Educazione sessuale, affettiva e di genere nelle scuole fin dall'infanzia
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Da anni si dibatte riguardo l’appropriatezza e le modalità dell’inserimento dell’educazione sessuale all’interno del sistema scolastico. In un articolo di qualche anno fa ne abbiamo già in parte discusso (Silvia D'Orazio, Educazione sessuale nell’ordinamento scolastico italiano, “Pro\Versi”, 3 luglio 2017) ma l’attenzione sul tema è tornata viva anche e soprattutto negli ultimi tempi.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
L’educazione sessuale e affettiva è un diritto umano, per questo non può essere lasciata solo alla famiglia la responsabilità di formare in maniera adeguata bambini e ragazzi.
L’educazione sessuale dovrebbe essere impartita dalla famiglia perché è questa a conoscere le particolari esigenze educative e le giuste tempistiche con cui trattare queste tematiche.
L’educazione sessuale è un efficace strumento per consentire a bambini e ragazzi di capire in maniera più consapevole i contenuti pornografici, e non solo, ai quali sono esposti attraverso i mezzi di comunicazione.
Bisogna limitare direttamente l’accesso dei bambini alla pornografia, piuttosto che aiutarli a interpretare i materiali pornografici.
L’educazione sessuale previene comportamenti sessualmente irresponsabili educando anche all’affettività, in modo da non approcciarsi al mondo delle relazioni e della sessualità in maniera stereotipata.
Deve essere considerata la diversa sensibilità etica e morale delle famiglie dei bambini che partecipano ai corsi di educazione sessuale, in modo da non insegnare loro valori contrari alla propria cultura e religione.
Con il riconoscimento dell’esistenza di un più ampio spettro di identità di genere e orientamenti sessuali, si rende necessario un intervento formativo in grado di prevenire discriminazioni e disagi nei giovani non conformi alla visione binaria ed eteronormativa della sessualità.
L’educazione sessuale e affettiva può essere frutto di un’imposizione ideologica che promuove valori e comportamenti non condivisi da tutti i nuclei familiari.
L’educazione sessuale e affettiva deve essere responsabilità della scuola
La sessualità è una componente importante dell'essere umano, per questo ogni persona ha il diritto di essere informata e di vivere questo aspetto della sua vita in modo libero e consapevole (Cfr. Standard per l’Educazione Sessuale in Europa, Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA, dicembre 2011, p. 21). L'educazione all'affettività e alla sessualità è una forma di educazione sanitaria ( Educazione all’affettività e alla sessualità, “salute.gov.it”, 17 settembre 2020), per questo deve essere garantito a tutte e tutti un equo accesso a un'adeguata formazione sui temi ad essa legati. La salute sessuale e riproduttiva è considerata infatti, come dichiara la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia, un diritto umano fondamentale (Nazioni Unite, Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia, “unicef.it”, 1989).
