Nr. 313
Pubblicato il 21/03/2025

L’esclusione di Georgescu dalle elezioni presidenziali è violazione della democrazia

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

Călin Georgescu è un politico e analista rumeno, noto per le sue posizioni nazionaliste e anti-globaliste. Nato nel 1962 a Bucarest, ha ricoperto diversi incarichi di rilievo in ambito internazionale, lavorando come consulente per l’ONU e altre organizzazioni intergovernative, specializzandosi in sviluppo sostenibile e politiche ambientali. Nel corso della sua carriera, ha progressivamente abbracciato una visione più critica nei confronti dell’Unione Europea e della NATO, sostenendo la necessità di un rafforzamento della sovranità nazionale della Romania. La sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2025 lo ha reso una figura estremamente divisiva: per alcuni, un leader anti-establishment capace di dare voce al malcontento popolare, per altri, un pericoloso populista con legami ambigui con la Russia.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

01 - L'esclusione di Georgescu dalla corsa presidenziale tutela la Democrazia e lo Stato di Diritto

L'esclusione di Georgescu dalla corsa presidenziale in Romania è stata giustificata come una necessaria misura di difesa della democrazia e dello Stato di diritto.

02 - L’esclusione di Georgescu è violazione della Democrazia e censura politica

Numerosi osservatori internazionali e una parte significativa dell’opinione pubblica hanno visto nell'eliminazione di Georgescu una pericolosa violazione del principio democratico.

03 - L’esclusione di Georgescu contrasta la crescita dell'estrema destra e del nazionalismo radicale

La crescita dell’estrema destra in Romania e il ruolo di Georgescu nella radicalizzazione politica hanno rappresentato un serio campanello d’allarme per le istituzioni democratiche del paese e per l’UE.

04 - L’esclusione di Georgescu ha radicalizzato l’elettorato e aumentato il malcontento popolare

Invece di eliminare il problema del nazionalismo radicale, la squalifica di Georgescu ha avuto l’effetto di rafforzare il sentimento di esclusione e di vittimizzazione tra una parte significativa della popolazione.

05 - Fermare Georgescu evita l’erosione dei rapporti con l’Unione Europea e la NATO

La Romania è uno dei paesi più esposti alle tensioni generate dalla guerra in Ucraina e dall’espansionismo russo. L’ascesa di Georgescu ha sollevato allarmi, poiché la sua elezione avrebbe potuto compromettere l’equilibrio strategico del paese.

06 - Ci sono state influenze straniere nel processo elettorale rumeno

Diversi analisti hanno sollevato il sospetto che la squalifica di Georgescu sia stata orchestrata sotto pressioni internazionali, in particolare da parte dell’Unione Europea e della NATO.

 
01

L'esclusione di Georgescu dalla corsa presidenziale tutela la Democrazia e lo Stato di Diritto

