La politica di Donald Trump
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
La figura del 45esimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha suscitato un dibattito notevole fin dai primi giorni della sua campagna elettorale per la corsa alla presidenza. L’amministrazione Trump è stata al centro dei mass media sia per quanto riguarda questioni di carattere nazionale, come l’abolizione dell’Obamacare o la legittima difesa e il possesso di armi da fuoco, sia per problemi di portata internazionale, come la crisi nucleare con la Corea del Nord e le minacce del leader nordcoreano Kim Jong-un; la costruzione del muro al confine con il Messico e l’accordo sul nucleare con la Repubblica Islamica dell’Iran.
Donald Trump ha abbracciato le tematiche del protezionismo – giungendo persino a imporre dazi su acciaio e alluminio –, dell’autarchia e della difesa dei cittadini americani, mostrandosi un conservatore convinto all’interno del Partito Repubblicano. Etichettato come un estremista dai suoi avversari, Trump ha assunto spesso posizioni molto spinte, tanto da inimicarsi persino alcuni esponenti del suo stesso partito. La sua figura si era distinta nettamente da quella del suo predecessore alla Casa Bianca, il democratico Barack Obama. Numerosi traguardi raggiunti in precedenza dall’amministrazione Obama, infatti, sono stati smantellati da Trump, suscitando l’approvazione dei suoi elettori e la critica degli avversari politici, nonché di una parte dell’opinione pubblica sia interna agli USA che internazionale.
L'assalto al Campidoglio degli Stati Uniti avvenuto il 6 gennaio 2021 è stato un evento significativo per la carriera politica di Trump, oltre che nella storia recente degli Stati Uniti. Durante una sessione congiunta del Congresso per certificare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020 – che hanno visto vincitore Joe Biden –, sostenitori del presidente uscente Donald Trump hanno assaltato il Campidoglio, invadendo gli edifici e interrompendo i lavori legislativi. Ci sono state violenze, saccheggi e danneggiamenti, e l'evento ha portato a diversi feriti e alla morte di diverse persone, tra cui un agente di polizia del Campidoglio. L'assalto ha suscitato indignazione e ha portato a un'ampia condanna da parte di leader politici di entrambi i partiti negli Stati Uniti e a livello internazionale. Subito dopo l'assalto, sono state adottate misure di sicurezza straordinarie e diverse persone sono state arrestate in relazione all'evento.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Donald Trump non è stato ancora scagionato dalle accuse di insurrezione, che sono seguite all’assalto del Campidoglio avvenuto il 6 gennaio 2021, e che potrebbero renderlo ineleggibile alle prossime elezioni presidenziali americane.
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha eliminato il potenziale ostacolo alla possibile rielezione di Donald Trump, respingendo all'unanimità la sentenza di un tribunale del Colorado che lo aveva dichiarato ineleggibile.
Le misure protezionistiche su alluminio e acciaio introdotte da Trump rientravano in un programma di protezione dei lavoratori e dell’economia americani.
In seguito all’adozione dei dazi Trump è ritenuto responsabile di avere avviato una guerra commerciale con i paesi esportatori.
Con Trump le tensioni con Teheran erano tornate a inasprirsi. L'ex presidente americano aveva puntato il dito contro l’accordo sul nucleare.
Con la presidenza Trump, Washington e Teheran si sono allontanate rispetto all’accordo sul nucleare bellico.
La proposta di Trump di smantellare il sistema sanitario di Obama ha visto sostenitori sia tra i politici che tra l’opinione pubblica. Le accuse rivolte da Trump nei confronti dell’Obamacare riguardavano la sua dispendiosità a fronte di tanta inefficienza.
La volontà di Trump di smantellare l’Obamacare ha suscitato critiche tra politici e nell’opinione pubblica, aprendo il dibattito su assicurazioni sanitarie e sussidi statali.
L’idea di Trump di erigere una barriera tra i due Stati aveva suscitato indignazione tra l’opinione pubblica internazionale e molti politici si sono detti contrari.
La costruzione di un muro lungo il confine con il Messico è stata una risposta alla problematica dell’immigrazione clandestina.
Trump ha sostenuto che le stragi non sono causate dall’ampia diffusione negli Stati Uniti di pistole e fucili, ma dall’utilizzo improprio da parte di soggetti isolati.
