Nr. 259
Pubblicato il 30/05/2023

Donazione degli organi

FAVOREVOLE O CONTRARIO?

Il trapianto di organi o tessuti ottenuti da un altro essere umano, dichiarato deceduto, da sempre suscita problematiche di tipo medico, etico e filosofico.
La firma del decreto Ministeriale n. 130 il 20 agosto 2019 ha riacceso l'interesse attorno al tema, già ampiamente discusso a livello mondiale. Da un lato vi sono i sostenitori del trapianto di organi, che sottolineano l'importanza di una terapia in grado di salvare un elevato numero di vite umane, nonché l'importanza del principio del “dono” tra individui, ferme restando le disposizioni giuridiche rigorose al fine di evitare la vendita illecita di organi o la coercizione di donatori; dall'altro, chi sostiene che la donazione sia un atto che abusa del morente e critica aspramente il principio di morte cerebrale. Il fronte di dibattito più acceso, infatti, è quello relativo ai criteri di accertamento della morte del donatore.


IL DIBATTITO IN 2 MINUTI:

01 - La donazione di organi va incoraggiata perché in grado di salvare molte vite

La donazione degli organi è un atto di profondo altruismo, che va radicandosi sempre più nella nostra cultura. Tuttavia, deve essere un atto volontario, gratuito e privo di coercizione.

02 - La donazione degli organi implica l’abuso del morente

Il trapianto di organi umani è inaccettabile in quanto necessita di abusare del morente oppure di danneggiare il sano.

03 - Il principio del “silenzio-assenso” informato è utile alla sensibilizzazione dei cittadini e all’aumento dei consensi all’espianto post mortem

Il principio del “silenzio-assenso” informato è giusto perché fondato sul principio dell’informazione del cittadino.

04 - Il consenso all’espianto degli organi è un tema troppo delicato perché possa essere basato sul principio del “silenzio-assenso”

Nel campo della donazione degli organi la volontà del soggetto disponente deve essere massimamente tutelata, non può essere presunta.

05 - I criteri di accertamento della morte encefalica sono incontrovertibili

Nell’immaginario collettivo le funzioni vitali di un individuo sono ritenute legate alla funzione e alla vitalità del cuore. In realtà, è la presenza e il mantenimento delle funzioni dell’encefalo che permette a un individuo di essere vivo.

06 - L’accertamento della morte secondo criteri neurologici non ha base scientifica

I pazienti in morte cerebrale, al momento dell'espianto, a livello fisiologico sono moribondi ma vivi, poiché il cuore batte e il sangue circola, anche se la respirazione è indotta artificialmente.

 
01

La donazione di organi va incoraggiata perché in grado di salvare molte vite

FAVOREVOLE

Necessario aumentare la disponibilità di organi

Le istituzioni europee hanno da tempo intrapreso un percorso volto a incentivare la pratica della donazione, cercando di valorizzare la diffusione della cultura del dono e, al contempo, lavorando per garantire la sicurezza dei trapianti e lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri.
Nel documento Promuovere la donazione e opporsi al traffico di organi, pubblicato nell’aprile del 2008, il Parlamento europeo sottolinea la necessità di una campagna di sensibilizzazione, a livello europeo, sulla donazione di organi, per incrementarne la disponibilità e ridurre le liste d’attesa per i trapianti, tenendo presente il rispetto per la libera scelta del cittadino.
Le disposizioni dei singoli Stati membri – secondo il documento – devono garantire qualità e sicurezza ed escludere la possibilità di vendita illecita di organi o di coercizione di donatori. La sensibilizzazione ha l’obiettivo di fornire una maggiore informazione, in particolare tra i giovani e attraverso le scuole.
Aiuta nella comprensione dell’importanza della diffusione della cultura della donazione il volume Donazione e trapianto di organi e tessuti. Interrogativi e risposte a cura dell’AIDO (Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule), dove si legge: “a 16 mesi di distanza dall’iscrizione in lista di attesa tutte le persone non trapiantate di cuore, fegato, pancreas e polmone muoiono, mentre a 5 anni di distanza dal trapianto più dell’80% di essi hanno una vita quasi normale” (Cfr. G. Cattoni, V. Palermo, V. Passarelli, Donazione e trapianto di organi e tessuti. Interrogativi e risposte, Eleda Edizioni, Milano, 2001).

