Reato di tortura nella legislazione italiana
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Con la legge 14 luglio 2017 n. 110, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.166 del 18 luglio 2017, l'Italia regolamenta, per la prima volta, il reato di tortura sul proprio territorio.
La legge, risultato di alcuni tentativi iniziati con molto ritardo rispetto alla Convenzione di New York firmata il 10 dicembre 1984 (entrata in vigore il 26 giugno 1987 e ratificata dall’Italia con legge 3 novembre 1988, n.4981), risponde alla condanna ricevuta il 7 aprile 2015 da parte della Corte europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) di Strasburgo per le torture subite da Arnaldo Cestaro durante il G8 di Genova nel luglio del 2001, durante il blitz della Polizia di Stato all'interno della scuola Diaz (sentenza Cestaro).
Tra gli argomenti discussi, la possibilità o meno che la legge sia in disaccordo con la Convenzione del 1984 e l'efficacia o meno nel tutelare sia le vittime che i rappresentanti delle forze dell'ordine che svolgono il proprio lavoro in modo legittimo, senza penalizzare nessuna di queste due figure.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Con la legge 14 luglio 2017 n. 110 l'Italia regolamenta il reato di tortura. La legge segue alla condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei Diritti dell’Uomo per le torture subite da Arnaldo Cestaro durante il G8 di Genova del 2001. Si discute sull'efficacia della legge nel tutelare sia le vittime che i rappresentanti delle forze dell'ordine che svolgono il proprio lavoro correttamente.
La legge 14 luglio 2017 n. 110 tutela sia le vittime che i rappresentanti delle forze dell'ordine che svolgono il proprio lavoro in modo legittimo. Introduce il concetto di “dolo generico”, ossia, il pubblico ufficiale è punito a prescindere dallo scopo che si fosse preposto. Inoltre, è introdotto anche il concetto di reato comune, perché spesso vessazioni e soprusi sono attuati da persone normali.
La legge 14 luglio 2017 n. 110 non punisce la tortura, ma criminalizza le forze dell'ordine, esponendo i poliziotti a denunce strumentali. C’è il rischio dell'effetto “disarmo psicologico” delle forze dell'ordine, che potrebbero non sentirsi sereni nello svolgere il loro lavoro. Ciò deriva da un'inversione culturale: lo Stato difende chi commette reati e non chi tutela i cittadini.
L’introduzione del reato di tortura è un passo di civiltà giuridica a tutela dei cittadini. La legge precisa come non debba essere considerata tortura l'azione di un pubblico ufficiale nell'ambito della legittimità delle sue funzioni, ma solo quando ci sia l'abuso di potere. L’Italia estende l'istituto anche ai privati, così il reato può essere contestato anche ad altri (ad es. agli scafisti).
La legge 14 luglio 2017, n. 110 diverge da quanto stabilito dalla Convenzione di New York del 1984. Si teme che alcuni casi di tortura non potranno essere perseguiti, poiché crea delle scappatoie per l’impunità. La legge potrà compromettere l’efficacia del respingimento di chiunque possa paventare un rischio di essere torturato nel proprio paese, creando un ostacolo al rimpatrio dei migranti.
La legge italiana sul reato di tortura tutela sia le vittime che i membri delle forze dell'ordine che svolgono il proprio lavoro in modo legittimo
Un aspetto fondamentale della legge 14 luglio 2017 n. 110 è il suo equilibrio nel tutelare sia le vittime che i rappresentanti delle forze dell'ordine che svolgono il proprio lavoro in modo legittimo.
Innanzitutto, introduce il concetto di “dolo generico”, ossia: il pubblico ufficiale è punito a prescindere dallo scopo che si fosse eventualmente preposto (ovviamente anche se si propone uno scopo, come ad esempio quello di ottenere dichiarazioni).
Inoltre, è una la legge che va a colpire comportamenti individuali, e non è dunque una legge contro le forze di polizia, in quanto viene introdotto anche il concetto di reato comune, perché spesso vessazioni, soprusi fisici e psicologici, sono attuati anche da persone normali.
In Italia, il reato di tortura porta con sé un pesante fardello di disprezzo ideologico: il desiderio di dare una punizione alle forze di polizia e agli operatori, vendetta da parte di chi non ama le divise e non le vuole.
Da qui la legge 14 luglio 2017 n. 110, una legge che non punisce la tortura ma che serve solo a criminalizzare le forze dell'ordine, esponendo i poliziotti a denunce strumentali, dal momento che ogni criminale potrà ricorrere alla denuncia per tortura anche solo per esser stato arrestato con troppa irruenza.
Il rischio è anche l'effetto “disarmo psicologico” delle forze dell'ordine, che potrebbero non sentirsi più sereni nello svolgere il loro lavoro.
Tutto ciò deriva da un'inversione culturale: lo Stato ormai difende chi commette reati rispetto a chi tutela i cittadini. Un'ipocrisia, un'inversione della logica che va combattuta attraverso una legge sulla tortura migliore di quella varata attualmente.
La nuova legge 14 luglio 2017, n. 110 introduce finalmente in Italia il reato di tortura, nel rispetto della Convenzione del 1984
La legge 14 luglio 2017, n. 110 è una legge fondamentale e necessaria, in quanto, a distanza di 33 anni dalla Convenzione di New York (1984) e a 2 anni dalla condanna dell’Italia da parte della Corte di Strasburgo per i fatti avvenuti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001, si introduce finalmente il reato di tortura: un passo di civiltà giuridica a tutela dei cittadini.
Tale legge rappresenta il giusto compromesso tra la definizione del reato e la precisazione che non debba essere considerata tortura l'azione di un pubblico ufficiale nell'ambito della legittimità delle sue funzioni, ma solo quando ci sia l'aggravante dell'abuso di potere.
Gli articoli 613-bis e 613-ter disciplinano rispettivamente il delitto di tortura e la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto. Lo Stato italiano recepisce la figura della tortura del pubblico ufficiale ma amplia l'istituto estendendolo anche ai privati. In questo modo il reato può essere contestato anche ad altri (ad es. agli scafisti), in generale può essere applicato in tutti quei contesti in cui si sottopone taluno a violenza per il piacere di fargli del male.
La legge 14 luglio 2017, n. 110 è piena di falle e diverge da quanto stabilito dalla Convenzione di New York del 1984 in materia di tortura. Affinché si possa accusare qualcuno di tortura occorre che la persona abbia ripetutamente compiuto atti di grave violenza o abbia sottoposto la vittima a trattamenti inumani e degradanti. La legge prevede che la tortura psicologica esista solo nei casi in cui si possa stabilire che la vittima ha subito un trauma psicologico, anche se i processi possono avvenire a distanza di 10 anni dal reato.
Si teme che alcuni casi di tortura non potranno essere perseguiti, creando delle potenziali scappatoie per l’impunità. Ad esempio, l'attuale normativa non avrebbe permesso di perseguire i torturatori di Bolzaneto (caserma in cui sono avvenute torture durante il G8 di Genova del 2001).
La legge potrà compromettere l’efficacia del respingimento di chiunque possa paventare un generico rischio di essere sottoposto a tortura nel proprio paese, creando un ostacolo in materia di rimpatrio dei migranti, non permettendo di distinguere, in modo chiaro, i paesi che applicano la tortura in maniera estesa e sistematica da quelli nei quali i casi sono dovuti ad abusi.