Nr. 368
Pubblicato il 13/07/2025

Ursula von der Leyen presidente della Commissione europea

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

Medico, ex ministra della Difesa in Germania e prima donna a ricoprire la carica più alta della Commissione, von der Leyen ha ereditato un’Unione in apparente stabilità economica, ma già attraversata da tensioni politiche e crescenti aspettative sui temi ambientali, digitali e geopolitici. Cinque anni dopo, l’Unione è profondamente cambiata. Il suo nome è oggi al centro di uno dei dibattiti più accesi sul futuro dell’integrazione europea: un bilancio misto di risultati epocali, strategie visionarie, compromessi politici e decisioni fortemente contestate. La Commissione von der Leyen è una delle più polarizzanti.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

01 - Ursula von der Leyen: leadership europea forte in tempi di crisi

La von der Leyen ha affrontato eventi critici: pandemia , guerra in Ucraina, crisi energetica. La sua leadership si è distinta per la rapidità decisionale ed equilibrio.

02 - La commissione von der Leyen è segnata da centralizzazione, opacità e abuso di potere

Von der Leyen incarna una svolta “iperpresidenzialista” che altera l’equilibrio dell’Unione Europea, compromettendo trasparenza, accountability e partecipazione democratica.

03 - Il riarmo dell’Europa rafforza la difesa e l’autonomia strategica

La Commissione ha promosso per la prima volta una politica esplicitamente orientata al riarmo, con investimenti comuni e strumenti industriali condivisi.

04 - La deregolamentazione e l’arretramento ambientale portano la fine del Green Deal

La presidente aveva annunciato una “rivoluzione verde”, ma ha progressivamente smantellato o ridimensionato molti dei principali strumenti del pacchetto climatico.

05 - Digitalizzazione e innovazione industriale per un’Europa competitiva

Uno dei pilastri strategici dell’azione politica di Ursula von der Leyen è stato il rilancio della competitività europea attraverso la digitalizzazione e l’innovazione industriale.

06 - La militarizzazione dell’Europa mette a rischio la sostenibilità democratica

La Commissione Europea ha trasformato la politica industriale dell’UE, integrando difesa, innovazione tecnologica e competitività in un’unica architettura strategica.

07 - Ursula von der Leyen sta adottando una nuova dottrina economica per l’Europa

La Commissione ha lanciato politiche innovative che hanno ridefinito le priorità fiscali dell’UE e messo al centro resilienza, sicurezza economica e autonomia strategica.

08 - Le nuove politiche fiscali e il bilancio UE creano divisioni tra Paesi membri

Nella gestione del bilancio europeo, la von der Leyen ha adottato un approccio che ha accentuato le fratture tra Nord e Sud Europa, tra Paesi frugali e Paesi in deficit.