È importante accompagnare sin dall'infanzia lo sviluppo psicosessuale del bambino per aiutarlo a prevenire comportamenti sessuali pericolosi. L'educazione sessuale permette dunque di ridurre la diffusione di malattie e infezioni (come HIV o sifilide), gravidanze indesiderate e discriminazione sessuale e di genere. Le informazioni che possono essere utili per prevenire ignoranza, o solo parziale conoscenza, in materia tra i giovani non possono essere reperibili soltanto tramite fonti di tipo informale (come famiglia, amici o Internet). Un'indagine nazionale italiana sulla salute sessuale riproduttiva degli adolescenti (Angela Spinelli, Enrica Pizzi, Marta Buoncristiano, Daniela Pierannunzio, Paola Nardone, Laura Lauria, Indagine nazionale sulla salute sessuale e riproduttiva degli adolescenti, Convegno Risultati dello Studio Nazionale Fertilità, Ministero della Salute, 19 febbraio 2019) ha evidenziato alcune problematiche che possono aiutare a comprendere l'importanza di garantire all'interno delle scuole l'accesso a corsi di educazione affettiva e sessuale. Questa indagine è stata compiuta su un campione rappresentativo di studenti e studentesse di terza superiore: 16.063 persone appartenenti a 482 scuole diverse. Alla domanda “Dove cerchi informazioni sulla sessualità e la riproduzione?” solo il 20% degli interrogati ha dichiarato di aver cercato informazioni a scuola e solo l’11,5% di aver chiesto il supporto di professionisti e professioniste del settore medico (nel sondaggio originale i dati sono riportati divisi per genere, in questo articolo si è deciso di riportare una media dei due risultati non evidenziando le differenze nelle risposte, sebbene interessanti da analizzare). Ogni interrogato poteva indicare più di una risposta ed è emerso che la maggioranza di loro aveva appreso le conoscenze che avevano in materia attraverso Internet (86,5%), amici (42%) e famiglia (22,5%). Questo studio ha evidenziato due conclusioni rilevanti a favore dell'introduzione obbligatoria di educazione sessuale nelle scuole: da un lato i ragazzi e le ragazze tendono a sopravvalutare le proprie conoscenze (infatti, sebbene l’82% dei soggetti studiati abbia dichiarato di avere informazioni sufficienti per vivere responsabilmente la propria vita sessuale, le risposte fornite al questionario hanno evidenziato molte lacune), dall’altro la famiglia non è considerata un ambiente adeguato dove discutere di questi temi.
I genitori, come mostrano i risultati di diversi studi sul territorio europeo, si sentono spesso a disagio e impreparati nel fornire un'educazione sessuale ai propri figli e figlie: difficilmente in famiglia vengono affrontati temi legati allo sviluppo sessuale e riproduttivo, alle malattie sessualmente trasmissibili e ai metodi contraccettivi (Standard per l’Educazione Sessuale in Europa, Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA, dicembre 2011). Per questo motivo si ritiene fondamentale erogare l'educazione sessuale e affettiva in maniera obbligatoria all'interno della scuola pubblica. L’approccio didattico che è necessario assumere nell’affrontare temi come sessualità, identità di genere e salute riproduttiva deve essere interdisciplinare e olistico per poter garantire una buona e completa educazione.
Nonostante si ritenga che la scuola sia lo spazio educativo più adeguato a erogare e fruire di questi momenti formativi, i genitori sono e devono essere coinvolti in questo processo. La Costituzione Italiana, infatti, assegna la responsabilità educativa dei giovani alla famiglia e alla scuola insieme: esistono precise linee guida che stabiliscono la necessità di un rapporto di interazione reciproca tra gli enti formatori (Linee di indirizzo. Partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione, consultato il 19 luglio 2022). Le stesse linee guida europee promuovono accanto all’educazione sessuale formale (fornita dagli enti scolastici) quella informale consegnata dai genitori: le due possibilità non sono tra loro in contrasto, ma considerate complementari per lo sviluppo ottimale di consapevolezza e competenza del bambino.
Infine, bisogna prendere atto del fatto che gli stessi adolescenti riconoscono proprio alla scuola un ruolo fondamentale nella formazioni su temi legati a sessualità e salute riproduttiva (Angela Spinelli, Enrica Pizzi, Marta Buoncristiano, Daniela Pierannunzio, Paola Nardone, Laura Lauria, Indagine nazionale sulla salute sessuale e riproduttiva degli adolescenti, Convegno Risultati dello Studio Nazionale Fertilità, Ministero della Salute, 19 febbraio 2019). Avere accesso a un insegnamento di buona qualità permette di avere un impatto positivo sulle dinamiche di genere e sociali legate allo sviluppo della propria sessualità e identità di genere (C. Tanton , K. G. Jones, W. Macdowell, S. Clifton, K.R. Mitchell, J. Datta, R. Lewis et al, Patterns and Trends in Sources of Information about Sex among Young People in Britain: Evidence from Three National Surveys of Sexual Attitudes and Lifestyles, BMJ Publishing Group Ltd., Londra, 1˚ marzo 2015). Un esempio è l’educazione al libero consenso per donne, uomini e persone non binarie che consente ai futuri adulti di avere comportamenti sessuali più responsabili, indipendenti da stereotipi di genere e non pericolosi. L’educazione sessuale e affettiva solo se resa obbligatoria nelle scuole può garantire un equo accesso a informazioni corrette e affidabili.