FAVOREVOLE

L'esclusione di Călin Georgescu dalla corsa presidenziale in Romania è stata giustificata dal governo e dalle autorità giudiziarie come una necessaria misura di difesa della democrazia e dello Stato di diritto. Il Tribunale Costituzionale ha dichiarato che la candidatura dell’ex funzionario dell’ONU violava le norme sul finanziamento delle campagne elettorali e costituiva una minaccia alla stabilità politica del paese. Secondo i rapporti dei servizi segreti romeni, Georgescu avrebbe beneficiato di ingenti finanziamenti non dichiarati, provenienti da canali sospetti legati a interessi russi. Questa rivelazione ha sollevato il timore che la sua elezione potesse compromettere la sicurezza nazionale, allineando la Romania con le strategie geopolitiche di Mosca anziché con quelle dell’Unione Europea e della NATO, di cui il paese fa parte dal 2004.
Le indagini, pubblicate in parte da testate internazionali come “Financial Times” e “Politico Europe”, hanno evidenziato come Georgescu avesse condotto una campagna elettorale massiccia su piattaforme digitali come TikTok e Telegram, dove aveva rapidamente costruito un seguito di milioni di utenti, diffondendo contenuti anti-UE e anti-NATO. Secondo alcuni analisti, questa popolarità improvvisa era sospetta e faceva eco alle tecniche di propaganda digitale già utilizzate dalla Russia in altre elezioni europee. L'influenza di bot russi e account coordinati nell’amplificare la sua presenza online è stata segnalata anche dal Digital Forensic Research Lab, che ha documentato un aumento anomalo dell’engagement nei suoi post tra ottobre e novembre 2024, proprio nel periodo pre-elettorale.
L’allarme è stato rafforzato da alcune dichiarazioni pubbliche dello stesso Georgescu, che si era espresso più volte a favore di Vladimir Putin, sostenendo che l’Ucraina fosse “uno Stato inventato” e che l’Unione Europea fosse un “progetto fallimentare”. Le sue posizioni hanno alimentato timori tra i leader occidentali, che hanno visto nella sua candidatura un cavallo di Troia per gli interessi russi nella regione. L’Unione Europea, attraverso un comunicato ufficiale, ha sostenuto la decisione del Tribunale Costituzionale rumeno, sottolineando come l’intervento fosse necessario per proteggere la democrazia dalle ingerenze straniere.
La Romania, essendo uno dei paesi più esposti alla minaccia russa, ha ritenuto prioritario bloccare qualunque possibile tentativo di destabilizzazione interna. Secondo un’analisi pubblicata da “El País”, il paese ha un ruolo chiave nella strategia NATO di contenimento della Russia e non può permettersi di avere un leader che metta in discussione la sua fedeltà all’alleanza. In questo senso, la decisione di escludere Georgescu è stata vista come un atto di autotutela nazionale, volto a garantire che il paese rimanga un partner affidabile dell’Occidente.
Oltre agli aspetti di sicurezza internazionale, la decisione è stata motivata anche da questioni di integrità del processo democratico. L’indagine ha rivelato che la campagna elettorale di Georgescu avrebbe ricevuto finanziamenti illeciti attraverso circuiti off-shore, in violazione delle leggi sul finanziamento della politica. Il sistema giuridico rumeno, che ha già dovuto affrontare scandali di corruzione negli ultimi anni, ha quindi ritenuto essenziale applicare un controllo rigoroso per evitare che un candidato compromesso potesse salire al potere.
Un altro aspetto rilevante della sua esclusione riguarda il rischio di una deriva autoritaria e nazionalista. Georgescu non ha mai nascosto la sua ammirazione per il modello ungherese di Viktor Orbán, un leader noto per le sue posizioni anti-democratiche e per i suoi stretti rapporti con il Cremlino. Inoltre, le sue dichiarazioni su Corneliu Zelea Codreanu e Ion Antonescu, due figure storiche associate al passato fascista della Romania, hanno suscitato polemiche internazionali. Secondo un'inchiesta di “The Guardian”, la sua retorica ha contribuito ad alimentare un’ondata di sentimenti razzisti e xenofobi nel paese, specialmente contro le minoranze rom ed ebraiche. Il timore che un suo governo potesse portare a una repressione delle libertà civili ha spinto molte organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, a esprimere preoccupazione per il suo possibile successo elettorale.
La sua squalifica ha quindi avuto un impatto immediato sulla politica nazionale ed europea. Sebbene alcuni abbiano criticato la decisione come un abuso di potere, molti analisti ritengono che si sia trattato di una necessità per proteggere la Romania da una crisi politica ed economica che avrebbe potuto compromettere il suo ruolo all’interno dell’UE e della NATO.

