Le condizioni di dirigenti e dipendenti di Amazon sono degradanti e la troppa pressione porta a danni fisici e psicologici importanti

Un ambiente sano

L’inchiesta del giornale americano, il New York Times”, rappresenta l’ennesimo tentativo per minare alle fondamenta un colosso che sembra ormai inarrestabile. Non c’è nulla di diverso in Amazon rispetto ai suoi principali competitors (Google, Facebook), solo un modo di strutturale il lavoro peculiare rispetto alle attività che si richiedono ai propri dipendenti. Il lavoro è certamente meccanico, perché richiede grande precisione, ma i lavoratori vengono alternati in modo da evitare monotonia e infortuni.
Elena Cottini, responsabile comunicazione Amazon, risponde alle polemiche: “In questi anni ci siamo impegnati a creare un ambiente di lavoro attento con particolare cura al problema della sicurezza. Il salario dipendenti è nella fascia alta della logistica. Tra i benefit offriamo l’assicurazione sanitaria privata. Ogni volta che è possibile offriamo ai dipendenti opportunità di avanzamento interno. A chi vuole terminare la fase lavorativa con noi proponiamo ‘The offer’ un aiuto economico per intraprendere altre strade. Ma il tasso di abbandono è basso. Il 3,05% nel 2015 e il 2,55 nel 2016” (Fabio Poletti, Amazon, la voce dei lavoratori. “È una catena di montaggio”, “lastampa.it”, 4 marzo 2017).
Il merito dunque è ben presente in Amazon, con sistemi di promozione parametrati ai risultati ottenuti. Gli stipendi sono i più alti in questo settore, così come gli aiuti economici e i benefit concessi, non si capisce dunque da dove provengano le polemiche e su cosa siano fondate.

Le procedure per risolvere i problemi

Come in ogni grande azienda che si rispetti, anche in Amazon possono esservi intoppi, infortuni e problematiche, che vengono affrontati in tutta serenità, attraverso procedure specifiche. Gualtiero Bestetti, responsabile Sud Europa per il settore ingegneria e manutenzione Amazon, afferma: “L’elemento centrale è la costanza. Nessuno va nel panico se ci sono dei problemi ed esistono numerose procedure secondarie per ogni evenienza, per esempio se un prodotto in entrata è rovinato o non se ne legge il codice a barre” (Simone Cosimi, Amazon, viaggio tra uomini, pacchi e scaffali robot nel centro di Passo Corese, “gqitalia.it”, 11 giugno 2018). Procedure per i prodotti ma anche per gli esseri umani che sono così rassicurati nello svolgimento del proprio lavoro. In ogni caso non ci sono conferme nei numeri, sulle pressioni psicologiche e fisiche che Bezos infliggerebbe ai propri dipendenti. Anche le iniziative dei lavoratori poi, sono del tutto frammentate e davvero sporadiche. Normale che il lavoro in Amazon duri poco, per la ripetitività dei movimenti e per la dose di stress che inevitabilmente è presente presso gli stabilimenti.

Sicurezza e formazione

Amazon presta davvero molta cura nella formazione dei propri dipendenti. Sono diversi i corsi tenuti dai responsabili, anche in materia di sicurezza. Amarildo Qarri, capo reparto del “receive”, conferma: “Amazon Italia ha investito solo nell’ultimo anno 90mila euro nella formazione sulla sicurezza aziendale che hanno consentito di organizzare 3500 ore di corsi. La salute di ogni singolo dipendente è il caposaldo dell’azienda” (Matteo Zorzoli, ‘Ecco come Amazon ci spreme fino allo sfinimento’. Parlano due magazzinieri del centro di smistamento di Piacenza, “businessinsider.com”, 23 novembre 2017).
Investimenti massici per il benessere del dipendente, che confermano l’attenzione rivolta da Bezos verso i propri uomini e la sua propensione a rispettare i diritti umani.