Parte dell’opinione pubblica americana è contraria a una larga diffusione di armi da fuoco e rigettano le proposte di Trump. Anche politici repubblicani avevano assunto posizioni critiche, come il senatore Marco Rubio.
In riferimento alla crisi nucleare innescatasi tra la Corea del Nord e gli USA, leader politici si rilevanza internazionale avevano definito eccessive e pericolose le dichiarazioni di Trump riferite a Kim Jong-un.
L'ex presidente Trump ha ritenuto che la Corea del Nord e il suo leader supremo, Kim Jong-un costituissero un pericolo per gli Stati occidentali.
L’assalto al Campidoglio ha compromesso irrimediabilmente la carriera politica di Donald Trump
L’assalto al Campidoglio, avvenuto quando sostenitori del presidente Donald Trump hanno interrotto la sessione congiunta del Congresso degli Stati Uniti per contare e certificare i voti elettorali che confermavano la vittoria di Joe Biden nelle elezioni presidenziali del 2020, ha messo in pericolo l’eleggibilità di Trump alle prossime elezioni presidenziali.
L'evento, al quale è seguita l'evacuazione del Congresso, ha portato a un'accusa di incitamento all'insurrezione contro Trump, per aver incoraggiato i suoi sostenitori a marciare verso il Campidoglio, durante un discorso tenuto poco prima dell'assalto.
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha però eliminato il potenziale ostacolo alla possibile rielezione di Donald Trump, respingendo all'unanimità la sentenza di un tribunale del Colorado che lo aveva dichiarato ineleggibile a causa del suo coinvolgimento nell'assalto al Campidoglio. La Corte ha stabilito che uno Stato non può prendere tale decisione. Con una decisione unanime di 9-0, la Corte ha stabilito che la sentenza del tribunale del Colorado non poteva essere accettata, consentendo a Trump di comparire sulla scheda elettorale delle primarie dello Stato. Anche se alcuni giudici avevano espresso disaccordo su aspetti tecnici, tutti i nove membri della Corte hanno concordato sul risultato. Trump ha salutato la decisione come una grande vittoria per l'America, lodando i nove giudici per il loro lavoro.
Donald Trump non è stato ancora scagionato dalle accuse di insurrezione, che sono seguite all’assalto del Campidoglio avvenuto il 6 gennaio 2021, e che potrebbero renderlo ineleggibile alle prossime elezioni presidenziali americane. Gli avvocati dei sei elettori del Colorado, che hanno presentato un ricorso per escludere Trump dalle primarie dello Stato, hanno espresso delusione per la decisione della Corte Suprema di riammetterlo. Essi hanno comunque tenuto a sottolineare che Trump non è stato assolto dalle accuse di insurrezione e hanno citato il fatto che la Corte Suprema non ha scagionato Trump dal coinvolgimento nell'insurrezione. I giudici stessi, benché abbiano accolto il ricorso dei legali di Donald Trump, si sono detti preoccupati per le conseguenze politiche di un'azione di uno Stato che va ad interferire con elezioni presidenziali.
I dazi commerciali proposti da Donald Trump non erano una minaccia per gli alleati USA ma una tutela per i lavoratori e l’economia statunitensi
Il ricorso da parte della presidenza americana a una serie di dazi commerciali sulle importazioni statunitensi, nonostante le numerose critiche e accuse da parte dei paesi alleati degli Stati Uniti, è stato difeso assiduamente dallo stesso presidente Trump.
Egli ha sostenuto che le misure protezionistiche avanzate dal suo governo, in particolare la firma della legge che approva dazi commerciali su alluminio e acciaio, siano frutto di un programma volto esclusivamente a proteggere i lavoratori statunitensi e l’economia americana, garantendo maggiore sicurezza al sistema di produzione nazionale.
Diversi sostenitori della politica economica di Trump hanno considerato che la scelta del presidente di chiudere gli Stati Uniti alla globalizzazione economica sia una manovra necessaria per gli Stati Uniti, affermando che anche altri paesi dovrebbero prendere esempio da tale decisione.
Alcuni autori hanno inoltre evidenziato l’inutilità delle critiche avanzate dall’Unione Europea e dalla Cina, poiché i livelli dei dazi commerciali proposti da Trump sono in realtà molto inferiori a quelli europei e cinesi in vigore da diversi anni.
