, aveva bollato il DSA come un tentativo europeo di “costringere le aziende tech alla censura”. Quando la multa è arrivata, Vance ha twittato duro: “L’UE dovrebbe sostenere la libertà di parola, non attaccare le compagnie americane per spazzatura”, definendo quindi “garbage” (sciocchezze) le motivazioni ufficiali di Bruxelles e spostando il discorso sul terreno dei valori.
Nella prospettiva pro-Musk, abolire l’UE o ridimensionarne drasticamente il potere normativo è visto come un modo per proteggere la libertà di espressione su internet. I proponenti citano casi in cui l’UE è parsa invadere la sfera del lecito dibattito: ad esempio, l’art.17 della direttiva copyright (filtri preventivi), la proposta di regolamentare i discorsi d’odio online, e appunto il DSA che “incentiva la censura” delle piattaforme. Viene spesso ricordato che Musk ha acquistato Twitter nel 2022 proprio con l’idea di farne un bastione di free speech, riammettendo account controversi precedentemente banditi. Questo lo ha messo in rotta di collisione con i regolatori europei (dalle pressioni di Thierry Breton su moderazione dei contenuti, fino all’apertura di un’inchiesta UE sulla disinformazione su X). Musk e i suoi alleati sostengono di essere vittime di un attacco ideologico: “non si tratta di spunte blu, vogliono zittirci”. Il paragone provocatorio di Musk che retwitta un meme definendo l’UE “Quarto Reich” rientra in questa logica: equiparare Bruxelles a un regime totalitario per sottolineare una presunta deriva autoritaria europea.
La retorica del “libero Musk” vs “censore Bruxelles” è fortemente amplificata da media conservatori e influencer. Il “Telegraph” ha elogiato Musk come “guerriero della free speech”, sostenendo che lui combatte una battaglia giusta contro i tentativi europei di “intimidazione e censura”. Dall’altra sponda dell’Atlantico, think-tank come la Heritage Foundation o la Hoover Institution (non citati direttamente nelle fonti ma noti sostenitori di Musk) evidenziano come il modello europeo di governance di internet differisca da quello americano in termini di vincoli alla libertà di espressione. Per i pro-Musk, questo modello è pericoloso: se l’UE avrà successo nell’imporre il DSA, tale “cultura censoria” potrebbe espandersi e legittimare restrizioni simili altrove. Già la Casa Bianca Trump, nella nuova National Security Strategy, parla della necessità di “coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa nelle nazioni europee” anche in riferimento a internet. Il sottinteso è che l’UE starebbe minacciando valori fondamentali come la libertà di parola, al punto da essere considerata “prospetto di annichilimento civile” per l’Occidente se prosegue su questa strada.
Gli esempi concreti portati dai pro-Musk includono il fatto che la Commissione UE aveva chiesto alle piattaforme di rimuovere contenuti “illegali” in 24 ore e minacciato Twitter (poi X) di ban se non avesse moderato di più durante la crisi delle fake news bellica. Ai loro occhi, queste sono prove di un’agenda censorialista. Ted Cruz, senatore USA, ha addirittura suggerito di colpire l’UE con sanzioni finché non ritirerà la multa e, per esteso, il suo approccio restrittivo verso i social. Si tratta di una reazione estrema che però evidenzia quanto i pro-Musk presentino la questione come una difesa di principi costituzionali (statunitensi) contro un attore esterno oppressivo. Sul piano interno europeo, Musk ha trovato sponde anche presso ambienti favorevoli alla massima libertà di espressione sul web: ad esempio, attivisti libertari e gruppi che criticano le normative anti-hate speech.
Da questo punto di vista, l’Unione Europea, con le sue normative e sanzioni, starebbe erodendo la libertà di espressione e che, pertanto, abolirla (o quantomeno limitarne fortemente il raggio d’azione) è necessario per tutelare un diritto fondamentale. Ciò viene presentato non solo come un imperativo filosofico ma anche pratico: piattaforme come X, libere da “ingerenze censorie” europee, potrebbero garantire un confronto aperto globale senza timore di rappresaglie normative. Musk, dal suo canto, si propone come paladino: “Difenderò la libertà di parola, anche se questo significa dover ripensare l’esistenza della UE” – questo, in sostanza, il messaggio che i pro attribuiscono alla sua crociata.

