Vitalizio agli ex parlamentari
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Il vitalizio agli ex parlamentari è un argomento centrale nel dibattito politico. Con gli articoli 69 e 122 della Costituzione, l'ordinamento italiano prevede che il vitalizio venga erogato a deputati, senatori e consiglieri regionali (in quest'ultimo caso sotto forma di meccanismi pensionistici complementari). La prima riforma delle indennità parlamentari risale al 2012 e prevede che le pensioni parlamentari vengano calcolate con il sistema contributivo. Successivamente, nel 2015, c’è stata la proposta di legge Richetti, approvata alla Camera ma non al Senato, che intendeva abolire i vitalizi ed estendere il trattamento pensionistico basato sul sistema contributivo anche agli ex parlamentari.
Il 12 luglio 2018 l’Ufficio di presidenza della Camera ha approvato la delibera per il taglio dei vitalizi degli ex deputati presentata dal presidente della Camera dei deputati nella XVIII legislatura, Roberto Fico, che prevede il ricalcolo delle somme spettanti secondo il metodo contributivo.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
La Costituzione italiana prevede l'erogazione di un vitalizio a deputati, senatori e consiglieri. Per alcuni, il taglio ai vitalizi comporterebbe un grande risparmio per lo Stato; per altri, invece, il risparmio sarebbe irrisorio. Da un punto di vista morale, se per alcuni il vitalizio è un diritto sancito dalla Costituzione, per altri si tratta di un privilegio che va contro il principio di equità.
Il taglio ai vitalizi è un passo verso l’uguaglianza tra i cittadini. Se pur fosse concepibile un trattamento pensionistico ad hoc per i parlamentari, questo non può essere slegato dai contributi versati e dalla durata dell’incarico. La Corte Costituzionale, inoltre, ha riconosciuto che sui diritti di natura pensionistica il legislatore può agire, a condizione che gli interventi siano ragionevoli.
Il vitalizio agli ex parlamentari è un diritto sancito dall’ordinamento italiano, ed è dunque impossibile eliminare un reddito a chi ha per decenni ricoperto incarichi parlamentari nel rispetto di leggi e normative. Si può considerare un ricalcolo dei vitalizi mensili troppo alti, ma comunque non attraverso l’equiparazione al sistema contributivo degli altri lavoratori.
Il sistema dei vitalizi riguarda un numero ristretto di persone e si tratta di diritti maturati per l'effettivo lavoro svolto. Il taglio ai vitalizi comporterebbe un risparmio di appena qualche milione di euro per le casse dello stato. Togliere i vitalizi ai condannati, sarebbe togliere reddito alle famiglie e alle vedove.
I vitalizi agli ex parlamentari in Italia sono una spesa enorme per lo stato. I contributi versati coprono una parte irrisoria di quanto versano Camera e Senato per i vitalizi. Applicando le regole contributive in vigore per tutti gli altri lavoratori, la spesa per i vitalizi si ridurrebbe del 40%. La modifica alle leggi in materia è dunque una misura che può ridurre la spesa pubblica.
La delibera per il taglio dei vitalizi cancella un’ingiustizia
Tra i detrattori della nuova delibera per il taglio dei vitalizi, approvata alla Camera il 12 luglio 2018, c’è Antonello Falomi, ex senatore Pds e presidente dell’Associazione ex parlamentari. Per Falomi la logica del Movimento 5 Stelle è degna di uno Stato totalitario. Forza Italia, che si è astenuta dalle votazioni, si è detta critica sui contenuti della delibera, considerata incostituzionale. Anche Matteo Richetti, deputato del Partito Democratico e padre della legge per l’abolizione dei vitalizi proposta nella precedente legislatura ma bloccata dal Senato, ha definito la delibera del Movimento 5 Stelle demagogica e incostituzionale, un’arma di distrazione di massa.
Il Movimento 5 Stelle, promotore della delibera per il taglio dei vitalizi approvata alla Camera il 12 luglio 2018, si è schierato compatto in difesa dei principi contenuti nel provvedimento. Primo a festeggiare, con la pubblicazione di un video su Facebook, è stato Luigi Di Maio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, nonché leader politico dei 5s. Roberto Fico, presidente della Camera, ha elogiato la delibera sul taglio dei vitalizi durante la cerimonia di consegna del Ventaglio da parte dell’Associazione Stampa, mentre Riccardo Fraccaro, ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia Diretta, ha definito l’approvazione della delibera una vera e propria vittoria dei cittadini.