 
01

Ursula von der Leyen: leadership europea forte in tempi di crisi

FAVOREVOLE

Ursula von der Leyen, durante il suo mandato, ha affrontato una serie di eventi critici senza precedenti per l’Unione: pandemia globale, guerra in Ucraina, crisi energetica e il riemergere di tensioni geopolitiche. In questo contesto, la sua leadership si è distinta per la rapidità decisionale, l’ambizione istituzionale e la capacità di mantenere un equilibrio politico tra forze ideologicamente divergenti. Molti dei suoi sostenitori vedono in questo approccio un’evoluzione del ruolo della Commissione, che non appare più solo come regolatore tecnico, ma diventa una cabina di regia politica per l’integrazione europea.
Uno degli episodi più emblematici è stata la gestione della crisi pandemica. Per la prima volta nella storia dell’UE, la Commissione ha assunto la guida dell’acquisto centralizzato dei vaccini, negoziando direttamente con le case farmaceutiche e distribuendo dosi in base a criteri di solidarietà tra gli Stati membri. Questa operazione è stata criticata per la scarsa trasparenza (cfr. le polemiche su “Pfizergate”), ma ha rappresentato un passaggio cruciale verso una governance europea della salute pubblica. Von der Leyen ha difeso pubblicamente la sua scelta, affermando: “Tutti gli Stati membri erano coinvolti nei contratti. Non ci sono state clausole segrete né obblighi nascosti” (“Politico.eu”, 7 luglio 2025). Il risultato è stato un accesso relativamente equo ai vaccini per tutti i cittadini europei, a fronte di un mercato globale competitivo e speculativo.
La sua capacità di costruire coalizioni è emersa anche nella gestione del Recovery Fund, uno strumento straordinario da 750 miliardi di euro introdotto per contrastare gli effetti economici del Covid-19. Con una forte opposizione iniziale da parte dei cosiddetti “Paesi frugali”, von der Leyen ha orchestrato un compromesso storico che ha permesso alla Commissione di indebitarsi sui mercati per finanziare investimenti nazionali. Si è trattato di un precedente che ha di fatto avviato una forma embrionale di unione fiscale, rafforzando il bilancio comune e aprendo a future forme di mutualizzazione del debito.
Parallelamente, la presidente ha affrontato con decisione la crisi energetica derivata dall’invasione russa dell’Ucraina. Con il piano REPowerEU, la Commissione ha promosso un mix di diversificazione delle fonti, incremento delle rinnovabili e tetti ai prezzi del gas, contribuendo a ridurre la dipendenza dell’Europa dalle forniture russe. Nel 2022 l’UE importava oltre il 40% del suo gas da Mosca; nel 2024 tale quota è scesa sotto il 15% (“EPRS”, 2025). Von der Leyen ha dichiarato: “Abbiamo trasformato una crisi in un’accelerazione verso l’autonomia energetica”.
Nonostante le crescenti tensioni politiche nel Parlamento europeo – con critiche da parte di Verdi e Socialisti per presunte alleanze tattiche con la destra conservatrice – von der Leyen è riuscita a sopravvivere a una mozione di sfiducia (respinta il 10 luglio 2025 con 360 voti contrari su 553 votanti). L’episodio ha rivelato una spaccatura nel fronte centrista, ma ha anche consolidato la posizione della Commissione come attore autonomo rispetto agli equilibri tra gruppi politici. Le critiche più dure provengono da chi ritiene che la Commissione von der Leyen abbia accentuato un processo di centralizzazione decisionale e opacità procedurale, specie nei dossier sanitari e nella gestione dei fondi straordinari. Tuttavia, anche alcuni osservatori critici riconoscono che il suo stile “presidenzialista” ha permesso di rispondere tempestivamente a eventi complessi e imprevedibili.
Il mandato di Ursula von der Leyen ha mostrato che in tempi di crisi, l’UE può agire con unità e prontezza, se guidata da una Commissione politicamente assertiva. La sua azione ha contribuito a rafforzare l’infrastruttura istituzionale dell’Unione, definendo un nuovo ruolo per Bruxelles come motore di coordinamento strategico, non solo economico ma anche geopolitico.

Nina Celli, 13 luglio 2025

 
02

La commissione von der Leyen è segnata da centralizzazione, opacità e abuso di potere

CONTRARIO

Uno dei principali elementi di critica al mandato di Ursula von der Leyen riguarda la tendenza a centralizzare il potere decisionale nella figura del presidente della Commissione, riducendo il ruolo collegiale dell’esecutivo europeo e quello degli Stati membri. Secondo molti osservatori, von der Leyen ha incarnato una svolta “iperpresidenzialista” che ha alterato l’equilibrio istituzionale dell’Unione Europea, compromettendo trasparenza, accountability e partecipazione democratica.
Il caso più emblematico di questa deriva è il cosiddetto “Pfizergate”, relativo agli scambi privati di messaggi tra von der Leyen e il CEO di Pfizer, Albert Bourla, durante le trattative sui contratti vaccinali. Per mesi, la Commissione ha rifiutato di pubblicare il contenuto degli SMS, sostenendo che fossero “troppo irrilevanti per essere archiviati”. Tuttavia, una sentenza della Corte di giustizia UE del maggio 2025 ha stabilito che l’istituzione ha violato le norme sulla trasparenza, dando ragione alla giornalista che ne aveva chiesto l’accesso (“Politico.eu”, 7 luglio 2025). Durante il dibattito sulla mozione di sfiducia presentata dall’eurodeputato romeno Gheorghe Piperea, von der Leyen ha definito “menzogne” le accuse rivoltele. Tuttavia, ha evitato di fornire chiarimenti sui contenuti effettivi dei messaggi, limitandosi a ribadire che “tutti gli Stati membri erano a conoscenza dei termini contrattuali”. Le sue parole non hanno convinto una parte consistente del Parlamento, che ha espresso preoccupazioni sullo stile decisionale sempre più verticale della Commissione.
La critica alla centralizzazione non si limita alla gestione pandemica. Anche in ambito economico, von der Leyen ha promosso un accentramento significativo delle risorse europee nelle mani della Commissione. Il nuovo quadro finanziario pluriennale (2028–2034) prevede l’introduzione di partnership bilaterali tra Bruxelles e gli Stati membri, riducendo il margine d’azione di regioni, città e autorità locali. Una bozza interna della Commissione, trapelata nell’ottobre 2024, proponeva addirittura di fondere i fondi agricoli, di coesione e di resilienza in “pacchetti riforma per denaro”, negoziati direttamente tra la Commissione e i governi nazionali (“Euractiv”, 1° luglio 2025). Molti sindaci e rappresentanti locali hanno denunciato il rischio di un deficit di democrazia multilivello, con le periferie dell’Unione escluse dalla definizione degli obiettivi strategici. La European Committee of the Regions ha più volte chiesto una maggiore trasparenza sui criteri di allocazione delle risorse e una piena partecipazione delle autorità subnazionali.
Anche sul piano interno alla Commissione, lo stile gestionale di von der Leyen è stato oggetto di forti critiche. Secondo un’inchiesta di “Business & Human Rights” (febbraio 2025), numerosi funzionari e dirigenti europei hanno lamentato un clima di “cultura del silenzio” e un metodo decisionale fortemente personalistico. La nuova agenda di deregolamentazione promossa dalla presidente sarebbe stata annunciata a sorpresa durante un discorso a Budapest, senza consultazioni preliminari con i responsabili di portafoglio e con effetti immediati su dossier già in lavorazione. Questo approccio ha suscitato allarme tra le ONG e i sindacati, che temono che la concentrazione del potere in poche mani comprometta la neutralità tecnica e giuridica della Commissione. Come sottolinea “Politico.eu” (10 luglio 2025), “la Commissione von der Leyen appare sempre più simile a un governo nazionale, con logiche di leadership verticale e uso politico dei dossier”.
La stessa sopravvivenza alla mozione di sfiducia del 10 luglio 2025 – sebbene respinta – ha lasciato una scia di tensioni: 175 voti a favore, 18 astenuti e 360 contrari. La tenuta politica della Commissione dipende ormai da un equilibrio precario tra il Partito Popolare Europeo e forze conservatrici, talvolta estremiste, che condizionano le scelte strategiche dell’esecutivo (“The Guardian”, 10 luglio 2025).
Se da un lato l’azione rapida è essenziale in tempi di crisi, dall’altro un’Unione costruita sul diritto, sulla trasparenza e sul consenso multilivello non può permettersi di sacrificare questi valori in nome dell’efficienza. La trasformazione della Commissione in un organo “presidenziale” rischia di allontanare i cittadini europei e compromettere la legittimità democratica dell’intero progetto europeo.