Nina Celli, 21 marzo 2025

 
02

L’esclusione di Georgescu è violazione della Democrazia e censura politica

CONTRARIO

Se da un lato il governo e le istituzioni hanno giustificato la decisione di escludere Georgescu dalla corsa presidenziale con la necessità di proteggere il paese da influenze esterne e derive estremiste, dall’altro numerosi osservatori internazionali e una parte significativa dell’opinione pubblica hanno visto nella sua eliminazione una pericolosa violazione del principio democratico. La decisione del Tribunale Costituzionale rumeno, supportata dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, ha impedito a Georgescu di partecipare alle elezioni, nonostante avesse ottenuto il maggior numero di voti nel primo turno, una situazione che ha sollevato domande sulla legittimità del processo elettorale e sul ruolo delle élite politiche nel determinare chi possa o meno candidarsi.
Secondo “Al Jazeera”, la squalifica di Georgescu è stata percepita da molti cittadini come una mossa orchestrata per neutralizzare un candidato anti-sistema che rappresentava una minaccia per l’establishment politico. I sondaggi condotti nei giorni successivi alla decisione della Corte Costituzionale hanno rivelato che oltre il 46% della popolazione rumena ritiene ingiustificato l’annullamento del primo turno, mentre solo il 41% lo considera una misura necessaria per garantire la stabilità del paese. Questo significa che quasi la metà degli elettori considera l’esclusione di Georgescu un atto di censura politica piuttosto che una protezione della democrazia.
L’intervento delle autorità ha suscitato preoccupazioni anche a livello internazionale. “Radio Free Europe/Radio Liberty” ha riportato come diverse personalità di spicco, tra cui Elon Musk e J.D. Vance, abbiano criticato la decisione rumena, sostenendo che essa rappresentasse un precedente pericoloso di manipolazione elettorale. Musk, con un post su X (ex Twitter), ha affermato che la Romania si stava comportando come “una dittatura che reprime il dissenso politico”, un’affermazione che ha contribuito a internazionalizzare la controversia. Anche negli Stati Uniti, alcuni settori del Partito Repubblicano hanno espresso dubbi sull’interferenza dell’Occidente nelle elezioni rumene, chiedendosi se la pressione esercitata dall’Unione Europea e dalla NATO non fosse stata eccessiva.
Anche il ruolo dei servizi segreti nella decisione di annullare il primo turno delle elezioni ha alimentato il dibattito. Secondo un’inchiesta di “Balkan Insight”, le prove di interferenze russe citate dalla Corte Costituzionale erano basate su rapporti dell’intelligence rumena, che non sono mai stati resi pubblici nella loro interezza. Questa mancanza di trasparenza ha portato alcuni analisti a ipotizzare che le accuse di finanziamenti illeciti e ingerenze esterne potessero essere state esagerate o strumentalizzate per eliminare un candidato scomodo. In altre parole, la decisione di escludere Georgescu potrebbe non essere stata solo una misura preventiva contro l’influenza russa, ma anche un’operazione interna per garantire che le elezioni rimanessero sotto il controllo dell’élite politica tradizionale.
Anche la gestione della crisi da parte delle autorità ha contribuito ad alimentare la tensione nel paese. Dopo l’annuncio della squalifica di Georgescu, migliaia di suoi sostenitori sono scesi in piazza a Bucarest e in altre città rumene per protestare contro la decisione. “Al Jazeera” ha documentato scene di scontri tra manifestanti e polizia, con arresti e accuse di uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine. Le proteste non sono state solo un’espressione di rabbia per l’esclusione di Georgescu, ma anche un segnale del profondo malcontento della popolazione nei confronti della classe politica tradizionale.
L’esclusione di Georgescu avrebbe anche minato la fiducia nella democrazia rumena. “Il Post” ha sottolineato come la decisione abbia alimentato un clima di sfiducia nelle istituzioni, poiché molti elettori hanno interpretato l’accaduto come la conferma che il sistema è manipolabile dall’alto. L’idea che un candidato possa essere eliminato non attraverso il voto popolare, ma per decisione di un tribunale ha rafforzato la convinzione che la democrazia in Romania sia ancora fragile e vulnerabile alle pressioni delle élite.
Inoltre, l’esclusione di Georgescu non ha risolto il problema dell’estrema destra in Romania, ma lo ha solo trasformato. Come riportato da “Euronews”, dopo la squalifica del candidato, il suo movimento ha trovato nuove figure di riferimento, tra cui George Simion e Anamaria Gavrilă, che stanno cercando di capitalizzare il malcontento degli elettori di Georgescu. Invece di contenere la crescita del nazionalismo e dell’euroscetticismo, la decisione potrebbe averli alimentati ulteriormente, dando ai sostenitori di Georgescu una nuova narrativa di vittimizzazione.

