È fondamentale distinguere informazione e satira dalle false notizie. Queste ultime vanno censurate poiché influenzano negativamente l'opinione pubblica

Satira e informazione

Nell'articolo Fake news, ddl bipartisan contro chi diffonde bufale dannose sul Web, pubblicato il 15 febbraio 2017 su “Il Sole 24 Ore”, vengono riportate alcune dichiarazioni della senatrice Adele Gambaro (Ala-Scelta Civica), la quale interviene a proposito del ddl n. 2688 presentato alla Presidenza del Senato il 7 febbraio 2017 dalla stessa Gambaro e dai senatori Riccardo Mazzoni (Ala-Scelta Civica), Sergio Divina (Lega Nord) e Francesco Maria Giro (Forza Italia) per arginare la diffusione delle fake news su blog e forum sul web: “Non vogliamo mettere un bavaglio al web e non vogliamo mettere sceriffi, ma normare quello che è diffuso e non ha regole”.

Il ddl – spiega la Gambaro – contiene disposizioni per prevenire la manipolazione dell'informazione online, garantire la trasparenza sul web. Sono escluse le testate giornalistiche: “Vogliamo combattere la diffusione delle fake news difendendo la differenza tra le bufale intese come satira e le notizie false che arrecano danni seri. Vogliamo garantire la trasparenza sul web e incentivare la alfabetizzazione mediatica attraverso la formazione dei giovani. Si tratta di una battaglia di civiltà: il nostro testo è il solo l'inizio di una discussione che speriamo sia molto ampia. Puntiamo alla raccolta di un numero di firme più alto possibile da tutti gruppi”.

Orlando: maggiore responsabilità nel divulgare contenuti

Secondo il parere di Andrea Orlando, ministro della Giustizia, come riportato nell'articolo Facebook, c’è un problema: la democrazia. Chiacchierata con il ministro Orlando, pubblicato il 27 dicembre 2016 su “Il Foglio”, a firma di Claudio Cerasa, il pericolo delle fake news riguarda in particolar modo il mondo dei social network e va arginato immediatamente attraverso una regolamentazione, in quanto rappresenta una minaccia per il futuro della democrazia: “E’ arrivato il momento di mettere le cose in chiaro: Facebook non può essere più considerato un semplice veicolo di contenuti. Se su una bacheca vengono condivisi messaggi d’odio, o propaganda xenofoba, è necessario che se ne assuma le responsabilità non solo chi ha pubblicato il messaggio ma anche chi ha permesso a quel messaggio di essere letto potenzialmente in tutto il mondo. Al momento non esiste una legge che renda Facebook responsabile ma di questo discuteremo in sede europea prima del G7, per mettere a tema il problema senza ipocrisie”.

Pitruzzella: “Serve una rete di organismi nazionali”

Secondo Giovanni Pitruzzella, presidente dell'Antitrust, il cui parere viene riportato nell'articolo Bufale sul web, Pitruzzella (Antitrust): ‘Pubblici poteri devono controllare l’informazione’. Grillo: ‘Nuovi inquisitori’, pubblicato il 30 dicembre 2016 su “Il Fatto Quotidiano”, è necessario formare un meccanismo di controllo coordinato a livello internazionale e in grado di filtrare le notizie: “Contro la diffusione delle false notizie serve una rete di organismi nazionali indipendenti ma coordinata da Bruxelles e modellata sul sistema delle autorità per la tutela della concorrenza, capaci di identificare le bufale online che danneggiano l’interesse pubblico, rimuoverle dal web e nel caso imporre sanzioni a chi le mette in circolazione”.

Una legge bavaglio

Nell'articolo Due anni di carcere a chi “spaccia” fake news: scoppia la rivolta nel web, pubblicato il 16 febbraio 2017 su “Il Secolo XIX”, vengono riportate alcune dichiarazioni del deputato Manlio Di Stefano (M5S), a proposito del ddl n. 2688 presentato alla Presidenza del Senato il 7 febbraio 2017 dai senatori Adele Gambaro (Ala-Scelta Civica), Riccardo Mazzoni (Ala-Scelta Civica), Sergio Divina (Lega Nord) e Francesco Maria Giro (Forza Italia) per arginare la diffusione delle fake news su blog e forum sul web: “La legge per il bavaglio del web, o censura perché di questo parliamo, ha un nome: ddl Gambaro. (eh sì, la stessa che grazie al web si è accomodata al Senato per poi tradire i suoi elettori). Dalle `armi di distruzione di massa in Iraq´ al `viagra utilizzato dalle truppe di Gheddafi per stuprare le bambine´ passando per la totale mistificazione della realtà politica nazionale, sono migliaia i casi di `fake news´ o meglio bufale, dei media tradizionali smascherate dalla Rete. Rete che negli ultimi anni ha sostituito di fatto i media tradizionali in quanto a diffusione di informazioni e di analisi critiche. Rete che, proprio per questo, si vuole silenziare. Non potendo più controllare e manipolare l’opinione pubblica come in passato, si tenta di schiacciarla e toglierle gli strumenti del nuovo millennio”.