Nina Celli, 13 luglio 2025

 
03

Il riarmo dell’Europa rafforza la difesa e l’autonomia strategica

FAVOREVOLE

Uno degli aspetti più distintivi del mandato di Ursula von der Leyen è stato l’ambizioso tentativo di trasformare l’Unione Europea in un attore strategico dotato di capacità difensive autonome. In un contesto segnato dalla guerra in Ucraina, dalla crescente incertezza sulla leadership statunitense nella NATO e dalla pressione dell’opinione pubblica per una maggiore sicurezza, la Commissione ha promosso per la prima volta una politica esplicitamente orientata al riarmo. Il piano di von der Leyen non si è limitato a potenziare i bilanci nazionali, ma ha mirato a costruire una difesa europea integrata, con investimenti comuni e strumenti industriali condivisi. Al centro di questa strategia vi è il fondo SAFE (Strategic Autonomy for European Defence), un piano da 150 miliardi di euro per sostenere la produzione interna di munizioni, armamenti e tecnologie. L’iniziativa è stata integrata nel quadro finanziario pluriennale 2028–2034, che prevede un riorientamento di circa 800 miliardi verso priorità di difesa, resilienza e sicurezza. Questo cambio di paradigma si traduce in una ristrutturazione della politica di coesione: i fondi non saranno più vincolati a criteri territoriali, ma saranno accessibili anche per progetti transnazionali nel settore militare e tecnologico (“Euractiv”, 1° luglio 2025).
Parallelamente, la von der Leyen ha proposto la creazione di un Libro Bianco per la Difesa UE, che coordina esigenze militari, capacità industriali e strategie geopolitiche. Tale documento, sostenuto dal Consiglio dell’UE, rappresenta un primo passo verso la definizione di una “Unione della Difesa”, una struttura comune che consenta di aggregare domanda, pianificare acquisti congiunti e garantire interoperabilità tra eserciti (“Consilium Europa”, aprile 2025).
La Commissione ha inoltre intensificato gli sforzi per includere partner esterni. Accordi bilaterali sono stati siglati con Regno Unito, Norvegia, Svizzera e Australia, tutti interessati a partecipare ai programmi comuni di appalti. Tali alleanze ampliano il raggio d’azione dell’industria europea e ne aumentano la capacità contrattuale nei mercati globali. Il piano SAFE non nasce in un vuoto politico. Esso si inserisce in un contesto internazionale in cui l’ex presidente statunitense Donald Trump ha più volte minacciato di ritirare il supporto americano alla NATO. In risposta, von der Leyen ha promosso un target interno del 5% del PIL UE per spesa in difesa, sostenuto da leader europei ma osteggiato da forze populiste e pacifiste. L’adesione di tutti i Paesi membri alla proposta NATO ha rappresentato un traguardo politico, ma ha anche imposto all’UE di dotarsi di strumenti adeguati a coordinare tale spesa.
Un nodo critico resta la dipendenza tecnologica dagli USA. Secondo un’inchiesta del “The Guardian” (24 giugno 2025), il 46% dei jet militari europei è di produzione statunitense, e lo stesso vale per la maggior parte dei missili e radar. Von der Leyen ha cercato di correggere questa dipendenza sostenendo le aziende europee – come Airbus, Leonardo e Rheinmetall – ma l’asimmetria resta un problema di lungo periodo. Le critiche più frequenti accusano la Commissione di aver promosso una militarizzazione dell’UE, dirottando fondi originariamente destinati alla coesione sociale. Tuttavia, è innegabile che sotto la guida di von der Leyen l’Unione ha compiuto un salto di qualità nella costruzione di una capacità difensiva condivisa. Come ha dichiarato la stessa presidente: “Non possiamo più dare per scontato il sostegno transatlantico. Dobbiamo essere in grado di difendere i nostri valori, i nostri confini, il nostro futuro”. In questo senso, il suo mandato segna l’avvio di un cambiamento strutturale nella natura dell’Unione, da attore normativo a soggetto geopolitico capace di deterrenza.