Nina Celli, 21 marzo 2025

 
03

L’esclusione di Georgescu contrasta la crescita dell'estrema destra e del nazionalismo radicale

FAVOREVOLE

La crescita dell’estrema destra in Romania e il ruolo di Călin Georgescu nella radicalizzazione del panorama politico hanno rappresentato un serio campanello d’allarme per le istituzioni democratiche del paese e per l’UE. La sua ascesa non è stata un fenomeno isolato, ma il riflesso di una tendenza più ampia che ha visto emergere movimenti ultranazionalisti in diversi paesi dell’Europa orientale. Tuttavia, il caso rumeno è stato particolarmente critico perché, oltre al carattere populista e anti-sistema del suo messaggio, Georgescu ha costruito la sua immagine attingendo direttamente dalla simbologia e dalla retorica della “Guardia di Ferro”, l’organizzazione fascista che negli anni ’30 e ’40 aveva instaurato un regime totalitario e antisemita in Romania. Secondo “The Guardian”, il suo linguaggio ha spesso riecheggiato quello dei movimenti interbellici, evocando la necessità di una “rigenerazione morale” della nazione e definendo le istituzioni occidentali come nemiche del popolo rumeno.
Uno degli aspetti più preoccupanti della sua campagna è stato l’utilizzo mirato della disinformazione e della propaganda online per amplificare sentimenti di rabbia e frustrazione tra la popolazione. Come evidenziato da un’analisi di “Financial Times”, Georgescu ha saputo sfruttare TikTok e Telegram per diffondere teorie complottiste, sostenendo che la Romania fosse ormai sotto il controllo di “élite globaliste” che ne stavano svendendo la sovranità all’Unione Europea. Questa strategia gli ha permesso di attrarre un vasto seguito, specialmente tra i giovani e tra coloro che si sentivano emarginati dai partiti tradizionali. L’indagine di “Romea.cz” ha rivelato come i suoi video propagandistici abbiano raggiunto milioni di visualizzazioni in poche settimane, in un contesto in cui la fiducia nelle istituzioni democratiche rumene era già fortemente erosa dalla corruzione e dalla crisi economica.
“El País” ha documentato come Georgescu abbia più volte espresso simpatia per Vladimir Putin e Viktor Orbán, presentandoli come modelli da seguire per la Romania. In diverse interviste, ha dichiarato che il paese avrebbe dovuto “liberarsi” dalle imposizioni dell’UE e riacquistare piena sovranità nazionale, una retorica che ha risuonato tra i sostenitori dell’estrema destra. Il suo programma politico prevedeva infatti una revisione dei trattati con l’Unione Europea, una riduzione della cooperazione militare con la NATO e un rafforzamento delle relazioni economiche con Russia e Cina. Secondo un rapporto di “Politico Europe”, se fosse stato eletto, avrebbe potuto seriamente compromettere la stabilità del blocco europeo, creando un’ulteriore frattura tra Bruxelles e i governi euroscettici dell’Europa centrale e orientale.
La sua figura è stata anche associata a un preoccupante aumento di episodi di odio e intolleranza nel paese. “DW” ha riportato numerosi casi di aggressioni contro membri delle comunità rom e LGBTQ+, spesso accompagnate da slogan che riprendevano i discorsi di Georgescu sulla “purezza della nazione”. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Europeo sull’Estremismo, dal novembre 2024 al marzo 2025 i crimini d’odio in Romania sono aumentati del 37%, un dato che coincide con il periodo di massima visibilità del candidato di estrema destra. Organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, hanno lanciato allarmi sulla radicalizzazione dei suoi sostenitori, che lo consideravano l’unico vero difensore dell’identità nazionale.
Un altro aspetto centrale della sua campagna è stato l’utilizzo della religione come strumento politico. Georgescu ha ottenuto il sostegno di numerosi esponenti della Chiesa ortodossa rumena, che lo hanno descritto come l’unico candidato in grado di difendere i valori tradizionali. Secondo “Balkan Insight”, ha più volte attaccato la “decadenza morale” dell’Occidente e si è opposto a qualsiasi forma di educazione sessuale nelle scuole, ritenendola una minaccia ai valori cristiani della Romania. Questa strategia ha aumentato il suo appeal tra le fasce più conservatrici della società, ma ha anche alimentato tensioni tra laici e religiosi, polarizzando ulteriormente il dibattito politico.
La sua esclusione dalle elezioni, dunque, non è stata solo una misura preventiva contro le interferenze russe, ma anche un atto necessario per contenere l’ascesa di un movimento estremista che avrebbe potuto destabilizzare l’intero paese. Con l’esclusione di Georgescu dalle presidenziali, le autorità rumene hanno dimostrato di essere disposte a difendere la democrazia anche a costo di misure drastiche.
Tuttavia, questo non risolve il problema del radicalismo politico in Romania. Come riportato da “Il Post”, la sua eredità politica è stata raccolta da altri leader di estrema destra, come George Simion e Anamaria Gavrilă, che stanno cercando di canalizzare il malcontento della popolazione per rafforzare il movimento sovranista.