Nina Celli, 13 dicembre 2025

 
06

L’attacco di Musk all’UE fa il gioco di autoritari ed estremisti, indebolendo l’Europa

CONTRARIO

Molte voci contrarie sottolineano che la campagna di Elon Musk contro l’Unione Europea, lungi dall’essere nell’interesse degli europei, finisce per avvantaggiare forze ostili all’Europa democratica e unita. In particolare, si evidenziano due attori entusiasti delle parole di Musk: il Cremlino russo e l’estrema destra radicale europea. Quando Musk ha twittato “abolish the EU”, il primo a reagire è stato Dmitrij Medvedev (vicecapo del Consiglio di sicurezza russo), che ha risposto con un giubilo: “Exactly”. Questo piccolo episodio è stato interpretato come la prova che la retorica di Musk è allineata con la propaganda russa. Infatti la narrativa del “Quarto Reich” rilanciata da Musk era un classico della disinformazione pro-Cremlino: la Rai evidenzia che “paragonare la UE al regime hitleriano è un pilastro della propaganda russa recente, con radici nel dopoguerra”. Il profilo anonimo “Alice Smith”, autore dell’immagine svastica-UE che Musk ha diffuso, condivide contenuti di Aleksandr Dugin (ideologo ultranazionalista russo) e di ambienti filoserbi e cospirazionisti. In pratica Musk – forse ingenuamente, forse no – ha fatto da megafono a narrazioni di disinformazione ostili. L’eurodeputato polacco Radosław Sikorski glielo ha detto chiaramente: “Qualcuno aveva dubbi su chi trae beneficio da tutto questo parlare di sovranità anti-UE? Quelli che vogliono diffondere odio e quelli che vogliono conquistare l’Europa.”. Il riferimento è alla Russia di Putin: presentare l’UE come “impero nazista da abbattere” è esattamente ciò che il Cremlino propugna per giustificare la sua aggressione (ad esempio in Ucraina Putin parla di combattere il “falso Occidente degenerato”). Dunque, attaccando frontalmente l’Unione, Musk – volontariamente o meno – fa eco alla propaganda del peggior nemico dell’Europa, indebolendo la posizione europea proprio mentre infuria la guerra in Ucraina e servirebbe unità. “Narrazioni che minano l’UE servono interessi ostili all’Europa” avverte Sikorski e la sua è più di un’ipotesi: subito dopo Musk, Medvedev applaude e i media russi rilanciano con gioia le sue parole contro Bruxelles.
Allo stesso modo, l’entusiasmo con cui l’estrema destra europea ha accolto Musk è visto dai critici come un segnale allarmante. Il quotidiano tedesco “SZ” nota che “Musk ha ricevuto immediato plauso dal militante neonazista Martin Sellner” (leader identitario austriaco) oltre che da Medvedev. Sellner ha evidentemente interpretato le parole di Musk come un endorsement alle sue idee (gli identitari chiedono la fine dell’UE considerata “Grande Sostituzione” di popoli). Che Musk diventi l’eroe dei neofascisti – rilevano i detrattori – dovrebbe far riflettere: è davvero dalla parte giusta? Una figura come Marine Le Pen in Francia ha anch’essa applaudito la posizione “sovranista” di Musk nelle sue interviste (sebbene formalmente RN dica di voler cambiare l’UE dall’interno, non abolirla, la convergenza di messaggi è chiara). Il timore espresso da molti è che Musk, con la sua popolarità e il suo seguito di milioni, legittimi tesi complottiste e antidemocratiche prima confinate ai margini. Per esempio, definire la Commissione UE “Stasi” o l’UE “Quarto Reich” era finora retorica di frange estreme; Musk l’ha portata su una piattaforma mainstream come X a visibilità globale, normalizzandola presso un pubblico ampio.