Le rivelazioni di un ex dipendente

Hanno destato scalpore e sconcerto le rivelazioni di Bo Holsen, ex responsabile marketing di Amazon: "A Seattle c'era chi lavorava anche 80 ore a settimana, venivano praticamente costretti, alla fine tutti lo facevano per ottenere una promozione ma non di rado si verificavano crisi di pianto, con gente disperata sulle scrivanie. A tutti i nuovi assunti veniva detto: 'Dimenticate tutte le brutte abitudini consolidate con i vostri precedenti lavori'. Non so cosa intendessero per brutte abitudini, ma i dipendenti venivano controllati anche quando andavano in bagno"(Jodi Kantor e David Streitfled, Inside Amazon: Wrestling Big Ideas in a Bruising Workplace, “nytimes.com”, 15 agosto 2015). Un ambiente molto lontano da quello meritocratico idealizzato da Bezos nei suoi discorsi. Zero merito, solo tanta pressione fisica e psicologica, con tutte le conseguenze del caso. Un controllo costante, dipendenti chiusi in un ambiente angusto, meccanico, dove le persone compiono sempre gli stessi movimenti per raggiungere il meccanismo perfetto.

Tra sciopero e polemiche

Sono state diverse e vibranti le reazioni dei dipendenti Amazon in questi anni. In Italia si è chiesta maggiore chiarezza e condizioni di lavoro più dignitose negli stabilimenti. Giuseppe Marino, giornalista, afferma: “Lo sciopero dei dipendenti di Amazon ha subito creato un fronte di solidarietà acritico e l'azienda di logistica è stata subito bollata come schiavista. Le istituzioni hanno subito risposto accodandosi al tema lanciato dai media” (Perché in Italia non nasce Amazon, “ilgiornale.it”, 8 dicembre 2017).
I sindacati hanno provato a far sentire la propria voce ma Amazon è un partner con cui è difficile interfacciarsi. Si chiedono aumenti degli stipendi, riduzione degli orari di lavoro, divieto dell’utilizzo di strumenti di controllo, maggiore flessibilità e turnazione del lavoro. Si è registrato infatti un’incidenza di patologie francamente allarmante, tutte peraltro dello stesso tipo. Per non parlare poi delle conseguenze psicologiche, con una continua pressione che non giova di certo alla salute mentale dell’individuo.
Massimo Mensi, funzionario della Filcams-Cgil, conferma: “Quello che chiediamo è l’avvio di una piattaforma per un contratto aziendale che tenga conto delle condizioni di lavoro degli stabilimenti di Amazon. In alcuni gruppi di dipendenti c'è una notevole incidenza di patologie dell’apparato muscolare o scheletrico” (Andrea Telara, Amazon e il lavoro, tutti i problemi dell’azienda, “panorama.it”, 21 dicembre 2017). La politica si è dimostrata stranamente coesa nella ricerca della verità e nel chiedere condizioni più umane ai vertici di Amazon.

Ma Bezos è così liberale?

L’immagine di Bezos risulta dunque fortemente minata. Da imprenditore “selfmademan” a sfruttatore impenitente, che non si fa scrupoli né con i propri dipendenti, né con le società che lo ospitano, né con i concorrenti su un mercato sempre più suo. Un uomo dalle idee fortemente liberali che di liberale ha poco e nulla.
Tano Canino, giornalista, afferma: “Se il patron di Amazon è questo e tanto altro ancora, com’è possibile che i suoi dipendenti scioperino? Come mai si azzardano a incrociare le braccia e a chiedere migliori condizioni di lavoro? Turni meno gravosi e stressanti? Controlli meno asfittici? Diritto al riposo e alla pausa? Uno come Bezos, con quel surplus di cromosoma liberal, dovrebbe già sapere, prevedere ed avere per i suoi dipendenti il massimo del rispetto. E invece li sfrutta. Addirittura li opprime, li tormenta” (Tano Canino, Amazon, ma se Bezos è così liberal come mai i suoi operai scioperano?, “secoloditalia.it”, 28 novembre 2017).

Claudio Alessandro Colombrita, 11 luglio 2018