I minori stranieri cresciuti in Italia devono essere equiparati in tutto e per tutto ai minori italiani. Il nuovo disegno di legge spinge in questo senso per una decisione non ulteriormente procrastinabile.
Minori di serie A e minori di serie B
Lo ius soli garantisce una tutela maggiore per i minori cresciuti in Italia che non sono così discriminati rispetto ai giovani italiani. Bisogna garantire pari opportunità indipendentemente dalla nazionalità e anzi intervenire per sopperire a quella situazione di svantaggio che si è venuta a creare nel corso del tempo. Lo dice la Costituzione, lo dice la realtà. Diverse sono le associazioni che si schierano in favore dello ius soli. Unicef, Save the Children Italia e Rete G2-Seconde Generazioni sono fra queste e durante gli incontri con la politica “hanno sottolineato la necessità di superare la condizione di svantaggio di migliaia di bambini e adolescenti nati e/o cresciuti in Italia ai quali è sbarrata la via alla cittadinanza prima del compimento della maggiore età a causa di una legge ormai obsoleta”. Proseguono poi i portavoce delle stesse: “L'approvazione della riforma costituirebbe un passo avanti verso il rispetto, la promozione e l'applicazione di questi principi"(Ius soli, nuovo appello delle Ong per la riforma di cittadinanza, “tg24sky.it”, 27 giugno 2017).
Mobilitazione di massa
L’idea che l’ordinamento giuridico italiano debba svecchiarsi e rispondere alle esigenze e alle istanze del mondo moderno proviene da più fronti e coinvolge le masse. Si chiedono più diritti per tutti, per favorire l’integrazione.
Un gruppo di giovani ha deciso di scrivere direttamente ai senatori, su spinta dell’ex ministro Cecilie Kyenge: "Paula, Mohamed, Marwa sono i nomi dei compagni di scuola e degli amici che ogni giorno giocano con i nostri figli, crescono con loro ma non hanno i loro stessi diritti. Sono un milione, sono italiani, ma non per la legge italiana. Hanno il diritto di essere come noi, perché lo sono: italiani. Ogni giorno che passa è un giorno perso, anche per il Paese. Perché lo ius soli è un bene per il nostro Paese. Per questo deve diventare legge il più presto possibile. Ius soli subito".
Nascono anche tanti gruppi su Facebook come “Italiani senza cittadinanza” che conta migliaia di iscritti (Cittadinanza: Da 13 anni la discussione in Parlamento. Che fine ha fatto?, “ansa.it”, 19 giugno 2017).
Un coro comune per il riconoscimento di un diritto basilare
Sono diverse le voci che si levano in favore dello ius soli. Scrittori, artisti, personalità dello spettacolo, filosofi, giuristi, molti sono concordi nel ritenere che la nuova legge sulla cittadinanza possa portare a progressi significativi:
“Siamo un gruppo di scrittori, registi, docenti universitari, attori e autori teatrali, musicisti, traduttori, professionisti della creatività e dell’editoria. Siamo italiane e italiani. E siamo feriti dall’atteggiamento di chi in questi giorni vuole negare ai figli di migranti nati e cresciuti in questo Paese il diritto di essere cittadini.”
Sostengono inoltre: “Ci pare evidente che non approvare questa legge significherebbe negare non solo un diritto, ma la realtà di un Paese. Ci appelliamo ai senatori e alle senatrici affinché non temano la forza dei diritti e facciano presto una scelta di civiltà che vada al di là delle appartenenze politiche” (Da Saviano a Zerocalcare duecento firme per una riforma, “repubblica.it”, 20 giugno 2017).
Dimensione distante dalla realtà
Le tante chiacchiere che si sentono nei salotti della politica sono basate su un ragionamento astratto e cieco, perché non aderente alla realtà. Sono tanti i minori stranieri presenti nel nostro territorio, molti dei quali si trovano da parecchi anni in Italia, sono perfettamente integrati e devono veder colmato l’ultimo gap con i loro coetanei italiani attraverso il riconoscimento della cittadinanza: “Non conta la vita reale di 800mila giovani ‘italiani senza cittadinanza’ da decenni nel nostro Paese, che hanno compiuto i loro studi qui, che tifano Roma o Inter, che parlano i mille dialetti d’Italia. I fatti vengono falsificati e così anche lo ius soli scivola nel gran calderone della sicurezza, efficace strumento elettorale” (Donatella Coccoli, Ius soli, lo spartiacque tra diritti umani e calcolo politico, “left.it”, 2 luglio 2017).
Claudio Alessandro Colombrita, 21 settembre 2017
Autori citati:
Unicef
Save the Children Italia
Rete G2- Seconde Generazioni
Gruppo Facebook “Italiani senza cittadinanza”
Kyenge Cecile
- ministro per l'Integrazione durante il governo Letta
L’opinione pubblica è contraria allo ius soli. Lo dicono i sondaggi e la preoccupazione per l’ondata di immigrazione che sembra non avere fine. Con la nuova legge si allargano troppo i cordoni del riconoscimento della cittadinanza e si creano ulteriori discriminazioni.