Nina Celli, 21 marzo 2025

 
04

L’esclusione di Georgescu ha radicalizzato l’elettorato e aumentato il malcontento popolare

CONTRARIO

L’esclusione di Călin Georgescu dalla corsa presidenziale ha alimentato una reazione di rabbia e frustrazione tra i suoi sostenitori, contribuendo alla radicalizzazione dell’elettorato e all’aumento della sfiducia nelle istituzioni. Invece di eliminare il problema del nazionalismo radicale, la sua squalifica ha avuto l’effetto opposto, rafforzando il sentimento di esclusione e di vittimizzazione tra una parte significativa della popolazione. Il populismo, anziché essere sconfitto nelle urne, è stato respinto per via giudiziaria, un’azione che ha dato nuova linfa ai movimenti di estrema destra, che ora si presentano come le uniche vere alternative a un sistema percepito come corrotto e manipolato.
Dopo l’annuncio della sua squalifica, migliaia di persone sono scese in piazza a Bucarest e in altre città, dando vita a manifestazioni che, in alcuni casi, sono sfociate in scontri con la polizia. “Al Jazeera” ha documentato le proteste, sottolineando come la rabbia popolare non fosse diretta solo contro l’esclusione di Georgescu, ma contro un sistema politico visto come elitario e distante dalle reali esigenze della popolazione. Per molti manifestanti, la squalifica non è stata interpretata come una misura necessaria per proteggere la democrazia, ma come un’ulteriore prova che la volontà popolare può essere ignorata dall’establishment politico e giudiziario.
Secondo un’analisi pubblicata da “Radio Free Europe/Radio Liberty”, oltre il 40% degli elettori rumeni ha dichiarato di non fidarsi più del sistema elettorale dopo l’annullamento del primo turno delle elezioni. Questo dato è particolarmente preoccupante, poiché una democrazia può funzionare solo se i cittadini credono nella legittimità delle sue istituzioni. L’esclusione ha generato una pericolosa narrativa tra gli elettori più radicalizzati, secondo la quale il paese non sarebbe più una vera democrazia, ma controllato da potenze straniere e da élite corrotte.
La squalifica di Georgescu ha anche rafforzato il sostegno ad altri leader dell’estrema destra, come George Simion e Anamaria Gavrilă, che hanno saputo canalizzare il malcontento dell’elettorato per consolidare il proprio consenso. “Il Post” ha sottolineato come la sua esclusione abbia dato maggiore visibilità a queste figure, permettendo loro di presentarsi come gli unici eredi del messaggio sovranista e nazionalista che Georgescu aveva diffuso. Se il governo sperava di arginare il fenomeno del populismo escludendo un solo candidato, il risultato è stato esattamente l’opposto: il movimento si è frammentato in più fazioni, rendendo più difficile contenerlo e neutralizzarlo attraverso la normale dialettica politica.
Si rileva, inoltre, un aumento dell’ostilità verso l’Unione Europea e la NATO. Molti suoi sostenitori hanno interpretato la decisione della Corte Costituzionale come il risultato di pressioni internazionali, in particolare da parte di Bruxelles e Washington. Secondo “Balkan Insight”, le accuse di ingerenza occidentale nelle elezioni rumene sono diventate uno dei principali temi della nuova narrazione populista, con affermazioni secondo cui la Romania non sarebbe più uno stato sovrano, ma un paese controllato dall’Occidente. Questo sentimento ha alimentato un’ondata di disinformazione sui social media.
Secondo un’inchiesta condotta da “The Economist”, dopo l’esclusione di Georgescu il sostegno ai partiti tradizionali ha subito un drastico calo, mentre i partiti di estrema destra hanno registrato un aumento del 15% nei consensi. Questo dimostra che l’esclusione non ha risolto il problema, ma lo ha semplicemente trasformato, dando ai populisti una nuova narrativa con cui attrarre consensi.
“Politico Europe” ha evidenziato come la squalifica di Georgescu sia stata vista con sospetto anche da molti leader dell’estrema destra europea, che l’hanno interpretata come un tentativo di silenziare l’opposizione sovranista a livello continentale. Marine Le Pen, Matteo Salvini e Viktor Orbán hanno espresso preoccupazione per quanto accaduto, sostenendo che l’Unione Europea stia progressivamente adottando metodi repressivi per impedire ai movimenti nazionalisti di guadagnare terreno. Questo ha rafforzato l’idea, diffusa tra gli elettori di Georgescu, che la Romania sia ormai parte di un sistema in cui il pluralismo politico è limitato e in cui solo i candidati favorevoli all’integrazione europea possono aspirare a ruoli di governo.
A livello sociale, la decisione della Corte Costituzionale ha rafforzato la polarizzazione politica nel paese. Mentre una parte della popolazione ha accolto con favore l’esclusione, un’altra parte si è sentita tradita e ha radicalizzato le proprie posizioni. “Euronews” ha evidenziato come le tensioni tra gruppi pro-europei e nazionalisti siano aumentate, portando a un clima politico sempre più infuocato, con episodi di intolleranza e scontri verbali tra fazioni opposte.

