Nr. 33
Pubblicato il 15/07/2015

Sostenibilità dell'ambientalismo

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

Per “ambientalismo” si intende un sistema di pensiero che mira ad improntare il comportamento umano verso un maggiore rispetto nei confronti dell'ambiente che ci circonda e degli altri esseri che ne fanno parte. I movimenti politici che lo rivendicano vengono contestati sotto tre principali aspetti: la sostenibilità economica delle scelte che propugnano; la plausibilità scientifica dei dati da essi forniti; l'atteggiamento etico che li anima, che sfocia nell'anti-umanismo. Sclerotizzato intorno alla contrapposizione fra uomo e natura, un certo ecologismo viene, inoltre, denunciato come nuova forma di “conservatorismo politicamente corretto”. Accusati di eccessivo catastrofismo, gli ambientalisti rispondono mettendo in dubbio la veridicità dei dati forniti dai loro detrattori, “interessati”, ovvero foraggiati dalle lobby delle quali difendono i guadagni, e rivendicano le conferme empiriche delle loro previsioni a lungo termine. La sostenibilità delle politiche ambientaliste viene messa in discussione: il loro costo monetario è enorme, e ingenti cifre risultano dirottate rispetto a obiettivi quali la lotta alla povertà e alla denutrizione. Per gli ambientalisti, invece, accusati di sostenere posizioni che vanno contro l'umanità, discostarsi dal “paradigma antropocentrico” significa porre allo stesso livello etico – non in secondo piano – gli esseri umani e il resto dei viventi, parti egualmente fondamentali di uno stesso complesso di relazioni, la Terra coi suoi ecosistemi.

MEDIATECA

VIDEOSFIDA

IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

L’ambientalismo è contestato sotto tre aspetti: sostenibilità economica; plausibilità scientifica dei dati forniti; anti-umanismo. Gli ambientalisti accusano i loro detrattori di sostenere le lobby e dichiarano la necessità di discostarsi dal “paradigma antropocentrico” e di mettere sullo stesso piano gli esseri umani e il resto dei viventi.
01 - Il movimento ambientalista vuole assicurare un ambiente di vita legato ai ritmi e alle esigenze della natura: intervista a Fulco Pratesi

Fulco Pratesi, ambientalista, giornalista, illustratore e politico italiano, fondatore e presidente onorario del WWF Italia, intervistato dalla Redazione Pro\Versi, prende posizione a sostegno delle politiche ambientaliste, volte a proporre un’inversione di marcia dell’attuale sistema di sviluppo “inaccettabile e suicida”, che sta causando danni “irreversibili” all’ambiente.

02 - Il movimento ambientalista è anti-umano

Gli ambientalisti sono accusati di politiche anti-umane, di dimenticare la “dignità” dell'uomo, “mettendolo in secondo piano”. Particolarmente “antropofobica” è l'idea secondo la quale il pianeta non potrebbe ospitare più di un miliardo di persone e sarebbe auspicabile un ridimensionamento della popolazione.

Accusati di anti-umanismo, gli ambientalisti sostengono che dalla tutela degli ecosistemi dipendono i “servizi” della natura, essi sono vere “farmacie biologiche”, utili alla ricerca medica. Persino le politiche di controllo demografico hanno come fine la sopravvivenza della specie umana. Inoltre, promuovono il passaggio dall’antropocentrismo al biocentrismo ed ecocentrismo.

03 - Le iniziative politiche legate all'ambientalismo frenano la crescita economica

Le politiche dell'ambientalismo mirano a limitare pratiche che provocano danni agli ecosistemi, ma spesso questi non sono funzionali, come i provvedimenti del Protocollo di Kyoto. Le riduzioni che esso prevede avranno un impatto minimo sull’ambiente, a fronte di enormi danni economici in termini di mancato guadagno e di perdita di occupazione.

In risposta alle critiche mosse ai costi delle politiche ambientali, gli ambientalisti mettono in discussione una società centrata sul profitto a favore di una società più solidale e invocato un vero e proprio “cambio di paradigma”, legato alla conversione dei sistemi produttivi, secondo il modello della “green economy”.

04 - Abbiamo il dovere di preservare il mondo per le generazioni future

L'umanità del futuro ha il diritto di ricevere da noi un mondo in cui sia possibile vivere degnamente. Così gli ambientalisti rigettano le istanze sui costi delle politiche di preservazione ambientale. Alle generazioni future viene dunque fatto riferimento per motivare una politica “lungimirante”, a lungo termine, contrapposta ad una del “qui ed ora”.

