Sostenibilità delle energie alternative
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
La discussione sull’utilizzo delle fonti di energia alternativa, sorta in seguito alle problematiche legate all’approvvigionamento dei combustibili fossili e all’eccessiva dipendenza dell’uomo da essi, risulta un punto fondamentale del dibattito economico, ambientale e sociale a livello mondiale.
C’è innanzitutto un aspetto economico: i costi legati agli incentivi statali per costruire gli impianti e per sostenere le nuove fonti di energia, nonché i costi in bolletta per gli utenti.
Un ulteriore aspetto del dibattito riguarda la sostenibilità ambientale delle energie alternative, soprattutto in considerazione della sottoscrizione del Protocollo di Kyoto (trattato internazionale firmato da circa centottanta paesi l’11 dicembre 1997), che impegna i paesi industrializzati del pianeta a diminuire notevolmente le emissioni di elementi inquinanti, in particolare di anidride carbonica (CO2). Alcuni autori sviluppano le loro argomentazioni anche in relazione all’impatto estetico-visivo di alcune tipologie di impianti di energia alternativa sui paesaggi.
Altri punti di dibattito riguardano la sostenibilità sociale: la possibilità di distribuire i nuovi impianti energetici su tutto il pianeta (paesi poveri compresi), le ripercussioni sull’occupazione, la possibilità di conflitti di interesse.
MEDIATECA
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
La discussione sulle fonti di energia alternativa risulta centrale nel dibattito economico, ambientale e sociale a livello mondiale. Gli aspetti toccati sono molteplici, da quello economico (i costi degli incentivi statali e i costi in bolletta); l’impatto estetico-visivo sui paesaggi; la sostenibilità sociale; le ripercussioni sull’occupazione; i possibili conflitti di interesse.
Lo sviluppo delle energie alternative è ostacolato dalle lobby del carbone e del nucleare, che mirano a difendere i propri interessi. In Italia, secondo Greenpeace, Enel ed Eni investono poco nelle rinnovabili e fanno pressione per ottenere sussidi. In particolare Enel, cerca di compensare i mancati introiti del funzionamento delle sue centrali termoelettriche attraverso soldi pubblici.
Legambiente è una lobby legata al settore delle fonti rinnovabili. L’associazione gestisce affari attraverso la società Azzero CO2 e partecipazioni azionarie in Sorgenia. Tutto ciò genera una serie di conflitti d’interesse. Ne sono un esempio le quantità di incentivi per le rinnovabili. Coinvolte anche le banche che in tali finanziamenti trovano una lucrosa alternativa al credito tradizionale.
Lo sviluppo delle energie alternative porta le imprese ad assumere nuove professionalità, creando nuovi posti di lavoro. La crescita di incentivi nell’eolico e nel fotovoltaico ha portato 1,2 milioni di posti di lavoro in più nel mondo. In Italia, le rinnovabili hanno fornito occupazione a 150 mila persone. Per il futuro, l’eolico ha un potenziale occupazionale al 2020 di 67.000 posti di lavoro.
Le energie alternative hanno una bassa densità di occupazione. I soldi investiti in tale settore vengono tolti ad altri settori, sottraendo risorse da ambiti ad alta intensità di occupazione, creando così un danno economico.
Le rinnovabili producono il 22% dell’energia elettrica su scala mondiale. A causa dell’urbanizzazione, della crescita della popolazione, delle problematiche di approvvigionamento energetico e dello sviluppo economico, le economie emergenti investono sempre più nell'energia rinnovabile. Questi investimenti ha portato anche benefici sociali, creando circa 1,2 milioni di posti di lavoro nel mondo.
Se nei paesi ricchi è lecito imporre dei vincoli per l’utilizzo di fonti rinnovabili, nei paesi poveri il concetto deve essere mitigato. Le energie rinnovabili hanno una bassa densità di occupazione. Secondo i dati dell’IBL del 2010, 1 posto di lavoro creato con investimenti in energia eolica diventa 4 posti di lavoro in attività generiche. Nel caso dell'energia fotovoltaica i posti diventano 6.
