L’accordo sul nucleare con l’Iran ha prodotto eccellenti risultati, fino all’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump

La Casa Bianca doveva predisporre una nuova strategia per rispondere alla minaccia nucleare dei suoi avversari sulla scena globale

La “nuova corsa agli armamenti nucleari” è divenuta un rinnovato obiettivo che occupa i primi posti nella lista delle emergenze degli Stati Uniti. Questa dichiarazione è stata rilasciata da Jim Mattis, quando era capo del Pentagono e segretario della Difesa degli Stati Uniti, durante un intervento tenutosi il 16 febbraio 2018 presso la John Hopkins University. Il discorso di Mattis è stato riportato dal sito internet “Liberoquotidiano.it” in data 22 febbraio 2018, nel l’articolo “Stati Uniti, il Pentagono minaccia Cina e Russia: ‘Sarà il giorno più doloroso’. L’incubo della guerra nucleare” ed è stato definito un vero e proprio “discorso-proclama” della nuova strategia della Difesa degli Stati Uniti. I paesi verso i quali è finalizzato il riarmo nucleare sono principalmente la Cina e la Russia, ha affermato l’allora segretario alla Difesa: “A quei paesi che pretendono di contrastare l'influenza degli Usa sulla scena internazionale, i nostri valori e la nostra ricchezza dobbiamo rispondere: state per entrare nel giorno più lungo e più doloroso della vostra vita”.
Secondo le dichiarazioni dell’allora capo del Pentagono, Washington deve “prepararsi al peggio”; la Casa Bianca, aveva aggiunto, ha inoltre già ricevuto un piano di spesa per la difesa statunitense che supera i 1.200 miliardi di dollari: “Dobbiamo guardare negli occhi la realtà e vedere il mondo per quello che è, non come vorremmo che fosse”. Stando a quanto riferito dall’articolo, le ragioni che hanno spinto Mattis a preoccuparsi della minaccia nucleare riguardano in particolar modo l’arsenale della Federazione Russa e i progressi fatti da Mosca nel campo del nucleare. Stando alle fonti del Pentagono, i russi disporrebbero infatti di una torpedo intercontinentale ad alto potenziale nucleare che può essere lanciato da sottomarini. Mattis richiedeva in sostanza un cambio di passo e domandava alla Casa Bianca l’autorizzazione a superare i limiti di utilizzo delle armi nucleari, che oggi possono essere lanciate soltanto in risposta a un attacco di uguale natura. La Difesa degli Stati Uniti teme in sostanza un attacco cibernetico su larga scala, in grado di paralizzare infrastrutture cruciali per il Paese, dietro al quale potrebbero esserci Mosca e Pechino.

L’accordo sul nucleare iraniano doveva essere smantellato

Come sintetizzato nell’articolo Cosa prevede l'accordo sul nucleare con l'Iran (“Adnkronos”, 14 ottobre 2017): “l'accordo è stato raggiunto il 14 luglio del 2015 a Vienna, siglato da Teheran e dai Paesi del cosiddetto 5+1 ovvero i membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU con potere di veto - Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Russia e Cina - più la Germania. Letto da molti come un'opportunità storica di riavvicinamento tra la Repubblica Islamica e gli Stati Uniti, l'accordo sul nucleare iraniano è un documento formato da 100 pagine e 5 allegati. Il punto principale dell'intesa è la rimozione delle sanzioni internazionali imposte all'Iran. L'accordo prevede che le sanzioni vengano 'eliminate e non solo sospese'. Il testo prevede l'eliminazione delle sanzioni in cambio di una serie di restrizioni al programma nucleare e in seguito alla verifica da parte dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) del rispetto da parte dell'Iran degli impegni presi a Vienna”.
L’amministrazione Trump ha espresso tutto il suo scetticismo nei confronti dell’accordo sul nucleare iraniano stipulato nel 2015 durante la presidenza del democratico Barack Obama.
L’articolo intitolato “Mogherini: ‘Nessun motivo per rinegoziare l’accordo sul nucleare’”, pubblicato il 21 settembre 2017 sul sito “Corriere.it” nella sezione “Esteri”, riporta alcune importanti dichiarazioni in merito. Donald Trump, che durante la sua campagna elettorale per la corsa alla presidenza ha rigettato gran parte dell’operato del suo predecessore alla Casa Bianca, si è detto convinto di voler smantellare l’accordo raggiunto con Teheran.
I dubbi degli Stati Uniti nei confronti di questo accordo sono stati espressi anche dall'ex segretario di Stato americano, Rex Tillerson: “Gli Stati Uniti hanno problemi significativi con l’accordo nucleare iraniano”, ha dichiarato Tillerson, “Abbiamo visto tutto tranne che stabilità nella regione”.
I rapporti dell’agenzia internazionale per l’energia Atomica (Aiea), precisa l’articolo, mostrano che l’Iran rispetta tecnicamente l’accordo in questione, ma il presidente Donald Trump non ha condiviso la sua decisione di certificare l’intesa.
La NBC ha riferito che il presidente degli Stati Uniti propenderebbe verso una “non certificazione” dell’accordo per poi rimettere al Congresso la decisione del ritiro degli Stati Uniti dall’intesa.
L’obiettivo finale di Trump, conclude l’articolo, consiste nello spingere gli alleati europei a concordate di rinegoziare alcune misure e fare pressione su Teheran perché ritorni a negoziare.