La questione etica e l’importanza del “dono”

La donazione degli organi è un atto di profondo altruismo, che va radicandosi sempre più nella nostra cultura. Optare per un atto gratuito che può salvare altre vite dopo la propria morte non è sicuramente una scelta facile. È un gesto personale, spesso accompagnato da preconcetti e paure. Fondamentale è una corretta informazione per aiutare a superare le resistenze: “Credo sia molto importante riscoprire il senso e il valore del dono” – afferma Ornella Mancin, presidente della Fondazione Ars Medica di Venezia, che insiste sul valore della donazione come atto di generosità. “A mio avviso il dono corrisponde a una modalità di essere: nel caso della donazione si dà qualcosa di così tanto importante da permettere a qualcun altro di vivere” (Donazioni e trapianti sicuri? Serve l’aiuto del medico di famiglia, “ordinemedicivenezia.it”, 26 marzo 2019).
Come recita il Catechismo della Chiesa cattolica, che evidenzia la posizione della Chiesa di Roma sul tema: “La donazione di organi dopo la morte è un atto nobile e meritorio ed è da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà”, purché le conseguenze, fisiche e psichiche del donatore siano proporzionate al bene che ne deriva per il ricevente (Catechismo della Chiesa cattolica. Il rispetto della persona e la ricerca scientifica, par. 2296).
Secondo quanto dichiarato da Papa Benedetto XVI nel discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla donazione di organi, organizzato dalla “Pontificia Accademia per la Vita”, la donazione è testimonianza di carità ed è importante comprendere la “logica della gratuità” in materia di umanità, tanto più in un periodo segnato dall’egoismo come questo in cui viviamo.
I trapianti di tessuti e organi, frutto dell’impegno di medici e ricercatori, sono una grande conquista della scienza medica e sono spesso l’unica ancora di speranza
Tuttavia, bisogna tener presente che il corpo non è un mero oggetto (Cfr. Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 5), si può donare solamente se non c’è pericolo per la propria salute e la propria identità; inoltre, l’aumento di richieste di trapianti non deve allontanare il singolo dall’etica su cui poggia il meccanismo. Pertanto, è imperativo che la trapiantologia resti centrata sulla logica del dono e della gratuità e che non vi sia coercizione: “Del valore di questo gesto dovrebbe essere ben cosciente il ricevente; egli è destinatario di un dono che va oltre il beneficio terapeutico. Ciò che riceve, infatti, prima ancora di un organo è una testimonianza di amore che deve suscitare una risposta altrettanto generosa, così da incrementare la cultura del dono e della gratuità” (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso internazionale sul tema: "Un dono per la vita. Considerazioni sulla donazione di organi" promosso dalla Pontificia Accademia per la vita, “vatican.va”, 7 novembre 2008).

 

Nina Celli, 30 maggio 2023

 

 
02

La donazione degli organi implica l’abuso del morente

CONTRARIO

Abuso del morente

Il trapianto di organi umani è inaccettabile in quanto “necessita di abusare del morente oppure di danneggiare il sano”, secondo il parere di David Wainwright Evans, specialista in cardiologia presso il Papworth Hospital di Cambridge. Come riporta il Comunicato stampa pubblicato dalla Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente, il problema principale è l’impossibilità di trapiantare organi presi da un “morto vero”. Da qui l’esigenza di ridefinire la morte in senso “anticipato”: si parla di morte neurologica o “faux circulatory (pseudo arresto cardiocircolatorio)”, che sono “finzioni legali”, inventate per procurarsi gli organi. Evans, oltre a opporsi al principio di morte cerebrale, poiché solo piccole parti del cervello possono essere testate (“Non può esistere il fatto di considerare un cervello morto mentre il sangue continua a circolare attraverso di esso”), ritiene che i tempi di verifica per l’accertamento della morte dovrebbero essere ben più lunghi di quelli attualmente in uso. “Dubito sinceramente – afferma ancora il cardiologo – che tutti quei milioni di persone che stanno sul Registro dei Donatori di Organi […] comprendano pienamente cosa sia stato fatto ufficialmente creder loro nel mettere la spunta nella casella per offrire i loro organi ‘dopo la mia morte’. Se non hanno capito che potrebbero essere dichiarati morti a quello scopo con criteri controversi […]” (Così parlò David Evans "il trapianto di organi è sbagliato. Abusa del morente oppure danneggia il sano", “antipredazione.org”, comunicato stampa dell’11 novembre 2019).