L’idea che gli impianti di energia alternativa provochino danni al paesaggio non trova alcun riscontro. Osservando le regole per il corretto inserimento degli impianti, il suo impatto oltre a non essere irreversibile, non danneggia. Inoltre, le aziende che installano impianti eolici hanno l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi al termine della vita dell’impianto.
Gli impianti di energia eolica e fotovoltaica danneggiano il paesaggio. Le pale eoliche rallentano i venti, modificando le condizioni climatiche e influendo sulla vita di alcune specie animali. Secondo la Coldiretti, le torri eoliche in Italia hanno desertificato ampi territori e sottratto terre alle coltivazioni e al pascolo, oltre ad aver tolto attrattiva turistica ai territori.
Il pianeta non può più reggere l’immissione di inquinanti derivati da fonti fossili. In base al Protocollo di Kyoto, i paesi industrializzati sono obbligati a ridurre le emissioni di tali elementi. L’utilizzo di energia alternativa garantirebbe tale vincolo, soprattutto con l’utilizzo del fotovoltaico e dell’eolico, che producono energia pulita, senza alcuna emissione di elementi inquinanti.
L’uso delle rinnovabili accresce il livello di emissione di CO2. Sia l’eolico che il fotovoltaico utilizzano metalli, la cui lavorazione genera sottoprodotti radioattivi. Se le somme investite nelle rinnovabili fossero utilizzate in altro modo (ad es. costruzione di linee metropolitane) la diminuzione di CO2 sarebbe maggiore. L’unico modo per ridurre le emissioni è ridurre gli sprechi.
I combustibili fossili sono obsoleti e i costi di tali energie sono più alti rispetto ai costi delle energie alternative. Secondo l’IREX, rapporto realizzato da Althesys, gli investimenti nel settore fotovoltaico ed eolico in Italia hanno portato un vantaggio economico che potrebbe aumentare, considerando anche il risparmio dovuto alla riduzione della dipendenza energetica da altri paesi.
Gli alti costi dell’energia tradizionale sono un falso problema. Il guadagno pronosticato dall’Istituto Althesys, per gli incentivi alle rinnovabili è sbagliato. Le rinnovabili hanno una serie di costi non facili da misurare. In Italia, gli incentivi sono in larga parte a carico degli utenti. Una soluzione più economica è quella del gas naturale che in America costa un quinto delle rinnovabili.
Lo sviluppo e la diffusione degli impianti di energia alternativa sono subordinati e soggetti agli interessi delle lobby del carbone e del nucleare
Lo sviluppo delle energie alternative è ostacolato e boicottato dalle lobby del carbone e del nucleare, che mirano a difendere i propri interessi a discapito della salute del pianeta.
Per quanto riguarda l’Italia, secondo il parere di Greenpeace Italia (Le accuse di Greenpeace. Capacity payment, il ministro dalla parte delle lobby fossili?, “qualenergia.it”, 25 giugno 2013), Enel ed Eni investono poco o niente nelle rinnovabili e fanno pressione, sia in Italia che in Europa, per ottenere un ricco piano di sussidi (400-500 milioni di euro all’anno, per i tre anni successivi, per poi crescere fino a 1,5-2 miliardi all’anno dal 2017). In particolare Enel, che vede la sua produzione (per lo più legata al carbone) minacciata dalla crescita delle energie pulite, cerca di compensare i mancati introiti del funzionamento delle sue centrali termoelettriche attraverso soldi pubblici.
Legambiente rappresenta una potente lobby legata alle industrie del settore delle fonti rinnovabili e alla politica (Ministero dell’Ambiente e Ministero dello Sviluppo Economico). In particolare, nel campo dello sviluppo delle energie alternative, l’associazione gestisce affari attraverso la società controllata Azzero CO2 e sulla quale fanno affari alcuni suoi dirigenti nazionali, grazie ad alcune società a responsabilità limitata, come Ambiente Italia. Inoltre, esistono partecipazioni azionarie in Sorgenia e ruoli dirigenziali in società che sviluppano fotovoltaico. Tutto ciò fa scaturire una serie di evidenti conflitti d’interesse che danno vita a speculazioni nel settore a discapito della collettività e dell’ambiente. Ne sono un esempio le ingenti quantità di soldi pubblici trasformati in incentivi per le rinnovabili, oppure l’invasione oltremisura delle pale eoliche nelle regioni del Sud (su tutte la Basilicata).