La Casa Bianca non aveva intenzione di certificare l’accordo sul nucleare con l’Iran

Secondo quanto riportato dall’articolo intitolato “McMaster a Congresso: Trump non certificherà accordo nucleare Iran”, pubblicato il 12 ottobre 2017 su “It.notizie.yahoo.com”, l’allora consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Herbert Raymond McMaster, ha dichiarato che l’amministrazione Trump aveva preso una decisione finale in merito all’accordo nucleare con la Repubblica Islamica dell’Iran.
La decisione, comunicata da McMaster il 12 ottobre 2017 di fronte al Congresso americano, riporta la volontà del presidente USA di non certificare il rispetto dell’accordo sul nucleare da parte dell’Iran. L’annuncio formale di questa intenzione, riferisce l’articolo, è stato dato dopo lunghe settimane durante le quali la stampa e i media statunitensi avevano accennato all’argomento.
La legge obbliga infatti il presidente degli Stati Uniti a comunicare al Congresso ogni 90 giorni se Teheran rispetta l’accordo e se l’abolizione delle sanzioni sia nell’interesse nazionale degli Stati Uniti, e il presidente aveva certificato il rispetto dell’intesa nei mesi di aprile e luglio 2017.
Secondo quando dichiarato nell’articolo “Iran, Trump e il nucleare: cosa succede ora”, pubblicato il 14 ottobre 2017 nella sezione “Esteri” del sito web “Adnkronos.com”, si chiariscono le conseguenze che si sarebbero potute verificare se gli Stati Uniti avessero deciso di non mantenere l’intesa con l’Iran riguardo l’accordo sul nucleare. L’opzione avanzata dal consigliere McMaster riguardava una proposta che avrebbe consentito di cambiare la legge americana, tramite il Congresso, in modo da eliminare la misura della certificazione. McMaster aveva suggerito e definito questa misura come la migliore per assicurare la sopravvivenza dell’intesa con l’Iran senza che Washington fosse costretta ad abbandonare l’intero accordo con Teheran.

Donald Trump, durante il suo mandato, ha quindi preso decisioni significative riguardo all'accordo nucleare con l'Iran, noto come Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA). Nel maggio 2018, l’allora presidente aveva annunciato unilateralmente il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo, definendolo "disastroso" e affermando che avrebbe reimposto sanzioni contro l'Iran. Questa mossa ha innescato tensioni significative tra gli Stati Uniti e i loro alleati europei, che sostenevano il mantenimento dell'accordo. Dopo il ritiro degli Stati Uniti, l'Iran ha iniziato a violare alcune disposizioni dell'accordo, aumentando ulteriormente le tensioni nella regione. Successivamente, con l'insediamento dell'amministrazione Biden nel gennaio 2021, ci sono state discussioni su un possibile ritorno degli Stati Uniti all'accordo sul nucleare.