Ciò – sostengono alcuni esperti – indebolisce l’Europa perché alimenta le divisioni interne e il discredito delle sue istituzioni. Le forze anti-Ue interne (dalla Lega in Italia all’AfD in Germania, a Vox in Spagna) stanno ovviamente sfruttando le dichiarazioni di Musk come sponda: “Lo dice anche Elon Musk che l’UE va abolita”, possono affermare, guadagnando una patina di rispettabilità tech. Questo effetto incrociato preoccupa i commentatori filo-Ue: Gérard Araud, ex ambasciatore francese in USA, ha definito “stunning” (sbalorditivo) il linguaggio anti-Ue del documento strategico USA, notando che “conferma l’idea di Trump nemico dell’Europa”. In sostanza, la campagna Musk-Trump rischia di polarizzare l’opinione pubblica europea, spingendo le frange euroscettiche ad estremizzarsi e a creare un clima da “guerra civile” politica in Europa. Antonio Costa ha parlato di “vera frattura europea ormai tra chi vuole rafforzare l’Europa e chi vuole indebolirla”, con implicito riferimento ai movimenti nazionalisti alimentati anche dall’esterno. Musk si è schierato esplicitamente con i secondi, galvanizzandoli.
Indebolire o dissolvere l’UE sarebbe un regalo geopolitico a Mosca e Pechino. Un’Europa disunita e litigiosa, fatta di stati piccoli in concorrenza tra loro, sarebbe molto più vulnerabile alle ingerenze e ai ricatti delle grandi potenze. La storia lo insegna: Divide et impera. Non a caso Putin lavora da anni per seminare discordia nell’UE (finanziando partiti euroscettici, supportando campagne di disinformazione anti-Bruxelles). Donald Tusk, nel suo tweet, ha chiaramente fatto riferimento ai “nemici comuni da 80 anni” (cioè fascismi e imperialismi) e ha detto “a meno che qualcosa non sia cambiato”. Questo era un monito: se l’America di Trump cambia e tratta l’UE da avversario, l’Europa dovrà reagire. Ed ecco che figure come Musk complicano la posizione europea, perché arrivano a spaccare il fronte occidentale. Tusk ha definito quell’uscita di Musk (e di riflesso di Trump) “una linea sbagliata”, e il suo tweet è diventato virale proprio perché ha toccato la preoccupazione di molti: vedere USA e EU considerarsi nemiche. Carl Bildt ha avvertito che il discorso della strategia USA su UE “mette gli USA a destra dell’estrema destra in Europa”. Questo significa che Musk, posizionandosi su quelle coordinate, si sta allineando con l’ala più radicale e antisistema, isolandosi dal grosso dei cittadini e leader europei moderati. Musk rischia di esser strumentalizzato per scopi antidemocratici, mentre afferma paradossalmente di difendere la democrazia dei popoli. Jan Penfrat (EDRi) mette in guardia: “Le dichiarazioni di Musk… incoraggiano le forze di estrema destra che da tempo cercano di indebolire lo scudo europeo a tutela di democrazia e diritti fondamentali”. L’UE è spesso criticata, ma è anche una garante di certi standard democratici. Se venisse meno, paesi con governi illiberali avrebbero via libera a derive autoritarie. Quindi Musk sta, forse inconsapevolmente, facendo da apripista a un’ondata illiberale in Europa, minando quell’integrazione che finora ha tenuto saldi principi di libertà nel continente.