Gli italiani si schierano contro lo ius soli
I dati parlano chiaro e sono indicativi di come gli italiani non abbiano fiducia del nuovo istituto dello Ius soli: “Oltre la metà degli italiani (54%) è contraria al riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli di immigrati stranieri nati nel nostro Paese, con almeno un genitore che abbia un permesso di soggiorno permanente in Italia, mentre il 44% si dichiara favorevole. Nell’arco di sei anni le opinioni si sono rovesciate: da un sondaggio Ipsos pubblicato nel 2011 emergeva che i favorevoli allo ius soli (71%) prevalevano nettamente sui contrari (27%). La loro presenza suscita preoccupazione perché sono giudicati troppo numerosi, gravano sui conti pubblici e competono con gli italiani nel mercato del lavoro. Per non parlare dei rischi per la sicurezza, non solo per gli episodi di microcriminalità (scippi, furti negli appartamenti, spaccio, ecc.) ma anche per la possibile presenza di terroristi” (Nando Pagnoncelli, Ius soli, la maggioranza dice no. In sei anni opinioni ribaltate, “corriere.it”, 27 giugno 2017).
Un permesso “troppo” lungo
Lo ius soli moderato non rappresenta un istituto completo e pone particolari problematiche legate soprattutto alla richiesta di un permesso di soggiorno di lungo periodo per i genitori dei minori che vogliano richiedere la cittadinanza. Secondo l’Aduc, Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori, “è un criterio troppo selettivo dal punto di vista economico, quindi discriminante. Il permesso di lungo periodo, infatti, è rilasciato ai cittadini stranieri di paesi non appartenenti all’Unione europea solo a certe condizioni: devono essere in possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno valido; devono avere un reddito non inferiore all’importo annuale dell’assegno sociale; devono avere la disponibilità di un alloggio considerato idoneo dalla legge; devono superare un test di conoscenza della lingua italiana”(Emmanuela Bertucci, Lo ius soli nell'attuale normativa. Cittadinanza italiana per italiani nati da genitori stranieri, “aduc.it”, 19 giugno 2017).
Discriminazione al contrario
Il nuovo disegno di legge sulla cittadinanza, attualmente fermo in Senato, non aggiunge nulla di nuovo a quanto già esistente. I minori stranieri sono già tutelati nel nostro Stato, dall’accoglienza fino all’erogazione di cure essenziali nei presidi pubblici ed accreditati, alle cure ambulatoriali e ospedaliere. L’unico gap da colmare riguarda invece i diritti politici e l’elettorato attivo e passivo, ma questa differenza rientra nella logica delle cose: “Già oggi tutti i minori presenti sul nostro territorio, quale che sia la loro cittadinanza, godono comunque dei medesimi diritti. C’è però dell’altro: è lo ius soli – oggi impedito ex l. n. 91/’92 art. 4, comma 2 – che, una volta approvato, determinerebbe [una] vera e propria discriminazione. Quale? Semplice: quella fra i cittadini stranieri che, prima di divenire italiani, hanno seguito il complesso iter di integrazione previsto dalle norme vigenti – e che dunque prima di mettere al mondo un figlio hanno attraversato un significativo periodo di formazione e di adattamento – e quelli che, avendo un figlio in Italia, verosimilmente sfrutterebbero lo ius soli dapprima per favorire il nascituro e, in secondo luogo, per facilitare una regolarizzazione della propria posizione” (Giuliano Guzzo, Ius soli, perché non è giusto, “libertaepersona.org”, 9 maggio 2013). Dunque paradossalmente, l’applicazione dello ius soli temperato porterebbe ad una differenziazione di iter (difficile prima, agevolato con la nuova disciplina).
Lo ius soli può agevolare il terrorismo
Le cronache dei tempi moderni conducono a un collegamento estremamente preoccupante tra ius soli e terrorismo. Gli esempi del Belgio e della Francia sono lampanti: veri e propri cittadini belgi o francesi che nascono e crescono tra le gente, si mischiano tra la folla per conoscere usi e costumi e colpiscono quando nessuno se lo aspetta. Un fattore preoccupante anche secondo il filosofo De Benoist: “Non tutti i migranti sono dei terroristi, ma la maggior parte degli attentatori avevano la nazionalità francese e l’hanno ottenuta grazie allo ius soli francese. Questo dimostra che non è sufficiente ottenere lo status di cittadino per sentirsi membro di una comunità, di un popolo o di un Paese. Per cui è necessario pensare prima a quale modello di integrazione o di assimilazione adottare se no si rischia come in Francia di etnicizzare i rapporti sociali. Da un lato si dice che le etnie non esistono, che siamo tutti uguali, ma poi regna il comunitarismo e la giustizia considera le minoranze dei soggetti a sé” (Ius Soli? Parla De Benoist, “intellettualedissidente.it”, 23 giugno 2017). Prima dello ius soli ci sono dunque tanti altri passi da fare in ottica immigrazione.
Autori citati:
Pagnoncelli Nando
- sondaggista
Aduc
- Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori