Guerra in Libia, l’Italia dovrebbe assumere un ruolo più determinante, forte dell’appoggio di ONU e UE
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Al termine della guerra civile in Libia nel 2011 si è erroneamente ipotizzato un facile cammino verso la stabilizzazione e la democrazia del Paese. Il conflitto invece è proseguito, e l'Italia, che in precedenza era intervenuta militarmente, ha cercato di condurre da allora una politica diplomatica per favorire un nuovo equilibrio sul territorio africano, soprattutto per quanto riguarda il controllo dei migranti e gli interessi petroliferi. In molti sostengono che il nostro Paese, forte dell'appoggio UE e Onu, e visti anche la vicinanza geografica e il fatto di essere il primo partner commerciale di Tripoli fin dai tempi di Gheddafi, dovrebbe intervenire maggiormente a livello diplomatico, mentre secondo il parere di altri, i precedenti governi italiani e quello attuale hanno attuato interventi importanti che la stessa UE ha preso in esame come esempio perfetto di gestione.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
In molti sostengono che l’Italia, visti l'appoggio UE e Onu, la vicinanza geografica e il ruolo di primo partner commerciale di Tripoli fin dai tempi di Gheddafi, dovrebbe intervenire maggiormente a livello diplomatico, mentre secondo altri, i precedenti governi italiani e quello attuale hanno attuato interventi importanti che la stessa UE ha preso in esame come esempio perfetto di gestione.
Se l'Italia non interviene in modo più efficace in Libia rischia di peggiorare la questione profughi e di far saltare importanti accordi commerciali
Se l'Italia continua a rispondere per slogan tramite i suoi esponenti e non interviene incisivamente in Libia, rischierà, assieme ad Eni, di perdere l’influenza su quel territorio e soprattutto sul suo petrolio, e vedrà andare a monte la prospettiva di una Libia “porto sicuro”, dal momento che l'attuale guerra sta creando profughi proprio su quel territorio.
Un altro rischio è che riconquistino terreno i terroristi islamici (al-Qaida e Isis), con il conseguente intervento militare obbligatorio da parte del nostro Paese.
L'intervento italiano si limita a una sterile mediazione tra i leader libici Haftar e al-Serraj e trascura violenze, soprusi e orrori che i civili sono costretti a vivere in Libia. È evidente anche come l'Italia, assieme ad altri Paesi europei, mostri la solita remissività nei confronti degli USA di Trump, con conseguenze negative sul progetto di costruire una logistica mediterranea degli idrocarburi, che rifornisca l’Europa dalle sponde di quei Paesi produttori (tra cui la Libia) dove l’Eni ha una posizione forte, il che permetterebbe agli europei di diminuire a dipendenza dal gas di Putin, e all’Italia di acquisire preminenza nella politica energetica dell’Unione.
Il governo italiano sta seguendo una precisa strategia diplomatica, che coinvolge altri Stati interessati a una pacifica risoluzione del conflitto in Libia. Il premier Conte sta lavorando a una soluzione in concerto con altri leader. Un primo passo concreto è stata la due giorni di Palermo (12 e 13 novembre 2018) in cui il premier Conte ha incontrato i vertici dei Paesi coinvolti, tra cui il presidente Fayez al-Serraj e il generale Haftar.
Secondo alcuni, è necessario interrompere l'intervento in Libia di quei Paesi stranieri che, come l'Italia, agiscono sulla base dei propri limitati interessi, poiché le ingerenze di Stati esteri contribuisce ad alterare gli equilibri interni del paese nordafricano.
Così come si afferma che non si può risolvere definitivamente il conflitto libico senza procedere a una equa redistribuzione dei proventi sul commercio degli idrocarburi.