Nina Celli, 13 luglio 2025

 
04

La deregolamentazione e l’arretramento ambientale portano la fine del Green Deal

CONTRARIO

Una delle critiche più forti rivolte alla Commissione von der Leyen riguarda l’arretramento delle politiche ambientali, in particolare lo smantellamento parziale del Green Deal europeo. Se da un lato la presidente aveva annunciato una “rivoluzione verde” al momento del suo insediamento, negli ultimi anni del suo mandato ha progressivamente smantellato o ridimensionato molti dei principali strumenti del pacchetto climatico, sacrificandoli in nome della competitività e della semplificazione normativa. Per ambientalisti, osservatori indipendenti e parte della stessa maggioranza parlamentare, ciò rappresenta un tradimento degli impegni ecologici presi con i cittadini europei.
Il caso più emblematico è il pacchetto Omnibus, una maxi-proposta legislativa presentata dalla Commissione nel 2025 con l’obiettivo dichiarato di “semplificare” il quadro regolatorio per le imprese. In realtà, il pacchetto ha avuto l’effetto di indebolire drasticamente norme ambientali e sociali. Tra le modifiche più contestate: l’abolizione dell’obbligo per le grandi imprese di adottare piani climatici vincolanti, la riduzione della due diligence sui diritti umani lungo la filiera e il rinvio di due anni dell’entrata in vigore della direttiva CSDDD (“Opinio Juris”, 11 luglio 2025; “Intereconomics”, luglio 2025). Questa deregolamentazione è stata giustificata da von der Leyen come necessaria per alleggerire i “costi burocratici” per le imprese. Tuttavia, secondo le ONG del gruppo Green 10, si tratta di un chiaro arretramento delle ambizioni ambientali dell’UE. In un appello congiunto pubblicato l’11 luglio 2025, le organizzazioni ambientaliste hanno chiesto alla Commissione di fermare il pacchetto Omnibus e di non sacrificare gli obiettivi climatici per guadagni politici di breve periodo: “Questa riforma non semplifica: svuota. È un disarmo normativo mascherato da efficienza”, si legge nella dichiarazione (“Health and Environment Alliance”, luglio 2025)
Anche all’interno delle istituzioni europee sono emerse forti resistenze. Il gruppo dei Verdi e parte dei Socialisti e Democratici hanno accusato von der Leyen di “amputare il Green Deal per salvarne il nome”, come riporta “Politico Pro” (27 giugno 2025). La presidenza della Commissione ha infatti scelto di rinunciare a nuove direttive sul suolo, la biodiversità e il trasporto ferroviario, ritenute “non prioritarie” nel nuovo ciclo legislativo. Il risultato è un Green Deal svuotato nei contenuti e trasformato in un contenitore retorico.
Le preoccupazioni non si limitano alle politiche climatiche. Anche i regolamenti sulla sostenibilità aziendale e sulla finanza verde sono stati diluiti o rinviati. Secondo un’analisi dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (giugno 2025), l’Unione sta rallentando il proprio percorso verso l’obiettivo net-zero al 2050 e l’attuale traiettoria non è compatibile con il taglio del 90% delle emissioni entro il 2040. Questo mette a rischio sia gli impegni internazionali dell’UE sia la sua leadership diplomatica nelle negoziazioni climatiche.
Alcuni analisti sostengono che questa svolta sia legata alla ricerca del consenso elettorale: il Partito Popolare Europeo, di cui von der Leyen è espressione, ha progressivamente avvicinato le sue posizioni a quelle di forze conservatrici e agrarie critiche della transizione verde. Questo spostamento ha permesso all’EPP di mantenere una maggioranza fragile, ma al costo di fratturare l’alleanza climatica che aveva sostenuto la Commissione nel 2019 (“EPC Analysis”, luglio 2025).
La scelta di von der Leyen di affidare la guida del dossier clima ai “Patriots for Europe” – un gruppo euroscettico e apertamente scettico sulla crisi climatica – è stata percepita come una provocazione da parte degli ambientalisti. “Politico.eu” (10 luglio 2025) riporta che Manfred Weber, capogruppo del PPE, ha negoziato direttamente l’accordo, segnando un allontanamento dai Verdi e dai Socialisti.
La Commissione von der Leyen, dunque, ha sacrificato l’ambizione ecologica sull’altare della stabilità politica e della deregolamentazione economica. Se il Green Deal aveva rappresentato un salto paradigmatico nella politica ambientale europea, oggi sopravvive solo come simbolo svuotato. Le implicazioni di lungo periodo sono gravi: perdita di credibilità internazionale, indebolimento delle imprese europee impegnate nella sostenibilità, rallentamento della transizione ecologica e frustrazione dell’elettorato giovane e ambientalista.

