Le teorie scientifiche rappresentano la realtà
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
La questione se le teorie scientifiche formulate dalla mente umana rispecchino effettivamente la realtà oggettiva delle cose o se, viceversa, siano semplicemente costruzioni convenzionali, utili a fini pratici ma puramente soggettive, è una delle più antiche e dibattute in ambito filosofico.
Essa ha le sue origini nell’antichità e acquisisce una grande importanza nella filosofia medievale sotto il nome di “disputa sugli universali”: gli universali (ossia le idee e le categorie mentali) esistevano anche al di fuori del pensiero umano, oppure essi erano semplici “nomi”, privi di esistenza?
La disputa, progressivamente spogliatasi delle implicazioni metafisiche e religiose del periodo medievale, proseguì in età moderna e contemporanea, investendo particolarmente il campo della filosofia della scienza e subendo profonde mutazioni.
Nel campo dell'epistemologia contemporanea si è assistito ad una progressiva marginalizzazione delle posizioni idealiste, sostenitrici della non esistenza (o dell'impossibilità di provare l'esistenza) del mondo esterno all'osservatore. Quasi tutti i filosofi della scienza contemporanei condividono la tesi dell'esistenza degli oggetti osservati dalla scienza, e si dividono piuttosto sull'arbitrarietà o meno di organizzare tali oggetti in teorie scientifiche complesse: tale organizzazione è solo convenzionale come vogliono i convenzionalisti, o fedele rispecchiamento della realtà?
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
La questione se le teorie scientifiche formulate dalla mente umana rispecchino la realtà oggettiva delle cose o se, invece, non siano solo costruzioni convenzionali, utili a fini pratici ma puramente soggettive, è una delle più antiche e dibattute in ambito filosofico. Le idee e le categorie mentali esistono anche al di fuori del pensiero umano, oppure sono semplici “nomi”, privi di esistenza?
Il realismo è una spiegazione efficace della realtà. Il successo empirico delle teorie scientifiche non può essere dovuto al caso. Esso può fornirci una descrizione adeguata del mondo che ci circonda. Non vi è alcun motivo di abbandonarlo, poiché le altre teorie non possono dimostrare la loro validità, né sono in grado di fornire previsioni efficaci, né di dirci alcunché sul mondo.
Se il realismo deve essere accettato perché utile vuol dire che esso non può fondarsi su se stesso e deve ricorrere a prove esterne per sostenersi. Nessuno ha mai osservato delle “teorie scientifiche in sé”. La scienza è fondata su teorie basate su principi non osservabili. Sono puri strumenti esplicativi di comodo. Pertanto, non si può pensare che esse siano vere indipendentemente da noi.
Metafisica, etica o religione non forniscono conoscenze all'uomo, ma sono il frutto di un suo atteggiamento emotivo verso la realtà. La scienza è l'unica disciplina a fornire vero sapere, poiché deve rispondere al principio di verificazione, criterio di distinzione tra proposizioni sensate, passibili di verifica empirica, e proposizioni insensate, per le quali non può esserci verifica.
I passi attraverso cui progredisce la scienza sono più complessi del solo processo di ideazione di teorie e verificazione. Non c’è un modo neutro per organizzare fatti empirici in teorie scientifiche. Queste spesso si basano sul caso e su fattori extrascientifici, che rendono impossibile un riconoscimento di oggettività alle teorie scientifiche. Anche principio di verificazione è indimostrabile.
Il senso comune è quell'insieme di credenze certe ed evidenti che permea l'agire umano nel mondo. Per quanto riguarda il problema dell'esistenza degli oggetti al di là dell'osservazione dell'uomo, il senso comune si fa fautore di un'opinione realista: esistono infinità di oggetti materiali che esistono e di cui nessuno è consapevole e non vi è nessuna ragione per sostenere il contrario.
Pur accettando il senso comune, la scienza ha dato il quadro di un mondo che si discosta dall'esperienza: vi è una rottura tra conoscenza empirica e scienza. Le due spesso non sono in sintonia. Una teoria scientifica può avere caratteri arbitrari anche se fondata su osservazioni oggettive. C’è chi considera relativi i concetti scientifici, poiché sono un insieme di operazioni empiriche.
Non esiste una certezza assoluta riguardo al realismo, tuttavia, esso è la migliore spiegazione possibile della realtà non esistendo alternative dimostrabili
Il realismo è una spiegazione accettabile ed efficace della realtà. Il successo empirico delle teorie scientifiche, infatti, non può essere dovuto al caso, o a un miracolo. Esso è in grado di fornirci una descrizione adeguata del mondo che ci circonda. Pur ammettendo che non sia possibile ottenere una dimostrazione certa, assoluta e irrevocabile della validità delle pretese del realismo, non vi è alcun motivo di abbandonarlo quando le teorie avverse non solo non possono dimostrare la loro validità (come può una teoria che nega la possibilità di raggiungere una verità oggettiva dimostrare di essere oggettivamente vera?) ma non sono neppure in grado di fornire previsioni utili e efficaci, né di dirci alcunché sul mondo.