Salvare gli organi a ogni costo?

Sul tema interviene la Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente, in un documento presentato al Parlamento e al Movimento critico internazionale, pubblicato il 19 settembre 2006 sul proprio sito a cura del proprio comitato scientifico, presieduto da Massimo Bondì, docente di Patologia chirurgica e Propedeutica clinica presso l'Università La Sapienza di Roma, e Nerina Negrello, presidente della Lega stessa. Nel documento viene criticata la volontà di salvaguardare gli organi a ogni costo, anche a scapito della salvezza del paziente.
Secondo il criterio di “morte cerebrale”, “I pazienti sotto ventilazione definiti arbitrariamente ‘cadaveri’ dai medici che dichiarano la ‘morte cerebrale’, in realtà non lo sono né per la biologia né per la legge” […] i neurochirurghi, pressati dalla richiesta di organi, sono consapevoli che salvare il paziente ad ogni costo può significare anche perderlo con l'atto chirurgico o durante il decorso post-operatorio, perdendo così i suoi organi”.

Secondo l’opinione di molti medici, dopo la dichiarazione di “morte” segue una sorta di cambio di “destinazione” del paziente, che da destinatario di cure diventa potenziale donatore. Ciò causa un atteggiamento diverso nel personale che spesso giunge a trascurare la sofferenza del paziente in vista del recupero dei suoi organi, “cancellando ogni dignità rimanente della persona morente e impedendole di morire in pace” (È giusto donare gli organi?, “gruppomacro.com”, consultato il 28 luglio 2022).
La Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente sottolinea come in alcuni casi si rinunci a operare delle terapie finalistiche, in particolare su pazienti con danni cerebrali, dichiarandoli precocemente in morte encefalica al fine di espiantarne gli organi. Ma oltre agli espianti a cuore battente, controversa è anche la questione dell’espianto a cuore non battente da 1 a 5 minuti: persone in arresto cardiaco vengono dichiarate precocemente “senza speranza”, evitando, così, di sottoporle a rianimazione e usando invece la circolazione extra-corporea per ossigenare reni e fegato, anche se in questo modo viene ostacolato l'afflusso di sangue al cervello (Quello che non ti hanno detto, “antipredazione.org”, consultato il 27 luglio 2022).

Contro la “frenesia verso il trapianto

Massimo Bondì, libero docente di Patologia chirurgica e Propedeutica clinica presso l'Università “La Sapienza” di Roma e tra i promotori della "Lega contro la predazione degli organi", pur affermando che la trapiantologia sia un importante punto di arrivo per l’umanità, e abbia il meritevole intento di salvare vite umane, ne rileva alcuni aspetti problematici. Tra questi, il disallineamento tra progresso della chirurgia e progresso della ricerca, per cui quest’ultima risulta sottovalutata. Un suo maggiore avanzamento – unito al miglioramento delle terapie – potrebbe permettere di guarire gli organi, evitando la terapia del trapianto: “Non condivido, in particolare, la frenesia verso il trapianto che porta a trascurare, in nome della necessità di essere rapidi e di evitare che gli organi si deteriorino, la tutela della salute del donatore. […] Oggi c'è una richiesta in aumento di organi. Tutti chiedono organi, potrebbe farlo anche un centenario. Si tratta di una strada pericolosa che non dovrebbe essere percorsa”. “Tramite la ricerca – continua il professor Bondì – si dovrebbe perseguire l'obiettivo di creare organi in provetta, visto che, almeno in linea teorica, ogni organo è riproducibile artificialmente, a esclusione del cervello” (Claudio Morpurgo, Troppa frenesia intorno ai trapianti, “Shalom”, 2000).

