Uber
FAVOREVOLE O CONTRARIO?
Uber, nata in California nel 2009, è tra i casi di maggior successo globale della new economy, grazie all’impetuoso sviluppo del suo business, nato e veicolato tramite internet. L’idea vincente di Uber è stata quella di permettere, attraverso l’applicazione UberPop, a migliaia di automobilisti di divenire autisti (driver), con un utilizzo occasionale e redditizio dell’auto privata. A fronte di minimi requisiti (età, patente regolare, auto idonea e assicurata), grazie a un software per i dispositivi mobili, Uber ha messo in collegamento l’offerta di trasporto di migliaia di autisti privati, con la domanda di milioni di potenziali clienti iscritti al servizio, con tariffe di trasporto preventivabili e pagabili con carta di credito attraverso il sito. Oggi Uber è presente in 68 paesi (“uber.com”, consultato il 14 gennaio 2016) e circa 300 città ed è stata recentemente valutata come una delle start-up di maggior successo al mondo, per un valore di circa 50 miliardi di dollari. Uber è però avversata dai tassisti, che l’accusano di concorrenza sleale, i quali hanno spinto amministrazioni locali, governi nazionali e tribunali a intervenire o pronunciarsi sulla sua liceità. Se i sostenitori vedono nel servizio una innovativa forma di trasporto urbano, i detrattori l’accusano di essere una multinazionale che fa concorrenza sleale su scala mondiale ai tassisti, non in grado di garantire sicurezza ai clienti e irrispettosa dei normali diritti lavoristici dei suoi collaboratori.
IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:
Nata in California nel 2009, Uber è considerata una delle start-up di maggior successo al mondo. I tassisti, però, l’accusano di concorrenza sleale e si appellano ad amministrazioni, governi e tribunali affinché si pronuncino sulla sua liceità. Per i sostenitori è un’innovativa forma di trasporto, i detrattori l’accusano di essere una multinazionale che fa concorrenza sleale ai tassisti su scala mondiale.
Uber, e soprattutto l’app UberPop, è illegale in Italia e i Comuni devono solo applicare la vigente legge in materia – la 21/1992 – che impone, al servizio di noleggio con conducente e autovettura, di partire dalle autorimesse e tornare presso le stesse prima dell'inizio di ogni nuova corsa. Non possono operare come i tassisti.
Uber ha messo in luce l’inadeguatezza e il corporativismo dei tassisti in Italia, legittimati da una legge sul trasporto pubblico non di linea, nata quando ancora non c’era Internet. Le sentenze che hanno dato ragione ai tassisti, hanno dovuto farlo sulla base di norme vecchie e sbagliate, che hanno garantito per decenni il monopolio dei tassisti, che hanno tenuto le tariffe più alte d’Europa.
Uber rappresenta una sfida vincente in un settore bisognoso di innovazione come quello del trasporto urbano. Più editorialisti e analisti economici hanno espresso la necessità che leggi e mercato si aprano ai nuovi servizi permessi dalla tecnologia, come quello di Uber: più concorrenza significa prezzi più bassi, meno rendite per i monopolisti e benefici per i consumatori.
I tassisti accusano Uber di concorrenza sleale, soprattutto riguardo l’app UberPop, che permette a migliaia di privati di trasformarsi in autisti. Gli autisti di Uber non devono poter operare senza una regolare licenza concessa dai comuni. Uber è una multinazionale, che fa lobbying per conquistare anche l’Italia, fa guadagni senza pagare le tasse e sfruttando il lavoro di autisti precari.
La sentenza del Tribunale di Roma su Uber Black riabilita un servizio abusivo
A favore della sentenza del Tribunale di Roma del 26 maggio 2017, che sblocca il servizio Uber Black, si è schierata Codacons. Il presidente nazionale, Carlo Rienzi, ha infatti mostrato la propria soddisfazione per una decisione che guarda al futuro, avvicinando l’Italia al resto del mondo. Dello stesso parere Massimiliano Dona, che spera in un intervento deciso del governo per regolamentare definitivamente il settore. Felice della decisione dei giudici della Capitale anche Carlo Tursi, general manager di Uber, che già da mesi tentava la strada del dialogo con tassisti e associazioni.
