Nr. 208
Pubblicato il 29/11/2018

Protezionismo

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

Dopo decenni di sviluppo della globalizzazione, in vari paesi industrializzati, tra cui soprattutto gli USA guidati dal presidente Donald Trump, si sta verificando una tendenza verso un ritorno del protezionismo, anche a seguito dei danni socio-economici della crisi del 2008. I sostenitori del protezionismo ritengono che il libero scambio abbia impedito la piena uscita dalla crisi economica, favorendo solo le economie più forti e i settori con maggiori vantaggi competitivi, a discapito degli altri. In questo senso, l’attuazione di misure protezionistiche riequilibrerebbe il sistema economico internazionale. Gli oppositori del protezionismo affermano che gli Stati più aperti al libero scambio presentano maggiore crescita economica e minor disoccupazione, e allo stesso modo le aziende esportatrici presentano maggiore produttività e competitività. Il protezionismo, oltre a limitare la crescita, mina i rapporti tra gli Stati e può minacciare la pace internazionale.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

Nei vari paesi industrializzati, tra cui soprattutto gli USA di Trump, si sta verificando un ritorno del protezionismo. I sostenitori del protezionismo ritengono che il libero scambio abbia impedito la piena uscita dalla crisi economica, favorendo solo le economie più forti. Gli oppositori, invece, affermano che gli stati più aperti presentino maggiore crescita economica e minor disoccupazione.
01 - Il protezionismo rappresenta un ritorno al passato e danneggia i rapporti tra gli Stati

Dopo la Prima Guerra Mondiale, fu la deriva protezionistica a causare un generale impoverimento dei paesi occidentali, favorendo la successiva ascesa del nazismo. il multilateralismo ha portato allo sviluppo del commercio internazionale e al processo di integrazione europea. E’ necessario un nuovo liberalismo, che interpreti i bisogni dei cittadini e conduca ad una società più inclusiva.

Nel XXI secolo, il passato è rappresentato dai totalitarismi. Per John Maynard Keynes, il Capitalismo individualista del 1800 rappresentava un modello economico incapace di garantire benessere. Infatti da quel capitalismo ebbero origine la Prima Guerra Mondiale e la crisi del ’29. Il protezionismo, se concepito in maniera bilanciata con il libero commercio, favorisce lo sviluppo economico.

02 - L’attuale capitalismo mondiale è iniquo e un moderato protezionismo può sanarne gli squilibri

I lati negativi della globalizzazione sfrenata sono stati ormai smascherati a seguito della crisi economica. Il libero scambio non ha favorito l’uscita dalla crisi, anzi contribuisce al predominio delle economie più competitive a discapito delle altre. Per questo è auspicabile il ritorno ad un moderato protezionismo, creando un “Capitalismo coordinato” tra i sistemi economici nazionali.

03 - Provocando un aumento dei prezzi e minore spinta all’innovazione, il protezionismo rallenta la crescita

Il protezionismo, riportando a livello nazionale molte produzioni precedentemente delocalizzate, porta ad un innalzamento dei prezzi, riducendo il salario reale delle famiglie. I prodotti verrebbero così venduti in quantità minore, impedendo la creazione di posti di lavoro nazionali Meno posti di lavoro e meno consumi condurrebbero infine ad un rallentamento della crescita economica.

04 - Il protezionismo tutela gli interessi nazionali e i posti di lavoro

Le economie avanzate non traggono vantaggio da un’ulteriore liberalizzazione degli scambi: si verificherebbe un sensibile aumento del PIL, con aumento del tasso di disuguaglianza; per cui alcuni ne sarebbero favoriti, mentre altri registrerebbero perdite, con ricadute sociali e occupazionali. Il lavoro rientra nell'interesse nazionale, producendo effetti positivi per tutta l’economia globale.

L’apertura ai mercati globali è correlata positivamente alla crescita del PIL e negativamente rispetto al tasso di disoccupazione. La globalizzazione ha condotto ad una riduzione della povertà assoluta nei paesi in via di sviluppo In Italia, il commercio estero ha attenuato gli effetti negativi della crisi economica. Le aziende internazionali presentano lavoratori con salari più elevati.