Margherita Grassi, 26 luglio 2022
L’educazione sessuale e di genere è una questione privata
Chi si oppone all’educazione sessuale e di genere nelle scuole solitamente ritiene che questa debba essere una questione privata. Secondo alcune associazioni, questo tipo di formazione è considerata un’invasione nella sfera personale del bambino che dovrebbe, invece, essere difeso dall’apprendere informazioni non richieste e ritenute dalle loro famiglie dannose al loro sviluppo. A tal riguardo, la dott.ssa Giusy D’Amico, Presidente dell’Associazione “Non si tocca la Famiglia”, in un’intervista all’onorevole Rossano Sasso, deputato della Lega e sottosegretario al Ministero dell'Istruzione, ha dichiarato: “ È giusto e doveroso che la scuola educhi al rispetto per tutti, ma la lotta alle discriminazioni non può diventare il pretesto per introdurre nella mente dei più giovani in modo surrettizio, cioè senza il consenso dei genitori, messaggi ideologici – come quello della fluidità di genere – in grado di turbarli e disorientarli” (Giornata contro l'omofobia: intervista all'on. Rossano Sasso, Sottosegretario all'Istruzione, “nonsitoccalafamiglia.org”, consultato il 13 luglio 2022).
In particolare, si richiede che venga garantito il “primato educativo alla famiglia” (Non si tocca la famiglia - scuola. Family act. Ora il momento favorevole per sostenere la libertà di scelta educativa dei genitori, Comunicato stampa dell’Associazione “Non si tocca la famiglia” dell‘11 maggio 2022): i genitori devono essere considerati i più competenti educatori in ambito sessuale e affettivo perché sono loro a guidare l’apprendimento del bambino fin dalla nascita. I genitori conoscono meglio le necessità del bambino e possono, con maggiore competenza, comprendere i tempi e le priorità in materia di educazione sessuale: sono, infatti, loro a fornire l’esempio dei giusti comportamenti da adottare con il proprio partner (Tommaso Scandroglio, Educazione sessuale a scuola? Il buonsenso dice no, “La Nuova Bussola Quotidiana”, 3 giugno 2022).
Secondo i contrari a un’educazione sessuale uniformata negli istituti scolastici non è possibile assumere un approccio davvero neutrale e scientifico ai temi che bisogna trattare: anche se il linguaggio e le conoscenze trasmesse si limitassero all’ambito scientifico, il bambino avrebbe necessità di imparare cosa sia la sessualità da un punto di vista etico e morale. I bambini andrebbero accompagnati verso la maturità attraverso un’educazione che sia orientata a una precisa etica e cultura e che può essere meglio trasmessa individualmente dal proprio nucleo familiare. Nonostante ciò, alcuni esponenti dei movimenti Pro Vita e Famiglia (Francesca Romana Poleggi, Giù le mani dai bambini, “Il Settimanale di Padre Pio”, n.33, 23 agosto 2020) e Non si tocca la Famiglia non ritengono incompatibili le proprie convinzioni in merito a queste discipline con la possibilità di introdurre nell’orario scolastico materie legate all’educazione sessuale. È necessario a loro avviso, però, che i genitori abbiano la possibilità di visionare il programma formativo in anticipo, approvarlo o eventualmente non dare il consenso alla presenza dei propri figli al corso (Senato della Repubblica, XVIII legislatura, "Fascicolo Iter DDL S. 664", 2018).