Chiusi: “Le bugie non sono reati”

Secondo il parere di Fabio Chiusi, giornalista, una legge contro la pubblicazione di notizie false sul web rappresenta un controsenso in un paese democratico. Ed è inoltre impossibile criminalizzare qualcosa che non costituisce reato.
Nell'articolo Censurare l’odio e le notizie false non salverà la democrazia, pubblicato il 28 dicembre 2016 su “Valigia blu”, Chiusi afferma: “Nessun difensore della democrazia penserebbe di salvarla proponendo una legge per vietare la pubblicazione di notizie false, sui giornali o in televisione. La censura, specie quando elevata a soluzione del problema delicatissimo di distinguere vero e falso, mal si accompagna al dibattere democratico. […] Manipolazione, propaganda, bugie, falsità costruite ad arte si contrastano con logica e spirito critico, argomenti e dati, o ancora – quando proprio si sia in presenza di una intera narrazione fasulla del mondo, come per i deliri fondamentalisti di ISIS o quelli neonazisti dell’Alt-Right – con strategie di contro-propaganda. A vietare il falso, a criminalizzarlo, sono i regimi autoritari: la democrazia invece l’accetta come parte del gioco, costruendo un delicato equilibrio di pesi, contrappesi e cultura per fare in modo non ne intacchi il tessuto, la costituzione. I reati restano reati, e si puniscono per legge; ma, in democrazia, le bugie non sono reati: sono, più semplicemente, bugie”.

Verificare le fonti

Secondo il parere di Ben Thompson, fondatore di “Stratechery”, interventi di carattere legislativo, o il reinserimento di figure di controllo che filtrano le notizie, non portano altro che una rinuncia alla libertà. Piuttosto, ciò che va introdotto è una nuova cultura per chi legge notizie su internet: la verifica delle fonti.

Nell'articolo Fake News, pubblicato il 16 novembre 2016 sul proprio sito, e citato in Le notizie false, Facebook e i media, pubblicato il 17 novembre 2016 sul sito “valigiablu.it”, a firma di Arianna Ciccone e Fabio Chiusi, Thompson afferma: “La soluzione non è reintrodurre i gatekeeper (chi filtra le notizie e decide cosa farci sapere, cosa no) 'spazzati via' da Internet; la soluzione di questo problema deve scaturire dalla potenza di Internet, e dal fatto che ognuno di noi, se vuole, ha accesso a maggiori informazioni e fonti di verità rispetto al passato, e più modi per raggiungere e comprendere e convincere le persone con cui è in disaccordo. Sì, questo richiede più impegno che chiedere a Zuckerberg di cambiare ciò che la gente vede, ma rinunciare alla libertà per pigrizia non ha mai funzionato bene.

Dello stesso parere anche Jeff Jarvis, professore associato e direttore del Tow-Knight Center for Entrepreneurial Journalism alla City University di New York, che nell'articolo Fake News: Be Careful What You Wish For, pubblicato il 14 novembre 2016 sul sito della Media Corporation, afferma: “Attenzione a ciò che si desidera che Facebook faccia con le fake news. Vogliamo veramente far diventare Facebook o Google i censori del mondo? Vogliamo veramente che decidano cos'è reale e inesistente, vero e falso? Vogliamo davvero immaginare che Mark Zuckenberg stia in piedi tutta la notte perché qualcuno si è sbagliato su internet – errore, su Facebook? Certo che no, nemmeno Zuckenberg lo vorrebbe (TdR)”.

Grillo: Attacco alla verità

Secondo il parere di Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle, i provvedimenti atti a censurare la circolazione di bufale nascondono il meno nobile proposito di attuare un controllo sulla pubblicazione di notizie, dunque l'intento da parte dei poteri di stabilire le verità che possono circolare e quelle che invece non devono arrivare al pubblico.
Nell'articolo Bufale sul web, Grillo contro l’Antitrust: “Vuole la censura, ma non ci fermerà”, pubblicato il 30 dicembre 2016 su “Il Secolo XIX”, Grillo afferma: “Vogliono fare un bel tribunale dell’inquisizione, controllato dai partiti di governo, che decida cosa è vero e cosa è falso […] Questo Blog non smetterà mai di scrivere e la Rete non si fermerà con un tribunale. Bloccate un social? Ne fioriranno altri dieci che non riuscirete a controllare. Le vostre post-cazzate non ci fermeranno”.

Nello stesso articolo, il parere a favore di Antonello Giacomelli, sottosegretario con delega alle Comunicazioni: “I milioni di cittadini che tutti i giorni usano Facebook o Youtube sanno benissimo come funzionano Facebook o Youtube e non credo accetterebbero l’idea che qualcuno preventivamente decidesse cosa pubblicare e cosa censurare”.

Trumpy: meglio l'etica che la censura

Secondo il parere di Stefano Trumpy, presidente di Internet Society Italia, la Storia insegna che un'informazione filtrata dai poteri (quali i regimi, ad esempio) non ha mai avuto vita lunga, e che alla censura bisognerebbe sostituire la diffusione di strumenti e ausili per un primo giudizio sulle informazioni da parte dei lettori, in modo da distinguere le notizie vere da quelle false senza ricorrere alla privazione di queste ultime.
Nell'articolo Contro la censura di Internet dalle bufale, meglio l’etica del cartellino giallo, pubblicato il 5 gennaio 2017 sul sito dell'Agenzia Giornalistica Italia, Trumpy afferma: “Internet è stata un fenomeno che ha favorito la pubblicazione e la circolazione di notizie senza intermediazione come nei decenni scorsi è successo nei media tradizionali quali la radio, la televisione e la carta stampata. Appare ovvio che gli attori della reti sociali, con Facebook in testa, non dovrebbero agire in modo da filtrare le informazioni classificate come 'bufale' poiché questo sarebbe equiparabile ad una censura ma, almeno, dovrebbero segnalare una sorta di 'cartellino giallo' segnalando che certe informazioni sono classificabili come bufale, in modo che i lettori possano almeno domandarsi se sia opportuno credere in certe affermazioni dei politici [...] La storia dovrebbe insegnare anche a loro che gli stati che nei secoli scorsi hanno provato a lasciare arrivare ai cittadini solo informazione filtrata dal regime non hanno avuto vita lunga”.