Social Network
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Nei primi dodici anni di vita di Facebook (febbraio 2004; luglio 2016), lo stato dell’arte di quella porzione dell’universo virtuale che identifichiamo generalmente come mondo dei social network ha subito profonde mutazioni. A un primo livello di analisi, ciò che si può constatare è l’intensa proliferazione di piattaforme social tra loro anche molto diversificate, specialmente dopo il 2008 circa. Com’è intuibile, Facebook non rappresenta la totalità del discorso, ma fissare come termine di riferimento temporale la sua comparsa ha anche un valore simbolico che sconfina oltre i limiti della statistica. Forse non altrettanto chiaro è come si sia giunti ai livelli di pervasività toccati dai social in così poco tempo. Friendster o MySpace non hanno avuto i numeri per dare il via al processo di massificazione vera e propria, eppure sono stati fondamentali per far sì che qualcosa avvenisse. Abbiamo a disposizione sufficienti dati per avere un’idea delle reali dimensioni di questo fenomeno che influenza in maniera crescente la vita delle ultime generazioni (ma non solo di queste). Non tutti si sono dimostrati favorevoli alle conseguenze che sono scaturite dalla diffusione dei social network. Alla luce della capillarità raggiunta, e per via delle trappole e dei rischi insiti in un loro uso non appropriato, alcuni studiosi si sono dichiarati scettici sull’effettivo potenziale positivo di queste piattaforme.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Nell’ultimo decennio il mondo dei social network ha subito profonde mutazioni, a partire dalla loro intensa proliferazione. Alla luce della capillarità raggiunta e dei rischi insiti nel loro uso, alcuni studiosi si sono detti scettici sul potenziale positivo dei social network.
Edward Snowden si è espresso in merito al ruolo di Facebook nel diffondere notizie false. Il problema principale è che nel corso degli anni il gigante di Menlo Park si è trasformato, per gran parte della popolazione americana, nel principale se non unico strumento d’informazione. A ciò va aggiunto che la maggior parte delle persone non legge realmente quello che condivide a livello social.
Mark Zuckerberg ha risposto alle accuse che vedrebbero Facebook coinvolto nella diffusione di contenuti pro-Trump in piena chiusura di campagna elettorale. Per Zuckerberg le bufale non sono nate con il suo social, ma sarebbero un tratto distintivo delle reti moderne. Facebook inoltre sta studiando e sperimentando un nuovo algoritmo in grado di identificare bufale.
Illustri studiosi si sono interrogati sull’essenza dei social network. Eco sostiene che istituzioni giornalistiche ed educative dovrebbero controllare e moderare ciò che viene pubblicato. Bauman, meno fiducioso nei confronti delle medesime istituzioni, ci mette in guardia contro i falsi idoli digitali, figli di una società che non crede più nelle rappresentanze politiche.
Gianluca Nicoletti e Juan Carlos De Martin hanno risposto alle affermazioni di Eco, sostenendo che la struttura stessa dei social ci vincola ad accettare di stare gomito a gomito con gli aspetti più estremi promossi dalle reti. Se non siamo in grado di inserirci in modo fluido e contestuale nel mondo virtuale siamo digitalmente morti.
Snowden contro la cattiva informazione su Facebook
Mark Zuckerberg ha risposto alle accuse che vedrebbero Facebook coinvolto nella diffusione di contenuti pro-Trump in piena chiusura di campagna elettorale. Secondo il CEO dell’azienda di Menlo Park, in primo luogo le bufale non sono nate con il suo social, ma sarebbero un tratto distintivo delle reti moderne. Secondariamente, non ci sarebbe motivo per ritenere che una “manciata” di notizie false sia in grado di far cambiare idea alle persone. Al massimo, sostiene Zuckerberg, possono rafforzare opinioni preesistenti. Per confermare l’impegno nella lotta contro la cattiva informazione, Facebook sta studiando e sperimentando un nuovo algoritmo in grado di identificare, con sempre maggiore precisione, bufale, notizie false e sensazionaliste, studiate appositamente per generare visite sui rispettivi siti internet.
Edward Snowden, uno dei più famosi whistleblower degli ultimi anni, si è espresso in merito al ruolo di Facebook nel diffondere notizie false, o quantomeno fuorvianti. Secondo lui il problema principale è che nel corso degli anni il gigante di Menlo Park si è trasformato, per una grossa fetta della popolazione americana (ma non solo), nel principale se non unico strumento d’informazione. Nel bene o nel male ciò significa avere un’entità dominante nel decidere che cosa possa circolare, in termini di informazione, e cosa no. A ciò, secondo l’ex dipendente dell’NSA, va aggiunto il fatto che la maggior parte delle persone non legge realmente quello che condivide a livello social. Tale comportamento corroborerebbe il processo di circolazione delle notizie agevolando quelle che destano più scalpore, indipendentemente dal fatto che siano veritiere o meno. A parere di Snowden, la soluzione potrebbe essere quella di costituire una “rete tra le reti” dove il ruolo di ogni componente è quello di eseguire un controllo incrociato sull’altrui attività informativa.
Eco, Bauman e la trappola dei social
Gianluca Nicoletti e Juan Carlos De Martin, scrivendo per “La Stampa”, hanno risposto a quanto affermato da Umberto Eco, ossia il fatto che i social media rappresenterebbero la valvola di sfogo per gli “imbecilli” e un terreno fertile per la prolificazione di bufale, sostenendo fondamentalmente che la struttura stessa delle reti e dei social ci vincola ad accettare di stare gomito a gomito con gli aspetti più estremi promossi dalle reti. Se non siamo in grado di inserirci in modo fluido e contestuale nel mondo virtuale siamo, secondo Nicoletti, digitalmente morti. Il filosofo contemporaneo italiano Umberto Galimberti sostiene che parlando delle reti è impossibile considerarle un mezzo, quanto semmai un ambiente che non scegliamo, e dove coesistiamo a stretto contatto con gli altri che come noi traggono la loro educazione da ciò che trovano in rete. L’unica scelta che ci è data, al limite, è di prenderne parte o meno.
La partecipazione ai social network si fa costantemente più massiccia, ma illustri studiosi quali Umberto Eco o Zygmunt Bauman si sono interrogati sull’effettiva portata di questo trend, traendone conclusioni non sempre positive. Si tratta di un’invasione di ignoranti finalmente liberi di parlare? Esiste la possibilità di arginare le intemperanze estreme e superficiali manifestate dagli utilizzatori delle reti? Eco sostiene che istituzioni giornalistiche ed educative dovrebbero farsi carico del compito di controllare e moderare ciò che viene pubblicato e ciò che dagli utenti viene preso a riferimento, al fine di evitare di prendere per vere le numerose false notizie che infestano Internet. Bauman, meno fiducioso nei confronti delle medesime istituzioni, ci mette in guardia contro i falsi idoli digitali, figli di una società che non crede più nelle rappresentanze politiche.