Nr. 226
Pubblicato il 07/10/2019

Riduzione del numero dei parlamentari

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

L’11 luglio 2019 viene approvato in Senato il disegno di legge costituzionale A.S. 214-515-805-B "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari" che prevede il passaggio dagli attuali 630 a 400 deputati e dagli attuali 315 a 200 senatori, riaprendo di fatto il dibattito attorno a una questione già affrontata durante le passate legislature.
In particolare, in molti sostengono che una riduzione di parlamentari e senatori garantirebbe un Parlamento più snello ed efficace, oltre a un notevole risparmio per le casse dello Stato. Al contrario, secondo il parere di altri, la riforma avrebbe il solo l’effetto di aumentare la distanza tra rappresentanti e cittadini. Il risparmio, inoltre, sarebbe minimo in confronto a una così drastica azione limitativa sulla rappresentanza democratica nel nostro Paese.

 
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Il taglio dei parlamentari garantirà un Parlamento più snello, efficace e al servizio del cittadino, oltre a un notevole risparmio per le casse dello Stato

FAVOREVOLE

Il taglio di 345 poltrone proposto nel disegno di legge costituzionale A.S. 214-515-805-B va a contrastare l’immagine avvilente e anacronistica di un Parlamento che ignora le nuove esigenze dei cittadini e che mantiene i propri interessi in una sorta di auto-conservazione che sa di immobilismo. Il disegno, infatti, renderà la nostra democrazia più snella ed efficiente e comporterà inoltre un risparmio per gli italiani di mezzo miliardo di euro a ogni legislatura (ovvero 345 stipendi da 14 mila euro al mese). Dunque, una proposta che, una volta in vigore, comporterà anche una generale maggiore efficienza, e dunque, potenzialmente, maggiore prestigio dei due rami del Parlamento e un ruolo rafforzato di quest’ultimo. Non c’è dubbio infatti che un Parlamento più snello sia un Parlamento nel quale si decide prima e nel quale sia possibile anche riscoprire maggiormente le competenze.
Il disegno, inoltre, permetterebbe di adeguare l’Italia agli altri Paesi europei, dal momento che attualmente l’Italia ha il numero più alto di parlamentari d’Europa e maggiore persino rispetto agli USA; da ciò ne consegue un numero spropositato di leggi, spesso inutili.

 

CONTRARIO

Il semplice taglio ai parlamentari non incide sul problema di fondo del meccanismo istituzionale italiano, ovvero il bicameralismo “ripetitivo” delle Camere. È una riforma che altera le soglie di sbarramento: formalmente restano al tre, ma sostanzialmente passano, a seconda delle regioni, al 10-20%, in quanto per eleggere meno parlamentari in collegi più grandi serviranno più voti.
L’effetto del taglio è allentare sempre di più i legami umani della rappresentanza politica e favorire la selezione dall’alto dei candidati, trasferendo il diritto e la responsabilità di eleggere i parlamentari dai cittadini agli apparati politici.
Inoltre, con la riforma si arriverebbe a un senatore ogni 150mila elettori in Italia e uno ogni 705mila all’estero (alla Camera le proporzioni sono le stesse), una condizione inaccettabile. Altra stortura è che al Senato solo il partito più grande avrebbe rappresentanti, come nelle dittature.
Il risparmio sarebbe inoltre bassissimo: 57 milioni di euro all’anno, pari allo 0,007% della spesa pubblica, ovvero una somma irrisoria, se paragonata al bilancio dello Stato.

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