La riforma del regolamento di Dublino è necessaria per coinvolgere tutti gli Stati membri nella gestione delle politiche migratorie

Elly Shlein: “Superare il criterio del primo paese”

Nel novembre del 2016, Elly Shlein europarlamentare di Possibile, intervistata da “Termometro Politico”, aveva parlato delle problematiche relative alle frontiere europee e alle politiche di controllo delle migrazioni. In quell’occasione, l’europarlamentare si era concentrata sulla critica di alcuni punti del regolamento di Dublino, primo fra tutti quello relativo al concetto di primo paese di arrivo per la gestione delle domande di asilo: “Qui abbiamo sei Stati membri su 28 dell’Unione che gestiscono l’80% delle richieste di asilo provenienti da quei Paesi. Questo contravviene agli articoli 78 e 80 del TUE sulla condivisione delle responsabilità. Servono risposte di breve, medio e lungo termine – aveva dichiarato – […] Va superata l’ipocrisia del regolamento stabilito dagli accordi di Dublino. Ovvero, il primo Paese in cui arriva la persona in cerca di asilo, dovrà farsi carico della gestione della richiesta. Questo principio vige da 20 anni, e ha scaricato questa responsabilità sui Paesi nei ‘confini caldi’ dell’Unione, come il nostro” (Alessandro Faggiano, L’Intervista di TP a Elly Shlein (Possibile): ‘No’ nel merito della riforma, “Termometro Politico”, 21 novembre 2016).
Elly Shlein è tornata sull’argomento all’indomani dell’approvazione del testo di riforma del regolamento di Dublino da parte della Commissione Libertà Civili dell’Unione Europea. L’eurodeputata, che ha curato il testo per il gruppo socialista, intervistata da “Eunews” il 19 ottobre 2017, si è espressa positivamente in merito alle decisioni prese dalla Commissione: “La vera svolta è il superamento del criterio del primo Paese che viene sostituito con un meccanismo permanente e automatico – ha spiegato la Shlein - In questo modo si presuppone che la richiesta viene presentata all’Unione e non si potrà più mandare indietro, in Italia o in Grecia ad esempio, un rifugiato solo perché è arrivato in Europa attraverso uno di questi Paesi”.
La deputata ha poi chiarito il funzionamento del nuovo meccanismo previsto: “Se un richiedente asilo arriverà in Italia dovrà essere identificato negli hotspot dalle nostre autorità nazionali e i suoi dati, per questioni di sicurezza, dovranno essere confrontati con i database delle forze di sicurezza nazionale ed europee. Esattamente come avviene ora. Al nostro Paese resterà poi il compito di fare i primi controlli di ammissibilità della classica procedura di Dublino ma a quel punto, se risulterà idoneo, potrà essere trasferito in un altro Stato membro. I primi criteri saranno quello del ricongiungimento familiare, del possesso di un visto o di un titolo di studio conseguito in uno dei Paesi Ue. In assenza di questi gli sarà proposta una scelta tra 4 Stati, tra quelli più lontani dal raggiungimento della quota stabilita in base a criteri legati a popolazione ed economia. Il Paese scelto sarà quello in cui verrà trasferito il migrante e che si dovrà fare carico dell’esame della domanda. Inoltre, grazie a un mio emendamento, si chiede che i costi di questa pre-procedura di asilo vengano sostenuti dall’Ue, e non dal Paese di primo ingresso” (Alfonso Bianchi, Schlein: “Su Dublino proponiamo una vera svolta, l’asilo diventa una questione europea”, “Eunews”, 19 ottobre 2017).

Tajani e Kyenge favorevoli alla riforma del regolamento di Dublino

Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo dal 17 gennaio 2017, si è espresso a favore della riforma del regolamento di Dublino sulla gestione delle richieste di asilo. Per Tajani è necessario evitare che le difficoltà maggiori ricadano sui paesi di frontiera, come Grecia e Italia, coinvolgendo gli altri Stati membri con un sistema di quote. Il presidente del Parlamento europeo ha infatti definito l’approvazione della riforma da parte della Commissione Libertà Civili “un voto fondamentale per l’asilo Ue solidale” (Cosa prevede la riforma del regolamento di Dublino approvata dal parlamento Ue, “Tpi News”, 20 ottobre 2017).
Dello stesso parere Cécile Kyenge, membro della Commissione Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni, che ha spiegato su “Huffington Post” l’importanza del voto favorevole alla riforma: “La commissione Libertà Civili Giustizia e Affari Interni (Libe) di cui faccio parte al Parlamento Europeo ha approvato oggi, con grande senso di responsabilità e a larga maggioranza la modifica del regolamento di Dublino. Il tassello forse più importante per il completamento di un sistema comune di asilo basato sulla solidarietà e la condivisione delle responsabilità tra tutti gli Stati membri – ha scritto Kyenge sul blog - Con le modifiche apportate in commissione Libe essenzialmente basate su emendamenti di ispirazione del gruppo S&D, abbiamo eliminato quella che da sempre è considerata la stortura del sistema, la responsabilità del Paese di primo ingresso. L'Italia in questi anni ha compiuto uno sforzo straordinario per far fronte al dovere di tutelare la vita delle centinaia di migliaia di persone che hanno attraversato il Mediterraneo. Il sistema attuale ha fatto sì che in questi ultimi anni solo 6 Stati Membri su 28 hanno fatto fronte a quasi l'80% di tutte le richieste d'asilo presentate nell'Ue. Tutto questo doveva cambiare. Una battaglia che mi ha vista impegnata in prima linea a sostenere un nuovo approccio al fenomeno dell'immigrazione” (Cécile Kyenge, Via libera alla riforma del regolamento di Dublino: un passo storico, ora la palla passa agli Stati, “Huffington Post”, 19 ottobre 2017).