Contro la sentenza del Tribunale di Roma del 26 maggio 2017, che reintegra Uber Black, annullando il blocco imposto il 7 aprile, si sono schierati i sindacati dei tassisti. Fabrizio Rolando, portavoce nazionale di Federtaxi, si è mostrato deciso nel condannare la scelta dei giudici di Roma e il comportamento del governo, che umiliano l’intera categoria dei tassisti, vittima – a suo dire – di concorrenza sleale. Stesse posizioni per Alessandro Genovese, segretario generale Ugl, secondo il quale a vincere sono stati i poteri forti, la politica e gli interessi privati, che di fatto hanno reimmesso sul mercato dei trasporti un’attività completamente abusiva.
Uber non può operare in Italia, è illegale
Oltre al generale problema della scarsa concorrenza in Italia, il fenomeno Uber ha messo in luce ancora di più l’inadeguatezza e il corporativismo dei tassisti in Italia, legittimati da una legge sul trasporto pubblico non di linea (quella del 1992) da cambiare, nata quando ancora non c’era Internet.
Le sentenze giuridiche che hanno temporaneamente dato ragione ai tassisti, hanno dovuto farlo sulla base di norme vecchie e sbagliate, che hanno garantito per decenni in Italia un monopolio di fatto ai tassisti, che ne hanno approfittato con le tariffe più alte d’Europa; così che il taxi in Italia non un servizio pubblico, ma un mezzo riservato alle classi ricche. Le proteste dei tassisti contro Uber sono sbagliate e corporative e gli scioperi selvaggi dei tassisti ai danni dei cittadini sono ingiusti e prepotenti.
Uber è illegale e i Comuni devono solo applicare la vigente legge italiana in materia – la 21/1992 – che impone, al servizio di noleggio con conducente e autovettura, di partire dalle autorimesse e tornare presso le stesse prima dell'inizio di ogni nuova corsa. Non possono operare come i tassisti.
Secondo i tassisti e le associazioni che li rappresentano, in Italia basterebbe applicare la legge vigente per non avere dubbi sulla illegittimità di Uber sul mercato, riguardo il servizio fornito con l’app UberPop. La legge nazionale esistente in materia impedisce l'esercizio abusivo della professione di trasporto di persone e i Comuni la devono applicare, anche con controlli dei Vigili urbani per fermare gli autisti “abusivi”.
Uber rappresenta il futuro del trasporto urbano, migliorando i servizi e riducendone i costi e sta crescendo a valanga nel mondo
Per chi sostiene che una maggiore concorrenza sia necessaria in vari settori economici del nostro paese, Uber rappresenta una sfida vincente, in un settore bisognoso di innovazione come quello del trasporto urbano. Più editorialisti e analisti economici hanno espresso la necessità che leggi e mercato si aprano ai nuovi servizi permessi dalla tecnologia, come quello di Uber, avversati da lobby o corporazioni ritenute dannose per l’Italia: qui i tassisti, in altri casi categorie come i farmacisti, i notai e gli avvocati. Più concorrenza significa prezzi più bassi, meno rendite per i monopolisti e benefici per i consumatori. La fine del monopolio delle linee aeree nazionali o della telefonia, per le conseguenze positive avute sulla scelta e sui prezzi dell’offerta ai consumatori, lo ha già dimostrato.
L'accusa di concorrenza sleale è la principale tra quelle mosse dai tassisti e dai contrari alla presenza di Uber in Italia, soprattutto riguardo l’app UberPop, che permette a migliaia di automobilisti privati di trasformarsi in autisti e guadagnare sul trasporto di persone in città, senza troppe difficoltà. Gli autisti di Uber non possono operare senza una regolare licenza concessa dai comuni, requisito base per condurre un’auto di trasporto pubblico e che, per vari motivi, in Italia ha acquisito valore economico e importanza simile a quella di un investimento immobiliare, per chi decide di fare il tassista. Uber è una potente multinazionale, che fa lobbying per conquistare anche l’Italia, fa guadagni enormi senza pagare le tasse nel paese e sfruttando il lavoro di autisti precari, non preparati, né tutelati.