Ammettere che il realismo deve essere accettato in quanto utile vuol dire ammettere che esso non può fondarsi su se stesso e deve quindi ricorrere ad espedienti esterni per sostenersi.
D'altronde, non può essere altrimenti, in quanto la scienza, per sua stessa essenza, è nata per spiegare e fornire coerenza sulla base di principi non osservabili ciò che è osservabile, che altrimenti rimarrebbe privo di un senso.
La scienza è quindi sì utile, ma interamente fondata su teorie che, proprio perché basate su tali principi non osservabili, rimangono puri strumenti esplicativi di comodo. Nessuno ha mai osservato delle “teorie scientifiche in sé”. Sulla base di questi presupposti, sarebbe miracoloso pensare che esse siano vere indipendentemente da noi.
Le proposizioni della scienza sono sempre passibili di verifica empirica o fattuale; essa ha reale valore conoscitivo, anzi è l'unica disciplina ad averlo
Mentre ambiti del sapere umano quali la metafisica, l'etica o la religione non forniscono conoscenze all'uomo, ma sono il semplice frutto di un suo atteggiamento emotivo nei confronti della realtà, nella quale egli tende a vedere solo ciò che vuole, la scienza è l'unica disciplina a fornire vero sapere. La differenza tra le prime e la seconda è che quest'ultima deve rispondere al principio di verificazione: tale principio costituisce infatti il criterio di distinzione tra proposizioni sensate, passibili di verifica empirica o fattuale e la cui adesione alla verità oggettiva può venire controllata intersoggettivamente, e proposizioni insensate, per le quali tale verifica non può avvenire.
I procedimenti attraverso i quali progredisce la conoscenza scientifica sono ben più complessi del semplice processo di ideazione di teorie e loro verificazione tramite esperimenti empirici.
Al di là di quelle che possono essere le aspirazioni ideali della comunità scientifica, la storia della scienza dimostra come non possa esistere un modo neutro per organizzare fatti empirici in teorie scientifiche, né il metodo scientifico sistematizzato per la prima volta da Galileo e Newton è l'unico metodo valido per ottenere tali prove empiriche: il progresso scientifico spesso si basa sul caso, sull'accidente, così come su fattori extrascientifici che ne influenzano fortemente le conclusioni, rendendo impossibile un riconoscimento di oggettività alle teorie scientifiche.
Lo stesso principio di verificazione, empiricamente parlando, è indimostrabile: il fatto che un esperimento produca un fatto in un numero grandissimo di casi non ci può far portare a concludere che produrrà lo stesso fatto anche in futuro, e deve quindi essere riformulato in maniera probabilistica o convertito in un principio di falsificabilità.
L'opinione del senso comune per il quale esiste un mondo esterno del tutto indipendente da noi può apparire ingenua, ma è l'unica confermata dall'esperienza
Il senso comune è quell'insieme di credenze certe ed evidenti, e che dunque non richiedono alcuna ulteriore dimostrazione, che permea l'agire umano nel mondo. Per quanto riguarda il problema dell'esistenza o meno degli oggetti indipendentemente dall'osservazione di essi che fa l'uomo, il senso comune si fa fautore di un'opinione realista: in ogni momento, nell'universo, esistono infinità di oggetti materiali che esistono e di cui però nessuno è consapevole.
Tale tesi, per quanto possa apparire ingenua, deve essere accettata anche dalla filosofia: non vi è infatti nessuna ragione per sostenere il contrario e per elaborare posizioni alternative, improbabili e contraddittorie, in quanto essa è l'unica posizione sostenuta dall'esperienza.
Osserva il filosofo francese Bachelard che, anche ammettendo la validità del senso comune per quanto riguarda l'esistenza dei fatti fisici, è innegabile che la scienza abbia fornito nel corso del Novecento il quadro di un mondo che si discosta molto da quello dell'esperienza comune: vi è dunque una rottura tra la conoscenza empirica immediata e quella scientifica. La seconda procede spesso non in sintonia con la prima, ma malgrado essa, sulla base del confronto dei nuovi modelli scientifici della realtà con quelli precedenti.
Una teoria scientifica è dunque sempre un qualcosa in più rispetto all'insieme dei fatti fisici che la compongono, e può presentare caratteri arbitrari e convenzionali anche se fondata su osservazioni empiriche oggettive e innegabili.
Il fisico statunitense Bridgman, al contrario, considera i concetti scientifici un semplice insieme di operazioni empiriche: tuttavia, paradossalmente, egli giunge alle stesse conclusioni anti-realiste: tali operazioni sono sempre parte dell'esperienza cosciente di un certo individuo, e la relatività della conoscenza è dunque una conclusione inevitabile.