L'interesse per le generazioni future non è prerogativa degli ambientalisti, ma di qualunque persona ragionevole. Il punto è sull'efficacia delle misure che propongono: politiche economiche scellerate sottraggono risorse ad azioni politiche più concrete, volte allo sviluppo economico dei paesi poveri e alla riduzione della povertà.

05 - Gli ambientalisti propongono un concetto statico e idealizzato di natura

Nella retorica ambientalista c’è il richiamo a un’“età dell'oro” di armonia con la natura. Ne deriva la visione di una natura intoccabile. Ogni approccio di tutela ambientale si configura come “conservazione da”, e non “conservazione per” e ogni azione umana e vista come “non naturale”.

06 - L'esperienza conferma le previsioni teoriche dei sostenitori dell'ambientalismo

Il dibattito sull'ambientalismo tocca il tema della scientificità di analisi, asserzioni, previsioni. Contro gli “scettici”, essi chiamano in causa la conferma empirica delle loro previsioni. È questo il caso del testo Limits to growth. The 30-years update, che viene aggiornato periodicamente al fine di evidenziare le conferme e i discostamenti.

L'accusa di mancanza di scientificità nei confronti degli scienziati ambientalisti verte sulla denuncia d’incompetenza degli studiosi, sulla smentita dei modelli matematici e delle conseguenti previsioni. Si evidenzia, altresì, come, a fronte della mancanza di attendibilità delle previsioni, nella comunicazione pubblica la credenza in tali previsioni rimanga immutata.

07 - Il movimento ambientalista cerca di far leva sull'emotività del pubblico anziché su argomentazioni razionali

I critici del movimento ambientalista notano il ricorso sistematico all'esagerazione delle conseguenze dell'attività umana sul Pianeta. Il “far leva sull'emotività” toglie credibilità alle denunce serie. Si trascurano, inoltre, problemi quali la lotta alla povertà o all'HIV, oppure si mettono in atto misure inutili ma che hanno l'effetto di “far sentire in pace con se stessi”.

Contro l'accusa di far leva sulle paure irrazionali, gli ambientalisti evidenziando come la paura sia motivata dai reali pericoli e che solo in virtù di essa sono presi in considerazione. La sfera emotiva dell’uomo, inoltre, sarebbe parte integrante dei suoi processi decisionali. A tal ragione richiamano all'amore e dell'empatia verso Gaia e le sue creature.

08 - Le accuse mosse al movimento ambientalista provengono da lobby interessate a mantenere lo status quo ambientale ai fini del guadagno

Agli studi che denunciano le minacce causate dall'attività umana vengono contrapposti studi che mirano a confutarne la validità. Gli ambientalisti definiscono tali studi viziati, poiché commissionati da industrie e lobby, i cui interessi vengono messi a repentaglio dagli ambientalisti. Talvolta l'attività di finanziamento è attuata attraverso il sovvenzionamento di centri di ricerca.

L'accusa di sostenere le lobby è respinta da quegli scienziati che si definiscono “scettici” sul cambiamento climatico e sulle politiche di salvaguardia ambientale. Denunciano l’ostracismo e la censura attuata nei loro confronti da uno establishment scientifico-accademico ambientalista intollerante rispetto alle “voci fuori dal coro”, che si attribuisce “uno schiacciante consenso”.

09 - L'attuale sistema di produzione condurrà all'estinzione della vita sulla terra

Ciò che accomuna gli ambientalisti è la convinzione che l'attuale sistema di produzione industriale sia divenuto insostenibile per l'ecosistema. L'umanità si starebbe avviando verso una catastrofe immane. Viene invocato, in questo senso, un “cambio di passo” e una revisione dell'attuale modello di sviluppo, pur nella consapevolezza che il “punto di non ritorno” potrebbe già essere stato superato.

I critici dell'ambientalismo negano la portata degli effetti dei cambiamenti climatici indotti dall'attività umana. Negano la causalità fra attività industriale e riscaldamento globale, la cui pericolosità è ridimensionata. Sussistono, inoltre, problemi maggiori, quali la povertà e la denutrizione, ma, a livello di percezione pubblica, le problematiche ambientali sono considerate prioritarie.