 

Nina Celli, 30 maggio 2023

 
03

Il principio del “silenzio-assenso” informato è utile alla sensibilizzazione dei cittadini e all’aumento dei consensi all’espianto post mortem

FAVOREVOLE

Donazioni, trend positivo per l'Italia

In tema di trapianti, l’Italia è tra i paesi più virtuosi nel panorama europeo, con un’alta percentuale di donatori. La pandemia di Covid-19 ha portato un rallentamento dell’attività dei trapianti del 10% nel 2020 rispetto all’anno precedente. Un rallentamento risolto già nel 2021, secondo il Report del Centro Nazionale Trapianti, pubblicato nel gennaio 2022, con una percentuale del 22,9% di donatori per milione di abitanti (erano il 20,5% del 2020 e il 22,8% nel 2019). Nel 2021, inoltre, si è registrato un calo delle opposizioni al prelievo degli organi nelle rianimazioni, con il 28,6% contro il 30,2% dell’anno precedente. Circa quattro opposizioni su cinque sono imputabili al rifiuto dei parenti del deceduto.

Sebbene, quindi, la tendenza sia positiva, le liste d’attesa sono ancora molto lunghe, con 8031 pazienti in attesa di trapianto (dati del 23 maggio 2023: Liste d’attesa, Sistema Informativo Trapianti, “trapianti.sanita.it”, 23 maggio 2023), poiché le richieste superano le donazioni. È necessario, quindi, incentivare la donazione ed è questo lo scopo della legge n. 91/99 che introduce il principio del “silenzio-assenso”.
In Donazione e trapianto di organi e tessuti. Interrogativi e risposte, a cura dell’AIDO, si auspica una rapida applicazione della legge: “L’impossibilità di esaurire tutte le richieste di trapianto d’organi ci fornisce dei dati molto importanti: a 16 mesi di distanza dall’iscrizione in lista di attesa tutte le persone non trapiantate di cuore, fegato, pancreas e polmone muoiono, mentre a 5 anni di distanza dal trapianto più dell’80% di essi hanno una vita quasi normale […] La nuova Legge (n. 91/99), se correttamente applicata, ci mette in condizione di risolvere, si spera definitivamente, il problema del trapianto di organo nel nostro paese (G. Cattoni, V. Palermo, V. Passarelli, Donazione e trapianto di organi e tessuti. Interrogativi e risposte, Eleda Edizioni, Milano, 2001).

Carlo Petrini, dell’Unità di Bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità, e Michele Farisco, Biogem IRGS (Istituto di Ricerca “Gaetano Salvatore”), nello studio Appunti di storia e di etica del consenso informato per la donazione di organi e tessuti da cadavere allo scopo di trapianto, pubblicato su “Pratica Medica & Aspetti Legali”, analizzano in maniera approfondita il testo di legge 91/99. Sotto il profilo dell’etica, esprimono un consenso verso l’approccio del “silenzio-assenso” informato, innanzitutto perché fondato sul principio dell’informazione del cittadino. Ritengono sia doveroso che ogni prelievo di organi venga legittimato dal consenso del donatore o, almeno, dalla sua non-opposizione, sulla base di un’adeguata informazione. Non è altrettanto corretto interpretare la non-espressione di volontà come un rifiuto, poiché questo potrebbe essere motivato non già dalla reale contrarietà, ma da ragioni altre, tra cui la difficoltà nel concepire la propria morte. Se in questi casi non si procedesse con l’espianto a scopo di donazione, si priverebbero molti individui dell’opportunità di compiere un gesto “altruistico e di alto valore sociale” (Carlo Petrini, Michele Farisco, Appunti di storia e di etica del consenso informato per la donazione di organi e tessuti da cadavere allo scopo di trapianto, “Pratica medica & Aspetti legali”, Vol. 5 n. 3, 2011, pp. 89-94).

