Il bullismo è aggravato dalla diffusione dei social network
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Il bullismo è un fenomeno radicato che ha una portata mondiale. Diverse sono le modalità attraverso cui può esplicarsi e diversi sono i mezzi attraverso cui può propagarsi. I social network e Internet in genere hanno creato ulteriori problematiche e spunti di riflessione, nonché la nuova fattispecie del cyberbullismo, che presenta alcune tipiche peculiarità. Il cyberbullo non ha confini di tempo e spazio e pertanto può essere ancora più invadente. C’è chi individua la sua causa nella condizione sociale e chi richiama aspetti psicologici e sociologici, in un dibattito che vede coinvolti diversi soggetti protagonisti: la scuola, la famiglia e le istituzioni in genere.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Il bullismo può manifestarsi in diversi modi e con diversi mezzi. Con i social network ha preso vita una nuova fattispecie, il cyberbullismo, contraddistinto dall’assenza di confini, di tempo e spazio, per cui può essere più invadente. Tra le cause ipotizzate, la condizione sociale del bullo e aspetti psicologici e sociologici. Il dibattito coinvolge la scuola, la famiglia e le istituzioni.
Internet e le piattaforme in esso presenti aggravano il fenomeno del bullismo e contribuiscono alla creazione di nuove forme di violenza, prevalentemente psicologica. Amplificano i tratti del carattere del bullo e rendono necessaria una vera e propria educazione digitale volta ad informare i ragazzi sulle virtù e sui rischi della navigazione on-line.
I social network non sono di certo la causa del bullismo ma possono essere un canale dove esso può propagarsi. Il web può contribuire ma non è la causa del problema. La solitudine è la causa principale. Bisognerebbe concentrarsi sul ruolo della scuola e della famiglia, su interventi politici mirati, sulla formazione e l’educazione, agire sulla solitudine e l’autostima dei ragazzi, per evitare che si inneschi il gioco bullo-vittima.
La recente ondata di atti di bullismo ai danni dei docenti fa emergere una realtà ormai indubbia: la scuola non è abbastanza severa con i ragazzi, non sanziona abbastanza la cattiva condotta. La famiglia poi lascia troppe libertà.
Anche gli approcci condivisi tra scuola, famiglia e istituzioni hanno finora fallito nella lotta al bullismo. I social media creano ulteriori problemi ancora non del tutto decifrati in un’Italia ancora troppo ancorata alla tradizione. Il corretto intervento deve avvenire su un piano psicologico e sociologico.
Bullismo e violenza non sono sinonimi. Esistono episodi di violenza che non possono essere classificati come bullismo, che manifestano un disagio giovanile fisiologico e dunque non allarmante.
Anche semplici episodi di disturbo giovanile possono essere l’anticamera per forme di bullismo. Bisogna quindi stare attenti a questi segnali, non minimizzare e denunciare quando si hanno elementi sufficienti per farlo.
Il bullismo e l’aggressività dipendono dalla posizione sociale ricoperta dal protagonista dell’offesa. Episodi allarmanti si verificano infatti solo in particolari situazioni, ben circoscritte, in luoghi ad alto disagio sociale.
Non esiste alcuna correlazione tra condizione sociale e violenza e il ragionamento risulta essere peraltro parecchio classista. Esistono bulli di bassa estrazione sociale, ma anche bulli “figli di papà” che commettono atti di violenza con ripetitività. Nel caso specifico del cyberbullismo, bulli e vittime sono tutti sullo stesso piano socio-economico. Le ragioni, pertanto, vanno ricercate altrove.
Sulle piattaforme online il bullo può sbizzarrirsi perché non ha catene, non ha limiti di tempo e spazio, in una rete dove peraltro è difficile trovare anche una regolamentazione omogenea. Arrivare dopo è difficile, bisogna prevenire con interventi diffusi di educazione e formazione.
Non è tanto importante il tempo dell’intervento, quanto la valutazione del bullismo da un punto di vista psicologico e sociologico. Il fenomeno è datato ed è meno complesso di quello che i media vogliano far apparire. I numeri non sono così allarmanti come si vuol far credere.
I social network incidono sul fenomeno del bullismo e lo aggravano, configurando nuove fattispecie difficili da controllare
Internet e le piattaforme in esso presenti aggravano il fenomeno del bullismo e contribuiscono alla creazione di nuove forme di violenza, prevalentemente psicologica. Amplificano i tratti del carattere del bullo e rendono necessaria una vera e propria educazione digitale volta ad informare i ragazzi sulle virtù e sui rischi della navigazione on-line.
I social network non sono di certo la causa del bullismo ma possono essere un canale dove esso può propagarsi. Il web può contribuire ma non è la causa del problema. La solitudine è la causa principale. Bisognerebbe concentrarsi sul ruolo della scuola e della famiglia, su interventi politici mirati, sulla formazione e l’educazione, agire sulla solitudine e l’autostima dei ragazzi, per evitare che si inneschi il gioco bullo-vittima.
Occorrono provvedimenti più severi in famiglia e nelle scuole e un’attenta educazione digitale
La recente ondata di atti di bullismo ai danni dei docenti fa emergere una realtà ormai indubbia: la scuola non è abbastanza severa con i ragazzi, non sanziona abbastanza la cattiva condotta. La famiglia poi lascia troppe libertà.
Anche gli approcci condivisi tra scuola, famiglia e istituzioni hanno finora fallito nella lotta al bullismo. I social media creano ulteriori problemi ancora non del tutto decifrati in un’Italia ancora troppo ancorata alla tradizione. Il corretto intervento deve avvenire su un piano psicologico e sociologico.
Bisogna evitare di confondere il bullismo con semplici episodi di disturbo giovanile ed evitare allarmismi
Anche semplici episodi di disturbo giovanile possono essere l’anticamera per forme di bullismo. Bisogna quindi stare attenti a questi segnali, non minimizzare e denunciare quando si hanno elementi sufficienti per farlo.
Bullismo e violenza non sono sinonimi. Esistono episodi di violenza che non possono essere classificati come bullismo, che manifestano un disagio giovanile fisiologico e dunque non allarmante.
Il bullismo è frutto delle condizioni sociali e non delle nuove tecnologie, l’aggressività è direttamente proporzionale al ceto sociale
Non esiste alcuna correlazione tra condizione sociale e violenza e il ragionamento risulta essere peraltro parecchio classista. Esistono bulli di bassa estrazione sociale, ma anche bulli “figli di papà” che commettono atti di violenza con ripetitività.
Nel caso specifico del cyberbullismo, bulli e vittime sono tutti sullo stesso piano socio-economico. Le ragioni, pertanto, vanno ricercate altrove.
Il bullismo e l’aggressività dipendono dalla posizione sociale ricoperta dal protagonista dell’offesa. Episodi allarmanti si verificano infatti solo in particolari situazioni, ben circoscritte, in luoghi ad alto disagio sociale.
I social network rappresentano una zona franca dove i colpevoli hanno vita facile. Occorre un approccio preventivo e un intervento sinergico
Sulle piattaforme online il bullo può sbizzarrirsi perché non ha catene, non ha limiti di tempo e spazio, in una rete dove peraltro è difficile trovare anche una regolamentazione omogenea. Arrivare dopo è difficile, bisogna prevenire con interventi diffusi di educazione e formazione.
Non è tanto importante il tempo dell’intervento, quanto la valutazione del bullismo da un punto di vista psicologico e sociologico. Il fenomeno è datato ed è meno complesso di quello che i media vogliano far apparire. I numeri non sono così allarmanti come si vuol far credere.