Nina Celli, 13 luglio 2025

 
05

Digitalizzazione e innovazione industriale per un’Europa competitiva

FAVOREVOLE

Uno dei pilastri strategici dell’azione politica di Ursula von der Leyen è stato il rilancio della competitività europea attraverso la digitalizzazione e l’innovazione industriale. In un’epoca di rivalità globale per la leadership tecnologica, la Commissione von der Leyen ha cercato di accelerare l’autonomia strategica dell’UE, dotandola di strumenti comuni, piani di finanziamento massicci e visione sistemica. Questo approccio ha trovato espressione in tre grandi iniziative: Europe’s Digital Decade, il nuovo Competitiveness Fund e la riforma del bilancio pluriennale per includere settori come AI, semiconduttori e spazio.
Con “Europe’s Digital Decade”, presentata nel 2021 e attuata dal 2023 in poi, l’Unione ha definito obiettivi vincolanti al 2030: 75% delle imprese devono adottare cloud, intelligenza artificiale o big data; il 100% dei cittadini deve avere accesso a connessioni gigabit; le PMI devono raggiungere almeno un livello base di intensità digitale. Inoltre, la strategia prevede di raddoppiare la quota europea nella produzione globale di semiconduttori e di sviluppare un supercomputer con accelerazione quantistica (“European Commission”, giugno 2025). Per raggiungere questi traguardi, la Commissione ha promosso un nuovo ciclo di investimenti in infrastrutture digitali, ricerca e innovazione. L’architrave finanziario di questa strategia è il Competitiveness Fund, il fondo per l’industria europea annunciato da von der Leyen nel 2024. Il fondo aggrega oltre 300 miliardi di euro provenienti da diversi strumenti preesistenti (tra cui InvestEU, Horizon Europe, Digital Europe) e introduce un meccanismo flessibile per finanziare interi ecosistemi tecnologici, dalla ricerca applicata fino alle start-up deep-tech (“Euractiv”, 1° luglio 2025).
Questa riforma è stata sostenuta anche da personalità come Mario Draghi, incaricato di coordinare il piano per la competitività europea. Il fondo ha una finestra specifica per la difesa (“Resilience, Defence and Space”) e mira a finanziare tecnologie critiche come l’energia pulita, l’AI generativa, la fotonica e la cybersicurezza. Von der Leyen ha chiarito che Horizon Europe resterà formalmente autonomo, ma sarà “strettamente connesso” al fondo industriale (“Euractiv”, luglio 2025). Questo legame ha suscitato critiche da parte di accademici e ONG, che temono una politicizzazione della ricerca e la subordinazione della scienza agli obiettivi industriali.
Parallelamente, la Commissione ha aggiornato la Strategia per la Ricerca e Innovazione 2024–2029, focalizzandola su AI, scienze della vita, biotecnologie e soluzioni ambientali. Il piano, guidato dalla Commissaria Ekaterina Zaharieva, prevede un aumento degli investimenti pubblici e privati e una semplificazione normativa per attrarre capitale di rischio e talenti (“Open Access Government”, 10 luglio 2025).
Von der Leyen ha anche promosso una nuova architettura per lo Spazio Europeo della Ricerca (ERA), valorizzando le università come motore di crescita e innovazione. L’Agenda ERA 2025–2030, sostenuta dalla European University Association, prevede la libera circolazione di conoscenza, ricercatori e dati in tutta l’UE. La sinergia tra ricerca e politiche industriali è uno dei pilastri della sua visione strategica (“EUA”, maggio 2025)
Il rilancio tecnologico dell’Europa promosso da von der Leyen risponde a una duplice sfida: da un lato, la necessità di affrontare la concorrenza di Stati Uniti e Cina, dotandosi di un tessuto industriale moderno e flessibile; dall’altro, il bisogno di conciliare la transizione digitale con la sostenibilità ambientale e la giustizia sociale. La sfida rimane quella dell’implementazione: molte PMI segnalano difficoltà di accesso ai fondi, e alcuni Paesi membri sono ancora lontani dagli obiettivi 2030. Tuttavia, l’impulso strategico dato da von der Leyen ha ridefinito l’agenda digitale europea. Come ha dichiarato: “La nostra sovranità inizia dal nostro chip. E il nostro chip è anche il nostro sapere, la nostra capacità di innovare”.