Anche per il papa emerito Benedetto XVI si espresse a favore, sostenendo che era fondamentale vi fosse una corretta informazione del cittadino chiamato a esprimere il proprio consenso all’espianto degli organi post mortem:Il consenso informato è condizione previa di libertà, perché il trapianto abbia la caratteristica di un dono e non sia interpretato come un atto coercitivo o di sfruttamento” (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso internazionale sul tema: "Un dono per la vita. Considerazioni sulla donazione di organi" promosso dalla Pontificia Accademia per la vita, “vatican.va”, 7 novembre 2008).

 

Nina Celli, 30 maggio 2023

 
04

Il consenso all’espianto degli organi è un tema troppo delicato perché possa essere basato sul principio del “silenzio-assenso”

CONTRARIO

La volontà deve essere sempre espressa chiaramente

Francesca Romana Poleggi, direttrice editoriale di “Notizie ProVita”, esprime un parere nettamente contrario al principio del “silenzio-assenso” in materia di donazione degli organi: “dove la legge ci tiene al rispetto della volontà sovrana della persona, il principio ‘chi tace acconsente’ non vale. La volontà deve essere sempre espressa […] Nel campo della donazione degli organi, dove si tratta di atti di disposizione del proprio corpo, la volontà del soggetto disponente dovrebbe essere massimamente tutelata” (Francesca Romana Poleggi, Silenzio-assenso sulla donazione di organi: pericolo di morte, “provitaefamiglia.it”, 21 agosto 2019).

Altre perplessità giungono da Alfredo Mantovano, ex politico e magistrato, che già prima della sua discussione alla Camera, aveva rilevato alcune criticità alla base della legge 91/99 sulle disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e tessuti.
È proprio l’ammissibilità dell’istituto del “silenzio-assenso”, in materia di trapianti che Mantovano mette in discussione: egli evidenzia l’inadeguatezza di una procedura concepita per far fronte all’inerzia degli enti pubblici in una materia tanto delicata qual è quella della donazione degli organi; dietro la mancata posizione del cittadino può, infatti, celarsi ignoranza circa i termini della questione. “S’impone una rilettura dell’articolato alla Camera. Né si obietti che in questo modo si umilia l’esortazione alla solidarietà di fronte alle possibilità di salvare vite umane con il trapianto di organi vitali. È vita anche quella di colui che viene di volta in volta individuato come donatore: il quale in ogni caso, quand’anche non vi fossero dubbi sulla definitività della sua morte […] non può essere espropriato forzatamente di parti del corpo. A meno che non si scambi la solidarietà per quel collettivismo di stampo scandinavo che include la disponibilità della vita delle persone, e in particolare di quelle più deboli, perché incapaci di opporsi” (Alfredo Mantovano, Contro il silenzio-assenso alla donazione di organi, “Cristianità”, n. 249, 1996).

Il 25 marzo 1999, Salvatore Macca, presidente emerito della Corte d’Appello di Brescia e presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, pochi giorni prima del voto definitivo al Senato della suddetta legge, dietro sollecito di Nerina Negrello, presidente della “Lega nazionale contro la predazione di organi e la morte a cuore battente”, ha rivolto un appello al presidente della Corte costituzionale, in cui invita a impedire l’approvazione della legge stessa, definita anticostituzionale. La legge è – secondo l’opinione di Macca – in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione (“la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona…”), poiché violerebbe determinati “limiti”, chiedendo al cittadino di compiere un atto (ovvero esprimere la propria opposizione) per sottrarsi a una pratica che non vuole subire, “che per di più riguarda e coinvolge la sfera più intima, più riservata, più sacra della propria individualità o di quella delle persone a lui care o da lui rappresentate”.
Viene considerata inappropriata anche l’applicazione del “silenzio-assenso” in materiale di donazione degli organi, poiché da istituto concepito a protezione dei cittadini rispetto all’immobilismo della pubblica amministrazione, diviene a loro discapito, costringendoli a “correre a mettersi in fila, non per chiedere qualche cosa di cui hanno bisogno, ma soltanto per evitare che vengano scippati del loro corpo”. Con la presunzione di assenso si è maggiormente esposti a malpractice, per cui medici potrebbero sostenere che la dichiarazione di dissenso “non c’era o che non l’hanno vista, o trovata o ricevuta”.