Nina Celli, 13 dicembre 2025

 
07

L’UE danneggia gli interessi americani e la sovranità altrui: giusto reagire (anche con la dissoluzione)

FAVOREVOLE

I sostenitori di Musk sostengono che l’Unione Europea non solo opprime i propri membri, ma agisce in modo da colpire la sovranità e gli interessi di paesi esterni, in particolare gli Stati Uniti. In quest’ottica, abolire l’UE sarebbe nell’interesse non solo degli europei ma anche di altre nazioni che subiscono l’influenza o le politiche comunitarie considerate ostili. L’esempio concreto su cui si innesta questa tesi è la reazione dell’amministrazione Trump: la multa a X è stata descritta come “un attacco al popolo americano da parte di governi stranieri”. Qui si posiziona l’UE come una entità “aliena” che osa sanzionare un’azienda americana e, nel farlo, lederebbe addirittura i diritti dei cittadini USA online. Di fronte a quello che viene percepito come uno sconfinamento di sovranità (l’UE che si arroga il potere di multare e regolare aziende globali), i pro-Musk invocano una linea dura: Ted Cruz ha sollecitato il governo USA a imporre sanzioni contro i funzionari europei responsabili finché la multa non venga ritirata. Questa reazione estrema illustra l’idea che l’UE starebbe agendo in modo illegittimo nella sfera d’azione di altri Stati e che quindi contrastarla (fino alla sua abolizione, nella visione più radicale) sia non solo lecito ma doveroso per proteggere la propria sovranità.
Sotto questo profilo, l’UE viene dipinta come un “attore ipocrita e prevaricatore” sulla scena internazionale. Ad esempio, si fa notare (come in effetti ha fatto Musk) che l’UE pretende standard elevati su trasparenza e libertà online dagli altri, ma poi essa stessa chiude un occhio quando a censurare è un paese come la Cina o la Russia – interpretazione questa vicina alla narrativa trumpiana: infatti Rubio e altri non menzionano mai le pratiche censorie di Russia/Asia, concentrandosi solo sull’UE, quasi a dire che Bruxelles è un nemico tanto quanto i regimi autoritari. La nuova dottrina strategica USA (Trump 2025) afferma apertamente la necessità di “un revival della Dottrina Monroe” per opporsi ad ogni ingerenza europea negli affari americani. Nel contempo, la stessa dottrina dichiara di voler “coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee”. Questa frase, rivelatrice, allude a un sostegno degli USA ai movimenti anti-Ue in Europa – in pratica risuona con l’auspicio del “Telegraph” che “gli USA supportino i movimenti indipendentisti in Europa”. Ciò inquadra l’abolizione dell’UE come un obiettivo in linea con l’interesse nazionale americano: l’Europa “delle patrie” sarebbe preferibile a un blocco coeso in grado di sfidare gli USA su regole e commercio.
I pro-Musk sottolineano come il conflitto con l’UE su X faccia parte di una guerra commerciale e di valori più ampia. Donald Trump, fin dal suo primo mandato, accusava l’UE di approfittare degli USA sul piano commerciale; ora nel secondo mandato la sua amministrazione spinge l’acceleratore: “L’UE viene dipinta come la radice di tutti i mali… quasi un luogo oppressivo e invivibile” nota “Polskie Radio”. L’abolizione dell’UE viene quindi anche legata a un possibile riequilibrio economico: la retorica “America First” vede di buon occhio un indebolimento o dissoluzione dell’UE, poiché esso spezzerebbe un importante rivale economico e politico. Non a caso l’UE appare come “bersaglio” in dispute su dazi: la “Süddeutsche” riferisce che gli americani hanno minacciato tariffe su automobili e altri beni se l’Europa non allenterà DSA e DMA. I pro ribaltano questo ricatto in un argomento: per loro, se un alleato come gli USA arriva a tanto, significa che l’UE ha passato il segno, ponendo regole ingiuste che richiedono risposte forti. Abolire l’UE eliminerebbe queste frizioni, riportando il controllo delle politiche commerciali e digitali ai singoli Stati, che sarebbero più piccoli e gestibili nei negoziati bilaterali con gli USA.
C’è poi l’elemento della sovranità difensiva: Musk ha sostenuto (e Vance pubblicamente) che l’UE non si occupa del vero problema per l’Occidente, che sarebbe la sicurezza e identità culturale minacciata da immigrazione incontrollata e estremismi interni, spostando invece il focus su normative digitali e ambientali “ideologiche”. In un discorso al summit di Monaco 2025, Vance disse addirittura che “la più grande minaccia per l’Europa non è la Russia, ma l’immigrazione incontrollata e l’esclusione dei partiti di destra”, difendendo Musk dalle critiche europee sulla sua ingerenza politica. I pro interpretano questo come una critica all’UE che, ossessionata dal regolare i social di Musk, avrebbe trascurato o represso questioni identitarie e di sicurezza in casa propria. In altri termini, l’UE viene vista come un ostacolo per quegli Stati europei (Polonia, Ungheria, Italia in parte) che vorrebbero politiche più sovrane su confini, costumi, alleanze, ma si scontrano con Bruxelles. Abolirla libererebbe le energie nazionali per affrontare quei temi secondo le proprie tradizioni e priorità, e non secondo un’agenda “liberal globalista” dettata dall’alto.
I sostenitori di Musk evidenziano come la sua chiamata alle armi anti-Ue abbia fatto emergere l’ipocrisia europea: dopo esser stati criticati dall’UE per anni (pensiamo alle ingerenze russe nelle elezioni USA, o alle lamentele UE verso Facebook per Cambridge Analytica), ora i leader europei si lamentano di Musk e addirittura insinuano collusioni con Mosca. Per i pro, questa è una doppia morale: l’UE accusa Musk di fare gli interessi russi semplicemente perché lui propone di abolirla, ma in realtà è l’UE stessa che con la sua debolezza in Ucraina e le divisioni interne facilita Putin. Così un argomento che essi portano è che un’Europa di nazioni sovrane coese in un’alleanza occidentale flessibile potrebbe essere più efficace contro la Russia di questa UE burocratica e rissosa. Da qui, alcuni sostengono che la NATO (cui Musk ha espresso supporto in passato) potrebbe benissimo esistere senza UE, anzi meglio.