Nina Celli, 13 luglio 2025

 
06

La militarizzazione dell’Europa mette a rischio la sostenibilità democratica

CONTRARIO

Sotto il mandato di Ursula von der Leyen, la Commissione Europea ha promosso una profonda trasformazione della politica industriale dell’UE, integrando difesa, innovazione tecnologica e competitività in un’unica architettura strategica. Questo cambio di paradigma, sebbene presentato come risposta necessaria alle sfide globali, è stato criticato da economisti, accademici e rappresentanti della società civile come una svolta eccessivamente tecnocratica, accentrata e orientata alla militarizzazione dell’economia europea. Il fulcro di questa nuova strategia è il Competitiveness Fund, il maxi-fondo annunciato da von der Leyen per sostenere l’industria europea del futuro. Con una dotazione stimata di oltre 300 miliardi di euro, il fondo ingloba risorse precedentemente destinate a programmi tematici come Horizon Europe, Digital Europe e InvestEU. La logica è quella della “flessibilità strategica”, con fondi gestiti direttamente dalla Commissione in base a priorità politiche, invece che da criteri scientifici o territoriali (“Euractiv”, 1° luglio 2025). Questa concentrazione di potere e risorse ha generato preoccupazioni diffuse nel mondo della ricerca. Secondo la European University Association, esiste il rischio concreto che i fondi a lungo termine per la ricerca vengano “sacrificati in favore di logiche di breve termine e obiettivi politico-industriali imposti dall’alto” (“EUA”, maggio 2025). Le università temono che l’approccio top-down della Commissione, legato all’agenda della sovranità tecnologica, comprometta la libertà accademica e la qualità della scienza europea. In particolare, la scelta di aprire Horizon Europe alla ricerca militare è stata accolta con allarme da centri di ricerca e ONG pacifiste. Secondo “Open Access Government” (10 luglio 2025), la Commissione ha previsto l’inclusione di progetti dual use (civile-militare) nei bandi di ricerca, rompendo una tradizione che aveva sempre escluso la difesa armata dai programmi scientifici dell’UE. Ciò è interpretato come l’inizio di una “normalizzazione militare” della politica europea di innovazione.
Al centro della trasformazione industriale vi è anche il concetto di “autonomia strategica”, inteso come riduzione della dipendenza da fornitori esterni – in particolare USA e Cina – in settori chiave come semiconduttori, spazio, cybersecurity e armamenti. Tuttavia, diversi osservatori denunciano una retorica protezionista che rischia di isolare l’Europa e di distorcere il mercato interno, favorendo le grandi imprese a scapito delle PMI (“The Guardian”, 24 giugno 2025). La logica del “tutto in uno” proposta da von der Leyen si estende anche ai fondi di coesione, che saranno integrati con quelli per la competitività. Una bozza interna della Commissione prevede la possibilità di assegnare risorse a imprese strategiche senza vincoli geografici o criteri di equità territoriale, modificando la missione originale dei fondi europei: quella di ridurre le disuguaglianze tra regioni (“Euractiv”, 1° luglio 2025).
A ciò si aggiunge l’inserimento della difesa come settore industriale prioritario, con la finestra “Resilience, Defence and Space” all’interno del Competitiveness Fund. Questo collegamento esplicito tra innovazione e armamenti è stato criticato da studiosi e attivisti come un passo verso una militarizzazione dell’economia europea, che potrebbe minare la legittimità democratica dell’UE e il suo ruolo come potenza normativa globale. Inoltre, l’allocazione dei fondi industriali avviene in gran parte attraverso strumenti negoziati bilateralmente tra Commissione e Stati membri, senza controllo parlamentare diretto. Questa assenza di trasparenza e meccanismi di verifica indipendenti solleva interrogativi sulla sostenibilità democratica del nuovo modello economico europeo.
La strategia industriale di Ursula von der Leyen, quindi, si presenta come ambiziosa e reattiva, ma sconta un eccesso di verticalizzazione e una crescente ibridazione tra economia civile e difesa. Senza un serio bilanciamento istituzionale, il rischio è quello di un’Unione sempre più tecnocratica, centralizzata e distante dalle aspettative dei cittadini europei.