 

Nina Celli, 30 maggio 2023

 
05

I criteri di accertamento della morte encefalica sono incontrovertibili

FAVOREVOLE

Morte clinica e morte cerebrale

Grazie allo sviluppo tecnologico in ambito medico, a metà dello scorso secolo si è imposto un ripensamento dei criteri di definizione del decesso. Il 5 agosto 1968 un report realizzato da un comitato di esperti della Harvard Medical School (A Definition of Irreversible Coma Report of the Ad Hoc Committee of the Harvard Medical School to Examine the Definition of Brain Death, “jamanetwork.com”, 5 agosto 1968) proponeva una definizione della morte secondo nuovi criteri neurologici, che hanno spianato la strada alla trapiantologia. In precedenza, la morte era diagnosticata attraverso la valutazione di tre funzioni: circolatoria (assenza del battito cardiaco), neurologica (assenza di risposta agli stimoli), respiratoria (assenza di respirazione). Con la diffusione della ventilazione meccanica, grazie anche alla concomitante nascita delle prime unità di terapia intensiva intorno agli anni Cinquanta, fu possibile mantenere in funzione artificialmente respirazione e circolazione sanguigna in pazienti altrimenti destinati all’arresto cardiaco. Ma, una volta collegati alle macchine, alcuni pazienti non tornavano più a mostrare alcun tipo di attività cerebrale e nasceva così la necessità di distinguere chi era ancora funzionalmente in vita, e aveva la chance di recuperare qualche tipo di attività cerebrale e cognitiva, da chi era fondamentalmente morto, ma tenuto in funzione dalla ventilazione artificiale.
Il report di Harvard nacque dunque dalla necessità di individuare in maniera univoca e condivisa una definizione di morte che non si basasse unicamente sulla cessazione delle funzioni respiratorie e circolatorie, criteri resi ormai desueti dall’introduzione della ventilazione artificiale. E per farlo, propose di definire la morte come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello, o morte encefalica. Perché senza un cervello […] non si può parlare di vita”.
Da qui la possibilità di trapiantare gli organi sani di un defunto per sostituire quelli malati di un paziente ancora in vita. Il criterio di morte cerebrale ha permesso l’utilizzo di un maggior numero di organi da cadavere volti al recupero di centinaia di migliaia di vite.

Oggi, dunque, abbiamo due definizioni di morte: la cosiddetta “morte clinica”, o più precisamente cardiaca, che si accerta constatando che il sistema cardiocircolatorio ha smesso di funzionare, e quella “cerebrale”, ovvero la cessazione definitiva del funzionamento del cervello definita in base ai criteri di Harvard (Simone Valesini, Come è cambiata la definizione di morte?, “Wired”, 19 gennaio 2019).
Il criterio di “morte cerebrale” non è funzionale all’espianto di organi. Difatti, il processo di accertamento di morte è indipendente dall’eventuale possibilità di donare. I medici si accertano della morte seguendo le procedure indicate nella legge 29 dicembre 1993, n. 578, e nel decreto ministeriale 11 aprile 2008 n. 136, basandosi su criteri neurologici o cardiaci. In seguito, una commissione di medici certifica la morte. Tale commissione, composta da un anestesista, un neurofisiopatologo e un medico legale, convocata dalla Direzione sanitaria della struttura ospedaliera, è indipendente da chi ha riscontrato lo stato di morte e diversa dall’équipe che eseguirà il prelievo e il trapianto. Solo in seguito a tale iter, e nel caso in cui la persona abbia espresso il proprio consenso (o i familiari aventi diritto non si siano opposti), si potrà procedere alla donazione di organi e tessuti (Per chi dona dopo la morte, Centro Nazionale Trapianti, 5 dicembre 2018).

