L’appello dei politici italiani al garantismo significa chiedere alla comunità di giustificare il salvacondotto per qualsiasi comportamento dei potenti. È, dunque, una deviazione della democrazia e delle sue regole. Non si nega l’utilità di una difesa del garantismo, ma purché questo non si traduca nel ritenere prevalenti le ragioni di chi delinque su quelle di chi subisce reati. Infatti, secondo Nicola Gratteri “verrebbe negata la funzione stessa dello Stato di diritto e ad esso si sostituirebbe l’arbitrio dei criminali, tutelati a prescindere nel loro agire contro le regole, già prima di commettere i reati e così incentivati nel compimento di atti antisociali” (Irresponsabile confondere garantismo e impunità, “MicroMega”, 3 novembre 2014). Questa interpretazione deviata del garantismo produce due distorsioni: in primo luogo diventa uno strumento di protezione della politica, posticipando senza data l’accertamento della responsabilità e le relative conseguenze. Per altro verso lo rende ambiguo in fase di applicazione, oscillando tra una tendenza umana e comprensiva quando a essere giudicati sono i vari potenti di turno e una intransigente quando lo sono i cittadini comuni.