 
01

Il movimento ambientalista vuole assicurare un ambiente di vita legato ai ritmi e alle esigenze della natura: intervista a Fulco Pratesi

FAVOREVOLE

Fulco Pratesi, ambientalista, giornalista, illustratore e politico italiano, fondatore e presidente onorario del WWF Italia, intervistato il 2 agosto 2016 dalla Redazione Pro\Versi, prende posizione a sostegno delle politiche ambientaliste, volte a proporre un’inversione di marcia dell’attuale sistema di sviluppo “inaccettabile e suicida”, che sta causando danni “irreversibili” all’ambiente.

CONTRARIO
 
02

Il movimento ambientalista è anti-umano

FAVOREVOLE

Alle critiche di “mettere da parte l'uomo”, gli ambientalisti rispondono in due maniere: la prima è quella di sottolineare come le politiche di tutela degli ecosistemi e delle specie non-umane finiscano per essere fondamentali proprio per l'uomo; dalla salute degli ecosistemi dipendono i “servizi” della natura dai quali dipende la vita umana e dai quali l'uomo trae guadagni in termini di sfruttamento delle risorse, e la tutela della biodiversità coincide con la tutela di vere e proprie “farmacie biologiche” nelle quali si scoprono sempre nuovi elementi utili alla ricerca medica. Persino politiche apparentemente anti-umane, come il controllo demografico ai fini della riduzione della popolazione, hanno come fine la sopravvivenza della specie umana sulla Terra.
La seconda, più coerente con le impostazioni filosofiche di fondo che animano i movimenti ambientalisti più radicali, è quella di rivendicare proprio questa “messa in secondo piano” dell'essere umano, nell'auspicato passaggio da una prospettiva antropocentrica ad una biocentrica ed ecocentrica.

CONTRARIO

Una critica molto diffusa nei confronti del movimento ambientalista è quella di sostenere politiche anti-umane. Questa accusa varia gradatamente da quella di dimenticare la “dignità” dell'uomo e di “metterlo in secondo piano”, dopo gli animali e dopo il resto della natura – i critici dell'ambientalismo politico spesso domandano cosa spinga ad occuparsi delle specie animali in via di estinzione e di parchi naturali quando ci si potrebbe occupare dei paesi del Terzo Mondo e della povertà – a quella di essere esplicitamente rivolta contro l'essere umano stesso.
Quest'ultima accusa viene spesso rivolta contro certe forme di ambientalismo radicale, a volte indicate col termine “ecofascismo”, caratterizzate dalla rivendicazione della necessità di azioni unilaterali ed invasive – o dall'invocazione di politiche autoritarie – per risolvere i problemi dell'ambiente. Particolarmente anti-umana, se non addirittura “antropofobica”, è, per i detrattori dell'ambientalismo, l'idea secondo la quale il pianeta Terra non potrebbe ospitare più di un miliardo di esseri umani, ed in virtù della quale sarebbe auspicato un drastico ridimensionamento della popolazione.

 
03

Le iniziative politiche legate all'ambientalismo frenano la crescita economica

FAVOREVOLE

Alle critiche che vedono chiamare in causa i costi economici delle politiche di tutela ambientale, gli ecologisti rispondono principalmente mettendo in questione la scala di valori tramite la quale, in particolar modo nel mondo occidentale industrializzato, vengono gestite le priorità della politica. Viene messo in discussione un modello di società fondato esclusivamente sul profitto economico e rivendicata la possibilità di una società più solidale e nella quale abbiano spazio valori legati alla sfera “spirituale” e alla bellezza. In questo senso viene invocato un vero e proprio “cambio di paradigma”, un radicale cambiamento nei valori e nelle percezioni coi quali la realtà sociale viene compresa. Nondimeno, vengono sottolineate le possibilità di guadagno in termini economici legati alla conversione dei sistemi produttivi, secondo la formula della cosiddetta “green economy” - comparsa per la prima volta in disegno legislativo italiano nel 2014 - o secondo il termine coniato dal fondatore dell'Earth Policy Institute, Lester Brown, “eco-economia”: in queste prospettive politiche l'ambiente “non è più considerato un vincolo, ma uno straordinario fattore di crescita”.