Coinvolte anche le banche che nei finanziamenti alle rinnovabili trovano una lucrosa alternativa al credito tradizionale che soffre per la crisi.
Investire nelle fonti di energia alternativa avrebbe un impatto positivo nel settore occupazionale con la prospettiva della creazione di nuovi posti di lavoro
La crescita del mercato delle energie alternative porta alla necessità, per le imprese che operano nel settore, di assumere nuove professionalità da inserire nei loro organici, generando un notevole incremento nel settore occupazionale (soprattutto per quanto riguarda il biogas).
Secondo i dati forniti da Quercus Assets Selection, la crescita di incentivi nel settore eolico e nel fotovoltaico ha comportato un incremento di 1,2 milioni di posti di lavoro nel mondo. In Italia, le industrie rinnovabili hanno fornito occupazione a 150 mila persone (Diego Biasi, Investire nelle energie rinnovabili, “Previnforma”, 9 aprile 2013).
Per quanto riguarda il futuro, i dati dello studio Uil-Anev del gennaio 2008 relativi all’eolico (Brochure Anev 2013, “anev.org”, gennaio 2008), indicano un potenziale occupazionale al 2020, in caso di realizzazione dei 16.200 MW previsti (di cui 200 offshore), di 67.000 posti di lavoro complessivi.
Le energie alternative hanno una bassa densità di occupazione.
Dato che i soldi investiti in tale settore vengono prelevati da altri settori dell’economia, dal punto di vista dell’occupazione si produce un danno, poiché si sottraggono risorse da ambiti ad alta intensità di occupazione per trasferirle in ambiti a bassa intensità.
Sulla base degli incentivi effettuati nel settore delle rinnovabili, secondo una ricerca condotta dall’Istituto Bruno Leoni (Carlo Stagnaro, Luciano Lavecchia, Are Green Jobs Real Jobs? The case of Italy, “brunoleonimedia.it”, maggio 2010) riportata anche da Filippo Astone: “in uno scenario di tipo ottimistico, un posto di lavoro creato con gli investimenti in energia eolica sarebbe diventato quattro posti di lavoro se gli stessi investimenti fossero stati fatti in attività generiche. Nel caso dell'energia solare-fotovoltaica, i posti sono sei. In uno scenario pessimistico il rapporto è di 1 a 11 per l'eolico e 1 a 10,5 per il solare fotovoltaico” (Filippo Astone, Boom o bluff? Luci e ombre della "green economy", “Il Mondo”, 19-26 novembre 2010, consultato in “brunoleoni.it, 26 novembre 2010).
L’energia alternativa può sostituirsi all’energia tradizionale e servire tutta la popolazione mondiale
Le rinnovabili non sono più una fonte marginale. Al contrario, producono il 22% dell’energia elettrica su scala mondiale; in Italia il 40%. Per ottenere il restante 60% basterebbe coprire con pannelli fotovoltaici lo 0,5% del territorio.
Oltre all’Italia, economie emergenti a livello mondiale stanno investendo notevolmente negli impianti di energia rinnovabile. A causa della urbanizzazione, della crescita della popolazione, delle preoccupazioni sulla sicurezza dell’energia e del forte sviluppo economico, regioni come Asia, America Latina, Medio Oriente e Africa contribuiscono sempre di più alla crescita dell'energia rinnovabile.
Sul piano della localizzazione, le rinnovabili sono l’ideale sia per le aree del mondo più isolate e remote, dove il trasporto di combustibili fossili risulta problematico, sia per le aree industrializzate e sia per i paesi del terzo mondo.
