L’installazione di nuovi termovalorizzatori non abbatterebbe il costo di smaltimento dei rifiuti: vanno incentivati raccolta differenziata e riciclo

Polillo: Raggi e Zingaretti si sbagliano

Sui pareri contrari del sindaco di Roma Virginia Raggi e del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti in materia di termovalorizzatori sul territorio laziale interviene Gianfranco Polillo, economista e politico italiano, nell'articolo Perché Raggi e Zingaretti sui termovalorizzatori hanno torto marcio, pubblicato l'8 agosto 2016 su “Formiche”: “È un errore che pagheremo caro […] Non porsi il problema di realizzare gli impianti necessari, compresi gli inceneritori, per chiudere il ciclo dei rifiuti, significa condannare la Capitale nello stato di precarietà che tutti conosciamo. Soprattutto costringere i suoi cittadini ad un onere (il pagamento della TARI) di gran lunga superiore a quello medio nazionale. Rispondere 'noi siamo per la differenziata' è solo eludere il problema. Certo che la differenziata va fatta ed anche potenziata. Ma pensare che questa possa essere l’unica strada è come voler travasare il mare con un secchiello. Sempre che ciò sia possibile, ci vorranno quattro o cinque generazioni. Nel frattempo Roma sarà stata divorata da topi, ratti e pantegane”.
La Capitale, prosegue Polillo, riesce a gestire poco più della metà dei rifiuti che produce, inviando il resto al Nord Italia o all'estero, alimentandone i termovalorizzatori. Il tutto ha un costo esorbitante (gli autocarri che trasportano tonnellate di rifiuti). “Per i punti di arrivo è, invece, una pacchia. Ottengono quella materia prima a costo zero, per produrre energia o teleriscaldamento per i propri cittadini”.

Secondo il parere di Gian Luca Galletti, ministro dell'Ambiente del governo Gentiloni, il cui parere è riportato nell'articolo Galletti, su inceneritori buona intesa con regioni, pubblicato il 4 febbraio 2016 sul sito dell'ANSA, l'applicazione dell'articolo 35 del decreto Sblocca Italia, che prevede l'introduzione di termovalorizzatori sul territorio nazionale permetterebbe di creare una “rete di smaltimento dei rifiuti a livello nazionale. Questo ci aiuta molto ad impostare un lavoro serio per lo smaltimento dei rifiuti e ci serve anche per contrastare le infrazioni comunitarie a cui l'Italia è sottoposta in questo momento […] Il piano prevede un aggiornamento annuale che tenga conto, oltre ad altre cose, anche dei piani di smaltimento regionali. È chiaro, e lo voglio dire con molta previsione, che questo piano parte dal presupposto che tutte le regioni arrivino al raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Europa, quindi che tutte le regioni arrivino al 65% di raccolta differenziata e che tutte colgano gli obiettivi di produzione dei rifiuti del 10%; fatto questo conteggio si individua ancora la necessità, del Paese in questo caso, di incenerimento, che equivale a 8 termovalorizzatori".

Uno smaltimento da 421mila tonnellate di rifiuti

Nell'articolo Il termovalorizzatore che mangia 1200 tonnellate di rifiuti al giorno, pubblicato il 23 giugno 2014 su “La Stampa”, vengono riportate alcune dichiarazioni di Bruno Torresin, presidente della Trm, società che possiede e gestisce il termovalorizzatore di Torino.
Torresin interviene proprio a proposito dell'impianto, in grado di smaltire 421.000 tonnellate all’anno – circa 1.200 al giorno – di due tipi di rifiuto: rifiuti solidi urbani che non sono stati oggetto della raccolta differenziata (la modalità di smaltimento privilegiata) e rifiuti speciali come ad esempio gli imballaggi non recuperabili: “La produzione comporta il risparmio di 75 mila tonnellate equivalenti di petrolio all’anno, cioè circa 550 mila barili, tagliando più di 40 milioni di euro dalla bolletta energetica italiana. La generazione elettrica è di 350 mila megaWattora all’anno, sufficienti per 175 mila famiglie. Oppure si può usare il calore della centrale in parte per produrre elettricità e in parte per il teleriscaldamento”.
Altro “risparmio” è quello legato all'utilizzo del territorio, dal momento che i rifiuti bruciati non devono essere stivati nelle discariche. Ciò genererà, nell'arco di 30 anni, un risparmio di 12,5 metri cubi di spazio.

Clini: abbattimento di metà del costo per lo smaltimento

Nel suo elaborato Perché non si fanno i termovalorizzatori, pubblicato il 14 gennaio 2008 sul sito dell'Istituto Bruno Leoni, Corrado Clini, direttore generale del Ministero dell’Ambiente durante il governo Monti e senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni, analizza il risparmio che si otterrebbe utilizzando i termovalorizzatori: “Si è parlato dell’elevato costo dello smaltimento attraverso la termodistruzione e la valorizzazione energetica: io non so se ci siano amministratori lombardi in questa sala, ma il comune di Milano oggi deve affrontare un costo, mi pare, di circa 240 lire al kg per smaltire i rifiuti solidi urbani che vanno nelle discariche, che ‘graziosamente’ garantiscono la disponibilità a smaltire questi rifiuti. 240 lire al kg, esattamente il doppio del costo di smaltimento in un impianto a tecnologia avanzata per il recupero energetico degli stessi rifiuti solidi urbani, il cui costo di investimento potrebbe essere ammortizzato nell’arco di 5-6 anni”.

