Origini del dibattito
Il dibattito come metodologia didattica è una pratica affermatasi ormai da tempo nei college e nelle università del mondo anglosassone: le prime società di dibattito furono istituite alla fine dell’Ottocento, come la Eunomian Literary Society del Swarthmore College della Pennsylvania fondata nel 1869, per insegnare agli studenti il parlare in pubblico (public speaking) e il dibattere (debate).
Le origini del dibattito si possono tuttavia rintracciare in tempi ben più remoti, nell’oratoria classica e, in particolare, durante la democrazia di Atene del V secolo a.C. Testimonianze ci arrivano dalle storiografie di Erodoto e Tucidide, che ripercorrono la nascita e lo sviluppo del dibattito politico ad Atene e, successivamente, l’affermarsi della demagogia e della sofistica. Il carattere dialettico del dibattito è centrale d’altronde anche nel processo maieutico socratico (dialoghi socratici) e nelle filosofie di Platone e di Aristotele.
In età romana repubblicana la pratica del dibattito politico continua: Catone teorizza l’essenza del vir bonus dicendi peritus, mentre l’oratoria, conosciuta come Ars dicendi, viene insegnata e praticata all’interno della retorica ed è considerata una competenza importante nella vita pubblica e privata dei cittadini romani.
In età imperiale, invece, con la crisi politica si assiste al declino dell’oratoria che, tuttavia, cerca di mantenere il suo posto all’interno del mondo dell’insegnamento. Nel Medioevo, il curriculum scolastico si basa sulle arti del trivio, grammatica, retorica e dialettica. Nella filosofia scolastica medievale, inoltre, si sviluppa un particolare metodo di insegnamento e di ricerca per elaborare e discutere problemi di teologia e scienza incentrato sul dibattito, la disputatio.
Inizialmente la disputatio avveniva all’interno delle università, sotto forma di dibattito orale pubblico che poteva toccare i più svariati argomenti, al quale partecipavano studenti e insegnanti, andando ad affiancare la lectio nella metodologia didattica. Successivamente, la disputatio medievale diviene un dibattito a sfondo teologico: le dispute avvengono tra ebrei e cristiani e, dopo la riforma protestante, tra protestanti e cattolici.
Diffusione del dibattito nel mondo
Il dibattito come metodologia didattica si è diffuso a partire dal mondo dell’insegnamento anglosassone: oggi sono migliaia le scuole in Europa e nel mondo che praticano il dibattito, molte delle quali l’hanno inserito come materia curricolare a tutti gli effetti. In molti Paesi si sono creati club di dibattito, reti organizzate di scuole e tornei nazionali, mentre il World Schools Debating Championships, il più importante torneo internazionale di dibattito, è cresciuto in maniera esponenziale, arrivando ad ospitare nell’edizione di Bali 2017, in Indonesia, ben 52 nazioni (Argentina, Australia, Bangladesh, Barbados, Bermuda, Canada, Cina, Croazia, Danimarca, Emirati Arabi Uniti, Estonia, Galles, Germania, Ghana, Grecia, Hong Kong, India, Indonesia, Inghilterra, Irlanda, Israele, Filippine, Giappone, Kuwait, Lithuania, Malaysia, Messico, Mongolia, Nepal, Nigeria, Nuova Zelanda, Olanda, Pakistan, Peru, Qatar, Repubblica Ceca, Romania, Scozia, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Stati Uniti, Sud Africa, Sud Corea, Sri Lanka, Svezia, Taiwan, Tailandia, Tunisia, Turchia, Uganda, Vietnam).
Nel 2011, invece, l’International Debate Education Association ha censito 542 società di dibattito.
Gli Stati Uniti hanno il maggior numero di reti scolastiche e di associazioni dedite all’insegnamento del dibattito: la National Association of Urban Debate Leagues (NAUDL), lega di scuole pubbliche unitesi per praticare il dibattito, ad esempio, conta 679 scuole nel 2018 e si impegna, con ottimi risultati, nel proporre la propria metodologia didattica incentrata sul dibattito negli istituti con i tassi più alti di abbandono scolastico, a dimostrazione del coinvolgimento attivo che questo tipo di insegnamento stimola nei ragazzi. Questo aspetto emerge da un’indagine del CfBT Education e dall’English-Speaking Union, che hanno documentato come far parte di club di dibattito e partecipare a tornei ha aumentato del 25% le motivazioni agli studi dei ragazzi delle scuole pubbliche delle grandi città americane, crescita che sale al 70% se si restringe il campo di analisi alla popolazione studentesca maschile afro-americana delle stesse aree urbane.