Dopo il 2020, l’America ha continuato la politica dei dazi commerciali che sono stati mantenuti su importazioni cinesi e europee, mentre sono stati brevemente reimposti dazi sull'alluminio canadese. Le negoziazioni commerciali sono continuate, incluso un possibile accordo con il Regno Unito post-Brexit.
La decisione del 2018 dell’amministrazione Trump di attuare misure protezionistiche tramite l’adozione di dazi commerciali sui prodotti importati in America aveva suscitato numerose critiche da parte dei paesi europei e da altre potenze economiche come la Cina.
Donald Trump era ritenuto responsabile di avere avviato una vera e propria guerra commerciale nei confronti dei paesi esportatori, con il solo intento di rafforzare l’economia americana a svantaggio dei propri alleati.
Diverse voci si sono alzate contro questa decisione: l’allora commissario europeo per il Commercio, Cecilia Malmström, aveva auspicato una fase di dialogo con Washington per cercare di accordarsi con il presidente Trump per un’eventuale esenzione dai dazi per l’Unione Europea. Mentre Antonio Tajani, allora presidente del Parlamento Europeo, aveva invece definito “deludenti” le decisioni economiche di Trump, sollecitando una risposta proporzionata da parte di Bruxelles.
Aspre critiche erano state pronunciate anche dal ministro degli esteri della Repubblica Popolare Cinese, il quale aveva definito le misure commerciali di Trump una scelta che avrebbe penalizzato numerosi attori sulla scena globale. Dopo il 2020, la politica dei dazi introdotta da Donald Trump ha continuato a essere rilevante nonostante l'emergenza della pandemia di COVID-19. La guerra commerciale con la Cina è infatti proseguita, con l’America che ha mantenuto i dazi su importazioni cinesi per miliardi di dollari.
Gli Stati Uniti hanno mantenuto i dazi sull'Unione Europea su prodotti come acciaio e alluminio e Trump li ha reintrodotti anche sull'alluminio canadese, poi revocati sotto pressione del Canada, mentre le negoziazioni commerciali sono continuate con vari paesi, incluso il Regno Unito post-Brexit.
L’accordo sul nucleare con l’Iran ha prodotto eccellenti risultati, fino all’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump
Dall’arrivo alla presidenza degli Stati Uniti del repubblicano Donald Trump i rapporti tra Washington e Teheran si sono nettamente deteriorati rispetto alla questione del nucleare bellico, l’avvicinamento raggiunto dai due paesi negli anni precedenti sembra essersi invertito. Donald Trump ha impresso una linea decisamente dura nei confronti della Repubblica Islamica dell’Iran, che viene ora ritenuta dagli Stati Uniti un pericoloso nemico nella regione del Medio Oriente.
Per l’ex inquilino della Casa Bianca, Teheran rappresenta una minaccia sia a causa del suo arsenale nucleare sia per la mancanza di rispetto dei diritti umani, oltre che per il supporto che danno ad alcune organizzazioni paramilitari islamiche, come Hezbollah. Le scelte del presidente Trump sono state quelle di allontanarsi dall’accordo sul nucleare con l’Iran voluto dall’ex presidente Barack Obama nella precedente amministrazione.
In risposta alla minaccia nucleare e alla possibilità di una nuova guerra fredda, la Casa Bianca aveva deciso di agire d’anticipo e con precauzione, non solo contro l’Iran ma anche contro la Cina e la Federazione Russa, potenziando le proprie forze militari e armi nucleari. Durante la sua presidenza, Trump ha abbandonato unilateralmente l'accordo nucleare con l'Iran nel 2018, reimponendo sanzioni e causando tensioni internazionali. L'Iran ha reagito violando alcune disposizioni dell'accordo. Con l'amministrazione Biden, sono in corso colloqui per un possibile ritorno degli Stati Uniti all'accordo.
Diversi esponenti politici hanno risposto alle insinuazioni di Trump definendo l’accordo sul nucleare un grande successo che nel corso degli ultimi anni aveva portato a eccellenti risultati.
Sia il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran Rouhani sia la guida spirituale Khamenei hanno lanciato delle accuse contro la presidenza Trump, rifiutandone le posizioni.