Nina Celli, 13 luglio 2025

 
07

Ursula von der Leyen sta adottando una nuova dottrina economica per l’Europa

FAVOREVOLE

Tra le azioni più profonde di Ursula von der Leyen figura l’introduzione di una nuova dottrina economica e di sicurezza integrata, che rompe con il paradigma neoliberale della stabilità di bilancio per abbracciare una visione più strategica: fare dell’Unione un attore capace di proteggere, produrre e resistere. In questo quadro, la Commissione ha lanciato politiche innovative che hanno ridefinito le priorità fiscali dell’UE e messo al centro resilienza, sicurezza economica e autonomia strategica.
Nel 2025, la Commissione ha presentato la EU Economic Security Doctrine, un documento programmatico articolato in tre pilastri: promuovere l’innovazione e la competitività, proteggere le filiere strategiche e le tecnologie critiche e collaborare con partner affini. L’obiettivo è duplice: da un lato, rafforzare la capacità dell’UE di far fronte ai rischi geoeconomici (dipendenza dalla Cina, vulnerabilità digitale, cambiamento climatico); dall’altro, sviluppare strumenti per gestire le crisi senza dover fare affidamento su aiuti esterni o condizioni di mercato sfavorevoli (“EPRS Briefing”, 12 giugno 2025).
La dottrina si è tradotta in una profonda revisione del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2028–2034. La proposta, presentata a luglio 2025, prevede un bilancio da 1.200 miliardi di euro che supera il modello di spesa territoriale del passato per abbracciare una visione funzionale, orientata a missioni strategiche: difesa, transizione digitale, decarbonizzazione, sanità e sicurezza alimentare. Il fondo di resilienza industriale, integrato nel Competitiveness Fund, ne è un esempio chiave (“Euractiv”, 1° luglio 2025).
Von der Leyen ha inoltre rilanciato il dibattito sulla fiscalità europea comune, proponendo nuove fonti di entrata autonome per l’UE, tra cui una carbon tax alle frontiere e un’imposta sulle grandi multinazionali. Tali strumenti, pur bloccati da alcuni governi nel Consiglio, segnano un cambio di mentalità: non più dipendenza dai contributi nazionali, ma finanza europea legata a obiettivi comuni. Il modello proposto ricorda da vicino quello del Recovery Fund, che aveva introdotto una prima mutualizzazione del debito a livello comunitario.
La Commissione ha inoltre proposto l’utilizzo di strumenti flessibili per accelerare gli investimenti: tra questi, la possibilità di usare Eurobond difensivi, una proposta discussa nel vertice di Bruxelles del giugno 2025 ma osteggiata da Germania e Paesi Bassi (“Euractiv”, 26 giugno 2025). Von der Leyen ha sostenuto che “non possiamo combattere guerre moderne con bilanci obsoleti”, sottolineando la necessità di strumenti comuni di finanziamento, soprattutto per le sfide a lungo termine come l’autonomia energetica e la sicurezza industriale.
Un’altra innovazione introdotta è l’integrazione tra politiche di coesione e politiche di sicurezza. La Commissione ha proposto che una parte dei fondi di coesione possa essere destinata a sostenere le tecnologie strategiche (AI, biotech, cyber, spazio) senza più vincoli geografici. Questa proposta ha suscitato preoccupazioni tra i sindaci e le regioni meno sviluppate, che temono la perdita di risorse dedicate. Tuttavia, secondo Bruxelles, tale flessibilità è necessaria per rispondere alla nuova geoeconomia.
La presidente della Commissione europea ha cercato di rafforzare il coordinamento tra la European Green Deal Investment Plan e la strategia industriale post-pandemia, nonostante alcune concessioni alla deregolamentazione ambientale, con criticate delle ONG. La Commissione ha mantenuto l’obiettivo di ridurre del 90% le emissioni nette entro il 2040, ribadendo l’integrazione tra ambiente, innovazione e sicurezza (“Politico.eu”, 10 luglio 2025).
La visione economica promossa da Ursula von der Leyen è una rottura rispetto al passato: non più bilanci ancorati al solo consolidamento fiscale, ma strumenti per affrontare le crisi sistemiche del nostro tempo. La sua dottrina posiziona l’UE come attore capace di proteggere cittadini, industria e ambiente, rafforzando il senso stesso di appartenenza europea attraverso politiche pubbliche coordinate e strategiche.

