L’Italia ha dimostrato la sua incapacità nel trattenere i giovani talenti in patria

La fuga è l’unica scelta

L’Italia è alle prese con il fenomeno della “fuga dei cervelli” e non sembra nelle condizioni politiche ed economiche per poter porre un freno a questa vera e propria piaga della società. Le menti più brillanti sono trascurate e offuscate da un sistema che brancola nel buio, i talenti non sono riconosciuti per pigrizia o per mancanza di attenzione al merito. Tra raccomandazioni e assenze di strutture, la scelta è quasi forzata e si sceglie di andare via, per poter godere delle possibilità acquisite con il titolo di studio.
Elisa Calessi, blogger e giornalista afferma, a tal proposito: “I ragazzi se ne vanno, nonostante la crisi stia passando. Perché per progettare la propria vita, il proprio futuro, in un Paese, servono tante condizioni. Bisogna pensare che l’ambiente in cui si vive favorisce la sfida, la scommessa, è aperto a chi ci prova. Bisogna avere uno Stato che non deprime, ma aiuta un giovane a mettersi in gioco […] Bisogna uscire di casa e avere un tessuto sociale, economico, pubblico che favorisce, non deprime, il senso di avere opportunità. Il contrario del nostro Paese, dove tutto grida il contrario” (Elisa Calessi, Fare meno figli e cervelli in fuga, la crisi non c’entra, “elisacalessi.com”, 29 novembre 2017)

Contraddizioni all’italiana

La fuga dei cervelli è un fenomeno ancora più fastidioso se si pensa a quante risorse il Paese spende nella formazione dei propri ragazzi. Lo Stato accompagna, seppur con qualche difficoltà, i propri giovani nel loro percorso scolastico e universitario e poi li abbandona nel momento di entrare nel mondo del lavoro.
Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, sottolinea questo fenomeno preoccupante, individuando una duplice possibilità per le nuove generazioni: “Paradossalmente l’Italia forma i giovani, li fa studiare, investe su di loro, ma poi ad un certo punto sembra abbandonarli. E molti di loro sono obbligati a lasciare il Paese dando vita ad una nuova e silenziosa forma di emigrazione, oppure sono costretti a vivere un’esistenza precaria fatta di espedienti e lavori sottopagati che, purtroppo, molto spesso li blocca a casa dei propri genitori” (Giacomo Gambassi, Bassetti: giovani cervelli in fuga per colpa delle consorterie, “avvenire.it”, 7 ottobre 2017).

Uno schiaffo alla ricerca

La categoria più coinvolta è sicuramente quella dei ricercatori, che in Italia non godono delle condizioni migliori per poter svolgere la propria attività. Tra stipendi bassi e strutture fatiscenti, spesso la fuga all’estero è quasi una liberazione. In Europa o negli Stati Uniti, invece, il ricercatore trova una dimensione ideale che riconosce e valorizza il proprio talento. E proprio uno dei ricercatori italiani più importanti, l’emigrato Antonio Iavarone, afferma: “Da noi sono i migliori a incontrare maggiori difficoltà, sanno di essere bravi e si aspettano di più. Per poter rientrare devono invece asservirsi al potente di turno e dichiarare fedeltà a questo o a quell’altro. Ci saranno pure eccezioni, ma una cosa è certa: l’Italia non sa attrarre scienziati” (Pier Luigi Vercesi, Iavarone, il super scienziato in esilio: "Gli altri tornano a casa. L’Italia non attira i migliori", “corriere.it”, 4 gennaio 2018).
O ci si piega ad un certo sistema, o ci si accontenta o si fugge via, queste le opzioni per i giovani talenti italiani.

Claudio Alessandro Colombrita, 24 maggio 2018

Un fenomeno controllato

I mass media hanno lanciato una vera e propria campagna mediatica sulla “fuga dei cervelli”, sottolineando un fenomeno allarmante e penalizzante per l’Italia. La realtà però è profondamente diversa. Innanzitutto, lo scambio di idee e la libertà di movimento rende non solo auspicabile me anche necessario un parziale esodo verso altri territori, specie nell’era della globalizzazione.
A confermarlo è Marco Buti, direttore generale per gli Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea: “La mobilità dei giovani italiani verso l’estero, seppure in costante aumento, resta sufficientemente ridotta e controllata e chi si focalizza su questo aspetto per creare pessimismo sbaglia” (Marcello Celeghini, Crisi economica e cervelli in fuga, di chi la colpa? “estense.com”, I ottobre 2017). Bisogna dunque bandire il pessimismo e riportare la reale portata del fenomeno, che appare ampiamente entro i limiti.