Federica Mogherini, l’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea allora in carica, aveva ribadito che l’accordo sul nucleare non poteva essere smantellato, in quanto si trattava di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Con l'insediamento dell'amministrazione Biden c'è stata una speranza di rinnovare l'impegno verso un accordo nucleare con l'Iran. Le trattative sono in corso, ma al momento non c'è stato un ritorno completo degli Stati Uniti all'accordo nucleare del 2015, noto come JCPOA.
La controriforma sanitaria di Donald Trump doveva rimpiazzare il sistema inefficace dell’Obamacare
La proposta lanciata già durante la campagna elettorale di Donald Trump di smantellare completamente il sistema sanitario voluto dal predecessore, Barack Obama, aveva dimostrato di avere diversi sostenitori sia nel mondo politico che tra l’opinione pubblica statunitense. Le principali accuse rivolte da Trump nei confronti del sistema sanitario entrato in vigore nel 2010, noto con il nome di Obamacare, riguardavano l’eccessiva spesa di fondi statali, e quindi di denaro dei contribuenti, per mettere in piedi un sistema che si è rivelato inefficace sotto tutti i punti di vista.
La controriforma sanitaria di Trump prevedeva in sostanza la cancellazione dei sussidi governativi alle assicurazioni sanitarie per dare invece più spazio al libero mercato e all’iniziativa privata. Trump ha più volte ribadito, riscuotendo notevoli approvazioni tra i suoi elettori e sostenitori, che l’Obamacare si era rivelata una riforma disastrosa.
L’inquilino della Casa Bianca e la sua amministrazione hanno dunque fatto appello al Congresso per approvare una nuova legge con un impatto praticamente nullo in termini di costi per lo Stato imprimendo un taglio netto con il sistema sanitario precedente. La proposta trumpiana è poi stata respinta dal Senato, mal'ex presidente Donald Trump ha ribadito la sua intenzione di eliminare la legge sanitaria se venisse rieletto per un secondo mandato nel 2024. Gli esperti prevedono inoltre che, se i repubblicani ottenessero il controllo del Congresso, potrebbero decidere di non rinnovare gli sconti previsti dall’Obamacare.
La volontà del presidente Donald Trump di promuovere un’ampia controriforma volta a smantellare il sistema sanitario edificato dell’ex presidente Barack Obama ha suscitato non poche critiche nel mondo politico e dell’opinione pubblica statunitense, sviluppando un ampio dibattito sulla questione delle assicurazioni sanitarie negli Stati Uniti e sulla cancellazione dei sussidi statali.
Molti rappresentanti del Congresso sono critici verso la decisione, avanzata già durante la campagna elettorale di Trump, di cancellare l’Obamacare. Tra i critici della controriforma sanitaria sono emersi addirittura alcuni senatori repubblicani che si sono trovati in disaccordo con la strategia di Trump. La manovra, secondo molti autori, comporta una completa distruzione della sanità americana riformata nel 2010.
Donald Trump è stato inoltre criticato per non aver predisposto un programma realmente alternativo all’Obamacare, rischiando in questo modo di compromettere il diritto alle cure mediche dei cittadini statunitensi meno abbienti in nome dei principi di libero mercato, tanto cari alla destra repubblicana. Dopo l'amministrazione Trump, Biden ha lavorato per proteggere e migliorare la riforma sanitaria di Obama, conosciuta come Affordable Care Act (ACA) o "Obamacare". Le azioni includono l'estensione del periodo di registrazione aperto, l'aumento dei sussidi federali per l'assicurazione sanitaria, la difesa dell'ACA nei tribunali e l'espansione della copertura Medicaid. L'obiettivo è garantire un'assistenza sanitaria accessibile e di qualità per tutti gli americani.
La costruzione di un muro al confine con il Messico è stata una decisione irrazionale che ha minato i rapporti tra USA e gli altri paesi dell’America centrale
Il progetto della costruzione di un muro lungo il confine meridionale degli Stati Uniti con il Messico è un argomento che per lungo tempo ha occupato una posizione di rilievo nella campagna elettorale di Donald Trump per la corsa alla Casa Bianca del 2016. A seguito della vittoria alle presidenziali, Trump ha insistito per portare avanti questo progetto.