Competenze e benefici educativi
L’inserimento del dibattito nei piani d’insegnamento degli istituti scolastici favorisce l’acquisizione di competenze trasversali in diversi campi per i ragazzi e, contemporaneamente, apporta degli indubbi benefici anche ai docenti, soprattutto nell’ambito organizzativo e in quello gestionale. Per gli studenti i benefici sono in primo luogo di carattere cognitivo: la pratica del dibattito stimola la ricerca di informazioni in modo autonomo e l’approfondimento di argomenti curricolari, migliorando le capacità di analisi, selezione e critica delle fonti documentali. Gli studenti, inoltre, acquisiscono la capacità di confrontare testi, operare collegamenti e bilanciare le proprie argomentazioni.
Le preparazioni ai dibattiti ampliano la cultura generale e avvicinano gli studenti ai problemi di attualità, spesso evitati o affrontati in maniera marginale e superficiale nei normali programmi scolastici. Nella fase preparatoria, inoltre, sono chiamate in campo le abilità e le competenze nella scrittura: i docenti possono infatti scegliere di dedicare particolare attenzione alle ricerche e ai testi scritti dagli studenti che si preparano alle sfide. E' possibile, dunque, implementate le competenze nell’uso della scrittura documentata, caratterizzata dall’utilizzo funzionale di informazioni attendibili e dal costante richiamo a fonti e documenti autorevoli.
La scrittura documentata abitua gli studenti alla pratica di una scrittura diversa e diametralmente opposta a quella tipica dei temi scolastici, una scrittura molto usata in abito extra-scolastico, naturale e non artificiosa. Migliora inoltre le capacità di elaborazione cognitiva delle idee, di elaborazione delle fonti e di progettazione di strategie personali nella stesura di testi. La scrittura documentata può servire da punto di contatto con la scrittura per lo studio e con la trasversalità della scrittura, favorendo il ragionamento e l’attivazione di connessioni tra idee. L’insegnante che presenta alla classe una selezione di fonti in base alle quali elaborare testi complessi stimola infatti gli studenti ad attivare competenze logiche, organizzative e argomentative di grande rilevanza.
Anche le competenze di carattere socio-relazionali vengono rafforzate e migliorate con la pratica del dibattito: gli studenti imparano a spaziare oltre i propri schemi mentali, ascoltando e apprezzando i punti di vista diversi dal proprio, e si abituano al lavoro di gruppo e al rispetto di tempi stabiliti. Con il dibattito si acquisiscono inoltre particolari competenze di tipo comunicativo: si impara a parlare in pubblico con efficacia e convinzione, giustificando sempre le proprie opinioni e usando il lessico adeguato; si comprende come padroneggiare gestualità e postura, e come modulare al meglio il tono della voce.
Altri benefici per i ragazzi sono di tipo emotivo-motivazionali (controllo delle emozioni, motivazione all’apprendimento attraverso una metodologia diversa, assunzione di responsabilità all’interno del gruppo), educativi (il dibattito aiuta ad allargare i propri orizzonti, imparando a rispettare le opinioni degli atri, e rende consapevoli di far parte di una comunità) e tecno-didattici (migliora le competenze nell’uso del web, nella ricerca e selezione delle fonti autorevoli, nella costruzione di discorsi logici, coerenti e persuasivi supportati da argomentazioni logicamente e gerarchicamente strutturate).
I benefici del dibattito come insegnamento curricolare nelle scuole non sono solo prerogativa degli studenti: anche ai docenti traggono vantaggi non secondari nell’insegnare il dibattito. Imparano a collaborare lavorando a un progetto comune, spesso interdisciplinare, confrontandosi per la ricerca e l’approfondimento delle tematiche da trattare e si impegnano in attività di carattere organizzativo.