Margherita Grassi, 26 luglio 2022
L’educazione sessuale permette un approccio consapevole al materiale pornografico
Un report di “Eukids Online Italia” riguardo l’utilizzo di Internet da parte dei ragazzi italiani, risalente al 2018, ha mostrato come l’accesso alla pornografia da utenti minorenni stia seguendo una tendenza crescente. Infatti, da un confronto con i dati del 2010 e del 2013 risulta che “l’esposizione ai contenuti pornografici sia complessivamente in crescita, passando dal 12% del 2010 al 23% del 2013, fino al 31% attuale” (Giovanna Mascheroni, Kjartan Ólafsson, Accesso, usi, rischi e opportunità di internet per i ragazzi Italiani. I primi risultati di EU Kids Online 2017, OssCom, gennaio 2018, p. 32). Non soltanto, secondo la ricerca i ragazzi avrebbero maggiori probabilità di imbattersi in immagini pornografiche: “Per l’8% dei ragazzi di 9-17 anni, vedere immagini pornografiche online, e per il 7% vederle in televisione o in un film è un’esperienza che si ripete con cadenza almeno mensile” (Ivi, p.33).
Questi dati potrebbero essere interpretati come un indice importante per valutare l’idea di inserire l’educazione sessuale come corso permanente nelle scuole. Dal momento in cui l’accessibilità a materiale pornografico è semplice - e spesso anche non volontaria - i ragazzi dovrebbero essere tutelati e soprattutto educati a riconoscere ciò a cui sono esposti. In un articolo di “The Vision” viene mostrato che alla disinformazione sessuale generale che interessa bambini e ragazzi, si aggiunge il fatto che secondo uno studio “il 70% dei quattordicenni è già entrato in contatto con materiale pornografico online senza nemmeno sapere che cosa sia il glande o l’utero o addirittura da che buco escano i neonati”. Ciò assume una certa rilevanza e assieme gravità se si pensa che “secondo uno studio, l’88% dei filmati pornografici contiene immagini di aggressione fisica, come soffocamento, strozzamento e sculacciate”. I ragazzi spesso non sanno che la pornografia riguarda la prestazione di attori pagati e che la violenza durante un atto sessuale non costituisce la “normalità”. (Jennifer Guerra, Perché abbiamo bisogno dell’educazione sessuale nelle scuole, “The Vision”, 7 settembre 2018).
Ad essere dalla parte di chi subisce violenza durante gli atti sessuali mostrati dai contenuti pornografici, tra l’altro, sono tendenzialmente donne. I filmati pornografici contribuirebbero - in questo senso - a consolidare quel divario tra generi di cui già la società soffre, se poi a guardarli sono ragazzini che non dispongono di alcuna educazione il rischio è quello che diventino strumenti in grado di inculcare loro anche l’idea che quel tipo di sesso tossico e misogino corrisponda a ciò che si chiama “sesso” (Maree Crabbe, Porn as a sex education: a cultural influence we can no longer ignore, “The Guardian”, 4 agosto 2016, TdR).
I ragazzi, non educati alla sessualità ed esposti così diffusamente a contenuto pornografico potrebbero mettere in atto comportamenti di cui non conoscono le ragioni ma che sono semplicemente uno specchio di ciò che osservano senza strumenti per comprenderlo.
Emma Traversi, 26 luglio 2022
La soluzione è limitare l’accesso dei giovani a materiale e siti pornografici
Se la fruizione volontaria e involontaria della pornografia in età precoce e senza strumenti è uno degli aspetti che porta all’idea che occorra un’educazione sessuale scolastica e obbligatoria, i critici di questa misura partono dal presupposto che sia il porno ad essere sbagliato e che a contrastare la sua fruizione debbano essere dei metodi di oscuramento di questi. Di fatto ne esistono già: “Nell’ambito del Decreto Giustizia è stato infatti approvato l’emendamento presentato dal senatore Simone Pillon (Lega), inserito nel decreto come articolo 7 bis, dal titolo Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio. Si tratterà di una app gratuita che permetterà di attivare il parental control su richiesta dell’utente, titolare del contratto” (Luca Marcolivio, Emendamento anti-porno, Pillon: “nessuna censura ma i minori vanno protetti”, “Provita&famiglia”, 27 giugno 2020).
Secondo organizzazioni come Provita&famiglia è infatti la società a iper esporre i giovani e giovanissimi alla pornografia, “educare i loro occhi” a questa non costituirebbe pertanto una soluzione quanto piuttosto una versione diversa dello stesso fenomeno. In un articolo- intervista ad Antonio Morra, autore di testi connessi a queste tematiche, si legge che la libertà di riprodurre contenuti pornografici spesso violenti non è che una deviazione del concetto stesso di libertà ossia “libertà di intrattenersi in modo tossico”. Questa libertà ricade negativamente sui bambini e i ragazzi che sono “porno nativi” e stanno progressivamente perdendo quella caratteristica di innocenza che contraddistingue l’età infantile. Dice Morra: “Certamente, la soluzione è molto semplice. Torniamo alla genuinità della vita e godiamoci la famiglia. Stacchiamo il nostro sguardo dai cellulari e dai social media e investiamo tempo sui nostri figli e sulla loro vita. Portiamoli a riscoprire la bellezza la bellezza della natura, del silenzio, del dialogo familiare. Riscopriamo la bellezza della pura religione che trova in Dio il verso senso della vita. Riportiamo i nostri figli verso l’innocenza. La riscoperta della semplicità anche nel modo di essere, vestire e vivere. Rifiutiamo ogni forma di notorietà sfrenata per la ricchezza di cuori uniti. Grande sfida ma non abbiamo altra scelta” (Manuela Antonacci, Ipersessualizzazione dei minori, Morra: “Società priva di pudore, per questo è pericolosa”, “Provita&famiglia”, 10 settembre 2021).
Emma Traversi, 26 luglio 2022
L’educazione sessuale consegna strumenti per affrontare il mondo della sessualità più consapevolmente
Uno dei ruoli chiave dell’educazione sessuale a scuola è quello di fornire gli strumenti e le conoscenze per approcciarsi al mondo della sessualità in modo più consapevole, senza omissione di casistiche e in modo omogeneo tra gli alunni (cosa che non può avvenire se questa fosse affidata solamente alle famiglie). L’educazione sessuale scolastica non consiste soltanto di un semplice trasferimento di informazioni ma in un effettivo strumento di sviluppo globale dell’alunno. A dispetto delle critiche, essa non incoraggia i bambini e i giovani a fare sesso prematuramente, al contrario, dà loro gli strumenti per approcciarvisi in modo cosciente e sicuro. Infatti, i dati di uno studio statunitense (Douglas Kirby, The Impact of Sex Education on the Sexual Behaviour of Young People, United Nations. Department of Economic and Social Affairs. Population Division, Expert Paper No. 2011/12) mostrano che l’educazione sessuale ha effettivamente ritardato l’età del primo rapporto, mentre, più in generale, il suo primo obiettivo è quello di prevenire la diffusione di malattie veneree e di incorrere in gravidanze non desiderate. A livello europeo si è notato come, a partire dalla sua diffusione, essa abbia contribuito a un maggiore utilizzo del profilattico che significa “maggiore protezione dal rischio di contrarre l’HIV, il papilloma virus o altre malattie trasmissibili per via sessuale” (Angelo Romano, Andrea Zitelli, Educazione sessuale a scuola: come funziona in Europa e perché in Italia è un tabù, “ValigiaBlu”, 6 febbraio 2016).