Nina Celli, 13 luglio 2025

 
08

Le nuove politiche fiscali e il bilancio UE creano divisioni tra Paesi membri

CONTRARIO

Uno degli obiettivi dichiarati del mandato di Ursula von der Leyen è stato quello di trasformare il bilancio europeo in uno strumento strategico di investimento, autonomia e sicurezza. Tuttavia, le politiche adottate hanno suscitato forti critiche, sia per il carattere divisivo delle riforme fiscali proposte, sia per l’incertezza strutturale legata alla gestione delle risorse comuni. Secondo molti osservatori, l’approccio adottato ha finito per accentuare le fratture tra Nord e Sud Europa, tra Paesi frugali e Paesi in deficit, senza offrire soluzioni stabili e condivise. Il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2028–2034, proposto dalla Commissione a luglio 2025, ha una dimensione ambiziosa: 1.200 miliardi di euro, con un orientamento programmatico verso difesa, innovazione e resilienza. Tuttavia, la sua struttura si basa su meccanismi altamente flessibili e scarsamente regolamentati, che attribuiscono alla Commissione un potere notevole nel riassegnare fondi secondo priorità politiche mutevoli. Le proposte di “bilancio modulare” e “cicli quinquennali” sono state criticate da molti Stati membri come strumenti di instabilità politica e mancanza di prevedibilità economica (“Euractiv”, 1° luglio 2025).
Il modello di finanziamento proposto da von der Leyen prevede inoltre l’introduzione di nuove entrate proprie per l’UE, come la tassa sul carbonio alle frontiere e l’imposta minima sulle multinazionali. Tuttavia, questi strumenti sono bloccati dal Consiglio europeo, in particolare da Germania, Paesi Bassi e Svezia, che ne contestano l’impatto sui rispettivi settori produttivi. Senza queste nuove entrate, il bilancio resta dipendente dai contributi nazionali, aggravando il conflitto tra Paesi debitori e creditori.
La proposta più controversa riguarda l’introduzione di Eurobond permanenti, un’idea rilanciata dalla Commissione come forma di finanziamento per le spese comuni di difesa e transizione industriale. L’idea ha trovato l’opposizione netta di governi come quello tedesco e olandese, che temono un meccanismo di trasferimento fiscale implicito. Secondo una fonte diplomatica citata da “Euractiv” (26 giugno 2025), “von der Leyen ha ignorato il principio di consenso intergovernativo, forzando una riforma fiscale senza basi politiche solide”.
La Commissione ha sostenuto l’idea di riorganizzare i fondi di coesione secondo un criterio meritocratico: le regioni riceverebbero risorse solo se realizzano riforme strutturali approvate da Bruxelles. Questo modello, ispirato al Recovery Fund, è stato criticato come una forma di “condizionalità surrettizia” che penalizza le aree più povere e aumenta la discrezionalità della Commissione. Le proteste di decine di sindaci europei confermano la crescente percezione che le politiche di coesione siano state subordinate a logiche geopolitiche e industriali.
Un ulteriore problema è legato alla sostenibilità del debito europeo. A partire dal 2028, l’UE dovrà iniziare a rimborsare il debito contratto per finanziare il Recovery Fund, con rate annue da 30 miliardi di euro. Senza nuove entrate, questi rimborsi rischiano di erodere la capacità di investimento futuro dell’Unione, vincolando il bilancio a una logica di austerità che entra in contraddizione con l’ambizione strategica dichiarata. Inoltre, molte delle riforme proposte non sono accompagnate da una visione chiara della governance fiscale dell’Unione. Le tensioni esplose durante le trattative sulla riforma del Patto di stabilità – con il ritorno dei vincoli di deficit per nove Paesi – mostrano come l’architettura economica europea resti fragile, incoerente e priva di meccanismi redistributivi equi. La dottrina economica promossa da von der Leyen, pur ambiziosa, rischia di collassare sotto il peso delle sue contraddizioni interne.
La Commissione, quindi, promuove un modello di bilancio europeo tecnocratico, centralizzato e condizionato, che mina la coesione tra gli Stati membri e aumenta le disuguaglianze territoriali. Senza un consenso ampio e duraturo sulle regole fiscali e sull’uso delle risorse comuni, il progetto europeo rischia di perdere non solo efficacia, ma anche legittimità democratica.

Nina Celli, 13 luglio 2025

Loading…
Loading…
Loading…
Grazie per la tua opinione
Condividi e fai conoscere la tua opinione
Loading…