Oltre al contributo energetico, questa tipologia d’investimento ha portato altri benefici sociali: solo l’eolico e il fotovoltaico hanno contribuito per una stima di 1,2 milioni di posti di lavoro nel mondo.
La povertà in alcuni paesi induce le popolazioni alla combustione di materiali in ambienti chiusi per ottenere un’energia di tipo basilare (cucinare cibi e scaldarsi). Se nei paesi ricchi è lecito imporre dei vincoli per un utilizzo sostenibile di fonti rinnovabili, nei paesi poveri il concetto deve essere mitigato.
Altro elemento negativo è la bassa densità di occupazione delle rinnovabili. Secondo i dati raccolti nel 2010 dall’IBL, in uno scenario ottimistico un posto di lavoro creato con investimenti in energia eolica diventa quattro posti di lavoro in attività generiche. Nel caso dell'energia fotovoltaica i posti diventano sei. In uno scenario di tipo pessimistico il rapporto è di 1 a 11 per l’eolico e 1 a 10,5 per il fotovoltaico.
Gli impianti di energia rinnovabile rispettano i protocolli d’intesa con le associazioni ambientaliste e, dunque, arricchiscono senza danneggiare il paesaggio
L’idea diffusa che gli impianti di energia alternativa (eolico su tutti) provochino danni al paesaggio non trova alcun sostegno concreto. Al contrario, i protocolli di intesa, che le associazioni ambientaliste (Legambiente e Greenpeace su tutte) hanno firmato in questi anni con le imprese del settore, dimostrano che è possibile inserire gli impianti nel rispetto del paesaggio.
Osservando le regole per il corretto inserimento degli impianti nel territorio, il suo impatto oltre a non essere irreversibile arricchisce senza danneggiare.
Inoltre, per richiesta dell’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento), gli impianti eolici hanno l’obbligo di ripristino totale dello stato dei luoghi al termine della vita dell’impianto.
Secondo un rapporto del 2005 della Commissione Consultiva Indipendente del governo britannico (L'energia eolica, la pianificazione territoriale, il paesaggio, “archivio.eddyburg.it”, 3 dicembre 2007), nel Regno Unito il totale di spazio necessario per gli impianti eolici in terraferma è di 2.340 ettari, che di fronte alla superficie totale del paese (24 milioni di ettari) rappresenta lo 0,001%.
L’eccessiva proliferazione di impianti di energia alternativa, eolico e fotovoltaico in particolare (data l’imponente struttura dei loro macchinari), crea danni estetici irreversibili al paesaggio in termini di alterazione dei siti e di aggressivo consumo del suolo. In particolare, le pale eoliche rallentano i venti, modificando le condizioni climatiche e influendo negativamente sulla vita di alcune specie animali.
Secondo la Coldiretti, le oltre 3600 torri eoliche presenti in Italia hanno trasformato in deserto oltre diecimila chilometri quadrati di terreno e sottratto superficie alle coltivazioni e al pascolo (Eolico: girano contestazioni controvento “La Repubblica.it”, 14 luglio 2009).
Un caso emblematico è quello del Molise, dove la proliferazione selvaggia di installazioni rinnovabili penalizza l’agricoltura, accentua i fenomeni di dissesto idrogeologico e arreca danni al patrimonio rurale, al paesaggio che perde attrattiva e, di conseguenza, al settore turistico. Un caso specifico nella regione è rappresentato da Saepinum, antica città romana nel Tammaro, dove la centrale eolica di 16 torri da 126 metri incombe sui resti del municipio romano.
L’utilizzo delle energie alternative permette una notevole riduzione di emissioni di elementi inquinanti rispetto ai combustibili fossili
Il pianeta non può più reggere l’immissione di elementi inquinanti derivati dalla combustione di fonti di energia fossile, come il petrolio e il carbone.
In base al Protocollo di Kyoto del dicembre 1997, i paesi industrializzati sono obbligati ad operare una riduzione delle emissioni di tali elementi, in particolare del gas ad effetto serra CO2.
Ridurre i consumi di energia provenienti dalle fonti fossili utilizzando fonti di energia alternativa (in particolare energie rinnovabili) garantirebbe alle generazioni future un pianeta vivibile.