A mostrare la necessità che l’educazione sessuale venga implementata o resa obbligatoria nelle scuole sono anche alcuni dati nazionali: uno studio ha mostrato che in Italia l’indice delle malattie sessualmente trasmissibili non sta diminuendo (Lorenzo Di Pietro, Francesca Sironi, Agli italiani non piace il profilattico, “La Repubblica”, 12 gennaio 2016), mentre il numero di gravidanze in età adolescenziale (14-19) rimane alto rispetto ad altri Paesi (Elena Tonazolli, Marta Venturini, Educazione sessuale ed affettiva a scuola: Italia ed Europa a confronto, “State of Mind”, 19 ottobre 2018).
Accanto all’insegnamento fisiologico e medico l’educazione sessuale è concepita anche come educazione all’affettività sana dove affettività significa rispetto di sé, del proprio corpo “scegliere se dire sì o di no, capire cosa ci fa piacere e cosa ci disturba e va declinata verso gli altri. Gli altri devono essere presenti nella vita di ognuno come un valore aggiunto, un bene da proteggere e preservare, non un oggetto di soddisfazione personale” (Silvia Brocca, Educazione sessuale nelle scuole assolutamente necessaria!, “GuidaPsicologi”, 14 febbraio 2022). Affidare l’educazione sessuale dei ragazzi a figure preparate non può che essere un beneficio poiché esse si inseriscono in un momento cruciale dello sviluppo in cui le domande su chi si è e ciò che si vuole sono incalzanti e urgenti. La dottoressa Paola Gatta, in un articolo per la Società di psicoterapia sessuale, sostiene infatti che “Una maggiore consapevolezza sullo sviluppo psico-relazionale e sessuale, proprio e altrui, permette uno sviluppo individuale più sereno. L’educazione sessuale, pertanto, può essere attualmente intesa come un progetto educativo generale di sviluppo della personalità nella sua globalità e delle potenzialità di ognuno” (Paola Gatta, Educazione sessuale a scuola... Perché?, “SISPse”, 2021).
Inoltre, l’obiettivo di lunga durata dell’educazione sessuale statale/scolastica sarebbe quello di costituire un efficace strumento sociale per superare stereotipi di genere, resistenze omofobe in quelle età in cui essi si formano e per far acquisire una maggior consapevolezza in termini di uguaglianza, diritti e rispetto.
Emma Traversi, 26 luglio 2022
Bisogna tenere conto della religione e cultura nella strutturazione del programma formativo in materia di educazione sessuale
Un argomento che complica il dibattito attorno all’educazione sessuale e di genere nelle scuole riguarda il contenuto del materiale che viene proposto a studenti e studentesse. È difficile, infatti, costruire un corso che sia in grado di tenere conto di tutte le richieste pedagogiche, morali ed educative delle varie culture e religioni che abitano il Paese di riferimento. Un esempio è la richiesta da parte della Chiesa Cattolica di “comprendere esattamente [negli insegnamenti forniti dall’educazione sessuale] la complessità dei diversi elementi (fisiologici, psicologici, pedagogici, socio-culturali, giuridici, morali e religiosi) che intervengono nell'azione educativa” (Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti Educativi sull'Amore Umano. Lineamenti di Educazione Sessuale, “vatican.va”, I novembre 1983). La richiesta da parte dei movimenti cristiani è quella di riuscire a creare progetti formativi in grado di adeguarsi ai valori promossi dal Vangelo. L’associazione Pro Vita e Famiglia chiede, ad esempio, di proporre un’educazione sessuale che non sia in opposizione con i valori morali che ritengono fondamentali equiparando tutte le forme di famiglia e decostruendo i ruoli tipicamente ritenuti maschili e femminili (Progetti applicati nelle scuole italiane ispirati alla teoria gender, “Pro Vita e Famiglia”, gennaio 2022).