Sulla questione del nucleare Donald Trump ha mostrato il volto malevolo dell’America

La guida suprema della Repubblica Islamica iraniana, l’ayatollah Sayyed Ali Khamenei, ha lanciato pesanti accuse nei confronti dell’amministrazione Trump, in particolar modo in riferimento alla questione delle sanzioni economiche sul nucleare. La notizia è riportata nell’articolo Usa-Iran, Khamenei: ‘Trump rivela il vero volto dell’America’, pubblicato il 7 febbraio 2017 da “Repubblica.it”. Secondo l’ayatollah Khamenei, Donald Trump ha consentito di mostrare cosa veramente si cela dietro l’America, storico nemico della Repubblica Islamica dell’Iran: “Ringraziamo Donald Trump perché ci ha aiutato a mostrare il vero volto degli Stati Uniti. Abbiamo parlato della corruzione politica, economica, morale e sociale nel sistema dominante degli Usa per più di trent’anni, ma ora è arrivato questo uomo e durante e dopo le elezioni, apertamente e palesemente, ha rivelato tutto”.
Durissime parole sono dunque state espresse dall’ayatollah nei confronti del presidente Trump dopo un’apparente fase di riavvicinamento e di accordo sul nucleare tra Iran e Stati Unit durante l’amministrazione Obama. La fase di disgelo aperta dal predecessore di Trump sembra così essersi definitivamente e irrimediabilmente chiusa.
In concomitanza con il giorno dell’anniversario della Rivoluzione Khomenista l’ayatollah aveva esacerbato ulteriormente lo scontro tra i due paesi: “Trump dice ‘abbiate paura di me’, il popolo risponderà nelle manifestazioni del 10 febbraio e mostrerà la sua posizione di fronte alle minacce” (Ibidem).
Riferendosi esplicitamente a Donald Trump, Khamenei aveva inoltre sottolineato l’eccessiva misura di sanzioni economiche che la Casa Bianca aveva imposto a Teheran per cercare di far desistere il paese sulla questione nucleare.

A distanza di cinque anni, il Jcpoa è naufragato

“L’8 maggio 2018 l’allora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, annunciava la decisione unilaterale di uscire dal Jcpoa, acronimo di Joint Comprehensive Plan of Action, l’accordo per il congelamento del programma nucleare dell’Iran ottenuto dopo anni di faticose trattative nel 2015 – grazie al lavoro dell’amministrazione Obama e dell’Unione europea – con il coinvolgimento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Trump annunciava simultaneamente che tutta la panoplia sanzionatoria contro la Repubblica islamica sarebbe stata reintrodotta dopo che il Jcpoa aveva sospeso le misure restrittive. Da lì a pochi mesi (a novembre) l’Iran tornava isolato, perché gli Usa reintroducevano anche le cosiddette sanzioni secondarie, ossia quelle che colpiscono non solo direttamente le attività americane con l’Iran ma anche entità terze che sono in qualche modo in affari con gli iraniani quando intendono fare affari negli Usa” (Emanuele Rossi “A cinque anni dall’uscita di Trump dal Jcpoa. Conversazione con Redaelli”, “formiche.net” 15 maggio 2023). “Per Redaelli ci sono poche possibilità per la ricostruzione di un accordo, con il problema che nel frattempo gli iraniani sono effettivamente andati avanti nel programma nucleare. ‘Il ritiro unilaterale americano dal Jcpoa ha rotto la parola data, e offerto il pretesto alla parte peggiore del regime iraniano per radicalizzarsi ulteriormente e proseguire nel programma nucleare’” (Ibidem).

L’accordo sul nucleare

Come sintetizzato nell’articolo Cosa prevede l'accordo sul nucleare con l'Iran (“Adnkronos”, 14 ottobre 2017): “l'accordo è stato raggiunto il 14 luglio del 2015 a Vienna, siglato da Teheran e dai Paesi del cosiddetto 5+1 ovvero i membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU con potere di veto - Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Russia e Cina - più la Germania. Letto da molti come un'opportunità storica di riavvicinamento tra la Repubblica Islamica e gli Stati Uniti, l'accordo sul nucleare iraniano è un documento formato da 100 pagine e 5 allegati. Il punto principale dell'intesa è la rimozione delle sanzioni internazionali imposte all'Iran. L'accordo prevede che le sanzioni vengano 'eliminate e non solo sospese'. Il testo prevede l'eliminazione delle sanzioni in cambio di una serie di restrizioni al programma nucleare e in seguito alla verifica da parte dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) del rispetto da parte dell'Iran degli impegni presi a Vienna”.