Orbán e Kurz contro la riforma del regolamento di Dublino

Fermamente contrario alla proposta di riforma del regolamento di Dublino è il primo ministro ungherese, Viktor Orbán. Il politico ha criticato aspramente l’approvazione del testo di riforma da parte della Commissione Libertà Civili del Parlamento europeo. Per Orbán la scelta è “un attacco contro la sovranità” dell’Ungheria, “la prima pallottola nella canna di un fucile diretta contro l'Ungheria per arrivare in Europa ad un meccanismo permanente ed illimitato di quote obbligatorie di ricollocamento”. Infatti, secondo il politico ungherese, il nuovo testo “viola la sovranità, toglie ulteriori competenze agli stati membri, e non considera i pericoli provocati della connessione fra migrazione illegale e terrorismo” (Migranti: Orban, riforma Dublino attacco a sovranità Ungheria, “swissinfo.ch”, 21 ottobre 2017).
Sebastian Kurz, politico austriaco, vincitore delle elezioni legislative del 15 ottobre 2017, intervistato dal “Corriere della Sera”, ha spiegato la propria linea in materia di immigrazione e i motivi dell’opposizione al testo di riforma del regolamento di Dublino: “Noi vogliamo un nuovo sistema d’asilo in Europa, nel quale siamo noi a decidere quanti e chi possa venire, in modo ordinato e sostenibile – ha dichiarato il giovane leader dei conservatori - il sistema del passato, dove in molti pensavano che chiunque abbia il diritto di chiedere asilo in Europa, ha portato migliaia di morti e una pressione ingestibile per i nostri Paesi. Vede, la mia linea non è cambiata, mi sono sempre espresso contro l’accoglienza priva di limiti in Europa. E sono stato criticato per questo. Ma oggi sono contento che molti leader politici in Germania, in Austria, in Italia e nel resto d’Europa si siano avvicinati alle mie posizioni”.
Secondo Kurz, inoltre, i migranti salvati in Mediterraneo non dovrebbero essere portati in Italia o in Grecia, per poi essere trasferiti in Europa centrale, bensì dovrebbero essere assistiti fuori dai confini europei, o sulle isole, e rimpatriati in maniera rapida (Paolo Valentino, Kurz: “Un governo europeista anche con l’estrema destra”, “Corriere della sera”, 26 ottobre 2017).

La posizione contraria del Movimento 5 Stelle

In Italia, l’unico partito che ha votato contro la riforma del regolamento di Dublino, approvata dal Parlamento europeo il 16 novembre con 390 voti a favore, è il Movimento 5 Stelle. La Lega Nord, invece, si è astenuta. La posizione del partito pentastellato è ben riassunta dalle parole dell’eurodeputata Laura Ferrara, intervistata subito dopo le votazioni in Parlamento: “Abbiamo votato contro perché, secondo noi, è un testo poco ambizioso e soprattutto rappresenta una riforma peggiorativa della situazione attuale – ha dichiarato la Ferrara – Nonostante i proclami di questi giorni secondo i quali con questa riforma finalmente ci sarebbe l’abolizione del principio del paese di primo ingresso e l’introduzione di un meccanismo di ricollocamento dei migranti tra tutti gli Stati membri. Se così fosse stato realmente avremmo votato a favore, visto che sono punti del nostro programma sull’immigrazione. Di fatto non è così. Sono state introdotte delle procedure filtro a carico dei paesi di ingresso, prima che venga effettuato il ricollocamento dei richiedenti asilo. Sono delle procedure che mirano a verificare se un migrante arrivato in Italia sia una persona potenzialmente pericolosa, oppure se sia un migrante economico, cioè se non abbia possibilità di ottenimento della protezione internazionale. Qualora il soggetto sia un migrante pericoloso o un migrante cosiddetto economico, non verrà ricollocato, ma dovrà restare nel Paese di primo ingresso. Questo è uno dei motivi per i quali abbiamo votato contro”.
L’altro motivo di contrapposizione, spiega l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, è quello del principio di responsabilità permanente dei paesi di primo ingresso: “Uno degli obiettivi della Commissione europea era il contrasto ai movimenti secondari, cioè dei migranti che dai paesi di primo ingresso come Italia o Grecia, cercano di spostarsi all’interno dell’Europa per raggiungere ad esempio un familiare in un altro Stato membro - spiega Laura Ferrara – Con l’introduzione della clausola di responsabilità permanente il Paese di primo ingresso sarà responsabile appunto in via permanente”.
Gli altri punti non condivisi dal M5S sono: il periodo transitorio di tre anni accordato ad alcuni paesi ritenuti maggiormente refrattari all’accoglienza; e il presunto sostegno finanziario dell’Unione Europea per i rimpatri, che tuttavia risulterebbe vano in assenza di accordi bilaterali tra il paese ospitante e quello di origine (Nuovo Dublino, Ferrara (M5s): “Peggiora la situazione attuale. Noi distanti anni luce dalla Lega, “Il Fatto Quotidiano”, 19 ottobre 2017).