Gestione privata dell'acqua
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
La gestione pubblica o privata dell'acqua è un tema tutt'oggi ancora molto discusso nel panorama mondiale. In Italia, i diversi provvedimenti legislativi presi a partire dal 1933, compreso il referendum del 2011, non hanno ancora dato la necessaria stabilità al settore dei servizi idrici.
La discussione riguarda in particolare due argomenti: il primo si concentra sul valore dell'acqua in quanto risorsa. Bene sociale, in quanto illimitato, indispensabile ed essenziale per la vita umana, oppure bene economico, cioè contendibile e inseribile nelle regole di mercato purché ne venga garantita un'accessibilità minima a chiunque. Il secondo argomento riguarda il confronto in termini di prestazioni, convenienza e risparmio tra pubblico e privato in termini di servizi al cittadino e diminuzione degli sprechi.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
La gestione pubblica o privata dell'acqua è un tema ancora molto discusso. In Italia, i diversi provvedimenti legislativi, non hanno ancora dato stabilità al settore dei servizi idrici. La discussione si concentra in primis sul valore dell'acqua in quanto Bene sociale ed economico, successivamente sulle prestazioni e sul risparmio tra pubblico e privato.
Solo al di fuori di una gestione di mercato è possibile attuare politiche di tutela e di risparmio della risorsa idrica. Ciò che va indirizzato meglio sono gli investimenti con un sistema tariffario che garantisca l’accesso all’acqua e abbatta gli sprechi. Le gestioni private in paesi come la Colombia, le Filippine e il Ghana dimostrano come l'acqua diventi un bene più accessibile ai ricchi.
Con il decreto Ronchi, approvato il 25 settembre 2009, si vogliono combattere i monopoli e le inefficienze del servizio idrico, garantendo una qualità migliore e prezzi inferiori rispetto alla gestione pubblica. Quello che si vuole è la messa a gara dei servizi, sulla base della trasparenza e della meritocrazia, pur mantenendo la proprietà e il controllo degli apparati pubblici sulle tariffe.
Per gestione privata del servizio idrico non si intende la privatizzazione di un bene comune ma piuttosto l'inserimento del bene in un mercato libero e il suo passaggio da bene unicamente sociale a bene economico. L'acqua quindi rimane di dominio pubblico, ma il servizio viene liberalizzato grazie al decreto Ronchi, che concede ai privati la possibilità di gestire il servizio idrico.
L’acqua è un elemento naturale essenziale per la vita, un diritto universale da tutelare per le future generazioni, un bene sociale comune che non può essere oggetto di appropriazione privata. L’acqua non è un bene che rientra nelle scelte individuali, in quanto elemento vitale. Non bisogna ripetere lo stesso errore avvenuto col petrolio, la cui privatizzazione resta ancora un errore storico.
I servizi idrici gestiti da privati hanno mostrato distorsioni, inefficienze e prezzi più alti
Nei provvedimenti a favore della gestione privata dell'acqua, come ad esempio il decreto Ronchi, approvato il 25 settembre 2009, si vogliono combattere i monopoli, le distorsioni e le inefficienze legate al servizio idrico, con l'obiettivo di garantire una qualità migliore e prezzi inferiori rispetto alla gestione pubblica.
Affinché l'acqua si davvero un diritto universale è necessario combattere lo status quo che vede uno spreco enorme di questo bene nel nostro paese (circa 165 litri di acqua prelevata per poterne erogare 100; una situazione ancor più preoccupante in alcune regioni del Sud).
Quello che si vuole è la messa a gara dei servizi, sulla base della trasparenza e della meritocrazia, che premierà necessariamente le aziende private migliori, pur mantenendo la proprietà e il controllo degli apparati pubblici sulle tariffe e su altri dettagli. Un esempio di gestione integrata efficiente si ha nella città di Rimini, dove il servizio idrico è rimasto comunque per 4/5 un servizio pubblico.
Solo al di fuori di una gestione di mercato è possibile attuare politiche di tutela e di risparmio della risorsa idrica. E solo attraverso la gestione partecipata dalle comunità locali viene garantito il diritto universale all’acqua e la fruizione di un bene comune indipendentemente dalle risorse economiche delle persone.
Ciò che va indirizzato meglio sono gli investimenti, che andrebbero suddivisi fra la fiscalità generale, il ricorso a mutui agevolati e un sistema tariffario che garantisca l’accesso all’acqua e abbatta gli sprechi anche nei settori agricolo e industriale.
Le gestioni private in paesi come la Colombia, le Filippine e il Ghana (non dotati di un'adeguata rete idrica pubblica) dimostrano come l'acqua diventi un bene più accessibile ai ricchi (il costo dell’acqua è da tre a sei volte superiore a quello di città come New York e Londra). È un paradosso che i poveri debbano pagare più dei ricchi per l'accesso ad acque potabili, ovvero a ciò che dovrebbe essere un diritto universale.
Il pregiudizio secondo cui il privato funziona meglio del pubblico va abbattuto attraverso una risolutiva scelta politica d’investimento pubblico al fine di fornire all’Italia un adeguato servizio idrico nazionale.
La gestione privata dell'acqua non vuole privatizzare un bene comune universalmente riconosciuto, ma inserirlo nel mercato libero
Per gestione privata del servizio idrico non si intende la privatizzazione di un bene universalmente riconosciuto come bene comune ma piuttosto l'inserimento del bene in un mercato libero e il suo passaggio da bene unicamente sociale a bene economico.
L'acqua quindi rimane di dominio pubblico, ma il servizio viene liberalizzato grazie al meccanismo delle gare. Si apre dunque ai privati la possibilità di entrare nell'esercizio di questo servizio pubblico essenziale, con un'autorità definita che dovrà verificare e stabilire gli standard di qualità minimi essenziali e che vigilerà sulle tariffe.
In particolare, il decreto Ronchi, approvato in data 25 settembre 2009, che concede ai privati la possibilità di gestire il servizio idrico, dimostra l’affermazione del principio della gara pubblica come criterio base per l’assegnazione dei servizi idrici, per superare lo status quo passato di procedure opache per l’affidamento del servizio, magari a società miste amministrate da politici riciclati.
L’acqua è un elemento naturale essenziale ed insostituibile per la vita, un diritto universale da tutelare per le future generazioni, un bene sociale comune che non può essere oggetto di appropriazione privata, cioè sottoposta a rivalità e a esclusione.
La proprietà dell'acqua e la gestione dei suoi servizi non possono che essere pubbliche e di responsabilità collettiva, anche perché, in quanto elemento vitale, l'acqua non è un bene che rientra tra le scelte individuali (scegliere di bere o non bere acqua, di irrigare o non irrigare i campi).
La privatizzazione dell'acqua è un risultato del liberismo più bieco, che assoggetta i bisogni primari della persona al profitto. Non bisogna ripetere lo stesso errore avvenuto col petrolio, la cui privatizzazione resta un errore storico fondamentale.