CONTRARIO

Fra le iniziative proprie dell'ambientalismo politico le più diffuse sono quelle volte a limitare le pratiche che provocano danni agli ecosistemi terrestri, fra cui soprattutto l'emissione di Co2 nell'atmosfera, fra le cui conseguenze – sostengono gli ambientalisti – è da annoverare il surriscaldamento del clima globale, un processo che in un periodo di pochi decenni potrebbe causare gravi danni all'ambiente e di conseguenza all'economia mondiale. Bjørn Lomborg, autore de L'ambientalista scettico (L'ambientalista scettico. Non è vero che Terra è in pericolo Mondadori, 2003) critica aspramente i provvedimenti intrapresi a seguito della firma del Protocollo di Kyoto, un documento del 1997 in forza del quale vari paesi si impegnano a ridurre le emissioni di Co2; a suo parere tali riduzioni avranno un impatto minimo sulla salute della Terra, a fronte di enormi danni economici in termini di mancato guadagno. Danni economici al cui computo va immediatamente aggiunto quello delle perdite di posti di lavoro legate alle opere di bonifica e di riduzione dell'impatto ambientale dell'industria pesante volute da un “ambientalismo retrogrado” che, non tenendo conto del principio economico della competitività, dimentica di tutelare come un bene l'economia e il lavoro.

 
04

Abbiamo il dovere di preservare il mondo per le generazioni future

FAVOREVOLE

L'umanità del futuro ha il diritto a ricevere da noi un mondo in cui sia possibile una vita umana degna. Questa è una delle principali argomentazioni teoriche degli ambientalisti, utilizzata solitamente per rigettare argomentazioni che riguardano i costi delle politiche di preservazione ambientale o tendono a contrapporre ad esse proposte la cui utilità sia di maggiore immediatezza. Alla considerazione etica delle generazioni umane future viene dunque fatto riferimento per motivare una politica “lungimirante”, a lungo termine, contrapposta ad una del “qui ed ora”, che alla denuncia dei rischi connessi con lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali potrebbe rispondere con un'ancora maggiore appropriazione egoistica delle stesse fino al loro esaurimento, secondo una logica per la quale “se il mondo deve finire, tanto vale che mi goda ciò che posso, senza riguardo per gli altri”.

CONTRARIO

L'interesse per le generazioni umane future non è certo prerogativa esclusiva degli ambientalisti: si potrebbe sostenere che qualsiasi persona ragionevole non mira ad agire per togliere la possibilità a chi verrà dopo di lui di condurre una vita degna. Il punto sul quale l'ambientalismo politico viene sfidato è quello dell'efficacia delle misure che essi propongono al fine di consegnare a queste generazioni future un mondo in cui sia possibile condurre una vita umana degna: politiche economiche scellerate - come la riduzione forzosa delle emissioni di Co2, secondo l'“ambientalista scettico” Bjørn Lomborg (Cool it. The Skeptical Environmentalist's Guide to Global Warming, Knopf Publishing Group, 2007, trad. it. Maria Cristina Bitti, Stiamo freschi. Perché non dobbiamo preoccuparci troppo del riscaldamento globale, Mondadori, 2008) - non porteranno certo al raggiungimento di questo nobile fine, ed anzi lo ostacoleranno, nel momento in cui sottraggono risorse ad azioni politiche più concrete, come quelle attuate in vista dello sviluppo economico dei paesi del Terzo Mondo e della riduzione della povertà.

 
05

Gli ambientalisti propongono un concetto statico e idealizzato di natura

CONTRARIO

Nella retorica di ambientalisti ed ecologisti risuona come un mantra il richiamo al “paradiso perduto” e ad una “età dell'oro” di armonia con la natura, dalla quale l'uomo, attraverso la cultura e la tecnica si è definitivamente distaccato, pagando il prezzo della sua irrimediabile corruzione morale. Da questo sottinteso culturale deriva la prospettiva viziata dell'ambientalismo, che concepisce la natura come radicalmente separata dall'uomo, e di per sé immutabile ed intoccabile: con questi presupposti, ogni approccio di tutela ambientale non può che configurarsi come “conservazione da”, e mai come “conservazione per”; così come ogni azione umana viene, per converso, irreparabilmente concepita come “non naturale”. Una matura concezione della natura come “prodotto di rapporti sociali”, che non dia per scontati i meccanismi epistemologici che la creano, è il presupposto per un'agenda politica che si affranchi dal timore di “toccare il mondo”, e che rivendichi per l'uomo il diritto a modificare attivamente la natura, senza negare a priori il valore delle sue opere.