Alcuni ritengono sbagliato adottare un approccio scientifico neutrale senza affiancare a esso l’insegnamento dei principi etici fondamentali da seguire secondo le loro credenze (Giornata contro l'omofobia: intervista all'on. Rossano Sasso, Sottosegretario all'Istruzione, “nonsitoccalafamiglia.org”, consultato il 13 luglio 2022). Nel paragrafo 37 dell’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio appare una forte opposizione contro “una certa forma di informazione sessuale, avulsa dai principi morali” (Papa Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, “vatican.va”, 22 novembre 1981, par. 37). Rimane fondamentale, dunque, avvalersi della consulenza dei genitori, in modo da allineare l’educazione fornita al bambino o alla bambina a livello domestico con quella distribuita a livello scolastico.
Il dibattito italiano in merito si elabora a partire da istanze provenienti da associazioni legate alla Chiesa Cattolica, o che fanno riferimento al cattolicesimo, che criticano il modo in cui si propone di educare i giovani riguardo la sessualità, salute riproduttiva e identità di genere. Lo stesso argomento si potrebbe però muovere a favore della tutela di altre minoranze culturali e religiose che abitano l’Italia.
Margherita Grassi, 26 luglio 2022
Discutere questi temi aiuta a sviluppare in modo sano la propria e altrui sessualità e identità di genere
I bambini sono esseri sessuali fin dalla nascita e attraversano, nel tempo, diversi stadi di sviluppo psicosessuale. Una buona educazione sessuale che segua il bambino durante la crescita, dall’infanzia all’adolescenza, aiuta a formare adulti sani, consapevoli ed equilibrati. L’educazione sessuale scolastica funge da supporto a quella informale impartita in famiglia e permette, soprattutto se obbligatoria, di avere un impatto positivo sulla vita adulta di ragazzi e ragazze. Accogliere la sessualità come una parte della vita importante sia nei bambini sia negli adulti, sebbene in modi diversi, permette di evitare l’assunzione di comportamenti estremisti, violenti o irresponsabili rispetto a sé e gli altri. Erogare attività educative in merito a educazione affettiva e di genere permetterebbe, inoltre, di dare ai giovani nuove consapevolezze e libertà rispetto al proprio benessere fisico e psicologico (Silvia Brocca, Educazione sessuale nelle scuole assolutamente necessaria!, “GuidaPsicologi”, 14 febbraio 2022 ).
L'Italia ha ratificato nel 2014 la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, n.210, Istanbul, 11 maggio 2011). Nel fare ciò, l’Italia si è impegnata a mettere a punto dei programmi, anche scolastici, che servano a contrastare tutte le forme di discriminazione per tutelare donne e uomini da qualsiasi forma di violenza. La Convenzione di Istanbul stabilisce che sia fondamentale per arrivare ad eliminare la violenza di genere promuovere l’insegnamento nelle scuole della parità tra i sessi, dei ruoli di generi non stereotipati e del reciproco rispetto, in un modo appropriato al livello di sviluppo cognitivo degli allievi (Camera dei deputati Servizio Studi XVII Legislatura, Introduzione dell'educazione di genere nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione, Dossier n.463, 24 giugno 2016). L'accesso da parte dei giovani all'educazione sessuale, riproduttiva e di genere è il miglior modo per garantire la diffusione e il rispetto dei diritti umani fondamentali che lo Stato italiano si è impegnato a promuovere, come il diritto alla salute, al benessere e alla dignità. Per raggiungere questo scopo, è necessario garantire l'accesso a un’educazione sessuale che sia libera da bias e scientificamente approvata (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Commissione su Popolazione e Sviluppo, 2013).