Nina Celli, 21 marzo 2025

 
05

Fermare Georgescu evita l’erosione dei rapporti con l’Unione Europea e la NATO

FAVOREVOLE

La Romania si trova in una posizione geopolitica cruciale all’interno dell’Unione Europea e della NATO, ed è uno dei paesi più esposti alle tensioni generate dalla guerra in Ucraina e dall’espansionismo russo nell’Europa orientale. L’ascesa di Călin Georgescu, con le sue posizioni apertamente critiche nei confronti dell’Unione Europea e della NATO, ha sollevato allarmi a livello internazionale, poiché la sua elezione avrebbe potuto compromettere l’equilibrio strategico del paese e i rapporti con i suoi principali alleati occidentali. La sua esclusione dalla corsa presidenziale, dunque, non è stata solo una questione di politica interna, ma una decisione necessaria per preservare il ruolo della Romania all’interno del blocco euro-atlantico.
Negli ultimi anni, la Romania è diventata un attore sempre più importante all’interno della NATO, ospitando basi militari statunitensi e partecipando attivamente alle operazioni di deterrenza nei confronti della Russia. Secondo un'analisi di “Politico Europe”, il paese ha ricevuto miliardi di euro in aiuti militari e logistici da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea per rafforzare il fianco orientale dell’alleanza. L’elezione di un presidente con posizioni euroscettiche e filorusse avrebbe potuto compromettere questa cooperazione strategica, riducendo il livello di sicurezza del paese. “El País” ha evidenziato come gli Stati Uniti abbiano espresso forte preoccupazione per la possibilità che la Romania potesse diventare un anello debole della NATO, specialmente in un momento in cui la stabilità dell’Europa orientale è minacciata dall’aggressione russa in Ucraina.
Le posizioni di Georgescu sulla NATO e sulla politica estera rumena erano chiaramente in contrasto con gli impegni internazionali del paese. Durante la sua campagna elettorale, aveva ripetutamente affermato che la Romania avrebbe dovuto ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti e avviare un processo di “riavvicinamento” alla Russia, sostenendo che le sanzioni imposte a Mosca dall’UE fossero dannose per l’economia rumena. “DW” ha riportato che uno dei punti chiave del suo programma politico era l’uscita della Romania dalle sanzioni europee contro la Russia, una mossa che avrebbe minato la coesione dell’Unione Europea.
Un altro aspetto critico della candidatura di Georgescu riguardava il suo rapporto con il governo ungherese di Viktor Orbán. “Financial Times” ha rivelato che il candidato aveva avuto diversi incontri con esponenti del governo ungherese e aveva espresso ammirazione per il modello di governance di Orbán, il quale è noto per la sua opposizione all’Unione Europea e per i suoi rapporti ambigui con il Cremlino. Il rischio che la Romania potesse seguire una traiettoria simile a quella dell’Ungheria ha preoccupato Bruxelles, che ha visto in Georgescu una minaccia all’integrità dell’UE, in un momento in cui le istituzioni europee stanno cercando di contenere l’influenza di leader nazionalisti e autoritari all’interno del blocco.
L’impatto economico della sua possibile elezione avrebbe potuto essere altrettanto disastroso. “The Economist” ha stimato che l’incertezza generata dalle sue posizioni euroscettiche avrebbe potuto portare a un calo degli investimenti esteri, mettendo in difficoltà l’economia rumena, che negli ultimi anni ha beneficiato di ingenti finanziamenti europei per lo sviluppo delle infrastrutture e della modernizzazione industriale. Il solo annuncio della sua vittoria nel primo turno delle elezioni aveva provocato un’immediata reazione negativa dei mercati finanziari, con un calo della moneta locale e un aumento del rischio paese, segnalando le potenziali conseguenze di una sua presidenza sul clima economico del paese.
Il rischio più grande, però, riguardava la posizione della Romania all’interno della NATO e la sua sicurezza nazionale. “RFE/RL” ha riportato che, durante una delle sue apparizioni pubbliche, Georgescu ha definito l’alleanza atlantica “un residuo della Guerra Fredda” e ha suggerito che il paese avrebbe dovuto adottare una posizione più neutrale nei confronti della Russia. Questa dichiarazione ha immediatamente attirato critiche da parte di funzionari della difesa e di esperti di sicurezza, i quali hanno sottolineato che un eventuale indebolimento dell’impegno della Romania nella NATO avrebbe potuto rendere il paese più vulnerabile a pressioni e minacce da parte di Mosca. La Romania, con il suo accesso strategico al Mar Nero e la sua vicinanza all’Ucraina, è infatti una delle nazioni più esposte a operazioni di destabilizzazione da parte russa.
L’esclusione di Georgescu, approvata anche da Bruxelles e Washington, ha quindi evitato un pericoloso ribaltamento della politica estera rumena, proteggendo il paese da un rischio di isolamento. Se Georgescu fosse stato eletto, la Romania avrebbe potuto trasformarsi in un altro tassello della strategia russa per indebolire l’Unione Europea e la NATO, minando la stabilità dell’intero continente.