Nina Celli, 13 dicembre 2025

 
08

Abolire l’UE significherebbe impoverire e destabilizzare l’Europa

CONTRARIO

I difensori dell’Unione Europea avvertono che la sua dissoluzione comporterebbe gravi conseguenze economiche e politiche per i cittadini europei. Contrariamente all’idea ottimistica dei pro-Musk di un’“Europa liberata” più prospera, gli esperti contro delineano uno scenario molto rischioso: fine del mercato unico, ritorno di barriere commerciali e valutarie, perdita di potere negoziale globale e possibili tensioni fra stati europei.
Sul piano economico, l’UE è innanzitutto una unione doganale e mercato interno integrato: merci, capitali, servizi e persone circolano liberamente tra 27 paesi. Abolendo l’UE, questo sistema crollerebbe. Significherebbe reintrodurre dazi e controlli alle frontiere, normative nazionali divergenti e quindi costi aggiuntivi per imprese e consumatori. Molti esperti ricordano che la piena integrazione economica ha portato crescita e opportunità: un’azienda italiana oggi può vendere facilmente in Francia o Polonia senza burocrazia transfrontaliera, un giovane spagnolo può studiare e lavorare in Germania senza visti, ecc. Con la fine dell’UE, queste libertà cadrebbero. “Stabilità e sicurezza passano dal completare il mercato interno”, ha detto Antonio Costa, segnalando che l’UE deve semmai integrarsi di più, non sgretolarsi. Chi avversa Musk sottolinea che l’uscita del solo Regno Unito (Brexit) ha causato danni economici tangibili sia al UK che all’UE (sebbene limitati grazie agli accordi). Immaginare 27 Brexit simultanee sarebbe uno shock enorme: i mercati reagirebbero con volatilità, le imprese con incertezza. Lo ha accennato il ministro tedesco Robert Habeck, avvertendo (in un contesto diverso) che frammentare il mercato UE costerebbe migliaia di posti di lavoro e investimenti (queste preoccupazioni si leggono tra le righe di reazioni di governi mainstream, anche se non attaccano Musk direttamente).
Inoltre, l’euro, moneta condivisa da 20 paesi, verrebbe presumibilmente abbandonato. Il ritorno alle valute nazionali potrebbe portare turbolenze valutarie, speculazione e inflazione in alcuni paesi. Molte nazioni beneficiarie di fondi UE (cohesion fund, PAC, Next Generation EU ecc.) vedrebbero sparire quei finanziamenti. Ad esempio, l’Italia dal bilancio UE riceve miliardi per infrastrutture: se l’UE crolla, quei soldi non arrivano più e il peso fiscale ricadrebbe sui soli governi nazionali. I critici di Musk trovano paradossale che proprio populisti che promettono benessere ai cittadini flirtino con un’idea – abolire l’UE – che toglierebbe risorse e vantaggi concreti alla gente comune.
Sul piano geopolitico ed istituzionale, i contro argomentano che l’UE garantisce 60+ anni di pace tra le nazioni europee, cosa senza precedenti storici. Togliendo la cornice UE, non è scontato che tutti i rapporti restino idilliaci. Confini, minoranze, dispute storiche potrebbero riemergere. Annalena Baerbock, ministra tedesca, ha ricordato in passato che “senza l’UE la Germania non prospererebbe in pace, sarebbe circondata da rancori”. Abolire l’UE rischierebbe di autorizzare nuove spinte disgregatrici: per esempio, i movimenti secessionisti interni (Catalogna, Fiandre, Scozia ecc.) troverebbero un contesto più favorevole al disfacimento di Stati, non essendoci più l’ombrello comune ad