Piccoli accorgimenti possono bastare

Non è necessario adoperarsi per apportare stravolgimenti al sistema, basterebbe solo garantire continuità tra sistema scolastico, universitario e lavorativo. Con un’economia più solida e strutturata e sfruttando al meglio l’immenso patrimonio culturale e artistico del nostro territorio, si possono trattenere i nostri giovani e si possono gettare le basi per un futuro migliore. Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica Sociale dell’Università Cattolica di Milano, conferma: “Se l’Italia, che ha molte potenzialità sul settore culturale, saprà tornare a essere attrattiva e a far diventare la sua ricchezza culturale e creativa un valore aggiunto per la crescita personale, sociale ed economica, avrà senz’altro molte più opportunità di invertire la tendenza del brain drain e del brain waste” (Neve Mazzoleni, Fuga di cervelli. Un fenomeno statistico e sociologico raccontato da Alessandro Rosina “artribune.com”, 11 novembre 2013).

Aspetti collaterali

Sonia Giuliano, psicoterapeuta in Belgio, scrive dell’appiattimento del tema della “fuga dei cervelli” sui principali giornali italiani, che spesso lo trattato in maniera stereotipata e unilaterale. A quanto legge sulla stampa italiana, la psicoterapeuta contrappone la sua esperienza personale: “il discorso pubblico intorno alla mobilità dei giovani italiani si organizza quasi sempre intorno alla rabbia, all’esclusione, alla colpa, alla necessità, all’abbandono, alla fuga. Da circa un anno vivo e lavoro in Belgio, a Bruxelles; nella mia attività di psicoterapeuta incontro italiani qui residenti che mi parlano della loro esperienza di espatrio, alle volte nei termini di queste emozioni. Ma c’è anche molto altro. C’è il coraggio, per esempio; c’è la curiosità; ci sono l’imprenditività e la creatività; e poi la scoperta, la sorpresa, la meraviglia, lo spaesamento.
Di tutto questo, di questa complessità e di queste emozioni difficili da sostenere, non c’è traccia nel discorso pubblico, che amplifica un mito della migrazione impoverente e desolante, favorendo proprio quella mancanza di fluidità ( i “cervelli” che fuggono e non ritornano ) di cui si preoccupa” (Sonia Giuliano, Cervelli in fuga? Miti e problemi della mobilità internazionale in una prospettiva psicologica, “psicoanalisieconvivenza.com”, 8 settembre 2017).

Inoltre, ci si sofferma troppo sul Paese da dove si parte, sulle difficoltà a rimanere, sulle poche possibilità a disposizione, ma non si analizza mai il percorso, il Paese di destinazione, la difficoltà nel raggiungerlo e le difficoltà nell’adattarsi. Abdelmalek Sayad, sociologo algerino che si è occupato a lungo di fenomeni migratori, parla di doppia assenza per definire la condizione di chi si sposta dal Paese d’origine: “ci si sente fuori dai sistemi di appartenenza che si sono lasciati, ma ci si sente fuori anche da quelli del paese in cui si è arrivati” (Abdelmalek Sayad, La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Raffaello Cortina, 2002).

Un altro aspetto da considerare è quello che abbiamo a che fare con persone e non con freddi numeri. Ciascuno ha la sua storia peculiare, le sue difficoltà, la sua voglia di rivalsa ma anche un diverso grado di attaccamento alla famiglia e alle tradizioni.
Afferma ancora Sonia Giuliano: “Le persone che si spostano non sono solo cervelli, non stanno solo andando via da qualche parte, non sono solo italiani. Per esempio hanno dei progetti o dei sogni, hanno delle competenze, hanno degli interessi e delle passioni, hanno delle reti di relazioni, hanno delle idee” (Sonia Giuliano, Cervelli in fuga? Miti e problemi della mobilità internazionale in una prospettiva psicologica, “psicoanalisieconvivenza.com”, 8 settembre 2017).