La ragione principale della costruzione di una barriera lungo lo sterminato confine con il Messico era dettata dalla necessità di contenere l’immigrazione clandestina di cittadini messicani e degli altri paesi del Centro America che per diversi anni sono entrati illegalmente nel territorio statunitense e ancora oggi tentano di accedervi.
Il progetto del muro rappresentava dunque una risposta necessaria alla problematica dell’immigrazione e nel corso della presidenza Trump sono state presentate diverse varianti da alcune aziende statunitensi.
Donald Trump aveva dimostrato di credere fortemente in questo progetto e si era detto determinato a fare in modo che le spese per la costruzione ricadessero sul governo del Messico, principale responsabile del flusso di migranti che ogni giorno tentano di raggiungere il sud degli Stati Uniti.
La volontà del presidente Trump di costruire un muro al confine tra Messico e Stati Uniti aveva suscitato molte polemiche. L’idea di erigere una nuova barriera tra i due Stati aveva suscitato scontento e indignazione tra l’opinione pubblica internazionale e numerosi rappresentanti politici si erano espressi contro questa decisione, richiamandosi ai diritti umani e al diritto di emigrazione. L’allora presidente del Messico, Enrique Nieto, si era inoltre ritenuto contrario alla decisione del presidente Trump di costringere il Messico a sostenere interamente le spese per la realizzazione di questa costosa opera.
Il Messico si era detto non responsabile dei flussi migratori che giungono nella parte meridionale degli Stati Uniti, specialmente se si tiene conto che la parte maggioritaria dei migranti è costituita da cittadini degli altri paesi del Centro America, che usano il Messico soltanto come paese di transito.
Altri personaggi politici di fama mondiale, come l’allora presidente cubano Raul Castro, avevano espresso la loro contrarietà al muro, definendolo frutto di una decisione irrazionale che avrebbe minato i rapporti tra Washington e gli altri paesi dell’America centrale.
Nel 2021, dei 1.600 km di mura promessi da Donald Trump durante la sua prima campagna presidenziale, ne erano stati costruiti circa 727 km.
Dopo Trump, l'amministrazione Biden ha sospeso i finanziamenti per il muro di confine tra Stati Uniti e Messico e ha annunciato una revisione dei progetti e delle politiche di confine. Alcune sezioni del muro sono state rimosse o interrotte, e i fondi precedentemente destinati al muro sono stati ridistribuiti per altre priorità. L'approccio dell'amministrazione Biden si concentra su soluzioni alternative per affrontare le questioni di sicurezza e immigrazione, con maggiore attenzione ai diritti umani e alla gestione dei flussi migratori.
Il possesso delle armi da fuoco negli Stati Uniti è un diritto sancito dalla Costituzione americana che non deve essere limitato in alcun modo
La diffusione delle armi da fuoco negli Stati Uniti è un fenomeno che suscita da diversi decenni numerose polemiche. Tra i sostenitori della vendita di armi troviamo innanzitutto la National Rifle Association (NRA), che in diverse occasioni ha appoggiato la diffusione di armi su tutto il territorio nazionale, non soltanto per gli interessi economici delle grandi lobby, ma specialmente per garantire al meglio il diritto all’autodifesa, espressamente previsto dal secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
Ad appoggiare questa linea vi è anche l’ex presidente Donald Trump, il quale ha ribadito in diverse occasioni che le stragi causate dall’utilizzo di armi da fuoco non sono causate dall’ampia diffusione negli Stati Uniti di pistole e fucili, ma piuttosto dall’utilizzo improprio da parte di soggetti isolati che compiono i terribili atti che si sono verificati.
In risposta all’ennesima strage avvenuta in una scuola della Florida il 14 gennaio 2018, il presidente degli Stati Uniti si era detto favorevole alla proposta di armare gli insegnanti per prevenire al massimo il rischio di nuovi attacchi nelle scuole.
Tra l’opinione pubblica americana, diversi cittadini si ritengono contrari a una larga diffusione delle armi da fuoco tra la popolazione e rigettano le proposte e la linea politica che aveva adottato in merito l’ex presidente Trump.