Secondo il rapporto 212/2015 dell’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Fattori di emissione atmosferica di CO2 e sviluppo delle fonti rinnovabili nel settore elettrico, “isprambiente.gov.it”, 2015) l’introduzione di fonti di energia alternativa in Italia ha ridotto le emissioni di CO2 da 126,2 Mt del 1990 a 97,1 Mt nel 2013. In particolare, maggiori risultati si sono ottenuti tra il 2007 e il 2013, quando la produzione totale lorda di energia rinnovabile è passata dal 15,3% al 38,6%. Tra le fonti maggiormente indicate a tale scopo sono menzionate il fotovoltaico e l’eolico, le quali sono in grado di produrre energia pulita senza alcuna emissione di scorie ed elementi inquinanti.
Pur generando energia pulita, l’uso delle rinnovabili accresce il livello di emissione di CO2.
Oltre al coinvolgimento di fonti fossili nella produzione, sia l’eolico sia il fotovoltaico utilizzano metalli rari che provengono dalla Cina. Le attività minerarie e la lavorazione di queste terre generano un’enorme quantità di sottoprodotti radioattivi e pericolosi. Inoltre, l’economia cinese, incrementata dalle vendite relative alle rinnovabili, potrà aumentare la costruzione di nuove strutture sfruttando il prodotto maggiormente utilizzato in Cina, il carbone, tra i principali responsabili delle emissioni di CO2.
Se le ingenti somme investite nelle rinnovabili fossero utilizzate in altra maniera (ad esempio la costruzione di linee metropolitane) la diminuzione di CO2 sarebbe maggiore.
L’unico modo per ridurre le emissioni di CO2 è sensibilizzare la popolazione mondiale a ridurre gli sprechi e, in generale, al risparmio energetico.
Il costo di produzione delle energie alternative è più basso di quello dell’energia generata dai combustibili fossili
I combustibili fossili sono obsoleti e costosi. A parità di energia prodotta, i costi di energia da tali fonti sono più alti rispetto ai costi dell’energia alternativa (generata da fonti rinnovabili).
Secondo l’IREX Annual Report realizzato da Althesys (Nuove Energie, nuova strategia. Le scelte economiche, le politiche e gli equilibri energetici, “althesys.com”, 18 aprile 2013), gli investimenti nel settore fotovoltaico ed eolico in Italia hanno portato un vantaggio economico che potrebbe aumentare se l’Italia continuasse a investire nelle rinnovabili: investendo costantemente, sono previsti benefici compresi tra i 19 e i 49 miliardi di euro entro il 2030. Da considerare nel calcolo anche il risparmio a lungo termine dovuto alla riduzione della dipendenza energetica da fonti fossili e da paesi come l’Algeria e la Russia, e il fatto che le fonti pulite abbassano il costo del chilowattora.
Secondo i dati Istat 2014, il costo dell’energia incide appena il 5% sulla spesa media mensile di ogni utente, e meno della metà è attribuibile all’energia elettrica. Gli oneri riferiti alle fonti rinnovabili, se eliminati, farebbero risparmiare meno del tre per mille al mese (7 euro su 2500).
Gli alti costi dell’energia tradizionale sono un falso problema.
Il guadagno di trentasette miliardi entro il 2030, pronosticato dall’Istituto Althesys nel 2012, per gli incentivi alle rinnovabili è un calcolo sbagliato perché si basa sul costo del chilowattora bloccato per venti anni. Inoltre, le rinnovabili hanno una serie di costi non facili da misurare (affitto dei terreni, compensi per i consulenti, finanziamento per gli anticipi di investimento, ecc.).
A differenza delle fonti fossili, i cui bassi costi di estrazione hanno storicamente rafforzato le finanze dei governi, gli alti costi delle rinnovabili rischiano di mettere in crisi le economie nazionali.
In Italia, gli incentivi crescono troppo e sono in larga parte a carico degli utenti.
Una soluzione più economica è quella del gas naturale che in America costa un quinto delle rinnovabili.