 
06

L'esperienza conferma le previsioni teoriche dei sostenitori dell'ambientalismo

FAVOREVOLE

Un'argomentazione diffusa nel dibattito sull'ambientalismo è quella che verte intorno alla plausibilità scientifica di analisi, asserzioni, previsioni. Gli scienziati producono e contrappongono, intorno ai vari temi toccati dalla questione ambientalista, una grande mole di dati, i quali però non sono statici, ma, in virtù del loro accentuato carattere “predittivo” e orientato al futuro, passibili di verifiche nel tempo. Gli ambientalisti chiamano in causa la conferma empirica dei loro modelli e delle loro previsioni contro gli “scettici”, dai quali sono accusati di esagerare nelle loro previsioni “catastrofiste”. È questo per esempio il caso dei ricercatori del cosiddetto Club di Roma, a partire dal cui rapporto fu redatto nel 1974 il testo di Donella Meadows, Dennis Meadows, Jorgen Randers, Limits to growth. The 30-years update (Chelsea Green Publishing Company, 2004, trad. it. Maurizio Ricucci, I nuovi limiti dello sviluppo. La salute del pianeta nel terzo millennio, Mondadori, 2006), la cui edizione viene aggiornata periodicamente al fine di evidenziare le conferme – ed i discostamenti – rispetto ai modelli matematici elaborati in prima battuta.

CONTRARIO

L'accusa di mancanza di scientificità nei confronti degli scienziati di sensibilità ambientalista si declina in varie maniere: una è sicuramente quella che vede smentiti i modelli matematici e le conseguenti previsioni catastrofiche elaborati dagli ambientalisti. Viene denunciato come, a fronte del riscontro empirico della mancanza di attendibilità delle previsioni, nella comunicazione pubblica la credenza in tali previsioni rimanga immutata. Vengono denunciate l'incompetenza e la mancanza di preparazione intorno a questioni che ne richiedono di altamente specifiche: lo stesso Patrick Moore, ad esempio, si allontanò dal gruppo di attivisti “Greenpeace” – del quale era fra i fondatori – in polemica con la mancanza di preparazione scientifica dei volontari, che li portava ad agire in base a luoghi comuni e credenze prive di fondamento. Lontano dalla razionalità scientifica è, per Bjørn Lomborg, il catastrofismo degli ambientalisti, equiparabile alle psicosi da “caccia alle streghe” tipiche delle società pre-scientifiche, come l'Europa medievale o le zone rurali dell'Africa odierna.

 
07

Il movimento ambientalista cerca di far leva sull'emotività del pubblico anziché su argomentazioni razionali

FAVOREVOLE

All'accusa di fare leva sul sensazionalismo, sulle paure irrazionali della gente, gli ambientalisti rispondono in due distinte maniere. La prima è quella di rivendicare la bontà delle proprie ricerche e far notare come la paura sia certo presente nelle loro argomentazioni, ma sia ben motivata dai reali pericoli che solo in virtù di essa vengono presi in considerazione, secondo le dinamiche della “euristica della paura”, descritte sul finire degli anni Settanta del Novecento dal filosofo Hans Jonas. Per il sociologo Ulrich Beck, l'ambientalismo si connota poi come “catastrofismo illuminante”: esiste un “uso profilattico” delle catastrofi future, annunciate “per essere smentite”. La seconda risposta è quella che vede rivendicate le prerogative della sfera emotiva dell'essere umano come parte integrante dei processi decisionali attraverso cui esso determina la propria condotta. In particolare, i sentimenti ai quali maggiormente gli ambientalisti si richiamano esplicitamente sono quelli dell'amore e dell'empatia, orientati verso tutte le creature viventi o verso la vita stessa, presa nella sua totalità (il pianeta Terra inteso come un solo grande essere vivente, chiamato Gaia).

CONTRARIO

I critici del movimento ambientalista notano, nelle argomentazioni dei loro avversari, il sistematico ricorso all'esagerazione dei rischi e delle conseguenze imputate all'attività umana sul Pianeta. Questo “puntare all'emotività” delle persone viene denunciato come un metodo controproducente, poiché la continua insistenza sulla gravità dei rischi non fa che togliere credibilità alle denunce serie: a fronte dei catastrofici rischi paventati dagli ambientalisti. Inoltre, si accetta che vengano tralasciati problemi importanti quali la lotta alla povertà e alla denutrizione o all'HIV, oppure, nel migliore dei casi, si mettono in atto misure inutili ma che hanno l'effetto psicologico di “far sentire in pace con se stessi”.
Oltre a quello di questi fattori psicologici, non minore è il ruolo del conformismo: si assiste, in altre parole, alla diffusione di un ecologismo “modaiolo”, volto nuovo e politically correct del conservatorismo, rivolto costantemente verso una perduta “età dell'oro”. L'insistenza sulla sfera emotiva ha portato il movimento ambientalista ad una impermeabilità rispetto ai fatti reali e a un vero e proprio dogmatismo, equiparabile a quello dell'estremismo religioso.