Riguardo ai dubbi che possono sorgere in merito alla definizione di “prelievo a cuore battente”, il professor Franco Filipponi, direttore del Dipartimento di trapiantologia epatica, epatologia e infettivologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria pisana, chiarisce che si tratta di individui deceduti, in cui il cuore continua a battere e il sangue a circolare solo grazie all’ausilio delle macchine e dei farmaci: “L’apparente paradosso deriva dal fatto che nell’immaginario collettivo le funzioni vitali di un individuo sono ritenute essere legate alla funzione e alla vitalità del cuore. In realtà, è la presenza e il mantenimento delle funzioni e dell’attività dell’encefalo che permette a un individuo di essere vivo. Nel momento in cui il cervello smette totalmente e irreversibilmente di funzionare, viene a mancare la vita: il cuore potrà continuare a battere, ma l’individuo non potrà mai più tornare a vivere […] I criteri clinici e strumentali che la legge italiana ha fissato per la certificazione consentono di stabilire, in maniera incontrovertibile, la morte dell’individuo” (La paura di donare gli organi. Intervista al Prof. Franco Filipponi, “epatitec.info”, consultato il 17 luglio 2022).

 

Nina Celli, 30 maggio 2023

 
06

L’accertamento della morte secondo criteri neurologici non ha base scientifica

CONTRARIO

La morte cerebrale

La cosiddetta “morte cerebrale” costituisce il cardine su cui si basa l’espianto-trapiantologia. Un primo problema, sollevato da chi non vede di buon occhio la trapiantologia, è quello per cui, nel momento dell’espianto, e nella maggior parte dei casi, il cuore del donatore è ancora battente e il sangue circolante, nonostante la respirazione venga indotta artificialmente. In pratica, i pazienti a livello fisiologico (non cerebrale) sono moribondi ma vivi: “hanno il cuore e la circolazione perfettamente funzionante, una efficiente funzione respiratoria seppur supportata da apparecchiature, normali funzioni renali, epatiche nonché digerenti, e che possono addirittura portare a termine delle gravidanze”. Quindi, il problema non è quello della donazione d’organi di per sé; il problema è la diagnosi di morte, qualora il cuore batta ancora. A comprovare la mancanza di validità scientifica del principio di “morte cerebrale” concorre il fatto che essa non può essere riscontrata con segni definitivi (ad esempio la decomposizione degli organi); inoltre, le procedure per diagnosticarla non sono univoche ma differiscono da Paese a Paese, anche all’interno dell’Unione europea (Alfredo De Matteo, Morte cerebrale: comprovata tesi scientifica o mera ipotesi?, “Corrispondenza Romana”, 6 giugno 2018). Siamo quindi di fronte a un paradosso: una persona potrebbe essere definita morta in uno Stato ma viva in un altro.
Occorre tener presente che la definizione di morte cerebrale costituisce un pericolo reale per tutti, indipendentemente dal consenso personale alla donazione degli organi. Infatti, la procedura attualmente in vigore nel nostro paese prescrive in ogni caso l’accertamento obbligatorio della morte cerebrale, nei casi in cui la condizione clinica del paziente possa evolvere in tal senso. In altri termini, al termine del periodo di osservazione previsto dalla legge colui che viene dichiarato cerebralmente morto viene comunque privato di tutti i sostegni che lo mantengono in vita” (ibidem).
Prima dell’applicazione del principio di “morte cerebrale”, per constatare lo stato di morte, erano necessari segni inequivocabili, come arresto cardiaco, stato di rigidità, alterazioni degenerative. L’osservazione doveva durare almeno quarantotto ore (oggi sei), ma in questo modo nessun organo poteva essere prelevato ai fini del trapianto. Da ciò è nata “l’esigenza di dare una definizione di morte che permettesse l’espianto: detto in termini giuridici, visto che non è consentita l’uccisione di una persona, nemmeno per finalità terapeutiche, allora la si definisce morta, anche se il cuore funziona, il sangue circola, le donne in gravidanza la portano a termine e via dicendo […] per morte ora si intende non più la morte della persona ma la morte del cervello, o più precisamente di una sua particolare struttura il Tronco Cerebrale” (Giulio Murero, Donazione organi e morte cerebrale – 2 (contro), “provitaefamiglia.it”, 3 aprile 2016). Anche a livello di funzionalità cerebrali ci sono diversi dubbi.