In diverse occasioni queste posizioni sono state supportate da politici e rappresentanti, in alcuni casi facenti parte dello stesso schieramento repubblicano del presidente Trump. È il caso, per esempio, del senatore Marco Rubio, il quale si era ritenuto contrario alla proposta del presidente di armare ed addestrare gli insegnanti per prevenire le stragi nelle scuole.
Il problema della diffusione delle armi negli Stati Uniti rimane un argomento di acceso dibattito. Tra le proposte dei critici del diritto all’uso indiscriminato di fucili e pistole, diversi esponenti politici americani hanno proposto di aumentare l’età minima per la vendita di armi ai cittadini.
Molte critiche sono state inoltre rivolte anche alla National Rifle Association (NRA), accusata di non dare sufficiente peso alle gravi e numerose stragi che si sono verificate nel corso degli anni in alcune scuole degli Stati Uniti.
Le minacce del presidente Trump nei confronti della Corea del Nord avevano inasprito la crisi nucleare con Pyongyang
Prima che si instaurasse il clima di distensione iniziato a marzo 2018, il presidente Trump ha ritenuto che la Corea del Nord e il suo leader supremo, Kim Jong-un, costituissero un pericolo per gli Stati occidentali. La politica nucleare del dittatore nordcoreano avrebbe potuto innescato una crisi senza precedenti tra gli Stati Uniti e Pyongyang, che rimandava alle vicende della Guerra Fredda.
Le risposte alle minacce lanciate dalla Corea del Nord andavano predisposte, secondo la Casa Bianca, con un’azione forte e con l’inasprimento delle sanzioni economiche fino a che Pyongyang non avesse deciso di piegarsi alla comunità internazionale e smantellare il proprio arsenale nucleare.
Gli Stati Uniti avevano cercato appoggio e collaborazione dai propri partner storici, chiedendo aiuto a Cina e Federazione Russa e riconoscendo l’impegno dei paesi europei che avevano espulso gli ambasciatori nordcoreani dal proprio territorio.
Le pressioni sul leader Kim Jong-un avrebbero dovuto essere costanti e decise e il Pentagono si era detto disponibile a supportate le eventuali azioni del presidente Trump nei confronti del paese asiatico. Dopo la presidenza di Trump, i rapporti tra USA e Corea del Nord sono rimasti tesi. Nonostante i summit storici tra Trump e Kim Jong-un, non sono stati fatti progressi sostanziali sulla denuclearizzazione. Con l'amministrazione Biden non ci sono stati sviluppi significativi, e la Corea del Nord ha continuato a sviluppare il suo programma nucleare.
In riferimento alla crisi nucleare innescata tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti – che tuttavia ha vissuto un momento di distensione a partire da marzo 2018, con l’interruzione dei test missilistici da parte di Kim Jong-un e gli incontri tra il leader supremo coreano e Donald Trump – diversi politici di rilevanza internazionale hanno definito eccessive e pericolose le dichiarazioni di Trump riferite a Kim Jong-un.
Il leader nordcoreano aveva dichiarato inaccettabili le accuse lanciate da Washington, definendo Trump un pericoloso capo di Stato che sta “scherzando con il fuoco”. Il ministro degli Esteri di Pyongyang aveva asserito che la Casa Bianca stava lanciando una vera dichiarazione di guerra nei confronti della Corea del Nord. Persino la Federazione Russa aveva alzano i toni nei confronti di Donald Trump, ritenendo il presidente responsabile di un’escalation di tensione che si era creata attorno alla crisi nucleare con Pyongyang.
Il ministro degli Esteri russo aveva invitato gli USA a moderare il tono delle proprie accuse, sottolineando che il leader nordcoreano non rappresentava una reale minaccia ed era al contrario disposto ad armonizzare la situazione.
Durante il mandato di Trump, c'era stato un notevole aumento della diplomazia personale tra lui e il leader nordcoreano Kim Jong-un, con incontri storici come il summit di Singapore nel 2018 e il summit di Hanoi nel 2019. Tuttavia, nonostante questi incontri, non sono stati fatti progressi significativi nel raggiungere un accordo sostanziale sulla denuclearizzazione della Corea del Nord. Il governo Biden, succeduto a Trump, ha espresso interesse a rinnovare i colloqui con la Corea del Nord, ma finora non vi sono state evoluzioni rilevanti.