 
08

Le accuse mosse al movimento ambientalista provengono da lobby interessate a mantenere lo status quo ambientale ai fini del guadagno

FAVOREVOLE

Alle ricerche degli scienziati che segnalano le minacce per l'ambiente causate dall'attività umana vengono spesso contrapposti studi di scienziati che mirano a confutarne la validità scientifica, fornendo dati che ne smentiscono le conclusioni. Gli ambientalisti denunciano come poco attendibili queste produzioni scientifiche, viziate dal loro essere commissionate direttamente dalle industrie ed in genere dalle lobby, i cui interessi vengono messi a repentaglio dall'attività di ricerca degli ambientalisti stessi. Più spesso, denunciano gli ambientalisti, l'attività di finanziamento è meno diretta, e viene attuata attraverso il sovvenzionamento di centri di ricerca, i cui risultati sono maggiormente “compiacenti” con l'attività economica di grandi e facoltose consorterie politico-economiche. Oltre alla produzione scientifica, la propaganda anti-ambientalista finanziata da tali soggetti viene spesso condotta tramite vere e proprie campagne denigratorie sul piano personale.

CONTRARIO

L'accusa di essere foraggiati da lobby e gruppi di potere viene respinta e rinviata al mittente da quegli scienziati che si definiscono “scettici” intorno a questioni come il cambiamento climatico o le politiche di salvaguardia di ecosistemi e specie in pericolo. Questi studiosi, dal versante opposto, denunciano una forma di ostracismo e di censura attuata nei loro confronti da un vero e proprio establishment scientifico-accademico intollerante rispetto alle “voci fuori dal coro” e che si autoattribuisce, intorno a questioni scientificamente dubbie ma ritenute cruciali per una politica ambientalista, “uno schiacciante consenso”.
Tale atteggiamento, frutto del prevalere di posizioni massimaliste all'interno dello stesso movimento ambientalista, produce una sorta di avvitamento auto-referenziale, che conduce alla diffusione di un “messaggio da setta” e all'incapacità di confrontarsi con posizioni alternative.

 
09

L'attuale sistema di produzione condurrà all'estinzione della vita sulla terra

FAVOREVOLE

Ciò che accomuna la maggior parte di coloro che si riconoscono come “ambientalista”, pur nella varietà delle ideologie e delle posizioni assunte, è la convinzione che l'attuale sistema di produzione industriale, nato in Occidente e ormai in via di larga diffusione nei cosiddetti paesi in via di sviluppo, sia ormai divenuto insostenibile per l'ecosistema terrestre.
La minaccia rappresentata dall'attuale sistema umano di sostentamento nei confronti dell'ecosistema è tale per cui l'umanità si sta avviando a tutta velocità verso una catastrofe di dimensioni immani: la sesta fra le grandi estinzioni che hanno falcidiato la biodiversità dai tempi dell'origine della vita sulla Terra, secondo il biologo Edward O. Wilson; un vero e proprio collasso della civiltà, secondo l'antropologo Jared Diamond; secondo il geochimico James Lovelock, un avvelenamento dell'atmosfera ed una risposta di tipo “febbrile” da parte del grande organismo che costituisce l'ecosfera terrestre, Gaia. Viene invocato, in questo senso, un “cambio di passo” e una revisione dell'attuale modello di sviluppo, pur nella consapevolezza che il “punto di non ritorno” potrebbe già esser stato superato.

CONTRARIO

I detrattori e i critici dell'ambientalismo politico negano in primo luogo la portata degli effetti stimati dei cambiamenti climatici indotti – a detta degli ambientalisti – dall'attività umana incontrollata e dal peso della sua impronta ecologica. Si nega la causalità diretta fra l'attività industriale dell'uomo e il riscaldamento globale, la cui pericolosità viene, rispetto alle catastrofiche previsioni degli ambientalisti, ridimensionata: gli effetti del surriscaldamento saranno comunque meno preoccupanti di quelli causati da un raffreddamento intensivo. Sussistono, inoltre, problemi ben maggiori per la popolazione umana mondiale, quali per esempio la povertà endemica e la denutrizione. Nonostante queste evidenze, si sostiene, a livello di percezione pubblica le problematiche ambientali sono considerate priorità maggiori rispetto a quelle inerenti altri settori, precludendo un'azione incisiva in tali direzioni. 

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