Nr. 206
Pubblicato il 14/11/2018

Ilaria Alpi, un'esecuzione premeditata

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

Ilaria Alpi è stata una giornalista italiana, inviata al Cairo per “Paese Sera” e “L’Unità”, poi assunta dalla Rai nell’organico del Tg3. Fu assassinata a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo 1994, a soli trentadue anni, freddata in un agguato nei pressi dell’Ambasciata italiana, all’incrocio tra via Alto Giuba e corso Somalia. Insieme alla Alpi, sulla Toyota che quel giorno attraversava Mogadiscio, c’era Miran Hrovatin, cineoperatore e fotografo: i due rientravano dal Nord del Paese dove avevano intervistato il sultano del Bosaso. Anche Miran Hrovatin perse la vita nell’imboscata. In un primo momento, molti ritennero l’agguato premeditato, un’esecuzione legata all’attività giornalistica. Tuttavia, già tre giorni dopo l’attentato, le indagini imboccarono un’altra strada, quella della rapina o del rapimento finito male. Ancora oggi non si è giunti a una verità che consegni mandanti e moventi: la storia delle indagini che seguirono è costellata di depistaggi, infiltrazioni, false testimonianze e prove scomparse. L’unico condannato, Hashi Omar Hassan, è stato assolto nel 2016 dalla Corte d’Appello di Perugia dopo 16 anni di ingiusta detenzione.
Tra le ipotesi più battute riguardo il movente, c’è quella che mette in relazione l’omicidio con le indagini che Ilaria Alpi stava conducendo su traffici illegali di armi e rifiuti.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

L’uccisione della giornalista Ilaria Alpi, avvenuta in Somalia il 20 marzo 1994, è ancora senza esecutori, mandanti e moventi. In un primo momento fu chiaro che si trattasse di un agguato premeditato, un’esecuzione legata all’attività giornalistica della Alpi. Tuttavia, già tre giorni dopo l’attentato, le indagini imboccarono un’altra strada, quella della rapina o del rapimento finito male.
01 - Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi a causa delle indagini che stavano conducendo sul traffico di armi e rifiuti tossici tra Italia e Somalia

Franco Oliva, ex funzionario del Ministero degli Esteri in Somalia, è tra coloro che sostengono che la morte degli inviati del Tg3 sia legata alle inchieste che stavano svolgendo nel Paese africano. Per Luciana Alpi, la madre della giornalista, Ilaria e Miran sono stati uccisi per il traffico armi-rifiuti che avevano scoperto.

Giancarlo Marocchino, l’imprenditore italiano nel settore dei trasporti residente in Somalia, ha portato da sempre avanti la tesi del rapimento finito male, accusando organi di stampa e parte della politica italiana di aver attutato un clamoroso depistaggio mediatico sul caso. Anche Carlo Taormina, avvocato e politico, ha sempre difeso le conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta.

 
01

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi a causa delle indagini che stavano conducendo sul traffico di armi e rifiuti tossici tra Italia e Somalia

FAVOREVOLE

Franco Oliva, ex funzionario del Ministero degli Esteri in Somalia, è tra coloro che sostengono che la morte degli inviati del Tg3 sia legata alle inchieste che stavano svolgendo nel Paese africano. Oliva conosceva benissimo la corruzione dilagante in Somalia in quel periodo di guerra civile, in quanto aveva denunciato più volte illegalità e malaffare legati ai progetti di cooperazione.
La famiglia Alpi non si è mai arresa e la madre di Ilaria, Luciana, ha portato avanti la sua battaglia per la verità fino agli ultimi giorni di vita. Per Luciana Alpi, assistita dagli avvocati Domenico e Giovanni D’Amati, Ilaria e Miran sono stati uccisi per il traffico armi-rifiuti che avevano scoperto.

CONTRARIO

Giancarlo Marocchino, l’imprenditore italiano nel settore dei trasporti residente in Somalia, che offrì durante la guerra civile supporto logistico e ospitalità a militari e giornalisti, ha portato da sempre avanti la tesi del rapimento finito male, accusando organi di stampa e parte della politica italiana di aver attutato un clamoroso depistaggio mediatico sul caso. Anche Carlo Taormina, avvocato e politico, ha sempre difeso le conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta, della quale era presidente: dietro al duplice omicidio nessuna premeditazione e nessun movente legato alle attività degli inviati.

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