L’accordo sul nucleare stipulato con Teheran è stato un eccellente risultato e non poteva essere minato dall’amministrazione Trump

Le accuse nei confronti dell’amministrazione Trump in riferimento alla delicata questione del nucleare sono state rivolte anche dal presidente iraniano Hassan Rouhani nei confronti dell’ex inquilino della Casa Bianca. La notizia è stata riportata dall’articolo “Iran, Rohani; ‘Trump non può minare l’accordo sul nucleare’”, pubblicato in data 14 gennaio 2018 su “La Stampa”.
A seguito di un intervento di risposta alle parole del presidente americano, che aveva lanciato in data 12 gennaio 2018 un ultimatum contro l’Iran, dando a Teheran 120 giorni di tempo per riparare ai “terribili difetti” dell’intesa, il presidente iraniano aveva espresso pesanti accuse contro la Casa Bianca: “Nessuno può minare l’accordo sul nucleare iraniano del 2015, neanche Donald Trump”. Il presidente Rouhani ha infatti difeso l’accordo sul nucleare siglato all’epoca dell’amministrazione Obama, definendolo un “eccellente risultato diplomatico, che nessuno può facilmente minare”. Stando a quanto riportato dall’articolo in questione, le accuse dell’allora presidente iraniano rivelavano che i tentativi di Trump di rompere l’accordo avrebbero avuto l’effetto di isolare gli Stati Uniti sul piano internazionale e di far perdere credibilità alla sua amministrazione. Il presidente della Repubblica Islamica allora in carica aveva concluso affermando che le reazioni internazionali agli sforzi messi in atto da Donald Trump per cercare di indebolire l’accordo sul nucleare riflettevano “la vittoria della decenza politica” rispetto agli sforzi dell’amministrazione americana. Hassan Rouhani aveva già in precedenza replicato alle insinuazioni di Trump contro l’accordo: “Nel discorso di Trump solo insulti e accuse infondate. Ma lui non può fare quello che vuole. L’accordo sul nucleare è più forte di quanto creda. Non è un accordo bilaterale ed è stato ratificato dall’Onu”. La dichiarazione è stata riportata dall’articolo “Trump: ‘Iran, violato accordo sul nucleare: nuove sanzioni’ Rohani: ‘Accuse infondate’ UE e Russia ‘Intesa resta valida’”, pubblicato il 13 ottobre 2017 su “Repubblica.it”.

L’accordo sul nucleare iraniano non poteva essere smantellato unilateralmente dagli Stati Uniti

L’articolo intitolato “Mogherini: ‘Nessun motivo per rinegoziare l’accordo sul nucleare’”, pubblicato il 21 settembre 2017 sul sito “Corriere.it”, nella sezione “Esteri”, riporta alcune importanti dichiarazioni rilasciate dall’ex-Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, in riferimento alla volontà di Donald Trump di rinegoziare l’accordo sul nucleare stipulato con l’Iran dall’amministrazione Obama.
Durante un incontro ministeriale a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Mogherini aveva riferito che la comunità internazionale non poteva permettersi di smantellare l’accordo sul nucleare iraniano. L’accordo, aveva precisato l’Alto rappresentante, funzionava e dava risultati: “L’accordo sul nucleare iraniano non appartiene a un Paese o a sei paesi, appartiene alla comunità internazionale. Non c’è un paese che può smantellarlo, perché è una risoluzione del Consiglio di Sicurezza”.
Le dichiarazioni di Federica Mogherini erano sorte a seguito dei dubbi suscitati dall’amministrazione Trump riguardo l’accordo nucleare iraniano e dalla volontà del presidente Donald Trump di minare i risultati di tale accordo.