 
01

Il protezionismo rappresenta un ritorno al passato e danneggia i rapporti tra gli Stati

FAVOREVOLE

Per chi vive nel XXI secolo, il passato è rappresentato dai totalitarismi del secolo scorso. Per John Maynard Keynes, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, il capitalismo individualista del 1800 rappresentava “il passato”, ovvero un modello economico incapace di garantire pace e benessere. Infatti, da quel capitalismo ebbero origine la Prima Guerra Mondiale e la crisi del ‘29, ossia le dirette cause della Seconda Guerra Mondiale. Il protezionismo, se concepito in maniera bilanciata con il libero commercio, favorisce lo sviluppo economico.

CONTRARIO

Dopo la Prima Guerra Mondiale, fu la deriva protezionistica a causare un generale impoverimento dei paesi occidentali, oltre all’imposizione di ingiuste sanzioni alla Germania, che ne hanno favorito il revanscismo GL: [ Movimento nazionalistico ispirato alla revanche, inteso cioè al recupero, con una nuova guerra, del territorio e del prestigio perduti in seguito alla sconfitta in una guerra precedente] e la successiva ascesa del nazismo. Il vero volano per lo sviluppo dell’Occidente del dopoguerra è stato il multilateralismo, che ha portato allo sviluppo del commercio internazionale e al processo di integrazione europea, che ha abbattuto numerose barriere, doganali e non. E’ necessario un nuovo liberalismo, che interpreti i bisogni dei cittadini e conduca a una società più inclusiva, riprendendo lo spirito rivoluzionario di un tempo.

 
02

L’attuale capitalismo mondiale è iniquo e un moderato protezionismo può sanarne gli squilibri

FAVOREVOLE

I lati negativi della globalizzazione sfrenata sono stati ormai smascherati a seguito della crisi economica. Il libero scambio non ha favorito l’uscita dalla crisi, anzi contribuisce al predominio delle economie più competitive a discapito delle altre. Per questo è auspicabile il ritorno a un moderato protezionismo, creando un “Capitalismo coordinato” tra i sistemi economici nazionali.

CONTRARIO
 
03

Provocando un aumento dei prezzi e minore spinta all’innovazione, il protezionismo rallenta la crescita

CONTRARIO

Il protezionismo, riportando a livello nazionale molte produzioni precedentemente delocalizzate, porta a un innalzamento dei prezzi, riducendo il salario reale delle famiglie. I prodotti verrebbero così venduti in quantità minore, impedendo la creazione di posti di lavoro nazionali e quindi smentendo le iniziali intenzioni dei protezionisti. Meno posti di lavoro e meno consumi condurrebbero infine a un rallentamento della crescita economica.

 
04

Il protezionismo tutela gli interessi nazionali e i posti di lavoro

FAVOREVOLE

Le economie avanzate non traggono alcun vantaggio da un’ulteriore liberalizzazione degli scambi: si verificherebbe un modestissimo aumento del PIL, minato da un aumento del tasso di disuguaglianza, per cui alcuni settori con specifici vantaggi competitivi ne sarebbero favoriti, mentre altri registrerebbero perdite, con conseguenti ricadute sociali e occupazionali. Mentre la finanza è internazionalista, il lavoro rientra in una dimensione prettamente nazionale. Avere cura dell’interesse nazionale significa produrre effetti positivi per tutta l’economia globale.

CONTRARIO

L’apertura ai mercati globali è correlata positivamente alla crescita del PIL e negativamente rispetto al tasso di disoccupazione, secondo l’analisi dell’Istituto Bruno Leoni su 39 paesi (Enrico Marro, Meglio vivere in un Paese globalizzato o protezionista?, “Istituto Bruno Leoni”, 3 Maggio 2017). In generale il processo di globalizzazione ha condotto ad una riduzione della povertà assoluta nei paesi in via di sviluppo, e ha ulteriormente favorito la crescita economica in quelli sviluppati. In Italia, il commercio estero ha attenuato gli effetti negativi della crisi economica, dunque il paese verrebbe danneggiato da un ritorno del protezionismo su scala mondiale. Le aziende presenti sui mercati internazionali presentano lavoratori con salari più elevati, maggiore produttività e competitività.

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