Con l’introduzione del concetto di morte cerebrale […] alle categorie classiche di vita e di morte è stata arbitrariamente aggiunta una terza categoria che potremmo definire delle persone vive ma morte”. Come si legge nel comunicato stampa J'accuse contro la morte cerebrale a cuore battente, redatto dalla Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente: “È noto che le funzioni del cervello conosciute costituiscono solo il 10%, quindi la legge 578/93 che all'art.1 dichiara: ‘La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo’ è scientificamente assurda perché non si può dichiarare ‘cessata’ una funzione che non si conosce” (Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente, J'accuse contro la morte cerebrale a cuore battente, “antipredazione.org”, 19 settembre 2006).

Non per tutti i neurologi, infatti, la “morte cerebrale” è incontrovertibile. Ad esempio, per due medici della Harvard Medical School di Boston, Robert D. Truog e James C. Fakler, non è possibile l’accertamento della cessazione di tutte le funzioni cerebrali. Il dottor David Wainwright Evans, specialista in cardiologia al centro trapianti del Papworth Hospital di Cambridge, aveva denunciato “interventi di trapiantologia in cui si era rivelato palese che il cuore veniva espiantato a persone ancora vive e in alcuni casi anche in grado di vivere senza respiratore artificiale, emettere gorgoglii, boccheggiare in pieno intervento chirurgico di espianto” (È giusto donare gli organi?, “gruppomacro.com” consultato il 18 luglio 2022).

Secondo Paul Byrne, neonatologo e professore di Pediatria presso la Facoltà di Medicina dell'Università dell'Ohio, la definizione di “morte cerebrale” si fonda su una bugia: “un’imitazione della morte, non è morte reale”. Inoltre, “Se concepiamo le persone morte, e quindi non più degne di cure, quando il loro cervello non dà segnali di attività, si arriva a pensare che la persona con attività cerebrali minime abbia minore dignità”.
Afferma ancora il Byrne: “[…] sono stati adottati tanti criteri diversi di ‘morte cerebrale’. Nessuno di questi però è fondato su evidenze: quando qualcuno viene dichiarato cerebralmente morto e poi si risveglia certi diranno che non sono stati rispettati i criteri esatti o che ci sono stati errori diagnostici. Ma quello che sappiamo è che questi pazienti si sono risvegliati perché i parenti si sono opposti ad una definizione che giudica morto chi ha il cuore che batte” (Benedetta Frigerio, “Visitai Alfie: il problema è la ‘morte cerebrale’”, “La Bussola Quotidiana”, 3 giugno 2018).

Roberto Fantini, insegnante di Filosofia e Storia, educatore ai diritti umani per Amnesty International, afferma che credere alla “morte cerebrale” è un atto di fede, dato che viene dichiarato morto un organismo in cui il cuore batte e il sangue circola, ma con il cervello che non emette segnali, stando alla misurazione delle macchine: “Chi mi assicura che io sono il mio cervello? Non sono forse anche il mio cuore, il mio fegato, i miei occhi, la mia lingua, i miei organi genitali, ecc.? […] Chi mi assicura che la mancata registrazione tecnologica di attività cerebrale implichi la morte totale della coscienza? Chi mi garantisce che non esista più alcuna forma in me di vita mentale, emotiva, sensoriale? […] Chi mi può dimostrare che esistano apparecchiature tecnologiche capaci di rilevare tutte le onde che vengono emesse dal nostro apparato cerebrale? Capaci, cioè, di registrare correttamente e perfettamente tutte le manifestazioni vitali del mio cervello? Come poter escludere che possano esistere altre forme di attività cerebrale attualmente non percepite dalle macchine di cui ci serviamo […]?” […] La morte cerebrale non può essere ritenuta una verità scientifica. È soltanto una convenzione dogmaticamente assunta, una credenza superstiziosa impostaci da uno scientismo arrogante e tirannico, o, a voler essere generosi, una mera teoria filosofica di matrice materialistica” (Roberto Fantini, Vivi o morti? Morte cerebrale e trapianto di organi: certezze vere e false, dubbi e interrogativi, Efesto, Roma, 2015, pp. 16-20).

 

Nina Celli, 30 maggio 2023

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