Non è accettabile che i vitalizi dei parlamentari siano slegati dai contributi versati e dalla durata dell’incarico.
Non è pensabile né l’eliminazione di un reddito a chi ha ricoperto incarichi parlamentari nel rispetto delle leggi e delle normative, né l’applicazione del metodo contributivo per i vitalizi, come previsto per gli altri lavoratori. L’equiparazione tra vitalizi e pensioni si pone in contrasto con i principi fondamentali fissati dalla Costituzione italiana. I vitalizi restano sempre e comunque un diritto acquisito, dunque un intervento retroattivo su di essi potrebbe essere giudicato incostituzionale, tanto più se il loro taglio dovesse intaccare notevolmente il tenore di vita dei beneficiari. Inoltre, il ricalcolo retroattivo dei contributi può aprire un pericoloso precedente anche per le pensioni degli altri lavoratori. Le riforme della previdenza che si sono susseguite, infatti, non hanno mai intaccato diritti maturati prima della loro entrata in vigore.
Il taglio ai vitalizi rappresenta un passo importante nella difesa dell’uguaglianza tra i cittadini, soprattutto in considerazione degli scandali emersi in materia (ex parlamentari beneficiari del vitalizio con pochissime presenze parlamentari, assegni vitalizi di reversibilità destinati ai parenti degli onorevoli).
Se pur fosse concepibile un trattamento pensionistico particolare per chi abbia trascorso un periodo di tempo prolungato in un organo parlamentare nazionale o regionale, non è accettabile che, come quasi sempre accade, questo trattamento sia del tutto slegato dai contributi versati e dalla durata dell’incarico.
Sulla questione del vitalizio in quanto diritto intoccabile sancito dalla Costituzione, va considerato che la stessa Corte Costituzionale ha più volte riconosciuto che sui diritti di natura pensionistica il legislatore può agire e può farlo anche retroattivamente per ragioni costituzionalmente meritevoli, a condizione che gli interventi siano ragionevoli e proporzionati.
Il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari riguarda cifre irrisorie e dunque non garantisce alcun ingente risparmio per le casse dello stato italiano
Il sistema retributivo del vitalizio riguarda un numero ristretto di persone, e si tratta di diritti maturati per l'effettivo lavoro svolto.
Quasi tutti i beneficiari sono appartenenti alla Prima Repubblica e sono quasi tutti anziani. Questo vuol dire che, entro circa un decennio, saranno in pochi i parlamentari che ancora usufruiranno di questo tipo di trattamento.
Si tratta, inoltre, di una pensione minore (non ci sono né tredicesima né altri vantaggi).
Gli scandali e gli errori commessi in passato sono stati cancellati già da diversi anni, e il dibattito non può andare a ledere un diritto acquisito e non deve alimentare populismo né facile risentimento sociale.
In termini economici e finanziari, il taglio ai vitalizi comporterebbe un risparmio di appena qualche milione di euro per le casse dello stato italiano.
A differenza di altri paesi europei, i vitalizi agli ex parlamentari in Italia sono eccessivamente alti e rappresentano una spesa enorme per le casse dello stato. Una spesa che graverà di certo sulle generazioni future.
I contributi effettivamente versati dagli ex parlamentari coprono una parte irrisoria rispetto a quanto versano Camera e Senato per i redditi vitalizi.
Solo applicando le regole del sistema contributivo in vigore per tutti gli altri lavoratori italiani all'intera carriera contributiva dei parlamentari la spesa per i vitalizi si ridurrebbe del 40% (come afferma Tito Boeri, presidente dell’INPS, nell’articolo Tito Boeri (Inps) sui vitalizi degli ex parlamentari: "Sistema insostenibile. Con il contributivo si ridurrebbero del 40%", pubblicato il 5 maggio 2016 su “L’Huffington Post”).
La modifica alle leggi in materia rappresenta dunque una misura non solo simbolica ma in grado di contribuire in modo significativo alla riduzione della spesa pubblica o al finanziamento di programmi sociali.