assorbire shock. La Commissione UE attuale ha definito la proposta di Musk “folle” (lo riportano fonti come “RaiNews” in toni diplomatici: “dichiarazioni folli, polarizzano il mondo in due frasi”). I contro credono che sarebbe davvero follia buttare via decenni di integrazione, col rischio di tornare ad un’Europa di blocchi rivali. Donald Tusk nel suo tweet ha citato “80 anni di nemici comuni”, alludendo al fatto che per due volte, a distanza di 20 anni, l’Europa divisa è precipitata in conflitti mondiali catastrofici. L’UE nacque proprio per “rendersi impossibile la guerra” (dichiarazione Schuman). Togliendo quel collante, nessuno può garantire che differenze di interessi tra paesi non degenerino mai più.
Inoltre, i critici di Musk evidenziano il peso globale che l’UE consente agli europei di avere. Ad oggi, l’Unione è il primo blocco commerciale mondiale, capace di negoziare da pari con USA e Cina su standard, tariffe, clima ecc. Se l’UE scomparisse, ogni Stato europeo (anche i grandi come Germania o Francia) diventerebbe relativamente più piccolo sulla scena globale. La Information Technology & Innovation Foundation (ITIF) stessa (che pure criticava il DSA) riconosce che l’UE come grande attore influenza la regolamentazione mondiale – cosa che Washington trova “scomodo”, ma che dà agli europei la possibilità di modellare le regole del gioco. Senza UE, sarebbero soggetti passivi. Chi oggi loda Musk per “difesa della sovranità”, in realtà – affermano i contro – consegnerebbe i singoli Stati europei al rango di pedine sotto l’influenza altrui. Paradossalmente, la tanto sbandierata “sovranità” nazionale sarebbe più difficile da esercitare in un mondo dominato da superpotenze continentali (USA, Cina, India…) se non si rimane uniti. Carl Bildt e altri ex statisti hanno segnalato come la retorica Musk/Trump porti esattamente a ciò che il Cremlino desidera: spostare gli USA “alla destra dell’estrema destra europea” e logorare la coesione occidentale. Dunque, abolire l’UE indebolirebbe non solo l’Europa, ma tutto l’Occidente.
Su un piano valoriale, gli oppositori affermano che i cittadini europei perderebbero dei benefici tangibili: tutela dei consumatori (etichette alimentari, roaming zero, normative comuni su sicurezza prodotti), programmi come Erasmus per studenti, diritto di circolazione e residenza ovunque, difesa comune dei diritti digitali (GDPR ecc.). Molte di queste cose sono date per scontate solo perché esiste l’UE. Togliendola, gli europei si troverebbero con 27 diversi sistemi di regole – un incubo per i più giovani e intraprendenti, e un paradiso solo per speculatori o opportunisti che potrebbero sfruttare la deregolamentazione in alcuni paesi a danno di altri (ad esempio, concorrenza al ribasso su normative ambientali o del lavoro). Jan Penfrat (EDRi) ricorda: “Il verdetto contro X ricorda quanto l’Europa benefici di una regolamentazione forte”, avvisando che i piani di deregolamentazione (o nel caso estremo di dissoluzione UE) minano la capacità dell’Europa di difendere democrazia e diritti. Cioè: quell’“agenda semplificazione/deregulation” promossa da alcuni governi e da Musk ridurrebbe gli standard europei, portando in definitiva a una società meno giusta e sicura.

Nina Celli, 13 dicembre 2025

Loading…
Loading…
Loading…
Grazie per la tua opinione
Condividi e fai conoscere la tua opinione
Loading…