Nina Celli, 21 marzo 2025

 
06

Ci sono state influenze straniere nel processo elettorale rumeno

CONTRARIO

L’esclusione di Georgescu dalla corsa presidenziale rumena ha sollevato dubbi anche sulla possibile influenza straniera nella politica interna del paese. Diversi analisti hanno sollevato il sospetto che la squalifica di Georgescu sia stata orchestrata sotto pressioni internazionali, in particolare da parte dell’Unione Europea e della NATO. Questa ipotesi ha alimentato una nuova ondata di scetticismo sulla sovranità della Romania.
Secondo un’inchiesta pubblicata da “Radio Free Europe/Radio Liberty”, la decisione della Corte Costituzionale rumena di escludere Georgescu si è basata su rapporti dei servizi segreti che non sono mai stati resi pubblici nella loro interezza. Questo alone di segretezza ha lasciato spazio a numerose speculazioni, secondo cui le prove contro Georgescu potrebbero essere state costruite ad arte per giustificare la sua esclusione. Un dato che ha fatto insospettire molti osservatori è che le critiche più forti contro la sua candidatura sono arrivate proprio dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, i principali alleati della Romania nella NATO. Il “Financial Times” ha riportato che, nei mesi precedenti alla sua squalifica, Bruxelles e Washington avevano espresso preoccupazioni crescenti sulla possibilità che Georgescu potesse riorientare la politica estera rumena. Uno degli elementi che rafforza questa tesi è la tempistica con cui l’esclusione è stata annunciata. Secondo “Politico Europe”, il Tribunale Costituzionale ha invalidato la sua candidatura poche settimane dopo un vertice tra i leader della NATO e dell’Unione Europea, in cui si era discusso dell’importanza di mantenere la Romania allineata alla strategia occidentale contro la Russia. Questa coincidenza temporale ha sollevato sospetti di interferenze politiche, poiché Georgescu era l’unico candidato che proponeva apertamente una riduzione dell’impegno rumeno nella NATO e una revisione dei rapporti con Bruxelles. Anche se le autorità rumene hanno negato di aver subito pressioni, la narrazione di un intervento esterno si è diffusa rapidamente tra i suoi sostenitori, rafforzando l’idea che la Romania non sia realmente libera di scegliere il proprio percorso politico.