Alla luce di queste considerazioni, i promotori dell’introduzione obbligatoria nelle scuole dell’educazione sessuale e affettiva ritengono che questa non si debba concentrare soltanto su aspetti di tipo fisiologico, anatomico o biologico per preparare i bambini all’età adulta, ma l'insegnamento deve riguardare anche considerazioni di tipo filosofico, sociologico e antropologico che sappiano spiegare come si costruisca identità di genere e come funzionino relazioni non eterosessuali. Una simile modalità di apprendimento permetterebbe ai ragazzi di vivere con più serenità le sfide che comporta la maturazione psicosessuale, riconoscendo in anticipo la normalità di voler esprimere tratti diversi dai ruoli di genere stereotipici, la normalità di possedere un'identità di genere diversa da quella assegnata alla nascita e la libertà di avere un orientamento sessuale non eterosessuale. Amnesty International, ad esempio, ha promosso in Italia una campagna che aiuti le scuole a costruire dei programmi formativi, in materia di educazione sessuale, che siano in grado di combattere efficacemente stereotipi e pregiudizi che sono frequentemente alla base delle discriminazioni e violenze che avvengono nella nostra società (Amnesty International Italia, Scuole attive contro l'omofobia, 2014). L’organizzazione propone una guida a insegnati e scuole per la strutturazione dei propri gruppi sostenendo che “la scuola è il primo e fondamentale luogo in cui l’espressione della propria personalità in formazione si confronta con i modelli prevalenti nella società” e quindi l’ambiente più adatto per mettere in discussione le proprie e altrui convinzioni al fine di creare adulti consapevoli, liberi e in salute (Ibidem).
Margherita Grassi, 26 luglio 2022
L’educazione sessuale serve a propagandare una certa visione della sessualità e dell’identità di genere
Alcuni critici dell’educazione sessuale a scuola sostengono che dietro a questo tipo di iniziative si celi, in realtà, un tentativo di ideologizzare i bambini. In un dossier del gennaio 2021 ad opera dell’associazione Pro Vita e Famiglia si legge: “I progetti e le iniziative di questo tipo, con il pretesto di educare all’uguaglianza e di combattere le discriminazioni, il bullismo, la violenza di genere o i cattivi stereotipi, spesso promuovono: l’equiparazione di ogni orientamento sessuale e di ogni tipo di ‘famiglia’; la prevalenza dell’‘identità di genere’ sul sesso biologico (e la conseguente normalizzazione della transessualità e del transgenderismo); la decostruzione di ogni comportamento o ruolo tipicamente maschile o femminile insinuando che si tratterebbe sempre di arbitrarie imposizioni culturali; la sessualizzazione precoce dei giovani e dei bambini” (Progetti applicati nelle scuole italiane ispirati alla teoria gender, “Pro Vita e Famiglia”, gennaio 2022).
Sostanzialmente, quelle proposte durante le ore di educazione sessuale sarebbero teorie “gender” e non semplici spiegazioni rispetto alla naturale riproduzione o alle malattie sessualmente trasmissibili. Molti genitori sembrano non essere d’accordo con questi insegnamenti che avrebbero funzione “deviante” e disorientante. Il pericolo sembrerebbe essere legato al fatto che la lotta alla disuguaglianza passando attraverso l’educazione sessuale si configuri, in verità, come una vera e propria imposizione educativa di una certa teoria legata alla “esigenza di far passare alcuni contenuti ideologici sulla contraccezione, sull’aborto, sull’omosessualità e sulla transessualità e sul nomadismo sessuale” (Tommaso Scandroglio, Educazione sessuale a scuola? Il buonsenso dice no, “La Nuova Bussola Quotidiana”, 3 giugno 2022).
Rispetto alle celebrazioni della giornata contro l’omotransfobia (17 maggio) del corrente anno si possono leggere alcune dichiarazioni, tra le quali quella dell’onorevole Sasso: “A quelli che, al contrario, vorrebbero usare la cattedra per fare politica dico di lasciare sereni i nostri studenti, soprattutto quelli più piccoli, e di rispettare le famiglie italiane. Che siano queste ultime a occuparsi dell’educazione sentimentale dei loro figli, senza dover subire imposizioni e condizionamenti esterni” (Giornata contro l'omofobia: intervista all'on. Rossano Sasso, Sottosegretario all'Istruzione, “nonsitoccalafamiglia.org”, consultato il 13 luglio 2022).
Emma Traversi, 26 luglio 2022