I reality alimentano la voglia di protagonismo della gente, così il privato viene messo su pubblica piazza

Una storia comune

Il reality è verità, è una storia che si sviluppa come le nostre, è il vissuto. Ci si deve per forza riconoscere in qualcuna delle tante vicende raccontate: in un rapporto conflittuale con il proprio padre; in un affetto viscerale nei confronti della propria madre; in una chiusura totale verso i propri fratelli. Nessun artifizio particolare, nessun filtro per rendere più appetibile il gioco può offuscare la realtà. La vera essenza delle persone, in determinate condizioni, deve per forza emergere. Ci sono tanti motivi per guardare i reality, questo probabilmente è uno dei più forti, siamo tutti protagonisti di una storia chiamata vita: “La memoria intima e personale diventa narrazione collettiva, ovvero uno specchio in cui ci riconosciamo tutti. Non guardare certa tv significherebbe quindi non riconoscersi più nel mondo in cui viviamo, ma anche ignorare tormentoni che rivelano modi di agire e pensare” (Silvia Paoli, Fenomenologia del trash: perché talent e reality show sono diventati un cult?, “style. Corriere.it”, 30 ottobre 2017).

Ci sentiamo meno soli e accomunati dal medesimo destino

Il pubblico che guarda i reality è variegato ma molto spesso è accomunato dalla medesima esigenza, la necessità di ritrovare qualcuno simile al proprio io, con i propri pregi ma anche con i propri difetti, che magicamente non appaiono più insormontabili, perché comuni ad altre persone. Se il concorrente del reality è stato preso nonostante quel particolare difetto, perché io non posso aspirare ad avere successo nella vita?

Così la giornalista Annamaria Distefano nell’indicare alcune delle possibili cause del successo dei reality: “Voyeurismo, guardare, curiosare nella vita altrui, paparazzi consapevoli e speranzosi. Speranzosi di ritrovare i nostri difetti più che i pregi tra i nostri simili, quasi fosse consolatorio immedesimarsi nei modi e nei comportamenti che anche noi abbiamo più spesso di quanto si voglia ammettere" (Nel gorgo del reality, dove la sfida è essere normali “vdj.it”, 18 gennaio 2012).

Un’occasione per riemergere

Il reality rappresenta poi un’occasione importante per uscire dall’anonimato, per darsi una possibilità di successo. I concorrenti “persone comuni” possono così aspirare a diventare qualcuno, ad entrare nel mondo dello spettacolo, ad avere maggiori possibilità. Possono essere notati per le loro caratteristiche, per le loro qualità e perché no per il loro talento. I concorrenti già noti al pubblico possono riemergere dopo periodi di isolamento, opportunità negate, brutte esperienze, possono riaffermare i motivi per cui sono stati famosi. Può venire dunque fuori il meglio di sé, perché importante è la posta in palio. Non si parla solo di montepremi ma di costruirsi una nuova occasione di successo.

Riconoscimento sociale

Sia che si parli di concorrenti qualunque che di personaggi noti, il reality porta a esibirsi davanti alle telecamere, a mettere a nudo la propria immagine, vera o filtrata dai meccanismi televisivi, ci si mette in gioco per avere un’altra occasione, per ottenere l’approvazione dopo un periodo difficile, per sfuggire all’anonimato, il vero grande spauracchio della società moderna. Tutti aspirano a essere riconosciuti, ad essere ricordati per qualcosa, quale migliore occasione se non quella di esibirsi davanti ad un pubblico così massiccio? Si cerca dunque una vetrina a qualunque costo.

Il dottor Roberto Difalco, psicologo e psicoterapeuta, conferma questa tendenza: “Viviamo in una società dove bisogna esporsi per esistere. La conseguenza è che l’individuo è giudicato attraverso i segni che lascia e che è incitato a presentare incessantemente, mediatizzando la sua azione per farla esistere. Tutto va esposto, l’intimità perfino non è più destinata ad essere visibile solo in ambiti circoscritti, deve essere mostrata agli altri per farla esistere, se gli interessati vogliono usarla per valorizzarsi. Il gioco dell’identità e dell’apparenza finisce con la vittoria di questa e lo squilibrio tra interiore ed esteriore si amplia” (Nel gorgo del reality, dove la sfida è essere normali “vdj.it”, 18 gennaio 2012).

Nella nostra società la normalità non è di casa, viene bandita, viene guardata come diversità e i reality non fanno altro che cavalcare questa tendenza. Particolarmente critico anche un ex concorrente, il cantante Albano, protagonista di un’edizione de “L’Isola dei Famosi”: “Che esempio ci danno? Stuzzicano solamente una bassa curiosità del momento. Insegnano a guardare dal buco della serratura” (Al Bano contro i reality, sono indecorosi e diseducativi “mondogossipblog.com”, 20 novembre 2010).
Particolarmente indicativo è il fatto che molti ex concorrenti si pongano quasi sempre in aperta critica con il mondo dei reality.

Il privato diventa pubblico

Divismo, uso del proprio corpo, protagonismo, trasgressione: tutti elementi dei reality moderni, tutti elementi che attirano sempre di più il pubblico. L’intimità delle relazioni, la delicatezza dei sentimenti, la riservatezza, cose che non esistono più, si è giudicati per tutto e in tutto, anche nel proprio intimo. Così Piero Amerio, docente di Psicologia Sociale presso l’Università di Torino: “Queste trasmissioni dimostrano che relazioni sessuali o sentimenti privati come amore e amicizia diventano di pubblico dominio cioè qualcosa da non condividere fra le mura domestiche, ma di fronte a milioni di persone. Siamo oramai pronti a tutto pur di avere successo ed essere accettati; le aspirazioni sono tutte indirizzate alla ricerca di un benessere privato, mentre diventa sempre più marcato il disimpegno verso la società e il bene pubblico” (Gli psicologi contro i reality show "Così il privato non esiste più", “ilsecoloxix.it”, 7 maggio 2010).

Claudio Alessandro Colombrita, 3 febbraio 2018