L’UE ha dichiarato il suo pieno sostegno alla decisione della Romania, sottolineando che la democrazia deve essere difesa anche attraverso misure di esclusione nei confronti di candidati che rappresentano un pericolo per la stabilità istituzionale. Tuttavia, come riportato da “Euronews”, questa posizione ha sollevato molte critiche, perché ha lasciato intendere che l’UE possa intervenire direttamente nei processi politici nazionali, influenzando le scelte di un paese membro. L’impressione che si è diffusa tra una parte dell’elettorato è che le istituzioni europee non abbiano permesso alla Romania di decidere autonomamente, ma abbiano agito per proteggere i propri interessi geopolitici. Le conseguenze sono tangibili: si è registrato aumento del consenso per i partiti euroscettici.
Secondo un sondaggio pubblicato da “The Economist”, dopo la squalifica di Georgescu, il supporto alla permanenza della Romania nell’Unione Europea è sceso dal 63% al 51%, un calo significativo che dimostra quanto la vicenda abbia inciso sulla percezione dell’UE tra i cittadini rumeni. Se l’obiettivo era quello di evitare un’ulteriore crescita del populismo, il risultato è stato l’opposto: sempre più cittadini vedono Bruxelles come un’entità che impone decisioni dall’alto, senza rispettare la volontà popolare.
La questione diventa ancora più critica se si considera il ruolo degli Stati Uniti. Secondo un’analisi pubblicata da “Balkan Insight”, alcune dichiarazioni di funzionari statunitensi hanno lasciato intendere che Washington non avrebbe tollerato un cambio di orientamento politico in Romania. Durante una conferenza stampa a fine 2024, un alto rappresentante del Dipartimento di Stato USA aveva dichiarato che “la Romania è un pilastro della stabilità euro-atlantica e deve continuare su questa strada”, un messaggio che molti hanno interpretato come una chiara opposizione alla candidatura di Georgescu. Anche se non esistono prove dirette di un coinvolgimento attivo degli Stati Uniti, il fatto che la Casa Bianca abbia subito accolto con favore l’esclusione del candidato rafforza i sospetti di un’influenza esterna.
Anche alcuni partiti politici europei hanno espresso preoccupazione, in particolare quelli legati alla destra sovranista. Marine Le Pen in Francia e Matteo Salvini in Italia hanno dichiarato che l’esclusione di Georgescu è stata un chiaro esempio di come l’Unione Europea stia progressivamente limitando la sovranità nazionale dei suoi stati membri.
Se la Romania continuerà a essere percepita come un paese privo di reale autonomia politica, il rischio è che sempre più cittadini si allontanino dall’Unione Europea, alimentando il sentimento sovranista e anti-establishment. Il caso Georgescu ha dimostrato che la democrazia può essere vulnerabile non solo alle ingerenze russe, ma anche a quelle occidentali, aprendo un dibattito su quanto un paese dell’UE possa realmente decidere in autonomia il proprio futuro politico.

Nina Celli, 21 marzo 2025

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