Grillo: termovalorizzatori “diseconomici”

Sugli svantaggi in termini economici e di smaltimento dei rifiuti interviene Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle, con l'articolo Il tandem dei record, pubblicato il 5 gennaio 2008 sul proprio blog: “L’incenerimento necessita di sostanze come acqua, calce, bicarbonato che aumentano la massa iniziale dei rifiuti […] Gli inceneritori, detti anche termovalorizzatori, sono stati finanziati con il 7% della bolletta dell’Enel associandoli alle energie rinnovabili insieme ai rifiuti delle raffinerie di petrolio al carbone. Senza tale tassa sarebbero diseconomici. Nell’ultima Finanziaria è stato accordato il finanziamento, ma solo agli inceneritori già costruiti […] I petrolieri, i costruttori di inceneritori e i partiti finanziati alla luce del sole da queste realtà economiche sono gli unici beneficiari dell’incenerimento dei rifiuti”.
L'alternativa proposta è quella della raccolta differenziata, attraverso cui “Berlino, per fare un esempio, ha ridotto in sei mesi i rifiuti del 50%”.
Una raccolta differenziata che andrebbe fatta porta a porta con tariffa puntuale e riciclo di quanto raccolto in modo differenziato. “Quanto rimane di rifiuti […] va inviato a impianti per una selezione meccanica delle tipologie dei rimanenti rifiuti indifferenziati. La parte non riciclabile può essere trattata senza bruciarla con in impianti di bioessiccazione. In termini economici non conviene bruciare in presenza di una raccolta differenziata perché: il legno può essere venduto alle aziende per farne truciolato; il riciclaggio della carta rende più dell’energia che se ne può ricavare; il riciclaggio della plastica è conveniente. Occorrono 2/3 kg di petrolio per fare un kg di plastica”.

Secondo questi criteri, la raccolta differenziata può arrivare al 70% dei rifiuti, mentre il 30% rimanente può ridursi al 15-20% dopo la bioessiccazione, ovvero una quantità inferiore o equivalente agli scarti dei termovalorizzatori. “Se nel settore dei rifiuti non ci fossero le attuali realtà, per legge, di monopoli privati a totalità di capitale pubblico, ma una reale liberalizzazione del mercato, la concorrenza tra le aziende avverrebbe sulla capacità di recupero e l’incenerimento sarebbe superato” (Ibidem).

Nel suo articolo Rifiuti: inceneritori e gestione virtuosa sono in antitesi, pubblicato il 5 agosto 2015 su “Il Fatto Quotidiano”, Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo, membro di Isde (Associazione Medici per l’Ambiente) e Medicina Democratica, afferma: “è sotto gli occhi di tutti che incenerimento e gestione virtuosa dei rifiuti sono antitetici perché è ovvio che per ammortizzare i costi imponenti di costruzione di un inceneritore deve essere garantita per decine di anni una congrua quantità di rifiuti da bruciare. Tutto questo in barba ancora una volta agli obiettivi previsti per la raccolta differenziata ed al fatto che il nostro Paese si collochi fra i 12 peggiori (Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Italia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia) per gestione dei rifiuti urbani fra i 27 dell’Ue Paesi con punteggio inferiore alla media”.

 

Abbattere la quota dell'indifferenziato

Dello stesso parere anche Virginia Raggi (M5S), sindaco di Roma, e Nicola Zingaretti (PD), presidente della Regione Lazio, i cui parere convergono al termine di un incontro nella sede della Giunta regionale e vengono riportati nell'articolo Rifiuti Roma, Solidoro nuovo capo dell’Ama. Raggi e Zingaretti: no a termovalorizzatore, pubblicato il 4 agosto 2016 su “Il Sole 24 Ore”, a firma di Vittorio Nuti: “Per noi la soluzione dei rifiuti non è assolutamente l'incenerimento ma far rientrare i rifiuti all'interno di un ciclo produttivo che porti nel tempo ad abbattere il più possibile la quota dell'indifferenziato”, sostiene Virginia Raggi. “Sulla base del fabbisogno e della raccolta differenziata e dell'impiantistica reputo non necessaria l'apertura di una procedura per un nuovo termovalorizzatore”, commenta Zingaretti.

Anche nel marchigiano, sostiene Luca Ceriscioli (PD), presidente della Regione Marche, la soluzione è nella raccolta differenziata, che già funziona bene e migliora di anno in anno, tanto da definire inconcepibile la possibilità di costruire un impianto sul territorio.
Sue dichiarazioni in merito sono riportate nell'articolo Smaltimento rifiuti, Regioni in rivolta: “Non costruiremo nuovi inceneritori”, pubblicato il 12 agosto 2015 su “Il Fatto Quotidiano”, a firma di Tommaso Rodano: “Quello di Macerata è stato spento un anno fa proprio perché non ce n’è alcun bisogno. La raccolta differenziata è già al 63 per cento e si avvicina a rapidi passi al 70. Mancherebbero proprio i rifiuti con cui alimentare il termovalorizzatore: non abbiamo spazzatura da bruciare”.

Nello stesso articolo interviene Catiuscia Marini (PD), presidente della Regione Umbria, secondo la quale la costruzione di termovalorizzatori sul territorio umbro “non avrebbe senso. Abbiamo una differenziata, in crescita, al 50 per cento, con picchi del 70 a Perugia. Restano solo 100 mila tonnellate da smaltire: troppo poche per giustificare un termovalorizzatore. Il governo lo sa. Magari un impianto in Umbria può servire a smaltire i rifiuti di altre Regioni, ma noi non ci stiamo”.